Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 31-35

Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 31-35

Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 31-35

Multa me dehortantur a vobis, Quirites, ni studium rei publicae omnia superet: opes factionis, vestra patientia, ius nullum, ac maxime quod innocentiae plus periculi quam honoris est

Nam illa quidem piget dicere, his annis quindecim quam ludibrio fueritis superbiae paucorum, quam foede quamque inulti perierint vestri defensores, ut vobis animus ab ignavia atque socordia corruptus sit, qui ne nunc quidem obnoxiis inimicis exurgitis atque etiam nunc timetis eos, quibus decet terrori esse

Sed quamquam haec talia sunt, tamen obviam ire factionis potentiae animus subigit

Certe ego libertatem, quae mihi a parente meo tradita est, experiar

Verum id frustra an ob rem faciam, in vestra manu situm est, Quirites

Neque ego vos hortor, quod saepe maiores vestri fecere, uti contra iniurias armati eatis
31 Molte ragioni, Quiriti, mi sconsiglierebbero di presentarmi a voi, se l'amore della repubblica non prevalesse su ogni altra considerazione: la potenza del partito avverso, la vostra rassegnazione, l'assenza di ogni giustizia e soprattutto i pericoli che più degli onori sovrastano chi si mantiene integro

Rincresce proprio dover ricordare come in questi ultimi quindici anni siate stati oggetto di scherno da parte di pochi prepotenti, come i vostri difensori siano caduti miseramente e senza vendetta e come vi siate lasciati corrompere dall'inerzia e dalla viltà, tanto che neppure ora che avete i nemici in pugno siete capaci di ribellarvi e continuate ancora a temere coloro ai quali dovreste incutere terrore

Ma a dispetto di questa situazione, la mia coscienza mi impone di sfidare la potenza della fazione nobiliare

Tenterò almeno di servirmi di quella libertà che mi è stata lasciata in eredità da mio padre

che io poi lo faccia invano o con qualche risultato, dipende solo da voi, Quiriti

Io non vi esorto ad opporvi all'ingiustizia con le armi, come fecero spesso i vostri antenati
Nihil vi, nihil secession opus est; necesse est suomet ipsi more praecipites eant

Occiso T Graccho, quem regnum parare aiebant, in plebem Romanam quaestiones habitae sunt; post C Gracchi et C Fului caedem item vestri ordinis multi mortales in carcere necati sunt: utriusque cladis non lex, verum libido eorum finem fecit

Sed sane fuerit regni paratio plebi sua restituere; quicquid sine sanguine civium ulcisci nequitur, iure factum sit

Superioribus annis taciti indignabamini aerarium expilari, reges et populos liberos paucis nobilibus uectigal pendere, penes eosdem et summam gloriam et maximas divitias esse

Tamen haec talia facinora impune suscepisse parum habuere, itaque postremo leges, maiestas vestra, divina et humana omnia hostibus tradita sunt
Non c'è bisogno di violenza né di secessioni: sarà la loro stessa condotta a trarli in rovina

Ucciso Tiberio Gracco, accusato di aspirare al regno, s'intentarono processi contro la plebe romana; analogamente, dopo l'assassinio di Gaio Gracco e Marco Fulvio, furono uccisi in carcere molti esponenti del vostro ordine: in entrambi i casi il loro arbitrio, non la legge pose fine allo spargimento il sangue

Ma passi pure come tentativo di instaurare il regno il voler ristabilire i diritti della plebe e si consideri pure legittima ogni vendetta che non si possa compiere senza il sangue dei cittadini

Negli scorsi anni sopportavate con sdegno, ma in silenzio, che l'erario fosse saccheggiato e che re e popoli liberi fossero tributari di pochi nobili, cui toccavano sempre i più alti onori e la maggior ricchezza

