Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 03, pag 3

Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 03

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 03
Nam quod eodem tempore stellas aureas Castoris et Pollucis Delphis positas decidisse neque eas usquam repertas esse dixisti, furum id magis factum quam deorum videtur

Simiae vero Dodonaeae improbitatem historiis Graecis mandatam esse demiror

Quid minus mirum quam illam monstruosissumam bestiam urnam evertisse, sortes dissupavisse

Et negant historici Lacedaemoniis ullum ostentum hoc tristius accidisse

Nam illa praedicta Veientium, si lacus Albanus redundasset isque in mare fluxisset, Romam perituram; si repressus esset, Veios, ita aqua Albana deducta ad utilitatem agri suburbani, non ad arcem urbemque retinendam
Quanto poi al fatto che le stelle d'oro, insegne di Càstore e Pollùce, poste a Delfi, caddero e non si trovarono più in nessun luogo, come hai rammentato, questa mi pare un'impresa di ladri piuttosto che di dèi

Che, poi, la dispettosità di una scimmia di Dodona sia stata tramandata dagli storici greci, è cosa che non finisce di stupirmi

Che c'è di strano in questo, che quella bruttissima bestia abbia rovesciato l'urna e sparpagliato qua e là le sorti

E gli storici dicono che agli spartani non accadde alcun prodigio più malaugurante di questo

Quanto a quelle predizioni fatte ai veienti, che, se il lago Albano fosse traboccato e si fosse riversato in mare, Roma sarebbe andata incontro alla rovina; se invece l'acqua fosse stata trattenuta, la rovina sarebbe toccata a Veio,;io credo che; l'acqua del lago Albano fu incanalata per irrigare la campagna attorno a Roma, non per salvare la roccaforte e la città
At paulo post audita vox est monentis ut providerent ne a Gallis Roma caperetur; ex eo Aio Loquenti aram in nova via consecratam

Quid ergo, Aius iste Loquens, quom eum nemo norat, et aiebat et loquebatur et ex eo nomen invenit; posteaquam et sedem et aram et nomen invenit, obmutuit

Quod idem dici de Moneta potest; a qua praeterquam de sue plena quid umquam moniti sumus

Satis multa de ostentis; auspicia restant et sortes, eae quae ducuntur, non illae quae vaticinatione funduntur, quae oracla verius dicimus; de quibus tum dicemus, cum ad naturalem divinationem venerimus

Restat etiam de Chaldaeis; sed primum auspicia videamus

Difficilis auguri locus ad contra dicendum
Ma poco dopo fu udita una voce che ammoniva i romani di provvedere perché Roma non fosse presa dai Galli; perciò fu consacrata nella Via Nuova un'ara in onore di Aio Loquente

Ma che dire del fatto che Aio Loquente, finché nessuno lo conosceva, parlava e discorreva e in seguito a ciò ebbe questo nome; quando però ottenne la sua ara e il suo nome, ammutolì

La stessa cosa si può dire della dea Moneta; dalla quale, eccettuata l'esortazione a sacrificare una scrofa gravida, quale ammonimento abbiamo mai ricevuto

Dei prodigi ho parlato anche troppo; rimangono gli auspicii e le sorti: intendo le sorti che vengono estratte a caso, non quelle che vengono largite durante un vaticinio, le quali più appropriatamente si chiamano responsi di oracoli; di questi parleremo quando saremo arrivati alla divinazione naturale

Rimane da dire qualcosa anche sui Caldei; ma innanzi tutto prendiamo in esame gli auspicii

un compito imbarazzante, per un àugure, polemizzare su questo argomento
Marso fortasse, sed Romano facillumus

Non enim sumus ii nos augures, qui avium reliquorumve signorum observatione futura dicamus

Et tamen credo Romulum, qui urbem auspicato condidit, habuisse opinionem esse in providendis rebus augurando scientiam (errabat enim multis in rebus antiquitas), quam vel usu iam vel doctrina vel vetustate immutatam videmus; retinetur autem et ad opinionem vulgi et ad magnas utilitates rei publicae mos, religio, disciplina, ius augurium, collegio auctoritas

