[6] Sed quoniam illis, quos nominavi, tot et talibus viris res publica orbata est, veniamus ad vivos, qui duo de consularium numero reliqui sunt L Cotta, vir summo ingenio summaque prudentia, rebus iis gestis, quas tu reprehendis, supplicationem decrevit verbis amplissimis, eique illi ipsi, quos modo nominavi, consulares senatusque cunctus adsensus est, qui honos post conditam hanc urbem habitus est togato ante me nemini L Caesar, avunculus tuus, qua oratione, qua constantia, qua gravitate sententiam dixit in sororis suae virum, vitricum tuum Hunc tu cum auctorem et praeceptorem omnium consiliorum totiusque vitae debuisses habere, vitrici te similem quam avunculi maluisti Huius ego alienus consiliis consul usus sum, tu sororis filius ecquid ad eum umquam de re publica rettulisti At ad quos refert Di immortales |
[6] Ma poiché la nostra patria è ormai priva di tanti di quegli uomini che ho nominato, occupiamoci dei due soli ex consoli che sono ancora in vita L Cotta, uomo di sommo ingegno e di somma saggezza, fece votare con una spiegazione assai onorifica una solenne cerimonia di ringraziamento per quella mia azione di governo che tu biasimi, con l'approvazione dei suddetti ex consoli e dell'intero senato, un onore mai prima toccato, a partire dalla fondazione di Roma, a un magistrato civile L Cesare, tuo zio nella sua orazione con quale fermezza, con quale gravità pronunciò una sentenza contro il marito di sua sorella e tuo patrigno un uomo come lui che avresti dovuto avere come ispiratore e maestro di tutte le tue decisioni e dell'intera tua condotta di vita, invece hai preferito come modello tuo patrigno piuttosto che tuo zio Io, un estraneo, quand'ero console mi giovai dei suoi consigli; tu invece, figlio di sua sorella, quando mai l'hai consultato riguardo lo stato Ma chi è che consulta Dèi immortali |
Ad eos scilicet, quorum nobis etiam dies natales audiendi sunt Hodie non descendit Antonius Cur Dat nataliciam in hortis Cui Neminem nominabo; putate tum Phormioni alicui, tum Gnathoni, tum etiam Ballioni O foeditatem hominis flagitiosam, o impudentiam, nequitiam, libidinem non ferendam Tu cum principem senatorem, civem singularem tam propinquum habeas, ad eum de re publica nihil referas, referas ad eos qui suam rem nullam habent, tuam exhauriunt Tuus videlicet salutaris consulatus, perniciosus meus [7] Adeone pudorem cum pudicitia perdidisti, ut hoc in eo templo dicere ausus sis, in quo ego senatum illum qui quondam florens orbi terrarum praesidebat, consulebam, tu homines perditissimos cum gladiis conlocavisti |
Della gente dei quali ci tocca udire perfino quando ricorre il compleanno Oggi Antonio non è venuto Perchè Offre un pranzo di compleanno nei suoi giardini In onore di chi Non nominerò nessuno; pensate che si tratti di un Formione o di un Gnatone o anche di un Ballione Che scandalosa sconcezza, che impudenza, che perversità, che insopportabile sregolatezza Tu che pure hai tra i tuoi stretti parenti uno dei più autorevoli senatori e un cittadino che non ha uguali, non lo consulti affatto su nessun affare di stato, e vai invece a consultare chi, mentre non possiede nulla di suo, dà invece fondo al tuo patrimonio Il tuo consolato costituisce davvero la salvezza, il mio la rovina [7] Hai perduto a tal punto con l'onore il pudore, che hai avuto l'audacia di fare queste affermazioni in un tempio nel quale io sottoponevo gli affari di stato al senato, che in quel tempo lontano, nella pienezza del suo splendore, aveva il governo del mondo intero, mentre tu vi hai posto uomini assai delinquenti con le armi in pugno |
At etiam ausus es (quid autem est, quod tu non audeas) clivum Capitolinum dicere me consule plenum servorum armatorum fuisse Ut illa, credo, nefaria senatus consulta fierent, vim adferebam senatui O miser, sive illa tibi nota non sunt (nihil enim boni nosti) sive sunt, qui apud talis viros tam impudenter loquare Quis enim eques Romanus, quis praeter te adulescens nobilis, quis ullius ordinis, qui se civem esse meminisset, cum senatus in hoc templo esset, in clivo Capitolino non fuit, quis nomen non dedit Quamquam nec scribae sufficere nec tabulae nomina illorum capere potuerunt |
