Uno sciame di api attacca dei ladri di miele in una grotta di dittea consacrata alla grande Madre
Figure nere su Anfora greca, 550 avanti Cristo, Vulci, Italia
Diversi fuchi si accoppiano con la regina in volo, e questo segna il loro destino: la corrente d'aria apre l'addome del maschio per liberare l'organo riproduttivo che, una volta entrato nella vulva della regina e dopo aver rilasciato lo sperma, viene abbandonato a penzolare dalla regina.
Nell'unico volo in cui si accoppia, la regina fa scorta dello sperma che riesce a immagazzinare per poi vivere nel buio dell'alveare, assolvendo alla sua unica funzione deponendo fino al 2.000 uova al giorno. Le api operaie le cui ovaie sono atrofizzate, nutrono e si prendono cura delle uova e della regina, costruiscono il favo, nutrono i fuchi, difendono l'alveare e procurano il nettare e il polline.
Per produrre mezzo chilo di miele, che contiene l'estratto di oltre 2 milioni di fiori, sono circa necessari circa 25.000 viaggi tra i fiori e l'alveare. Gli antichi cercatori di miele scendevano senza paura lungo pareti scoscese e, incuranti dei pericoli dovuti alle punture delle api, si avventuravano in crepacci bui per prendere l'alveare grondante di miele. Quindi un po' di miele veniva messo sulla mano: un formicolio del palmo significava che era tossico e che ingerendolo avrebbe portato alla pazzia e alla morte.
Per costruire il farv, le api si riempiono di miele, formano dei lunghi cerchi e con una sorta di processo di meditazione, trasformano il miele in cera secernendola dall'addome per farne i gruppi di celle esagonali formate così ingegnosamente che poco meno di 50 grammi di cera possono contenere quasi 2 kg di miele.