Livio, Ab urbe condita: Libro 02, 01-10, pag 3

Livio, Ab urbe condita: Libro 02, 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 02, 01-10
Ita certe inde abiere, Romani ut victores, Etrusci pro victis; nam postquam inluxit nec quisquam hostium in conspectu erat, P Valerius consul spolia legit triumphansque inde Romam rediit

Collegae funus quanto tum potuit apparatu fecit; sed multo maius morti decus publica fuit maestitia, eo ante omnia insignis quia matronae annum ut parentem eum luxerunt, quod tam acer ultor violatae pudicitiae fuisset

Consuli deinde qui superfuerat, ut sunt mutabiles volgi animi, ex favore non invidia modo sed suspicio etiam cum atroci crimine orta

Regnum eum adfectare fama ferebat, quia nec collegam subrogauerat in locum Bruti et aedificabat in summa Velia: ibi alto atque munito loco arcem inexpugnabilem fieri
A ogni modo i Romani se ne andarono da vincitori, gli Etruschi da vinti; Infatti, quando alle prime luci del giorno non ci fu più l'ombra di un nemico in vista, il console Publio Valerio raccolse le spoglie e fece rientro a Roma in trionfo

Celebrò il funerale del collega nella maniera più sontuosa possibile per l'epoca; Quel che però fu ben più clamoroso per la sua memoria fu il lutto civile e, all'interno di esso, il fatto che le donne di Roma lo piansero per un anno, come se fosse stato un padre, per l'accanimento che aveva mostrato nel vendicare l'oltraggio alla castità femminile

In séguito, il console sopravvissuto alla battaglia, vittima della volubilità del volgo, vide crollare la propria popolarità nell'avversione e fu oggetto di sospetti e accuse abominevoli

Si vociferava che aspirasse a diventare re perché non aveva sostituito Bruto con un un nuovo collega e perché si stava facendo costruire una casa in cima alla Velia, una collina naturalmente fortificata che, così si diceva, sarebbe diventata per lui una rocca inespugnabile
Haec dicta volgo creditaque cum indignitate angerent consulis animum, vocato ad concilium populo submissis fascibus in contionem escendit

Gratum multitudini spectaculum fuit, submissa sibi esse imperii insignia confessionemque factam populi quam consulis maiestatem uimque maiorem esse

Ibi audire iussis consul laudare fortunam collegae, quod liberata patria, in summo honore, pro re publica dimicans, matura gloria necdum se vertente in invidiam, mortem occubuisset: se superstitem gloriae suae ad crimen atque invidiam superesse; ex liberatore patriae ad Aquilios se Vitelliosque recidisse

'Nunquamne ergo' inquit, 'ulla adeo vobis spectata virtus erit, ut suspicione violari nequeat

Ego me, illum acerrimum regum hostem, ipsum cupiditatis regni crimen subiturum timerem
Queste calunnie del popolino, cui si dava credito nonostante fossero infondate, esacerbarono il console che, convocata un'assemblea generale, salì sulla tribuna dopo aver fatto abbassare i fasci

Per la gente fu uno spettacolo graditissimo vedere abbassati davanti a lei i simboli del potere, a indicare esplicitamente che la maestà e l'autorità del popolo erano superiori a quelle del console

Quindi, dopo aver richiesto l'attenzione dell'uditorio, il console lodò la buona sorte del collega che, dopo aver liberato la patria ed esserne assurto ai sommi onori, era morto in battaglia per la repubblica, nel pieno della gloria e prima che questa potesse degenerare in impopolarità; Lui, sopravvivendo alla sua stessa gloria, adesso passava da una calunnia all'altra e da liberatore della patria era stato declassato al rango degli Aquili e dei Vitelli

Sarà dunque mai possibile che con voi la virtù non finisca nel fango dell'oltraggio

Dovrei temere di essere accusato di aspirare al trono io, il nemico più acerrimo della monarchia
Ego si in ipsa arce Capitolioque habitarem, metui me crederem posse a ciuibus meis

Tam levi momento mea apud vos fama pendet

Adeone est fundata leviter fides ut ubi sim quam qui sim magis referat

Non obstabunt Publi Valeri aedes libertati vestrae, Quirites; tuta erit vobis Velia; deferam non in planum modo aedes sed colli etiam subiciam, ut vos supra suspectum me civem habitetis; in Velia aedificent quibus melius quam P Valerio creditur libertas'

Delata confestim materia omnis infra Veliam et, ubi nunc Vicae Potae est, domus in infimo clivo aedificata