Ma hai osare di dire (una spudoratezza cui non sarebbe possibile porre un limite) che al tempo del mio consolato la strada che conduce al Campidoglio era piena di schiavi armati Perchè venissero votati quei funesti decreti, volevo, ritengo, fare violenza al senato Che disgraziato, sia che tu non li conosca (infatti nulla di buono tu conosci) sia che li conosca, se osi parlare con tanta impudenza davanti a uomini come questi Ci fu infatti un cavaliere romano, ci un giovane nobile, ad eccezione di te, una persona, a qualunque classe sociale appartenesse, che, memore dei suoi doveri di cittadino, mentre il senato si trovava riunito in questo tempio, non si trovò sulla strada Capitolina, non diede il suo nome Sennonché non vi furono ne scrivani nè registri a sufficienza per iscrivervi tutti i nomi |
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Etenim, cum homines nefarii de patriae parricidio confiterentur consciorum indiciis, sua manu, voce paene litterarum coacti se urbem inflammare, cives trucidare, vastare Italiam, delere rem publicam consensisse, quis esset, qui ad salutem communem defendendam non excitaretur, praesertim cum senatus populusque Romanus haberet ducem, qualis si qui nunc esset, tibi idem, quod illis accidit, contigisset Ad sepulturam corpus vitrici sui negat a me datum Hoc vero ne P quidem Clodius dixit umquam; quem, quia iure ei inimicus fui, doleo a te omnibus vitiis iam esse superatum Qui autem tibi venit in mentem redigere in memoriam nostram te domi P Lentuli esse educatum |
E per vero, quando dei criminali ammettevano il loro delitto contro la libertà della patria confessando, costretti dalle accuse dei loro stessi complici, dalla loro stessa scrittura, oserei dire dalla voce delle loro lettere, di aver congiurato per incendiare Roma, assassinare i concittadini, devastare l'Italia, distruggere lo stato, chi avrebbe potuto non sentirsi spinto a difendere la comune salvezza, specialmente in considerazione del fatto che il senato e il popolo romano avevano al comando un tal magistrato che, se ce ne fosse al giorno d'oggi uno simile, tu avresti già subito la stessa sorte di quei criminali Afferma che io negai la sepoltura alla salma di suo patrigno Un'accusa che nemmeno P Clodio mi disse, poiché è ben giusto che io gli fossi nemico, mi dolgo che tu l'hai superato in ogni genere di vizi D'altra parte, come mai t'è venuto in mente di richiamare alla nostra memoria che sei stato allevato in casa di P Lentulo |
An verebare, ne non putaremus natura te potuisse tam improbum evadere, nisi accessisset etiam disciplina [8] Tam autem erat excors, ut tota in oratione tua tecum ipse pugnares, non modo non cohaerentia inter se diceres, sed maxime disiuncta atque contraria, ut non tanta mecum quanta tibi tecum esset contentio Vitricum tuum fuisse in tanto scelere fatebare, poena adfectum querebare Ita, quod proprie meum est, laudasti, quod totum est senatus, reprehendisti Nam comprehensio sontium mea, animadversio senatus fuit Homo disertus non intellegit eum, quem contra dicit, laudari a se, eos, apud quos dicit, vituperari |
O forse avevi paura che noi non pensassimo che saresti potuto giungere per tua propria natura a tal punto di malvagità anche senza l'aggiunta dell'insegnamento altrui [8] Tuttavia eri tanto fuori di te, che in tutto il tuo discorso ti sei continuamente contraddetto e facevi delle affermazioni non solo incoerenti ma pure assolutamente opposte tra loro, cosicché la contesa che avevi con me era superata da quella che avevi con te stesso Ammettevi che tuo patrigno aveva partecipato a un crimine così delittuoso, ma ti lamentavi della punizione subita Così, poiché il mio operato personale l'hai elogiato, quello del senato, interamente ed esclusivamente suo, l'hai biasimato Infatti l'arresto dei colpevoli fu opera mia, la punizione, del senato Il bravo parlatore non comprende che fa l'elogio di colui contro il quale parla e biasima coloro davanti ai quali parla |
