Tullius cumulandae invidiae gratia decemviros ablaturos persecuturosque: et praedam, quae nondum esset venundata, et pecuniam, quae ex venditione praedae percepta esset [XXVIII] "Itaque haec inscriptio, quam videtis: "ex manubiis", non res corporaque ipsa praedae demonstrat - nihil enim captum est horum a Traiano ex hostibus -, sed facta esse haec conparataque "ex manubiis", id est ex pecunia praedaticia, declarat [XXIX] Manubiae enim sunt, sicuti iam dixi, non praeda, sed pecunia per quaestorem populi Romani ex praeda vendita contracta [XXX] Quod "per quaestorem" autem dixi, intellegi nunc oportet praefectum aerario significari Nam cura aerarii a quaestoribus ad praefectos translata est |
Tullio per aumentare lo sdegno disse entrambe che i decemviri stavano togliendo e incassando: sia il bottino, che non era stato ancora venduto, sia il denaro, che era stato riscosso dalla vendita del bottino [XXVIII] "Perciò quest'iscrizione, che vedete: "ex manubiis", non indica i beni e gli oggetti stessi del bottino- infatti niente di questi fu tolto da Traiano ai nemici-, ma afferma che queste cose furono costruite e finite "con i manubii", cioè col denaro del bottino [XXIX] Infatti le manubie sono, come ho già detto, non le prede, ma il denaro ricavato dal bottino venduto tramite il questore del popolo romano [XXX] Quando ho detto "tramite il questore" ciò, bisogna che ora sia inteso il prefetto dell'erario Infatti la cura dell'erario fu trasferita dai questori ai prefetti |
[XXXI] Est tamen nonnusquam invenire ita scripsisse quosdam non ignobiles scriptores, ut aut temere et incuriose "praedam" pro "manubiis" et "manubias" pro "praeda" posuerint aut tropica quadam figura mutationem vocabuli fecerint, quod facere concessum est scite id periteque facientibus [XXXII] Sed enim, qui proprie atque signate locuti sunt, sicut hoc in loco M Tullius, manubias pecuniam dixerunt" [XXVI] Verba P Nigidii, quibus dicit in nomine Valeri in casu vocandi primam syllabam acuendam esse; et item alia ex eiusdem verbis ad rectam scripturam pertinentia [I] P Nigidii verba sunt ex commentariorum grammaticorum vicesimo quarto, hominis in disciplinis doctrinarum omnium praecellentis: "Deinde" inquit "voculatio qui poterit servari, si non sciemus in nominibus, ut "Valeri", utrum interrogandi an vocandi sint |
[XXXI] Tuttavia succede certo di trovare che alcuni scrittori non sprovveduti hanno scritto così, che o inserirono negligentemente e indifferentemente "preda" al posto di "manubie" e "manubie" per "preda" o abbiano fatto un cambiamento della parola per una certa figura metaforica, cosa che fu concesso fare a chi lo faceva adeguatamente ed opportunamente [XXXII] Ma infatti, quelli che parlarono appropriatamente e chiaramente, come M Tullio in questo passo, definirono manubie il denaro" [XXVI] Le parole di P Nigidio, con cui dice che nel nome di Valerio nel caso vocativo bisogna accentare la prima sillaba; ed anche altre cose dello stesso inerenti alle parole per una corretta scrittura [I] Ci sono parole di P Nigidio, uomo eccellentissimo nelle conoscenze di tutte le discipline, dal 24° libro dei commentari grammaticali: "Poi - dice- che accentuazione potrà essere seguita, se non sappiamo nei nomi, come intendano "Valerio" se interrogativo o vocativo |
Nam interrogandi secunda syllaba superiore tonost quam prima, deinde novissima deicitur; at in casu vocandi summo tonost prima, deinde gradatim descendunt" [II] Sic quidem Nigidius dici praecipit Sed si quis nunc Valerium appellans in casu vocandi secundum id praeceptum Nigidii acuerit primam, non aberit, quin rideatur [III] "Summum" autem "tonum" prosoidian acutam dicit et, quem accentum nos dicimus, "voculationem" appellat et "casum interrogandi" eum dicit, quem nunc nos genetivum dicimus [IV] Id quoque in eodem libro Nigidiano animadvertimus: "Si "huius"" inquit ""amici" vel "huius magni" scribas, unum "i" facito extremum; sin vero "hi magnei", "hi amicei" casu multitudinis recto, tum ante "i" scribendum erit "e", atque id ipsum facies in similibus" Item: "si "huius terrai" scribas, "i" littera sit extrema, si "huic terrae", per "e" scribendum est" |
