Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 01-10

Livio, Ab urbe condita: Libro 22; 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 22; 01-10

[1] Iam uer appetebat; itaque Hannibal ex hibernis mouit, et nequiquam ante conatus transcendere Appenninum intolerandis frigoribus et cum ingenti periculo moratus ac metu

Galli, quos praedae populationumque conciuerat spes, postquam pro eo ut ipsi ex alieno agro raperent agerentque, suas terras sedem belli esse premique utriusque partis exercituum hibernis uidere, uerterunt retro in Hannibalem ab Romanis odia; petitusque saepe principum insidiis, ipsorum inter se fraude, eadem leuitate qua consenserant consensum indicantium, seruatus erat et mutando nunc uestem nunc tegumenta capitis errore etiam sese ab insidiis munierat

Ceterum hic quoque ei timor causa fuit maturius mouendi ex hibernis

Per idem tempus Cn Seruilius consul Romae idibus Martiis magistratum iniit
1 Quando ormai si avvicinava la primavera Annibale mosse dai quartieri d'inverno, avendo in precedenza tentato invano di attraversare l'Appennino a causa del freddo intollerabile; era perciò stato costretto a fermarsi in mezzo a grandi pericoli e paure

I Galli che la speranza di preda e di saccheggio aveva incitati, dopo che videro che invece di fare essi stessi bottino saccheggiando i campi altrui, erano costretti a subire nelle loro terre la guerra e l'oppressione di ambedue gli eserciti là acquartierati durante l'inverno, rivolsero allora contro Annibale quell'odio che avevano contro i Romani; spesso oggetto di assalti insidiosi da parte dei capi Galli, era stato poi salvato dalla malafede reciproca degli stessi capi che rivelavano la congiura con la medesima leggerezza con la quale l'avevano organizzata e, mutando ora il vestito, ora le parrucche, li aveva tratti in inganno difendendosi così dalle insidie

Comunque, anche questo timore lo spinse a muoversi subito dai quartieri d'inverno

In quello stesso tempo Cn Servilio iniziò l'esercizio del suo consolato alle Idi di Marzo in Roma
Ibi cum de re publica rettulisset, redintegrata in C Flaminium inuidia est: duos se consules creasse, unum habere

quod enim illi iustum imperium, quod auspicium esse

Magistratus id a domo, publicis priuatisque penatibus, Latinis feriis actis, sacrificio in monte perfecto, uotis rite in Capitolio nuncupatis, secum ferre

nec priuatum auspicia sequi nec sine auspiciis profectum in externo ea solo noua atque integra concipere posse
Qui, allorché egli ebbe riferito intorno alla situazione politica, si rinnovarono contro C Flaminio manifestazioni di odio da parte dei senatori, i quali dichiaravano di aver sì eletto due consoli, ma di averne in realtà uno solo

Che legittima autorità, infatti, aveva Flaminio e quale diritto di ascoltare gli auspici

Soltanto le persone dei magistrati portavano con sé tale diritto dalla patria e dai penati pubblici e privati, dopo che erano state celebrate le Ferie Latine ed era stato compiuto il sacrificio sul monte Albano e, secondo il rito, era stata fatta l'offerta votiva sul Campidoglio

Pertanto, né gli auspici potevano accompagnare un cittadino privato, né costui, partito senza aver preso gli auspici, poteva prenderli nuovi e validi in lontana da Roma
Augebant metum prodigia ex pluribus simul locis nuntiata: in Sicilia militibus aliquot spicula, in Sardinia autem in muro circumeunti uigilias equiti scipionem quem manu tenuerit arsisse et litora crebris ignibus fulsisse et scuta duo sanguine sudasse, et milites quosdam ictos fulminibus et solis orbem minui uisum, et Praeneste ardentes lapides caelo cecidisse, et Arpis parmas in caelo uisas pugnantemque cum luna solem

et Capenae duas interdiu lunas ortas, et aquas Caeretes sanguine mixtas fluxisse fontemque ipsum Herculis cruentis manasse respersum maculis
Accrescevano la paura le notizie di prodigi avvenuti contemporaneamente in luoghi diversi: in Sicilia avevano mandato scintille le punte delle lance di alcuni soldati, in Sardegna poi aveva preso fuoco il bastone che un cavaliere teneva in mano mentre sul muro faceva l'ispezione alle sentinelle; si diceva, inoltre, che frequenti fuochi avevano lampeggiato sulle spiagge e che due scudi avevano sudato sangue; che alcuni soldati erano stati colpiti dal fulmine; che il cerchio del sole era apparso rimpicciolito; che a Preneste erano caduti dal cielo sassi infiammati e che, infine, ad Arpi erano stati visti in cielo degli scudi e si era visto il sole combattere con la luna