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Iam illud cuius est non dico audaciae (cupit enim se audacem), sed, quod minime vult, stultitiae, qua vincit omnis, clivi Capitolini mentionem facere, cum inter subsellia nostra versentur armati, cum in hac cella Concordiae, di immortales In qua me consule salutares sententiae dictae sunt, quibus ad hanc diem viximus, cum gladiis homines conlocati stent Accusa senatum, accusa equestrem ordinem, qui tum cum senatus copulatus fuit, accusa omnis ordines, omnis civis, dum confiteare hunc ordinem hoc ipso tempore ab Ityraeis circumsederi Haec tu non propter audaciam dicis tam impudenter, sed, qui tantam rerum repugnantiam non videas, nihil profecto sapis Quid est enim dementius quam, cum rei publicae perniciosa arma ipse ceperis, obicere alteri salutaria |
Per quanto poi riguarda il suo accenno alla via che porta Capitolina, di quale non dico ardire (infatti desidera la sua audacia), ma di quale stoltezza che egli rifiuta totalmente ma in cui supera tutti è esso espressione, dato che degli armati si aggirano fra i nostri banchi e in questo santuario della Concordia, dèi immortali Nel quale sotto il mio consolato furono votati dei provvedimenti che salvarono la patria, per i quali noi viviamo fino al giorno d'oggi, stanno appostati degli uomini con le armi in pugno Accusa il senato, accusa la classe dei cavalieri, che allora fu strettamente unita al senato, accusa tutte le classi sociali, tutti i cittadini, purché tu ammetta che questa adunanza è proprio in questo momento assediato dagli Iturei Queste affermazioni tu le fai con tanta impudenza non per il tuo ardire, ma perché non vedi che gran contraddizione c'è in esse Certo, non hai un briciolo di senno; poiché non c'è follia più grande della tua se proprio tu, che hai preso le armi per la rovina dello stato, ti metti a rimproverare un altro di averle prese per salvarlo |
At etiam quodam loco facetus esse voluisti Quam id te, di boni, non decebat In quo est tua culpa non nulla Aliquid enim salis a mima uxore trahere potuisti 'Cedant arma togae' Quid Tum nonne cesserunt At postea tuis armis cessit toga Quaeramus igitur, utrum melius fuerit, libertati populi Romani sceleratorum arma an libertatem nostram armis tuis cedere Nec vero tibi de versibus plura respondebo; tantum dicam breviter, te neque illos neque ullas omnino litteras nosse, me nec rei publicae nec amicis umquam defuisse et tamen omni genere monimentorum meorum perfecisse, ut meae vigiliae meaeque litterae et iuventuti utilitatis et nomini Romano laudis aliquid adferrent Sed haec non huius temporis; maiora videamus |
In un passo, poi, del tuo discorso, hai voluto pure fare lo spiritoso Quanto a sproposito, dèi buoni E un po' di colpa ce l'hai Infatti un po' di spirito avresti potuto prenderlo da quell'attrice i di tua moglie 'Cedano le armi alla toga' E che Forse che allora non hanno ceduto Ma in seguito ha ceduto la toga alle tue armi Vediamo dunque, cos'è stato più utile, che le armi dei criminali cedano alla libertà del popolo romano, oppure che la nostra libertà ceda alle tue armi Per quanto poi riguarda i miei versi, non mi risponderò maggiormente; dirò solo brevemente che tu non t'intendi né di poesia né in generale di letteratura, assolutamente, io invece, che pure non ho mai mancato ai miei doveri né verso lo stato né verso gli amici, con i miei componimenti di ogni genere, scritti nei ritagli di tempo, tuttavia ho ottenuto il bel risultato che la mia attività letteraria, per la quale ho sottratto del tempo al sonno, procurasse qualche vantaggio e qualche gloria alla nostra patria Ma queste questioni non sono in questo tempo; vediamo a problemi più importanti |