Infatti la seconda sillaba dell'interrogativa è di un tono più alto della prima, quindi si abbassa l'ultima; ma nel caso del vocativo la prima è di massimo tono, quindi calano gradatamente " [II] Certo Nigidio affermò essere pronunciato così Ma se ora qualcuno chiamando Valerio nel caso vocativo secondo questa regola di Nigidio avrà accentato la prima, non eviterà, che si rida [III] Chiama poi "tono massimo" l'accento acuto e, quello che noi chiamiamo accento, definisce "accentuazione" e chiama "il caso dell'interrogativo quello, che ora noi chiamiamo genitivo [IV] Abbiamo trovato anche ciò nello stesso libro di Nigidio: "Se scrivi -dice- 'huius amici' o 'huius magni', metti alla fine una 'i'; se invece 'hi magnei', 'hi amicei' nel caso retto del plurale, allora davanti alla 'i' bisognerà scrivere 'e', e farai questa stessa cosa in casi simili" Anche: "se scrivi 'huius terrai', l'ultima lettera sia la 'i', se 'huic terrae', bisogna scrivere con la 'e' |
Maybe you might be interested

Gellio, Notti attiche: Liber 11, 17-18
Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 11, 17-18
Item: ""mei" qui scribit in casu interrogandi, velut cum dicimus "mei studiosus", per "i" unum scribat, non per "e"; at cum "mihei", tum per "e" et "i" scribendum est, quia dandi casus est" [V] Haec nos auctoritate doctissimi hominis adducti propter eos, qui harum quoque rerum scientiam quaerunt, non praetermittenda existimavimus [XXVII] De versibus, quos Vergilius sectatus videtur, Homeri ac Partheni [I] Partheni poetae versus est: Glaukoi kai Nerei kai einalioi Melikertei [II] Eum versum Vergilius aemulatus est itaque fecit duobus vocabulis venuste inmutatis parem: Glauco et Panopeae et Inoo Melicertae [III] Sed illi Homerico non sane re parem neque similem fecit; esse enim videtur Homeri simplicior et sincerior, Vergilii autem neoterikoteros et quodam quasi ferumine inmisso fucatior: Tauron d'alpheioi, tauron de Poseidaoni Taurum Neptuno, taurum tibi, pulcher Apollo |
Anche: "chi scrive 'mei' nel caso interrogativo, come quando diciamo 'mei studiosus', scriva con una 'i', non con la 'e'; ma con 'mihei', allora bisogna scrivere con la 'e' e la 'i', perché è il caso del dativo" [V] Abbiamo ritenuto, per l'autorità di un uomo reputato coltissimo, non doversi tralasciare queste cose per quelli, che ricercano anche la conoscenza di queste cose [XXVII] Sui versi di Omero e Partenio , che Virgilio sembra aver imitato [I] Il verso del poeta Partenio è: a Glauco e Nereo e Melicerta di Ino [II] Virgilio imitò questo verso e così creò con due parole cambiate uno uguale per bellezza: a Glauco e Panopea e a Melicerta di Ino [III] Ma certo non creò uno uguale nè simile a quello omerico; infatti (quello) di Omero sembra essere più semplice e più sincero, (quello) di Virgilio più moderno e quasi più artificioso per una certa riverniciatura inserita: un toro all'Alfeo, un toro a Poseidone Un toro a Nettuno, un toro a te, splendido Apollo |
[XXVIII] De sententia Panaetii philosophi, quam scripsit in libro de officiis secundo, qua hortatur, ut homines ad cavendas iniurias in omni loco intenti paratique sint [I] Legebatur Panaetii philosophi liber de officiis secundus ex tribus illis inclitis libris, quos M Tullius magno cum studio maximoque opere aemulatus est [II] Ibi scriptum est cum multa alia ad bonam frugem ducentia, tum vel maxime, quod esse haerereque in animo debet [III] Id autem est ad hanc ferme sententiam: "Vita" inquit "hominum, qui aetatem in medio rerum agunt ac sibi suisque esse usui volunt, negotia periculaque ex inproviso adsidua et prope cotidiana fert Ad ea cavenda atque declinanda perinde esse oportet animo prompto semper atque intento, ut sunt athletarum, qui pancratiastae vocantur |
[XXVIII] Sul parere del filosofo Panezio, che scrisse nel secondo libro sui doveri, con cui esorta, affinché gli uomini stiano attenti e pronti a guardarsi dalle ingiurie in ogni occasione [I] Si leggeva il secondo libro di quei famosi tre libri del filosofo Panezio sui doveri, che M Tullio imitò con grande gusto e massimo lavoro [II] Qui con molte altre cose che portavano a una buona rettitudine, ed anche massimamente, fu scritto ciò che dev'esserci e deve penetrare nell'animo [III] Questo dunque risulta generalmente secondo tale parere: "La vita degli uomini-dice-, che trascorrono il tempo tra gli affari e vogliono essere d'utilità a se stessi e ai parenti, causa improvvisamente impegni e rischi continui e quasi quotidiani Per evitarli ed allontanarli occorre dunque essere sempre di spirito pronto e attento, come sono (quelli) degli atleti, che sono chiamati pancratisti |