A Capena, durante il giorno, erano sorte due lune e le acque delle fonti di Cere erano fluite miste a sangue e perfino la fonte di Ercole aveva mandato un getto cosparso di macchie di sangue

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Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 11 - 12
Livio, Ab urbe condita: Libro 30; 11 - 12

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 11 - 12

et in Antiati metentibus cruentas in corbem spicas cecidisse, et Faleriis caelum findi uelut magno hiatu uisum quaque patuerit ingens lumen effulsisse; sortes sua sponte attenuatas unamque excidisse ita scriptam: Mauors telum suum concutit

et per idem tempus Romae signum Martis Appia uia ac simulacra luporum sudasse, et Capuae speciem caeli ardentis fuisse lunaeque inter imbrem cadentis

Inde minoribus etiam dictu prodigiis fides habita: capras lanatas quibusdam factas, et gallinam in marem, gallum in feminam sese uertisse

His, sicut erant nuntiata, expositis auctoribusque in curiam introductis consul de religione patres consuluit
Ad Anzio, a quelli che stavano mietendo erano cadute nella cesta delle spighe insanguinate e a Faleri si era visto il cielo aprirsi come in una grande spaccatura, dalla quale era balenata una grandissima luce; le sorti si erano spontaneamente rimpicciolite, una delle quali era caduta portando la scritta: Marte scuote le sue armi

Nello stesso tempo in Roma la statua di Marte sulla via Appia e le immagini dei lupi avevano sudato ed in Capua era apparsa una visione di cielo fiammeggiante e di luna che tramontava tra la pioggia

Si prestò fede anche a Prodigi meno degni di essere ricordati: ad alcuni le capresi erano trasformate in pecore, una gallina si era trasformata in maschio ed un gallo in femmina

Comunicati questi prodigi, così come erano stati raccontati, ed introdotti nella curia i testimoni, il console interrogò i senatori intorno alle pratiche religiose con cui espiarli
Decretum ut ea prodigia partim maioribus hostiis, partim lactentibus procurarentur et uti supplicatio per triduum ad omnia puluinaria haberetur; cetera, cum decemuiri libros inspexissent, ut ita fierent quemadmodum cordi esse [di sibi] diuinis carminibus praefarentur

Decemuirorum monitu decretum est Ioui primum donum fulmen aureum pondo quinquaginta fieret, Iunoni Mineruaeque ex argento dona darentur et Iunoni reginae in Auentino Iunonique Sospitae Lanuui maioribus hostiis sacrificaretur, matronaeque pecunia conlata quantum conferre cuique commodum esset donum Iunoni reginae in Auentinum ferrent lectisterniumque fieret, et ut libertinae et ipsae unde Feroniae donum daretur pecuniam pro facultatibus suis conferrent

Haec ubi facta, decemuiri Ardeae in foro maioribus hostiis sacrificarunt
Fu deliberato che parte di quei prodigi fossero espiati con vittime maggiori e parte con vittime ancora da latte e che per tre giorni dinanzi a tutti gli altari si tenessero pubbliche preghiere; riguardo agli altri riti, avendo i decemviri esaminato i libri Sibillini, si decise di compiere le cerimonie nel modo indicato dai decemviri, secondo il responso in quanto indice della volontà divina

Per consiglio dei decemviri si decretò per prima cosa di offrire a Giove in dono un fulmine d'oro del peso di cinquanta libbre; a Giunone e a Minerva doni d'argento e a Giunone regina sull'Aventino e a Giunone Sospita in Lanuvio, un sacrificio di vittime adulte; si deliberò che le matrone, raccolta una somma di denaro, secondo le possibilità di ciascuna, la recassero in dono a Giunone regina sull'Aventino, che si facesse un lettisternio e che anche le schiave liberate raccogliessero denaro, ciascuna secondo le sue possibilità, da portare in dono alla dea Feronia

Quando questi sacrifici furono compiuti, i decemviri nel foro di Ardea immolarono vittime maggiori