Eppure, non contenti di aver commesso impunemente simili delitti, hanno finito per consegnare ai nemici le leggi, la vostra maestà, ogni valore divino e umano
Neque eos qui ea fecere pudet aut paenitet, sed incedunt per ora vestra magnifici, sacerdotia et consulatus, pars triumphos suos ostentantes; proinde quasi ea honori, non praedae habeant

Servi aere parati iniusta imperia dominorum non perferunt; vos, Quirites, in imperio nati aequo animo servitutem toleratis

At qui sunt ii, qui rem publicam occupauere

Homines sceleratissimi, cruentis manibus, immani auaritia, nocentissimi et idem superbissimi, quibus fides decus pietas, postremo honesta atque inhonesta omnia quaestui sunt

Pars eorum occidisse tribunos plebis, alii quaestiones iniustas, plerique caedem in vos fecisse pro munimento habent

Ita quam quisque pessime fecit, tam maxime tutus est

metum ab scelere suo ad ignaviam vestram transtulere, quos omnis eadem cupere, eadem odisse, eadem metuere in unum coegit
E i responsabili di queste imprese non provano vergogna né rimorso, ma passano tronfi sotto i vostri occhi, ostentando le cariche sacerdotali, i consolati e alcuni i loro trionfi, come se li avessero a titolo d'onore, non come preda

Gli schiavi, che pure sono stati comprati col denaro, non sopportano le imposizioni ingiuste dei padroni; e voi, Quiriti, nati per comandare, tollerate la schiavitù senza reagire

Ma chi sono questi padroni della repubblica

Uomini malvagi, dalle mani insanguinate, avidi oltre misura, veri furfanti pieni di arroganza, disposti a mercanteggiare lealtà, dignità, pietà, insomma tutto ciò che di onesto e di disonesto esiste al mondo

Alcuni di loro si sono conquistati la propria sicurezza con l'assassinio dei tribuni della plebe, altri con processi ingiusti, la maggior parte macchiandosi del vostro sangue

Così, più sono colpevoli, più vivono sicuri

la paura che dovrebbero provare per i loro delitti l'hanno trasfusa in voi per la vostra viltà; Sono uniti in un sol blocco dagli stessi desideri, dagli stessi odi, dagli stessi timori

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Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 06-10
Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 06-10

Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 06-10

Sed haec inter bonos amicitia, inter malos factio est

Quod si tam vos libertatis curam haberetis, quam illi ad dominationem accensi sunt, profecto neque res publica sicuti nunc vastaretur et beneficia vestra penes optimos, non audacissimos forent

maiores vestri parandi iuris et maiestatis constituendae gratia bis per secessionem armati Auentinum occupauere; vos pro libertate, quam ab illis accepistis, nonne summa ope nitemini

Atque eo vehementius, quo maius dedecus est parta amittere quam omnino non parauisse

Dicet aliquis 'quid igitur censes

Vindicandum in eos, qui hosti prodidere rem publicam, non manu neque vi, quod magis vos fecisse quam illis accidisse indignum est, verum quaestionibus et indicio ipsius Iugurthae
questa che tra gli uomini onesti è amicizia, fra i disonesti è complicità

E se voi aveste tanta cura della libertà quanta smania hanno loro di dominio, certamente la repubblica non sarebbe, come ora, in rovina e le cariche che dipendono da voi toccherebbero ai migliori, non ai più sfrontati

I vostri antenati per conquistare i loro diritti e per difendere la dignità del loro ordine, per ben due volte fecero secessione e occuparono armati l'Aventino e voi non vi impegnerete con tutte le forze per difendere la libertà che vi hanno lasciato

e tanto più ardentemente quanto è più vergognoso perdere un bene acquisito che non averlo mai acquistato

