Faida tra Grande Aracri e Dragone. L’Emilia-Romagna diventa terra di ’ndrangheta

Faida tra Grande Aracri e Dragone. L’Emilia-Romagna diventa terra di ’ndrangheta

Nicolino chiamato "mano di gomma" lavora come gregario per i Dragone. Poi l'ambizione, il desiderio di comandare ... e un matrimonio mal digerito scatenano una guerra mafiosa

nel giugno 1982 arriva in Emilia-Romagna Antonio Dragone, bidello delle scuole elementari di Cutro. Dragone era appena scampato a un agguato costato la vita al nipote Salvatore e a un maresciallo dei carabinieri, occasionalmente presente sul luogo della sparatoria.

Nella faida di Cutro con la famiglia Oliverio viene colpito da un provvedimento di sorveglianza speciale e inviato al soggiorno obbligatorio nel comune di Quattro Castella a Reggio Emilia. La permanenza di Dragone in Emilia dura poco. Nel maggio 1983 viene arrestato con l'accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e detenzione di armi.

Durante la detenzione di Totò Dragone, nel reggiano arriva anche Nicolino Grande Aracri. Lo chiamavano "mano di gomma", un soprannome che risale al 1977, quando a causa di un incidente perde parzialmente l'uso di una mano. Nel 1992 entra in guerra con la cosa cosca Vasapollo-Ruggiero per il controllo del territorio reggiano a difesa del clan Dragone.

Sono anni comunque violenti. I morti si contano anche in Emilia, che si scopre terra di 'ndrangheta. Chiuso il conto con il clan Vasapollo-Ruggiero, Grande Aracri ne apre un altro con il clan egemone, quello dei Dragone, del quale ha finora fatto parte. Si sente forte, ha in mano parte della gestione del traffico di stupefacenti non solo in Emilia-Romagna ma anche in Lombardia. E' ambizioso. Non si accontenta di fare il gregario.

Dragone, comunque, è sul piede di guerra. In alcune lettere inviate dal carcere ai suoi familiari, descrive Grande Aracri come un "ingrato traditore". Durante un colloquio con la figlia nel carcere di Solliciano dichiara: "lo devo vedere soffrire giorno per giorno" ... "gli devo far pagare le sofferenze dell'inferno".

Antonio Dragone e Nicolino Grande Aracri detto "mani di gomma"

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Grande Aracri comincia a eliminare, uno a uno, tutti i suoi nemici.  Tornato in libertà il 4 novembre 2003, Dragone non vede l'ora di vendicarsi. Sottoposto ad un altra forma di sorveglianza speciale, con l'obbligo questa volta di rimanere a Cutro, non può più tornare in Emilia.

La tensione è alle stelle. Per paura di ritorsioni gli evitano anche l'obbligo di andare a firmare ogni settimana dai carabinieri. Sono i militari dell'arma a raccoglierne la firma nella sua abitazione. L'uscita di Dragone dal carcere semina il terrore negli appartenenti alla cosca di Grande Aracri. Un terrore tale che li induce a non uscire di casa.

Dragone scalpita. Non sta un attimo fermo. Percorre in un lungo e in largo le vie cittadine a bordo della sua lancia K blindata. Non immagina minimanete di avere i giorni contati. Il 10 maggio 2004 viene fermato in contrada Vattiato... Alcuni sicari con un bazooka in mano lo costringono a uscire dall'auto e lo rincorrono. Lo finiscono a colpi di kalashnikov ai piedi di una scarpata. Dalla consulenza medico-legale si apprende che Dragone durante la fuga è stato prima colpito al gluteo sinistro e al femore destro; poi allo zigomo sinistro e, infine, alla testa.

Nella sentenza con cui molti anni dopo verrà condannato all'ergastolo Nicolino Grande Aracri, i giudici ricostruiscono anche un altro elemento di dissidio tra Grande Aracri e Dragone.

«la frattura tra il Dragone da una parte e Grande Aracri dall'altra, parte icasticamente da un episodio apparentemetne secondario ma, in realtà, di forte valore simbolico nell'ambito del codice comportamentale mafioso ( 'ndranghetista ). Dragone Raffaele aveva un fratello di nome Dragone Salvatore, morto per cause naturali. Dragone Raffaele, in seguito alla morte del fratello, decideva di sposarne la vedova, ossia la propria cognata, Arabia Rosaria. In occasione del matrimonio offriva a Grande Aracri Nicolino di fargli da testimone di nozze. Sennonchè Grande Aracri Nicolino gli opponeva un rifiuto dicendo di non condividere la scelta del Dragone Raffaele di sposarare la propria cognata, vedova del fratello. A prescidnere dalle motivazioni addotte, con tale rifiuto, in realtà, il Grande Aracri ostentava l'assenza di alcun rapporto di sudditanza nei confronti dei Dragone, poichè sarebbe stato impensabile da parte di un sottoposto opporre un diniego alla famiglia del proprio capo; dall'altra parte segnalava la chiara volontà di non aver nessun legame con la famiglia del Dragone ... Grande Aracri Nicolino, poi, ritornava sui propri passi e faceva da testimone alle nozze di Raffaele; la frattura, però, era ormai evidentente e ... insanabile»

A prevalere è, dunque, Nicolino Grande Aracri, l'ex ambizioso gregario di Totò Dragone. Gli equilibri presto cambiano anche nel reggiano, dove vivono sette degli unidici fratelli di Grande Aracri.

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