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Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 19 - 22
Livio, Ab urbe condita: Libro 31; 19 - 22

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 31; 19 - 22

Postremo Decembri iam mense ad aedem Saturni Romae immolatum est, lectisterniumque imperatum, et eum lectum senatores strauerunt, et conuiuium publicum, ac per urbem Saturnalia diem ac noctem clamata, populusque eum diem festum habere ac seruare in perpetuum iussus

[2] Dum consul placandis Romae dis habendoque dilectu dat operam, Hannibal profectus ex hibernis, quia iam Flaminium consulem Arretium peruenisse fama erat, cum aliud longius, ceterum commodius ostenderetur iter, propiorem uiam per paludes petit, qua fluuius Arnus per eos dies solito magis inundauerat

Hispanos et Afros, id omne ueterani erat robur exercitus, admixtis ipsorum impedimentis necubi consistere coactis necessaria ad usus deessent, primos ire iussit; sequi Gallos, ut id agminis medium esset; nouissimos ire equites
Alla fine, già nel mese di Dicembre, furono fatti sacrifici espiatori presso il tempio di Saturno in Roma e si ordinò un lettisternio; i senatori stessi prepararono il letto ed un pubblico convito; giorno e notte furono celebrati i Saturnali e fu decretato che il popolo considerasse quel giorno come festivo e tale lo conservasse in perpetuo

2 Mentre in Roma il console si occupava di placare gli dei e di fare le leve, Annibale partì dai quartieri d'inverno, poiché era già corsa voce che il console Flaminio era giunto ad Arezzo, e, sebbene gli si presentasse un'altra via più lunga, ma più comoda, volle percorrere una strada più vicina attraverso le paludi, lungo la quale il fiume Arno in quei giorni aveva straripato più del solito

Annibale comandò che avanzassero per primi gli Spagnoli e gli Africani che costituivano il nerbo dell'esercito, insieme con i bagagli, perché in nessun luogo ove fossero costretti a fermarsi mancassero a loro i mezzi necessari alla vita; li dovevano poi seguire i Galli, come corpo centrale dell'esercito; alla retroguardia si ponessero i cavalieri
Magonem inde cum expeditis Numidis cogere agmen, maxime Gallos, si taedio laboris longaeque uiae, ut est mollis ad talia gens, dilaberentur aut subsisterent, cohibentem

primi, qua modo praeirent duces, per praealtas fluuii ac profundas uoragines, hausti paene limo immergentesque se, tamen signa sequebantur

Galli neque sustinere se prolapsi neque adsurgere ex uoraginibus poterant, neque aut corpora animis aut animos spe sustinebant

alii fessa aegre trahentes membra, alii, ubi semel uictis taedio animis procubuissent, inter iumenta et ipsa iacentia passim morientes

maximeque omnium uigiliae conficiebant per quadriduum iam et tres noctes toleratae

Cum omnia obtinentibus aquis nihil ubi in sicco fessa sternerent corpora inueniri posset, cumulatis in aqua sarcinis insuper incumbebant
Magone, coi Numidi dotati di armi leggere, doveva tener raccolte le schiere, tenendo soprattutto a freno i Galli se si fossero fermati o dispersi per la fatica e per la stanchezza del lungo cammino, secondo la natura incostante di quella gente poco atta a tali imprese

Gli Spagnoli e gli Africani a loro volta, purché li precedessero i capitani, riuscivano a seguire le insegne, per quanto sprofondati e quasi immersi nel fango, attraverso le scoscese e profonde voragini del fiume

I Galli non potevano, una volta sdrucciolati, né tenersi in piedi né rialzarsi da queste spaccature, né erano in grado di sostenere il corpo coi coraggio e l'animo con la speranza

Alcuni, trascinando le membra stanche, altri oppressi dallo scoraggiamento, stramazzati a terra una volta, si preparavano a morire in mezzo agli animali, anch'essi caduti

Soprattutto li abbattevano le veglie sopportate per quattro giorni e tre notti

E poiché le acque coprivano tutto e non si poteva trovare nessun punto asciutto dove distendere il corpo stanco, accumulati i bagagli nell'acqua, vi si sdraiavano sopra

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 37; 36 - 40

[aut] Iumentorum itinere toto prostratorum passim acerui tantum quod exstaret aqua quaerentibus ad quietem parui temporis necessarium cubile dabant