Nec vero non omni supplicio digni P Claudius L Iunius consules, qui contra auspicia navigaverunt; parendum enim religioni fuit nec patrius mos tam contumaciter repudiandus
Per un àugure marso forse sì, ma per un romano è facilissimo

Noi non siamo di quegli àuguri che predicono il futuro in base all'osservazione degli uccelli e degli altri indizi

E tuttavia credo che Romolo, il quale fondò la città prendendo gli auspicii, abbia creduto che esistesse una scienza augurale capace di prevedere il futuro (su molte cose gli antichi erravano): una scienza che, come vediamo, ha subito ormai dei mutamenti o, per l'uso stesso che se ne è fatto, o per nuove dottrine, o per il lungo tempo trascorso; si conservano però - per non urtare le credenze popolari e per il grande vantaggio che ne deriva allo Stato - le pratiche, l'osservanza dei riti, le regole, il diritto augurale e l'autorità del collegio

Né io nego che siano stati meritevoli di ogni più grave pena i consoli Publio Claudio e Lucio Giunio, i quali presero il mare contro gli auspicii: era doveroso obbedire alle prescrizioni religiose e non si doveva contravvenire alle usanze patrie in modo così arrogante

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Cicerone, De divinationes: Libro 02 - Parte 05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De divinationes parte Libro 02 - Parte 05

Iure igitur alter populi iudicio damnatus est, alter mortem sibi ipse conscivit

Flaminius non paruit auspiciis, itaque periit cum exercitu

At anno post Paulus paruit; num minus cecidit in Cannensi pugna cum exercitu

Etenim, ut sint auspicia, quae nulla sunt, haec certe, quibus utimur, sive tripudio sive de caelo, simulacra sunt auspiciorum, auspicia nullo modo

Q Fabi, te mihi in auspicio esse volo

Respondet: Audivi

Hic apud maiores adhibebatur peritus, nunc quilubet

Peritum autem esse necesse est eum qui, silentium quid sit, intellegat; id enim silentium dicimus in auspiciis, quod omni vitio caret
Giustamente, dunque, l'uno fu condannato per giudizio del popolo, l'altro si dette egli stesso la morte

Flaminio, tu ancora ricordi, non obbedì agli auspicii, e perciò morì, lui e il suo esercito

Ma l'anno dopo Paolo obbedì: e forse per questo scampò alla morte con tutto l'esercito nella battaglia di Canne

E invero, anche se gli auspicii valessero (e invece non valgono affatto), certamente quelli ai quali ricorriamo noi, siano il tripudio o i segni provenienti dal cielo, sono simulacri di auspicii, auspicii no di certo

Quinto Fabio, voglio che tu mi assista nell'auspicio

Quello risponde: Ho udito

Al tempo dei nostri antenati, per questa funzione ci si valeva d'un esperto; oggi si prende uno qualsiasi

L'esperto dev'essere uno che sappia che cos'è il silenzio; chiamiamo silenzio, nel cerimoniale degli auspicii, la situazione in cui niente turba la cerimonia
Hoc intellegere perfecti auguris est; illi autem qui in auspicium adhibetur, cum ita imperavit is, qui auspicatur: Dicito, silentium esse videbitur, nec suspicit nec circumspicit; statim respondet silentium esse videri

Tum ille: Dicito, si pascentur

Pascuntur

Quae aves

Aut ubi

Attulit, inquit, in cavea pullos is, qui ex eo ipso nominatur pullarius

Haec sunt igitur aves internuntiae Iovis

Quae pascantur necne, quid refert

Nihil ad auspicia; sed quia, cum pascuntur, necesse est aliquid ex ore cadere et terram pavire (terripavium primo, post terripudium dictum est; hoc quidem iam tripudium dicitur) - cum igitur offa cecidit ex ore pulli, tum auspicanti tripudium solistimum nuntiatur
Rendersi conto di ciò è còmpito del perfetto àugure; ma quello a cui viene affidata al giorno d'oggi questa mansione, quando il magistrato che prende gli auspicii ordina: Dimmi quando ti sembrerà che vi sia il 'silenzio', non perde tempo né a guardare in alto né attorno; risponde sùbito che gli sembra che il silenzio ci sia