Qualcuno dirà: Che proponi, dunque

Si devono punire coloro che hanno consegnato la repubblica al nemico non con le armi, né con la violenza, perché sarebbe più indegno per voi farlo, che per loro subirlo: ma con un'inchiesta e con la deposizione dello stesso Giugurta
Qui si dediticius est, profecto iussis vestris oboediens erit; sin ea contemnit, scilicet existimabitis, qualis illa pax aut deditio sit, ex qua ad Iugurtham scelerum impunitas, ad paucos potentis maximae divitiae, ad rem publicam damna atque dedecora pervenerint; nisi forte nondum etiam vos dominationis eorum satietas tenet et illa quam haec tempora magis placent, cum regna prouinciae leges iura iudicia bella atque paces, postremo divina et humana omnia penes paucos erant; vos autem, hoc est populus Romanus, invicti ab hostibus, imperatores omnium gentium, satis habebatis animam retinere

Nam servitutem quidem quis vestrum recusare audebat

Atque ego tametsi viro flagitiosissimum existimo impune iniuriam accepisse, tamen vos hominibus sceleratissimis ignoscere, quoniam ciues sunt, aequo animo paterer, ni misericordia in perniciem casura esset
Se si è veramente arreso, ubbidirà di certo ai vostri ordini; se non ne terrà conto, potrete senza dubbio giudicare che razza di pace e di resa sia quella da cui è venuta a Giugurta l'impunità per i suoi delitti, a un pugno di potenti ricchezze immense, alla repubblica danno e disonore; a meno che non siate ancora stanchi della loro tirannia e a questi tempi non preferiate quelli in cui regni, province, leggi, diritti, processi, guerra e pace, in una parola tutto l'ordine morale e civile erano in mano di pochi, mentre voi, il popolo di Roma, invitto e signore di tutte le genti, vi accontentavate di aver salva la vita

Chi di voi, infatti, osava ribellarsi a tale schiavitù

Quanto a me, sebbene consideri estremamente disonorevole che un uomo riceva un'offesa senza reagire, sopporterei nondimeno che voi perdonaste a quegli uomini malvagi, perché sono concittadini, se la clemenza non dovesse poi trasformarsi nella vostra rovina

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Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 51-55

Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 51-55

Nam et illis, quantum importunitatis habent, parum est impune male fecisse, nisi deinde faciendi licentia eripitur, et vobis aeterna sollicitudo remanebit, cum intellegetis aut seruiendum esse aut per manus libertatem retinendam

Nam fidei quidem aut concordiae quae spes est

Dominari illi volunt, vos liberi esse; facere illi iniurias, vos prohibere; postremo sociis nostris ueluti hostibus, hostibus pro sociis utuntur

Potestne in tam diuersis mentibus pax aut amicitia esse

quare moneo hortorque vos, ne tantum scelus impunitum omittatis

Non peculatus aerari factus est neque per vim sociis ereptae pecuniae, quae quamquam gravia sunt, tamen consuetudine iam pro nihilo habentur; hosti acerrimo prodita senatus auctoritas, proditum imperium vestrum est; domi militiaeque res publica venalis fuit
Sono talmente sfrontati, infatti, che se non venissero privati della possibilità di fare ancora del male, sembrerebbe loro troppo poco averlo fatto impunemente nel passato; a voi resterà un'angoscia senza fine, quando comprenderete che bisogna o vivere come schiavi o difendere la libertà combattendo

Chi può, infatti, ancora sperare nella lealtà e nella concordia

Loro vogliono essere padroni, voi liberi; loro commettere soprusi, voi impedirli ; insomma considerano nemici i nostri alleati, alleati i nostri nemici

Sono possibili la pace e l'amicizia in modi di pensare così diversi

Io vi invito e vi esorto, perciò, a non lasciare impunito un delitto così grave

Non si tratta di peculato né di denaro estorto agli alleati, cose indubbiamente gravi, ma ormai di nessuna importanza, tanto sono comuni; no, l'autorità del senato e il vostro stesso potere sono stati rimessi nelle mani di un nemico accanito; si è fatto commercio della repubblica in pace e in guerra
Quae nisi quaesita erunt, nisi vindicatum in noxios, quid erit relicuum, nisi ut illis qui ea fecere oboedientes vivamus