Maybe you might be interested

Gellio, Notti attiche: Liber 1, 14-15
Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 1, 14-15
[IV] Nam sicut illi ad certandum vocati proiectis alte brachiis consistunt caputque et os suum manibus oppositis quasi vallo praemuniunt membraque eorum omnia, priusquam pugna mota est, aut ad vitandos ictus cauta sunt aut ad faciendos parata: ita animus atque mens viri prudentis adversus vim et petulantias iniuriarum omni in loco atque in tempore prospiciens debet esse, erecta, ardua, saepta solide, expedita, numquam conivens, nusquam aciem suam flectens, consilia cogitationesque contra fortunae verbera contraque insidias iniquorum quasi brachia et manus protendens, ne qua in re adversa et repentina incursio inparatis inprotectisque nobis oboriatur" [XXIX] Quod Quadrigarius "cum multis mortalibus" dixit; an quid et quantum differret, si dixisset "cum multis hominibus" |
[IV] Infatti come quelli chiamati per gareggiare si presentano con le braccia protese in alto e proteggono il capo e il proprio viso con le mani unite come a trincea e tutte le loro membra, prima che sia iniziata la battaglia, o sono prudenti per evitare i colpi o pronte per darli: così l'animo e la mente di un uomo saggio dev'essere guardinga verso la forza e le insolenze delle ingiurie in ogni tempo e luogo, fiera, coraggiosa, solidamente protetta, sicura, mai rilassata, mai che abbassa la sua forza, opponendo decisioni e riflessioni contro i colpi della sorte e contro le insidie dei malvagi quindi come braccia e mani, affinché in qualche situazione non sorga per noi impreparati e indifesi un assalto ostile ed improvviso" [XXIX] Ciò che Quadrigario definì "cum multis mortalibus", se cambiava qualcosa e quanto, se avesse detto "cum multis hominibus" |
[I] Verba sunt Claudii Quadrigarii ex annalium eius XIII: "Contione dimissa Metellus in Capitolium venit cum mortalibus multis; inde domum proficiscitur, tota civitas eum reduxit" [II] Cum is liber eaque verba M Frontoni nobis ei ac plerisque aliis adsidentibus legerentur et cuidam haut sane viro indocto videretur "multis mortalibus" pro "hominibus multis" inepte frigideque in historia nimisque id poetice dixisse, tum Fronto illi, cui hoc videbatur: "ain tu," inquit "aliarum homo rerum iudicii elegantissimi, "mortalibus multis" ineptum tibi videri et frigidum, nil autem arbitrare causae fuisse, quod vir modesti atque puri ac prope cotidiani sermonis "mortalibus" maluit quam "hominibus" dicere, eandemque credis futuram fuisse multitudinis demonstrationem, si "cum multis hominibus" ac non "cum multis mortalibus" diceret |
[I] Le parole di Claudio Quadrigario dal 13° libro dei suoi annali sono: "Metello sciolta l'assemblea venne in Campidoglio con molte persone; poi raggiunge la casa, tutta la cittadinanza l'accompagnò" [II] Mentre a M Frontone venivano letti questo libro e queste parole essendogli accanto noi e molti altri e a qualcuno uomo certo non sprovveduto sembrava aver detto nella storia "multis mortalis" invece di "hominibus multis" e ciò inadeguatamente e freddamente e troppo poeticamente, allora Frontone a quello, a cui sembrava ciò disse: "Tu uomo di raffinatissimo giudizio di altre cose dici, che "mortalibus multis" ti sembra inadeguato e freddo, e pensi che non ci fosse nessun motivo dunque, perché un uomo di linguaggio semplice e chiaro e quasi quotidiano preferì dire "mortalibus" che "hominibus", e credi che ci sarebbe stata la stessa descrizione della moltitudine, se diceva "con multis hominibus" e non "cum multis mortalibus" |
[III] Ego quidem" inquit "sic existimo, nisi si me scriptoris istius omnisque antiquae orationis amor atque veneratio caeco esse iudicio facit, longe longeque esse amplius, prolixius, fusius in significanda totius prope civitatis multitudine "mortales" quam "homines" dixisse [IV] Namque "multorum hominum" appellatio intra modicum quoque numerum cohiberi atque includi potest, "multi" autem "mortales" nescio quo pacto et quodam sensu inenarrabili omne fere genus, quod in civitate est et ordinum et aetatum et sexus conprehendunt; quod scilicet Quadrigarius, ita ut res erat, ingentem atque promiscam multitudinem volens ostendere "cum multis mortalibus" Metellum in Capitolium venisse dixit emphatikoteron, quam si "cum multis hominibus" dixisset" |