Ipse Hannibal aeger oculis ex uerna primum intemperie uariante calores frigoraque, elephanto, qui unus superfuerat, quo altius ab aqua exstaret, uectus, uigiliis tamen et nocturno umore palustrique caelo grauante caput et quia medendi nec locus nec tempus erat altero oculo capitur

[3] Multis hominibus iumentisque foede amissis cum tandem e paludibus emersisset, ubi primum in sicco potuit, castra locat, certumque per praemissos exploratores habuit exercitum Romanum circa Arreti moenia esse
Talvolta anche i giumenti, caduti in mucchio qua e là per tutto il cammino, offrivano a chi cercasse soltanto qualche cosa che sporgesse dall'acqua il giaciglio necessario per un breve riposo

Lo stesso Annibale, ammalato d'occhi già prima dell'intemperie primaverile, con le sue alternative di caldo e di freddo, mentre era trasportato sull'unico elefante superstite, per emergere il più possibile dal livello delle acque, perdette un occhio a causa delle veglie dell'umidità notturna e della malaria che gli gravava soprattutto la testa e a causa del fatto che non era quello né il luogo né il momento per ricorrere a medicine

3 Dopo aver tristemente perduti molti uomini ed animali, quando finalmente uscì fuori dalle paludi, appena gli fu possibile, Annibale collocò gli accampamenti all'asciutto; da esploratori mandati in ricognizione venne a sapere con certezza che l'esercito romano stava intorno alle mura di Arezzo
Consulis deinde consilia atque animum et situm regionum itineraque et copias ad commeatus expediendos et cetera quae cognosse in rem erat summa omnia cum cura inquirendo exsequebatur

Regio erat in primis Italiae fertilis, Etrusci campi, qui Faesulas inter Arretiumque iacent, frumenti ac pecoris et omnium copia rerum opulenti; consul ferox ab consulatu priore et non modo legum aut patrum maiestatis sed ne deorum quidem satis metuens

hanc insitam ingenio eius temeritatem fortuna prospero ciuilibus bellicisque rebus successu aluerat
Si diede poi ad indagare, ricercando con somma cura quali potessero essere i disegni e le segrete intenzioni del console, nonché la posizione dei luoghi, i percorsi, i mezzi atti a procurarsi vettovaglie: in generale, tutto quanto fosse utile da conoscere

La regione era tra le più fertili d'Italia; i campi di Etruria, che si stendono tra Fiesole ed Arezzo, erano ricchi di frumento, di bestiame ed abbondanti di ogni cosa; Annibale venne poi a sapere che il console era baldanzoso a cagione del suo precedente consolato e non molto ossequioso non solo verso le leggi o la maestà del senato, ma neppure verso quella degli dei

la fortuna con un felice successo nelle imprese civili e militari aveva alimentato in lui quella temerarietà che era già insita nella sua natura

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Itaque satis apparebat nec deos nec homines consulentem ferociter omnia ac praepropere acturum; quoque pronior esset in uitia sua, agitare eum atque inritare Poenus parat, et laeua relicto hoste Faesulas praeteriens medio Etruriae agro praedatum profectus, quantam maximam uastitatem potest caedibus incendiisque consuli procul ostendit

Flaminius, qui ne quieto quidem hoste ipse quieturus erat, tum uero, postquam res sociorum ante oculos prope suos ferri agique uidit, suum id dedecus ratus per mediam iam Italiam uagari Poenum atque obsistente nullo ad ipsa Romana moenia ire oppugnando
Appariva, pertanto, evidente che egli in ogni caso avrebbe agito con audacia precipitosa senza consultare né dei né uomini; Annibale, affinché il console cedesse ancor più ai propri difetti, si preparò a provocarlo e ad esasperarlo; lasciato il nemico alla sua sinistra, partì in direzione di Fiesole ed attraverso i campi dell'Etruria si diede a predare, mostrando da lontano al console, nelle stragi e negli incendi, la più grande devastazione possibile

Flaminio, che non sarebbe stato tranquillo anche se il nemico lo fosse stato, allorché vide le terre degli alleati saccheggiate dinanzi ai suoi occhi, ritenne disonore per sé il fatto che il Cartaginese passeggiasse per l'Italia centrale e, senza che nessuno si opponesse, si avviasse ad assalire le stesse mura di Roma

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