[8] Latae deinde leges, non solum quae regni suspicione consulem absolverent, sed quae adeo in contrarium verterent ut popularem etiam facerent; inde cognomen factum Publicolae est
Anche se andassi ad abitare addirittura sulla rocca del Campidoglio, dovrei credere di incutere timore nei miei concittadini

Possibile che una banalità del genere riesca a rovinare la mia reputazione presso di voi

La vostra fiducia poggia su fondamenti così fragili che la collocazione della mia casa conta di più della mia persona

E sia: la casa di Publio Valerio non sarà una minaccia alla vostra libertà, o Quiriti: non abbiate paura per la Velia; Mi sposterò in pianura, anzi no, ai piedi di un colle in modo di abitare sotto di voi visto che sono un cittadino sospetto; Sulla Velia ci costruisca chi può dare maggiore affidamento per la libertà di quanto non ne offra Publio Valerio

Fece subio spostare tutti i materiali tra la Velia e il punto dove oggi sorge il tempio di Vica Pota e lì, ai piedi del pendio, venne costruita la casa

8 In séguito furono presentate delle leggi che non solo affrancarono il console dal sospetto di voler restaurare la monarchia, ma che al contrario ebbero anche un effetto tale da renderlo addirittura popolare e da meritargli il soprannome di Publicola

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Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 51-55
Livio, Ab urbe condita: Libro 05, 51-55

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 05, 51-55

Ante omnes de provocatione adversus magistratus ad populum sacrandoque cum bonis capite eius qui regni occupandi consilia inisset gratae in volgus leges fuere

Quas cum solus pertulisset, ut sua unius in his gratia esset, tum deinde comitia collegae subrogando habuit

Creatus Sp Lucretius consul, qui magno natu, non sufficientibus iam viribus ad consularia munera obeunda, intra paucos dies moritur

Suffectus in Lucreti locum M Horatius Puluillus

Apud quosdam veteres auctores non inuenio Lucretium consulem; Bruto statim Horatium suggerunt; credo, quia nulla gesta res insignem fecerit consulatum, memoria intercidisse

Nondum dedicata erat in Capitolio Iouis aedes; Valerius Horatiusque consules sortiti uter dedicaret
Tra tutte le proposte, quella che permetteva di appellarsi contro un magistrato in presenza del popolo e quella che autorizzava l'anatema contro la persona e i beni di chiunque avesse nutrito aspirazioni monarchiche ebbero un'accoglienza particolarmente calorosa da parte del volgo

Dopo aver fatto passare queste leggi da solo (per non spartirne il merito con nessun altro), allora finalmente bandì delle elezioni per rimpiazzare il collega morto

Venne eletto console Spurio Lucrezio, il quale, troppo avanti negli anni per tenere testa ai molti compiti dell'ufficio, morì pochi giorni dopo

Lo si sostituì quindi con Marco Orazio Pulvillo

Vedo però che alcuni storici antichi non menzionano il consolato di Lucrezio e indicano in Orazio l'immediato successore di Bruto; Ho l'impressione che del mandato di Lucrezio se ne perse memoria perché durante quel periodo non successe nulla di importante

Il tempio di Giove sul Campidoglio non era ancora stato dedicato; I consoli Valerio e Orazio tirarono a sorte chi avrebbe dovuto assumersi quell'incarico
Horatio sorte evenit: Publicola ad Veientium bellum profectus

Aegrius quam dignum erat tulere Valeri necessarii dedicationem tam incliti templi Horatio dari

Id omnibus modis impedire conati, postquam alia frustra temptata erant, postem iam tenenti consuli foedum inter precationem deum nuntium incutiunt, mortuum eius filium esse, funestaque familia dedicare eum templum non posse

Non crediderit factum an tantum animo roboris fuerit, nec traditur certum nec interpretatio est facilis

Nihil aliud ad eum nuntium a proposito aversus quam ut cadaver efferri iuberet, tenens postem precationem peragit et dedicat templum

Haec post exactos reges domi militiaeque gesta primo anno

[9] Inde P Valerius iterum T Lucretius consules facti
Uscì il nome di Orazio e Publicola partì per una campagna contro i Veienti

Che la consacrazione di un tempio così famoso fosse toccata a Orazio irritò oltremisura i parenti di Valerio che cercarono in tutti i modi di ostacolarla

Esaurita ogni risorsa, quando ormai il console aveva già la mano sul montante della porta ed era nel pieno della sua invocazione alle divinità, essi interruppero la cerimonia gridando l'agghiacciante notizia che Orazio aveva perso un figlio e che il padre di un morto non era nelle condizioni di consacrare un tempio