Nam impune quae libet facere, id est regem esse

Neque ego vos, Quirites, hortor, ut malitis civis vestros perperam quam recte fecisse, sed ne ignoscendo malis bonos perditum eatis

Ad hoc in re publica multo praestat benefici quam malefici immemorem esse: bonus tantummodo segnior fit, ubi neglegas, at malus improbior

Ad hoc si iniuriae non sint, haut saepe auxili egeas

Haec atque alia huiuscemodi saepe in contione dicendo Memmius populo persuadet, uti L Cassius, qui tum praetor erat, ad Iugurtham mitteretur eumque interposita fide publica Romam duceret, quo facilius indicio regis Scauri et relicuorum, quos pecuniae captae arcessebat, delicta patefierent
Se non si perseguiranno questi misfatti, se non si puniranno i colpevoli, che altro ci resterà, se non sottometterci per sempre a coloro che commisero quei crimini

Infatti fare impunemente ciò che si vuole, significa essere re

Io non vi esorto, Quiriti, a compiacervi del fatto che i vostri concittadini abbiano operato male piuttosto che bene, ma non voglio che perdonando i malvagi mandiate in rovina gli onesti

D'altra parte, in politica è meglio dimenticare il bene ricevuto che il male subito, perché l'onesto, se lo trascuri, si fa solo meno solerte, il malvagio, invece, diventa più sfacciato

Si aggiunga che, se si tolgono le offese, si deve ricorrere meno spesso all'intercessione di altri

A forza di insistere su questi e simili argomenti, Memmio persuade il popolo a inviare presso Giugurta il pretore in carica Lucio Cassio: doveva ricondurre il re a Roma con pubblico salvacondotto, perché con la sua deposizione venissero più facilmente alla luce gli intrighi di Scauro e di tutti gli altri da lui accusati di aver accettato denaro

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Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 21-25

Dum haec Romae geruntur, qui in Numidia relicti a Bestia exercitui praeerant, secuti morem imperatoris sui plurima et flagitiosissima facinora fecere

Fuere qui auro corrupti elephantos Iugurthae traderent, alii perfugas vendebant, pars ex pacatis praedas agebant: tanta vis auaritiae [in] animos eorum ueluti tabes invaserat

At Cassius praetor perlata rogatione a C Memmio ac perculsa omni nobilitate ad Iugurtham proficiscitur eique timido et ex conscientia diffidenti rebus suis persuadet, quoniam se populo Romano dedisset, ne vim quam misericordiam eius experiri mallet

Privatim praeterea fidem suam interponit, quam ille non minoris quam publicam ducebat: talis ea tempestate fama de Cassio erat

Igitur Iugurtha contra decus regium cultu quam maxime miserabili cum Cassio Romam venit
Mentre a Roma accadevano questi fatti, coloro che Bestia aveva lasciato in Numidia a capo dell'esercito, seguendo l'esempio del loro comandante, continuarono a macchiarsi dei più infami misfatti

Alcuni, corrotti dal denaro, restituivano gli elefanti a Giugurta, altri gli vendevano i disertori, altri ancora facevano scorrerie nei paesi che erano in pace con noi; a tal punto la forza dell'avidità era penetrata, come una peste, nei loro animi

Ma quando, fra la costernazione di tutta la nobiltà, la proposta di Memmio fu approvata, il pretore Cassio si reca da Giugurta e, nonostante il suo timore e la sua sfiducia, dettata dalla cattiva coscienza, lo persuade, dato che si era arreso al popolo romano, a sperimentarne la clemenza anziché la forza

Inoltre, privatamente, impegna la sua parola, che agli occhi di Giugurta non valeva meno del salvacondotto pubblico: tale era la reputazione di Cassio in quel tempo

Giugurta, pertanto, contro la sua dignità di re, viene a Roma con Cassio in veste molto dimessa
Ac tametsi in ipso magna vis animi erat, confirmatus ab omnibus, quorum potentia aut scelere cuncta ea gesserat, quae supra diximus, C Baebium tribunum plebis magna mercede parat, cuius impudentia contra ius et iniurias omnis munitus foret

