Divinos animos censent esse nostros, eosque esse tractos extrinsecus, animorumque consentientium multitudine completum esse mundum; hac igitur mentis et ipsius divinitate, et coniunctione cum externis mentibus cerni quae sint futura Contrahi autem animum Zeno et quasi labi putat atque concidere, et ipsum esse dormire Iam Pythagoras et Plato, locupletissimi auctores, quo in somnis certiora videamus, praeparatos quodam cultu atque victu proficisci ad dormiendum iubent; faba quidem Pythagorei utique abstinere, quasi vero eo cibo mens, non venter infletur Sed nescio quo modo nihil tam absurde dici potest quod non dicatur ab aliquo philosophorum Utrum igitur censemus dormientium animos per sene ipsos in somniando moveri an, ut Democritus censet, externa et adventicia visione pulsari |
Sostengono che le nostre anime siano divine, e derivino dal di fuori di noi, e che il mondo sia pieno di una moltitudine di anime consenzienti: quindi, in virtù della natura divina dell'anima in quanto tale e della sua connessione con le anime che riempiono l'universo, sarebbe possibile vedere il futuro Zenone ritiene che l'anima si contragga e, in certo senso, scivoli giù e giaccia, e che appunto in ciò consista il sonno Già Pitagora e Platone, autori di sommo valore, consigliano di andare a dormire predisposti da un regime di vita e da un'alimentazione appropriata, allo scopo di vedere in sogno cose più rispondenti al vero; i pitagorici prescrivono di astenersi assolutamente dal mangiar fave, come se quel cibo gonfiasse l'anima, non il ventre Ma, non so come, non si può immaginare nulla di tanto assurdo che non sia sostenuto da qualche filosofo Riteniamo dunque che le anime dei dormienti si muovano da sé mentre sognano, oppure che, come sostiene Democrito, siano colpite da visioni esterne ed estranee |
Sive enim sic est sive illo modo, videri possunt permulta somniantibus falsa pro veris Nam et navigantibus moveri videntur ea quae stant, et quodam obtutu oculorum duo pro uno lucernae lumina Quid dicam insanis, quid ebriis quam multa falsa videantur Quodsi eius modi visis credendum non est, cur somniis credatur nescio Nam tam licet de his erroribus, si velis, quam de somniis disputare, ut ea, quae stant, si moveri videantur, terrae motum significare dicas aut repentinam aliquam fugam, gemino autem lucernae lumine declarari dissensionem ac seditionem moveri Iam ex insanorum aut ebriorum visis innumerabilia coniectura trahi possunt, quae futura videantur |
Sia vera questa opinione o quell'altra, rimane il fatto che moltissime cose false possono apparir vere a chi sogna Anche ai naviganti sembra che si muovano cose che stanno ferme; e, per una sensazione degli occhi deviati, l'unica luce di una lucerna può apparire doppia E che dire dei pazzi, o degli ubriachi,quante visioni fallaci essi hanno Ma se non si deve credere a visioni di questo genere, non capisco perché si debba credere ai sogni Giacché, se volessimo, potremmo sostenere a proposito di questi errori visivi le stesse cose che si sostengono a proposito dei sogni, e, di conseguenza, potremmo dire che le cose ferme, qualora sembrino in movimento, siano il segno premonitore di un terremoto o di una qualche sconfitta improvvisa, e che il veder doppia la fiamma di una lucerna sia presagio di discordie civili e di sedizioni E ancora, dalle visioni dei pazzi o degli ubriachi si potrebbero, con l'arte congetturale, dedurre innumerevoli cose che dovrebbero accadere in futuro |
Quis est enim, qui totum diem iaculans non aliquando conliniet Totas noctes somniamus, neque ulla est fere, qua non dormiamus; et miramur aliquando id quod somniarimus evadere Quid est tam incertum quam talorum iactus Tamen nemo est quin saepe iactans Venerium iaciat aliquando, non numquam etiam iterum ac tertium Num igitur, ut inepti, Veneris id impulsu fieri malumus quam casu dicere Quodsi ceteris temporibus falsis visis credendum non est, non video, quid praecipui somnus habeat, in quo valeant falsa pro veris Quodsi ita natura paratum esset ut ea dormientes agerent quae somniarent, adligandi omnes essent, qui cubitum irent; maiores enim quam ulli insani efficerent motus somniantes |