Se egli abbia reagito non dando credito alla cosa o dimostrando grande forza d'animo, non lo sappiamo con certezza né è facile fare delle congetture al riguardo

Sta di fatto che, senza lasciarsi distogliere dalla notizia se non per dare ordine di seppellire il cadavere, tenendo la mano sul montante, completò l'invocazione e consacrò il tempio

Furono questi gli avvenimenti politici e militari del primo anno di regime repubblicano

9 I consoli di quello successivo furono Publio Valerio (per la seconda volta) e Tito Lucrezio

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Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 38-42
Livio, Ab urbe condita: Libro 04, 38-42

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 04, 38-42

Iam Tarquinii ad Lartem Porsennam, Clusinum regem, perfugerant

Ibi miscendo consilium precesque nunc orabant, ne se, oriundos ex Etruscis, eiusdem sanguinis nominisque, egentes exsulare pateretur, nunc monebant etiam ne orientem morem pellendi reges inultum sineret

Satis libertatem ipsam habere dulcedinis

Nisi quanta ui civitates eam expetant tanta regna reges defendant, aequari summa infimis; nihil excelsum, nihil quod supra cetera emineat, in civitatibus fore; adesse finem regnis, rei inter deos hominesque pulcherrimae

Porsenna cum regem esse Romae tutum, tum Etruscae gentis regem, amplum Tuscis ratus, Romam infesto exercitu venit

Non unquam alias ante tantus terror senatum invasit; adeo valida res tum Clusina erat magnumque Porsennae nomen
In quel tempo i Tarquini si erano rifugiati presso Larte Porsenna, re di Chiusi

Là, in un misto di consigli e suppliche, lo pregavano di non lasciar stentare nell'indigenza dell'esilio gente ch'era di origine etrusca e aveva nelle vene il sangue della sua stessa razza, oppure, a seconda dei giorni, lo invitavano anche a sopprimere sul nascere la recente moda di detronizzare i re

La libertà era già abbastanza allettante di per se stessa

Se i re non difendevano i loro regni con la stessa forza con cui i sudditi cercavano di ottenere la libertà, non ci sarebbe più stata differenza tra l'alto e il basso, e gli Stati non avrebbero più avuto quel qualcosa di superiore capace di svettare al di sopra di tutto il resto; Sarebbe stata la fine della monarchia, l'istituzione più bella mai vista da uomini e dèi

Porsenna, pensando che sarebbe stato meglio per gli Etruschi se a Roma ci fosse non solo un re, ma un re di sangue etrusco, marciò su Roma con le sue truppe

Mai prima il senato aveva provato un panico simile, tante erano allora la potenza di Chiusi e la fama di Porsenna
Nec hostes modo timebant sed suosmet ipsi ciues, ne Romana plebs, metu perculsa, receptis in urbem regibus vel cum servitute pacem acciperet

Multa igitur blandimenta plebi per id tempus ab senatu data

Annonae in primis habita cura, et ad frumentum comparandum missi alii in Volscos, alii Cumas

Salis quoque vendendi arbitrium, quia impenso pretio venibat, in publicum omne sumptum, ademptum privatis; portoriisque et tributo plebes liberata, ut divites conferrent qui oneri ferendo essent: pauperes satis stipendii pendere, si liberos educent
E non temeva soltanto i nemici, ma gli stessi concittadini, perché la plebe romana, in preda al terrore, avrebbe potuto riammettere in città i re e accettarne il giogo, pur di avere la pace

Proprio in quell'occasione il senato fece di tutto per dimostrarsi attento alle esigenze della plebe

Prima di ogni altra cosa si ebbe particolare cura dell'annona e vennero spediti degli emissari tanto ai Volsci quanto a Cuma con l'obiettivo di procurare frumento

E ancora, il commercio del sale, il cui prezzo era salito alle stelle, fu tolto ai privati e divenne monopolio di stato; La plebe godette dell'esonero dai dazi e dai tributi e le classi abbienti dovettero provvedere a quest'onere fiscale nella misura in cui erano in grado di farlo: i poveri bastava pagassero allevando i figli

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Livio, Ab urbe condita: Libro 38; 41 - 45
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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 38; 41 - 45

Itaque haec indulgentia patrum asperis postmodum rebus in obsidione ac fame adeo concordem civitatem tenuit, ut regium nomen non summi magis quam infimi horrerent, nec quisquam unus malis artibus postea tam popularis esset quam tum bene imperando universus senatus fuit

[10] Cum hostes adessent, pro se quisque in urbem ex agris demigrant; urbem ipsam saepiunt praesidiis

