Hitler aveva grandi doti di oratore e Speer non fu l'unico a cadere preda dei suoi comizi. Anche Goering, Goebbels e altri futuri ufficiali del partito conobbero per caso Hitler assistendo ad un suo comizio. Con la conoscenza iniziale, partono i primi incarichi che Hitler commissiona a Speer. La soddisfazione del fuhrer lo porta a dare all'architetto sempre più importanza fino a fargli progettare la Berlino del futuro. Doveva chiamarsi Ghermania e il nome del progetto era Welthauptstadt Germania (Capitale mondiale Germania) ma non sarebbe mai stata realizzata causa la guerra. Neanche trentenne Speer viene promosso architetto-capo.
Speer si occuperà anche dell'organizzazione della manifestazione di Norimberga per il ritrovo del partito e nel '36 anche dello stadio di Berlino che ospita i giochi olimpici.
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Per svolgere questo incarico, Albert Speer, fa uso della manodopera schiavizzata ebraica dei campi di concentramento, così tiene in moto la macchina da guerra nazista. Con lui la produzione bellica aumenta ma il costo in termine di vite umane è impressionante. Gli schiavi dei campi di concentramento per lui sono forza lavoro usa e getta.
OPERE D'ARTE
Speer oltre al prestigio, accresce la sua ricchezza con collezioni d'arte. Tra i quadri che possiede, alcuni sono di origine ebraica, acquistati dal mercante d'arte di Hitler: Karl Haberstock. Il mercante rubava queste opere ai deportati oppure li comprava a basso costo da ebrei che avevano bisogno di soldi per la fuga dalla Germania. A differenza di Goering che non vuole opere d'arte ebraiche nella sua collezione, lui non si pone questo tipo di problemi.
Poche settimane prima della resa ufficiale della Germania, nella notte del 23 aprile 1945 lascia Berlino e si dirige in una villa nella campagna intorno a Brandeburgo. Ci vive l'amico Robert Frank, qui conserva una collezione di 30 dipinti e Speer li deve mettere al sicuro. La merce oltre il valore economico può essere una prova incriminante. I dipinti vengono depositati nella banca commerciale di Amburgo a nome dell'amico Robert Frank.
Negli anni che trascorrerà in carcere, un esaminatore lo interrogherà sulla sua collezione d'arte. Nega di aver comprato quadri dopo il 1937 ma documenti scoperti decenni dopo confermano che comprò fino al 1940, anche dal mercante di Hitler.
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Al processo di Norimberga riesce a scampare dal cappio del boia. Convince i giudici facendo la parte del pentito e nascondendo la verità, si sente dispaciuto ma non si reputa personalmente colpevole di quanto accaduto. Sui campi di concentramento afferma più volte di essere stato all'oscuro di tutto e, a differenza degli altri imputati, prende le distanze da Hitler disprezzando il suo operato. Sembra mostrare rimorso. Sostiene di aver meditato l'assassinio di Hitler immettendo gas in una tubatura del bunker ma di non essere riuscito a realizzare questa sua volontà. I giudici credono alla sua versione e lo condanneranno a 20 anni di carcere.
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Scontata la pena, il 1 ottobre del 1966 è libero. E' un uomo abile, di bella presenza e colto, sa come vendersi e in carcere ha avuto molto tempo per organizzare le sue memorie. Scrive vari libri, tutti best sellers, che gli fruttano molto denaro. La prima intervista esclusiva arriva a incassare 50.000 marchi tedeschi e le altre fruttano altri incassi. Sfrutta la sua reputazione di "nazista buono", raccontava alle persone quello che volevano sentirsi dire e in cambio queste acquistavano i suoi libri, applaudendo alle sue apparizioni pubbliche. In privato vende anche alcuni disegni di Hitler che aveva tenuto nella sua collezione nascosta.
Nelle sue memorie non c'è traccia della deportazione degli ebrei, dello sfruttamento dei campi di concentramento. Semplicemente non ne fa cenno. La sua anima si sente responsabile e dice, ancora di soffrire per certe scene, ma continua sulla linea dritta tracciata decenni prima. Lui non ne era a conoscenza.
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