Chi, in effetti, tirando l'arco per una giornata intera, non finirà col far centro una buona volta Noi sogniamo per notti intere, e non c'è quasi nessuna notte nella quale non dormiamo; e ci meravigliamo che una volta o l'altra ciò che abbiamo sognato si avveri Che c'è di tanto incerto quanto un colpo di dadi Eppure non c'è nessuno che, lanciandoli più volte, ottenga una volta il colpo di Venere, talora anche due, anche tre volte Diremo allora, come gli sciocchi, che ciò avviene per un intervento di Venere, non per caso E se nelle altre ore del giorno non bisogna credere alle visioni false, non vedo quale condizione privilegiata abbia il sonno, tale che in esso le cose valgano per vere E se la natura avesse predisposto le cose in modo che i dormienti dovessero fare ciò che sognano, bisognerebbe legare tutti quelli che vanno a dormire: ché durante il sogno si abbandonerebbero ad atti più inconsulti di quelli di qualsiasi pazzo |
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Quodsi insanorum visis fides non est habenda, quia falsa sunt, cur credatur somniantium visis, quae multo etiam perturbatiora sunt, non intellego; an quod insani sua visa coniectori non narrant, narrant qui somniaverunt Quaero etiam, si velim scribere quid aut legere aut canere vel voce vel fidibus aut geometricum quiddam aut physicum aut dialecticum esplicare, somniumne exspectandum sit, an ars adhibenda, sine qua nihil earum rerum nec fieri nec expediri potest Atqui, ne si navigare quidem velim, ita gubernem, ut somniaverim; praesens enim poena sit Qui igitur convenit aegros a coniectore somniorum potius quam a medico petere medicinam An Aesculapius, an Serapis potest nobis praescribere per somnum curationem valetudinis, Neptunus gubernantibus non potest |
Se, d'altra parte, non dobbiamo prestar fede alle visioni dei pazzi perché sono false, non capisco perché si creda alle visioni di quelli che sognano, le quali sono molto più confuse; forse perché i pazzi non narrano le loro visioni all'interprete, mentre le narrano quelli che han fatto un sogno Domando anche: se io voglio scrivere o leggere qualcosa, o cantare o sonare la cetra, o risolvere un problema di geometria, di fisica, di dialettica, dovrò aspettare l'ispirazione dàtami da un sogno, o sarà meglio che usi le mie cognizioni, senza le quali non si può fare né portare a soluzione nessuna di quelle attività E ancora: nemmeno se volessi navigare, reggerei il timone basandomi su precetti ricevuti in sogno; ché ne pagherei sùbito un duro prezzo Come, dunque, è plausibile che gli ammalati chiedano la cura all'interprete di sogni anziché al medico Forse Esculapio, forse Serapide ci può prescrivere durante il sonno la cura per recuperare la salute, e invece Nettuno non può dare egli stesso i precetti ai naviganti |
Et si sine medico medicinam dabit Minerva, Musae scribendi, legendi,ceterarum artium scientiam somniantibus non dabunt At si curatio daretur valetudinis, haec quoque quae dixi darentur; quae quoniam non dantur, medicina non datur; qua sublata tollitur omnis auctoritas somniorum Sed haec quoque in promptu fuerint; nunc interiora videamus Aut enim divina vis quaedam consulens nobis somniorum significationes facit, aut coniectores ex quadam conveniente et coniunctione naturae, quam vocant sumpa qeian, quid cuique rei conveniat ex somniis, et quid quamque rem sequatur, intellegunt, aut eorum neutrum est, sed quaedam observatio constans atque diuturna est, cum quid visum secundum quietem sit, quid evenire et quid sequi soleat |
E se Minerva prescriverà la medicina senza bisogno del medico, le Muse non daranno in sogno la capacità di scrivere, di leggere, di esercitare tutte le altre arti Ma se ci venisse concessa in questo modo la facoltà di curarci la salute, ci verrebbero concesse anche le altre doti a cui ho accennato; e siccome quelle non ci sono concesse, non ci è concessa l'arte medica; esclusa la quale, risulta confutata ogni autorità dei sogni Ma ammettiamo che anche queste siano osservazioni superficiali; scaviamo ora più a fondo O un potere divino che si prende cura di noi ci dà direttamente i precetti per mezzo dei sogni, o gli interpreti, basandosi su una coerenza e concordanza della natura, che chiamano sympátheia, comprendono che cosa, nei sogni, corrisponda a un determinato evento e quale ulteriore risultato consegua da ciascun evento; o nessuna di queste due cose è vera, e tutto si fonda su un'osservazione lunga e costante di ciò che suole avvenire come conseguenza di una visione avvenuta durante il sonno |