At C Memmius aduocata contione, quamquam regi infesta plebes erat et pars in vincula duci iubebat, pars, nisi socios sceleris sui aperiret, more maiorum de hoste supplicium sumi, dignitati quam irae magis consulens sedare motus et animos eorum mollire, postremo confirmare fidem publicam per sese inviolatam fore

Post ubi silentium coepit, producto Iugurtha verba facit, Romae Numidiaeque facinora eius memorat, scelera in patrem fratresque ostendit

Quibus iuuantibus quibusque ministris ea egerit, quamquam intellegat populus Romanus, tamen velle manufesta magis ex illo habere
Sebbene non gli mancasse la forza d'animo, indotto da tutti quelli per la cui nefasta influenza si era macchiato dei delitti sopra riferiti, con una grande somma di denaro compra l'aiuto del tribuno della plebe Gaio Bebio, al fine di farsi scudo della sua impudenza contro la legge e contro ogni violenza

Convocata l'assemblea, la plebe era ostile al re: chi lo voleva messo agli arresti, chi, secondo il costume degli antenati, lo voleva sottoporre al supplizio come nemico, se non avesse rivelato i nomi dei complici; Ma Gaio Memmio, badando più alla dignità che alla voce della collera, sedava i tumulti, placava gli animi e assicurava infine che per parte sua il salvacondotto concesso dallo Stato non sarebbe stato violato

Poi, ottenuto il silenzio, dopo aver fatto introdurre Giugurta, prende la parola rammentando i misfatti da lui commessi a Roma e in Numidia e descrivendo i suoi delitti contro il padre e contro i fratelli

Aggiunge che il popolo romano sa bene chi lo ha aiutato e chi è stato suo complice, ma vuole da lui prove più evidenti

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Si verum aperiat, in fide et clementia populi Romani magnam spem illi sitam; sin reticeat, non sociis saluti fore, sed se suasque spes corrupturum

Deinde ubi Memmius dicendi finem fecit et Iugurtha respondere iussus est, C Baebius tribunus plebis, quem pecunia corruptum supra diximus, regem tacere iubet, ac tametsi multitudo, quae in contione aderat, vehementer accensa terrebat eum clamore, uultu, saepe impetu atque aliis omnibus, quae ira fieri amat, vicit tamen impudentia

Ita populus ludibrio habitus ex contione discedit; Iugurthae Bestiaeque et ceteris, quos illa quaestio exagitabat, animi augescunt

Erat ea tempestate Romae Numida quidam nomine Massiua, Gulussae filius, Masinissae nepos, qui, quia in dissensione regum Iugurthae aduersus fuerat, dedita Cirta et Adherbale interfecto profugus ex patria abierat
Soltanto rivelando la verità potrà sperare nella lealtà e nella clemenza del popolo romano; tacendo, non salverà i complici e comprometterà se stesso e ogni sua speranza di salvezza

Quando Memmio ebbe terminato di parlare, fu intimato a Giugurta di rispondere, ma il tribuno della plebe Gaio Bebio, che, come ho già detto, era stato corrotto dal denaro, ingiunge al re di tacere; e, benché la folla presente all'assemblea, fortemente adirata, cercasse di atterrirlo con grida, col volto minaccioso, talora con assalti e con tutte le altre manifestazioni tipiche dell'ira, tuttavia l'impudenza ebbe la meglio

Così il popolo giocato abbandona l'assemblea, mentre Giugurta, Bestia e gli altri che erano preoccupati da quell'inchiesta riprendono coraggio

Si trovava allora in Roma un Numida di nome Massiva, che era figlio di Gulussa e nipote di Massinissa; questi nella lotta fra i re si era schierato contro Giugurta e perciò, dopo la resa di Cirta e l'uccisione di Aderbale, fuggiasco, aveva dovuto abbandonare la patria

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