Ippocrate, sulla destra, ha il capo eretto e siede su un trono: è il maestro. Galeno, sommo medico, qui è solo un allievo. Flette leggermente il capo in segno di rispetto, si appoggia su uno sgabello e, con una penna in mano, come uno scriba, attende il dettato di Ippocrate.
Il braccio destro di Ippocrate è sollevato in chiaro stile oratorio, mentre i movimenti delle dita articolano un messaggio codificato, come quello delle icone bizantine. La gerarchia basata sulla profondità del sapere non alimenta gelosia, invidia o risentimento. Il maestro è felice di preservare il suo sapere oltre la propria morte, affidandolo ai suoi allievi. Questi sono grati di quel dono prezioso che solo il maestro può dare. Entrambi portano la corona sul capo e hanno un aspetto regale.
Le loro figure si stagliano su un luminoso e astratto sfondo azzurro, circondato da un alone verde, libere da contingenti connotati concreti. I due protagonisti che si incontrano nel dipinto sono vissuti a distanza di centinaia di anni l'uno dall'altro, ma si parlano come se stessero lavorando nello stesso reparto. Alle spalle del maestro ci sono vasi, alambicchi, barattoli, piccole anfore, di varie forme dimensioni e colore, per essere ben distinguibili l'uno dall'altro, dove sono conservati estratti di piante, infusi, unguenti, soluzioni e altre rimedi utili per la cura.
I due medici hanno tra le mani due imponenti volumi che poggiano su due ampli leggii, retti da eleganti colonnine di marmo. Galeno ha già scritto sul suo libro Il primo dettato di Ippocrate mentre Ippocrate legge il seguito del suo aforisma