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Primum igitur intellegendum est nullam vim esse divinam effectricem somniorum Atque illud quidem perspicuum est, nulla visa somniorum proficisci a numine deorum Nostra enim causa di id facerent, ut providere futura possemus Quotus igitur est quisque qui somniis pareat, qui intellegat, qui meminerit Quam multi vero qui contemnant eamque superstitionem imbecilli animi atque anilis putent Quid est igitur, cur his hominibus consulens deus somniis moneat eos, qui illa non modo cura, sed ne memoria quidem digna ducant Nec enim ignorare deus potest, qua mente quisque sit, nec frustra ac sine causa quid facere dignum deo est quod abhorret etiam ab hominis constantia |
In primo luogo, dunque, bisogna comprendere che non esiste alcuna forza divina produttrice dei sogni E questo, in effetti, è evidente: che nessuna visione apparsa nel sonno proviene dalla volontà degli dèi Per il nostro bene, infatti, gli dèi farebbero sì che noi potessimo prevedere il futuro Ma quanti sono quelli che davvero obbediscono ai sogni, li comprendono, li ricordano Quanto più numerosi, invece, quelli che li disprezzano e li considerano una superstizione degna di un animo debole, da vecchierelle Quale motivo c'è, dunque, per cui la divinità, premurosa verso tutti costoro, li avverta mediante sogni, mentre essi non ritengono quei sogni meritevoli non dico di attenzione, ma nemmeno di ricordo Ché da un lato la divinità non può ignorare come la pensa ciascuno di noi, dall'altro non è degno della divinità fare qualcosa inutilmente e senza motivo; perfino gli uomini che agissero così si mostrerebbero poco seri |
Ita, si pleraque somnia aut ignorantur aut negleguntur, aut nescit hoc deus aut frustra somniorum significatione utitur; at horum neutrum in deum cadit; nihil igitur a deo somniis significari fatendum est Illud etiam requiro, cur, si deus ista visa nobis providendi causa dat, non vigilantibus potius det quam dormientibus Sive enim externus et adventicius pulsus animos dormientium commovet, sive per se ipsi animi moventur, sive quae causa alia est cur secundum quietem aliquid videre, audire, agere videamur, eadem causa vigilantibus esse poterat; idque si nostra causa di secundum quietem facerent, vigilantibus idem facerent, praesertim cum Chrysippus Academicos refellens permulto clariora et certiora esse dicat quae vigilantibus videantur quam quae somniantibus |
Perciò, se la maggior parte dei sogni sono ignorati o trascurati, una delle due: o la divinità non sa che le cose stanno così, o ricorre senza frutto agli avvertimenti dei sogni; ma né l'una né l'altra cosa si addice alla divinità; bisogna quindi riconoscere che la divinità non ci dà alcun segno premonitore mediante i sogni Un'altra cosa vorrei sapere: se la divinità ci manda queste visioni per il nostro bene, perché non ce le manda mentre siamo svegli, non mentre dormiamo O che un impulso esterno ed estraneo ecciti le anime dei dormienti, o che le anime si eccitino da sé, o che vi sia qualunque altra causa che ci dia l'impressione di vedere, udire, fare qualcosa durante il sonno, la medesima causa poteva valere riguardo a noi durante la veglia; e se gli dèi facessero ciò per il nostro bene mentre dormiamo, farebbero altrettanto mentre siamo svegli, tanto più in quanto Crisippo, polemizzando contro gli accademici, dice che sono molto più chiare e sicure le cose da noi viste in stato di veglia che quelle che ci appaiono in sogno |
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Fuit igitur divina beneficentia dignius, cum consulerent nobis, clariora visa dare vigilanti quam obscuriora per somnum Quod quoniam non fit, somnia divina putanda non sunt; iam vero quid opus est circumitione et anfractu, ut sit utendum interpretibus, somniorum, potius quam derecto deus, siquidem nobis consulebat, hoc facito, hoc ne feceris diceret idque visum vigilanti potius quam dormienti daret Iam vero quis dicere audeat vera omnia esse somnia Aliquot somnia vera, inquit Ennius, sed omnia non necesse est Quae est tandem ista distinctio Quae vera, quae falsa habet Et si vera a deo mittuntur, falsa unde nascuntur Nam si ea quoque divina, quid inconstantius deo Quid inscitius autem est quam mentes mortalium falsis et mendacibus visis concitare |