Alia muris, alia Tiberi obiecto videbantur tuta: pons sublicius iter paene hostibus dedit, ni unus vir fuisset, Horatius Cocles; id munimentum illo die fortuna urbis Romanae habuit
Questa liberalità dei senatori, quando poi arrivarono i tempi duri dell'assedio e della fame, riuscì a creare un'unione tale tra le classi che il nome del re suscitò la stessa paura nei cittadini di bassa e di alta estrazione, e in séguito nessuno divenne tanto popolare grazie agli espedienti della demagogia, quanto lo fu l'intero senato per l'accorta moderazione del suo operato

10 Quando apparvero i nemici ci fu un fuggi fuggi generale dalle campagne a Roma e Roma stessa fu munita di presidi armati

Certe zone davan l'impressione di esser sicure per via delle fortificazioni, altre per l'ostacolo costituito dal Tevere; il ponte Sublicio però avrebbe quasi offerto una breccia al nemico, se non fosse stato per un uomo solo, Orazio Coclite, il quale in quel giorno fece da sostegno alle sorti di Roma
Qui positus forte in statione pontis cum captum repentino impetu Ianiculum atque inde citatos decurrere hostes vidisset trepidamque turbam suorum arma ordinesque relinquere, reprehensans singulos, obsistens obtestansque deum et hominum fidem testabatur nequiquam deserto praesidio eos fugere; si transitum ponte a tergo reliquissent, iam plus hostium in Palatio Capitolioque quam in Ianiculo fore

Itaque monere, praedicere ut pontem ferro, igni, quacumque ui possint, interrumpant: se impetum hostium, quantum corpore uno posset obsisti, excepturum

Vadit inde in primum aditum pontis, insignisque inter conspecta cedentium pugna terga obuersis comminus ad ineundum proelium armis, ipso miraculo audaciae obstupefecit hostes
Destinato per caso alla guardia del ponte, vide che i nemici si erano impossessati del Gianicolo con un attacco a sorpresa e da quel punto stavano correndo giù a rotta di collo, mentre i suoi compagni, in preda al panico più totale, rompevano le righe e buttavano le armi; allora, trattenendoli uno per uno, bloccando loro la strada e chiamando a testimoni gli uomini e gli dèi, urlava che era inutile che fuggissero dopo aver abbandonato i loro posti: in un attimo sul Palatino e sul Campidoglio ci sarebbero stati più nemici che sul Gianicolo, se si fossero lasciati alle spalle il ponte incustodito

Così li esorta e li spinge a distruggerlo col ferro, col fuoco o con qualsiasi altro mezzo a loro disposizione: avrebbe retto lui l'urto dei nemici, nei limiti del possibile per un corpo solo

Quindi avanza a grandi passi verso l'ingresso del ponte, facendosi notare in mezzo alle schiere dei compagni che rinunciavano a scontrarsi e sbalordendo gli Etruschi con l'incredibile coraggio che dimostrava nell'affrontarli armi alla mano

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 35; 36 - 40

Duos tamen cum eo pudor tenuit, Sp Larcium ac T Herminium, ambos claros genere factisque

Cum his primam periculi procellam et quod tumultuosissimum pugnae erat parumper sustinuit; deinde eos quoque ipsos exigua parte pontis relicta revocantibus qui rescindebant cedere in tutum coegit

Circumferens inde truces minaciter oculos ad proceres Etruscorum nunc singulos provocare, nunc increpare omnes: servitia regum superborum, suae libertatis immemores alienam oppugnatum venire

Cunctati aliquamdiu sunt, dum alius alium, ut proelium incipiant, circumspectant; pudor deinde commovit aciem, et clamore sublato undique in unum hostem tela coniciunt
Trattenuti dal senso dell'onore due restarono con lui: si trattava di Spurio Larcio e Tito Erminio, entrambi nobili per la nascita e per le imprese compiute

Fu con loro che egli sostenne per qualche tempo la prima pericolosissima ondata di Etruschi e le fasi più accese dello scontro; poi, quando rimase in piedi solo un pezzo di ponte e quelli che lo stavano demolendo gli urlavano di ripiegare, costrinse anche loro a mettersi in salvo

Quindi, lanciando occhiate di fuoco ai capi etruschi, passava dallo sfidarli singolarmente a duello ad accusarli tutti insieme di essere schiavi dell'arroganza monarchica e di esser venuti a minacciare la libertà altrui senza pensare alla propria

Essi allora ebbero un attimo di incertezza, e si guardarono l'uno l'altro prima di attaccare; poi, spinti dalla vergogna, si buttarono tutti insieme all'assalto e gridando a gran voce concentrarono i loro tiri contro quell'unico nemico

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