Nè più mai toccherò le sacre sponde

Nè più mai toccherò le sacre sponde

Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia

... che te specchi nell'onde del greco mar da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l'inclito verso di colui che l'acque cantò fatali, ed il diverso esiglio per cui bello di fama e di sventura baciò la sua petrosa Itaca Ulisse. Tu non altro che il canto avrai del figlio, o materna mia terra; a noi prescrisse il fato illacrimata sepoltura. Da Opere, Ricciardi Nota metrica: Il sonetto è formato da quattordici endecasillabi, divisi in due quartine in rime alternate (ABAB, ABAB) e due terzine con rime variamente disposte.