[III] Dunque io - dice- penso così, tranne se l'affetto e l'ammirazione di questo scrittore e di tutta l'antica oratoria non mi porta ad essere cieco nel giudizio, essere di molto più ampio, più grandioso, più vasto aver detto "mortales" che "homines" nel dover significare la moltitudine di quasi tutta la cittadinanza [IV] Infatti l'espressione "di molti uomini" può essere circoscritta e limitata anche in un numero modesto, invece 'molti mortali' non so in che modo e per quale sentimento includono quasi ogni tipologia, che è nella città sia il ceto sia l'età sia il sesso; cosa che certo Quadrigario, così come si presentava il caso, volendo mostrare una grande e varia moltitudine disse che Metello era venuto in Campidoglio 'con multis mortalibus' più enfaticamente che se avesse detto 'con multis hominibus" |
[V] Ea nos omnia, quae Fronto dixit, cum ita, ut par erat, non adprobantes tantum, sed admirantes quoque audiremus: "videte tamen," inquit "ne existimetis semper atque in omni loco "mortales multos" pro "multis hominibus" dicendum, ne plane fiat Graecum illud de Varronis satura proverbium to epi tei phakei myron " [VI] Hoc iudicium Frontonis etiam in parvis minutisque vocabulis non praetermittendum putavi, ne nos forte fugeret lateretque subtilior huiuscemodi verborum consideratio [XXX] Non hactenus esse "faciem", qua volgo dicitur [I] Animadvertere est pleraque verborum Latinorum ex ea significatione, in qua nata sunt, decessisse vel in aliam longe vel in proximam eamque decessionem factam esse consuetudine et inscitia temere dicentium, quae, cuimodi sint, non didicerint |
[V] Mentre noi ascoltavamo tutte queste cose, che Frontone disse, così, come era giusto, non solo approvando, ma pure ammirando egli affermò: "Badate però che non crediate doversi dire sempre e in ogni caso 'mortales multos' invece di 'multis hominibus', affinché non capiti certo quel proverbio dei Greci riguardo alla satira di Varrone la mirra nelle lenticchie" [VI] Ho ritenuto non doversi tralasciare neanche questo giudizio di poche parole di Frontone, affinché non ci sfugga per caso e non si perda una più sottile distinzione delle parole di tal genere [XXX] "Aspetto" non significare solo, come è detto comunemente [I] E' da notare che la maggior parte delle parole latine si allontanarono da quel significato, in cui sono nate, verso un altro distante o in prossimità e che questo passaggio era stato fatto per abitudine e ignoranza di quelli che sconsideratamente dicono, cose che, non hanno capito a che genere appartengano |
[II]] Sicuti quidam faciem esse hominis putant os tantum et oculos et genas quod Graeci dicunt quando facies sit forma omnis et modus et factura quaedam corporis totius a faciendo dicta, ut ab aspectu species et a fingendo figura [III] Itaque Pacuvius in tragoedia, quae Niptra inscribitur, "faciem" dixit hominis pro corporis longitudine: "aetate" inquit "integra, feroci ingenio, facie procera virum" [IV] Non solum autem in hominum corporibus, sed etiam in rerum cuiusquemodi aliarum "facies" dicitur Nam montis et caeli et maris facies, si tempestive dicatur, probe dicitur [V] Sallustii verba sunt ex historia secunda: "Sardinia in Africo mari facie vestigii humani in orientem quam occidentem latior prominet" [VI] Ecce autem id quoque in mentem venit, quod etiam Plautus in Poenulo "faciem" pro totius corporis colorisque habitu dixit |
[II] Così alcuni pensano che aspetto dell'uomo sia solo la bocca e gli occhi e le guance I Greci lo dicono quando aspetto sia tutta la figura e la dimensione e una certa struttura di tutto il corpo derivata da fare, come species da aspectu e figura da fingere [III] Perciò Pacuvio nella tragedia, che s'intitola Niptra, disse "aspetto" dell'uomo al posto dell'altezza del corpo di un uomo: "uomo di età integra - dice- di carattere fiero, d'alta statura" [IV] Non solo poi si dice "aspetto" riguardo ai corpi degli uomini, ma anche di altre cose di tal genere Infatti se si parla opportunamente si dice correttamente aspetto di un monte e del cielo e del mare [V] Ci sono le parole di Sallustio dalla seconda storia: "La Sardegna si protende nel mare africano più ampia verso oriente che occidente con l'aspetto di una forma umana" [VI] Ecco poi viene in mente anche ciò, che anche Plauto nel Poenulus chiamò "aspetto" al posto della condizione dell'intero corpo e del colorito |