Sarebbe stato quindi più degno della bontà divina - se davvero gli dèi intendessero con questo mezzo curarsi di noi - inviare visioni più chiare a chi è sveglio, non più oscure a chi dorme Ma siccome ciò non accade, i sogni non sono da considerare di origine divina; e insomma, che bisogno ci sarebbe di tortuosità e di raggiri, tali da costringerci a ricorrere agli interpreti dei sogni,la divinità, se voleva davvero giovarci, non poteva dirci senza intermediari,fa' questo, non fare quest'altro, e apparirci mentre eravamo svegli, non mentre dormivamo Del resto, chi oserebbe dire che tutti i sogni sono veri Alcuni sogni sono veri, dice Ennio, ma tutti veri non è necessario che siano Ma che distinzione è mai questa Quali sogni dovremo annoverare fra i veri, quali fra i falsi E se i veri sono inviati dalla divinità, i falsi donde nascono Se anch'essi sono divini, che cosa c'è di più incoerente della divinità E che cosa di più sciocco che turbare le menti dei mortali con visioni false e menzognere |
Sin vera visa divina sunt, falsa autem et inania humana, quae est ista designandi licentia, ut hoc deus, hoc natura fecerit potius quam aut omnia deus, quod negatis, aut omnia natura Quod quoniam illud negatis, hoc necessario confitendum est Naturam autem eam dico, qua numquam animus insistens agitatione et motu esse vacuus potest Is cum languore corporis nec membris uti nec sensibus potest, incidit in visa varia et incerta ex reliquiis, ut ait Aristoteles, inhaerentibus earum rerum quas vigilans gesserit aut cogitaverit; quarum perturbatione mirabiles interdum exsistunt species somniorum; quae si alia falsa, alia vera, qua nota internoscantur scire sane velim Si nulla est, quid istos interpretes audiamus |
Se poi le visioni vere sono divine, le false e inconsistenti umane, che cos'è codesta arbitraria facoltà di attribuzione, tale che un sogno sarebbe prodotto dalla divinità, un altro dalla natura, e non piuttosto o tutti dalla divinità (ma voi dite di no), o tutti dalla natura Dal momento che negate la prima alternativa, è necessario ammettere la seconda Chiamo natura quella condizione per cui l'anima, non mai ferma, non può essere esente da agitazione e da moto Quando, per la stanchezza del corpo, l'anima non può fare uso né delle membra né dei sensi, incorre in visioni varie e confuse, derivanti, come dice Aristotele, dalla persistenza delle tracce di ciò che ha fatto o ha pensato durante la veglia; dal mescolarsi incoerente di questi ricordi sorgono talvolta stranissime immagini di sogni; se alcuni di questi sogni sono falsi, altri veri, sarei davvero curioso di sapere con quale criterio si possano discernere gli uni dagli altri Se un tale criterio non c'è, a che pro andiamo a consultare quegli interpreti |
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Sin quaepiam est, aveo audire quae sit; sed haerebunt Venit enim iam in contentionem, utrum sit probabilius, deosne inmortalis, rerum omnium praestantia excellentis, concursare omnium mortalium, qui ubique sunt, non modo lectos, verum etiam grabatos, et, cum stertentem aliquem viderint, obicere iis visa quaedam tortuosa et obscura, quae illi exterriti somno ad coniectorem mane deferant, an natura fieri ut mobiliter animus agitatus, quod vigilans viderit, dormiens videre videatur Utrum philosophia dignius, sagarum superstitione ista interpretari an explicatione naturae Ut, si iam fieri possit vera coniectura somniorum, tamen isti, qui profitentur, eam facere non possint: ex levissimo enim et indoctissimo genere constant |
Se invece ce n'è uno, bramerei di sapere qual è; ma rimarranno in imbarazzo venuto ormai il momento di discutere quale di queste alternative sia più probabile: che gli dèi immortali, superiori a qualsiasi altro essere, scorrazzino e vadano a visitare non solo i letti ma anche i miseri giacigli di tutti i mortali, dovunque essi si trovino, e, ogni qual volta vedono uno che russa, gli ispirino delle visioni confuse e oscure, che quel tale, svegliatosi in preda al terrore, la mattina dopo riferisca all'interprete, oppure che per un fenomeno naturale l'anima, continuamente mossa, abbia l'impressione di vedere mentre dorme ciò che ha visto da sveglia Che cosa si addice di più alla filosofia, interpretare questi fatti ricorrendo alla superstizione delle fattucchiere o alla spiegazione secondo la natura Sicché, se pur potesse esistere una verace interpretazione dei sogni, costoro, che la professano, non sarebbero capaci di compierla: sono infatti gente del tutto priva di serietà e ignorantissima |