Allora l'altro: Di' quando gli uccelli mangeranno

Stanno mangiando

Ma quali uccelli

E dove

Ha portato, dicono, i polli rinchiusi in una gabbia colui che, per questo suo ufficio, viene chiamato pullario

Questi, dunque, sono gli uccelli messaggeri di Giove

Se essi mangino o no, che valore ha

Ciò non ha alcun rapporto con gli auspicii; ma siccome, quando mangiano, è inevitabile che qualche pezzetto di cibo caschi loro fuori dalla bocca e percuota la terra (ciò fu detto dapprima terripavio, poi terripudio; ora è chiamato tripudio), - quando dunque un pezzo di farina impastata cade dalla bocca del pollo, ecco che a colui che prende gli auspicii viene annunziato il tripudio solìstimo

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Ergo hoc auspicium divini quicquam habere potest, quod tam sit coactum et expressum

Quo antiquissumos augures non esse usos argomento est, quod decretum collegii vetus habemus omnem avem tripudium facere posse

Tum igitur esset auspicium, si modo esset ei liberum se ostendisse; tum avis illa videri posset interpres et satelles Iovis; nunc vero inclusa in cavea et fame enecta si in offam pultis invadit, et si aliquid ex eius ore cecidit, hoc tu auspicium aut hoc modo Romulum auspicari solitum putas

Iam de caelo servare non ipsos censes solitos qui auspicabantur
Può dunque aver qualcosa di divinatorio questo auspicio, così coatto e tratto a forza

Che i più antichi àuguri non siano ricorsi a esso, lo dimostra il fatto che conserviamo tuttora un vecchio decreto del nostro collegio, secondo il quale da ogni uccello si può ottenere il tripudio

Allora, sì, sarebbe un vero auspicio, a condizione che l'uccello fosse libero di mostrarsi; allora quell'uccello potrebbe sembrare un interprete e ministro di Giove; ora invece, chiuso in gabbia e stremato dalla fame, se si butta a divorare un pastone di farina, e se un pezzetto di cibo gli cade di bocca, credi che questo sia un auspicio o che in questo modo Romolo fosse solito trarre gli auspicii

Non credi, inoltre, che coloro che un tempo prendevano gli auspicii compissero da sé l'osservazione di ciò che veniva dal cielo
Nunc imperant pullario; ille renuntiat fulmen sinistrum, auspicium optumum quod habemus ad omnis res praeterquam ad comitia; quod quidem institutum rei publicae causa est, ut comitiorum vel in iudiciis populi vel in iure legum vel in creandis magistratibus principes civitatis essent interpretes

At Ti Gracchi litteris Scipio et Figulus consules, cum augures iudicassent eos vitio creatos esse, magistratu se abdicaverunt

Quis negat augurum disciplinam esse

Divinationem nego

Ora la fanno fare al pullario: quegli riferisce che è caduto un fulmine proveniente da sinistra, che consideriamo come il migliore auspicio, tranne per i comizi; questa eccezione fu stabilita per motivi politici, perché i più potenti nello Stato fossero gli interpreti dei comizi nei processi popolari o nell'approvazione delle leggi o nell'elezione dei magistrati

Ma, tu obietterai, in séguito a una lettera inviata da Tiberio Gracco i consoli Scipione e Figulo dovettero rinunciare alla carica, perché gli àuguri avevano sentenziato che erano stati eletti con una procedura irregolare

Ma chi nega l'esistenza di una dottrina degli àuguri

E la divinazione che io nego

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