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[9] P Clodium meo consilio interfectum esse dixisti Quidnam homines putarent, si tum occisus esset, cum tu illum in foro spectante populo Romano gladio insecutus es negotiumque transegisses, nisi se ille in scalas tabernae librariae coniecisset iisque oppilatis impetum tuum compressisset Quod quidem ego favisse me tibi fateor, suasisse ne tu quidem dicis At Miloni ne favere quidem potui; prius enim rem transegit quam quisquam eum facturum id suspicaretur At ego suasi Scilicet is animus erat Milonis, ut prodesse rei publicae sine suasore non posset At laetatus sum Quid ergo In tanta laetitia cunctae civitatis me unum tristem esse oportebat |
[9] Hai detto che P Clodio fu ucciso su mio incitamento Ma cosa penserebbe gli uomini, se fosse stato ucciso allora, quando nel foro tu lo inseguisti sotto gli occhi del popolo romano con la spada in pugno, e saresti riuscito nel tuo intento, se non si fosse nascosto nel sottoscala di una libreria e, barricandosi, non avesse sventato il tuo assalto Un gesto, il tuo, cui riconosco d'aver dato la mia approvazione, ma che fui io a consigliartelo nemmeno tu lo sostieni A Milone, però, nemmeno la mia approvazione ho potuto dare; infatti portò a termine il suo colpo prima ancora che si potesse averne il sospetto Ma fui io a istigarlo Davvero che Milone aveva un carattere troppo debole per poter compiere un'azione giovevole allo stato senza che uno lo istigasse Ma io ne provai gioia E allora Mentre tutta Roma era piena di gioia, io solo avrei dovuto essere afflitto |
Quamquam de morte Clodi fuit quaestio non satis prudenter illa quidem constituta (quid enim attinebat nova lege quaeri de eo, qui hominem occidisset, cum esset legibus quaestio constituta) , quaesitum est tamen Quod igitur, cum re agebatur, nemo in me dixit, id tot annis post tu es inventus qui diceres Quod vero dicere ausus es, idque multis verbis, opera mea Pompeium a Caesaris amicitia esse diiunctum ob eamque causam culpa mea bellum civile esse natum, in eo non tu quidem tota re, sed, quod maximum est, temporibus errasti [10] Ego M Bibulo, praestantissimo cive, consule, nihil praetermisi, quantum facere enitique potui, quin Pompeium a Caesaris coniunctione avocarem In quo Caesar felicior fuit Ipse enim Pompeium a mea familiaritate diiunxit |
Per quanto riguarda la morte di Clodio ci fu un processo regolato da una procedura fissata con abbastanza scarsa ponderazione (infatti non c'era affatto bisogno di una nuova legge che regolamentasse i processi di omicidio, poiché la procedura era già stabilita dalle leggi vigenti) , tuttavia vi fu un processo Dunque, se mentre si svolgeva, nessuno disse contro di me, dopo tanti anni vieni fuori tu a muoverla Quanto poi all'altra accusa che hai osato dire, affermando con abbondanza di parole che la rottura dell'amicizia tra Cesare e Pompeo fu opera mia e che la responsabilità della guerra civile che ne derivò ricade su di me, non ti sei davvero sbagliato del tutto, ma, ed è qui la cosa più grave, hai commesso un errore di tempo [10] lo, sotto il consolato di M Bibulo eminentissimo cittadino, mi adoperai con tutte le mie forze, senza nulla tralasciare, per allontanare Pompeo da Cesare Ma in questo Cesare ebbe più fortuna Egli stesso infatti allontanò Pompeo da me |
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Postea vero quam se totum Pompeius Caesari tradidit, quid ego illum ab eo distrahere conarer Stulti erat sperare, suadere impudentis Duo tamen tempora inciderunt, quibus aliquid contra Caesarem Pompeio suaserim Ea velim reprehendas, si potes, unum, ne quinquennii imperium Caesari prorogaret, alterum, ne pateretur ferri, ut absentis eius ratio haberetur Quorum si utrumvis persuasissem, in has miserias numquam incidissemus |
Dopo che, però, Pompeo si consegnò tutto nelle mani di Cesare, perchè avrei io dovuto cercare di staccarlo da lui Sperarlo sarebbe stata stoltezza, esortarlo improntitudine Comunque si presentarono due circostanze, nelle quali diedi a Pompeo qualche consiglio contro Cesare Vorrei tu che me le rinfacciassi, se puoi, la prima volta affinché prorogasse a Cesare il suo comando quinquennale; la seconda, affinché non permettere la votazione della legge che consentiva di presentarsi candidato anche se assente Se l'avessi persuaso su questi due punti, non saremmo mai precipitati nelle attuali miserie |