Cesare, De bello civili: Libro 02; 23 - 44, pag 2

Cesare, De bello civili: Libro 02; 23 - 44

Latino: dall'autore Cesare, opera De bello civili parte Libro 02; 23 - 44
‘Qua enim,’ inquit, ‘fiducia et opere et natura loci munitissima castra expugnari posse confidimus

Aut vero quid proficimus, si accepto magno detrimento ab oppugnatione castrorum discedimus

Quasi non et felicitas rerum gestarum exercitus benevolentiam imperatoribus et res adversae odia colligant

Castrorum autem mutatio quid habet nisi turpem fugam et desperationem omnium et alienationem exercitus

Nam neque pudentes suspicari oportet sibi parum credi, neque improbos scire sese timeri, quod his licentiam timor augeat noster, illis studia deminuat

‘ ‘Quod si iam,’ inquit, ‘haec explorata habeamus, quae de exercitus alienatione dicuntur, quae quidem ego aut omnino falsa aut certe minora opinione esse confido, quanto haec dissimulari et occultari, quam per nos confirmari praestet
‘Con che fiducia’, disse, ‘confidiamo di potere espugnare un campo oltremodo protetto per natura del luogo e per lavori di fortificazione

O invero che vantaggio avremo se rinunciamo all'assalto del campo dopo avere ricevuto gravi perdite

Come se non fosse il buon esito delle azioni a conciliare ai capi la benevolenza dei soldati e la sconfitta gli odi

E il cambiamento poi del campo che cosa comporta, se non una turpe fuga, la perdita di ogni speranza e il malumore dei soldati

E infatti non è conveniente che i buoni soldati sospettino che si ha poca fiducia in loro né che i cattivi siano consci di essere temuti, poiché la nostra paura agli uni aumenta la sfrenatezza, agli altri riduce l'ardore

Che se anche’, continuò, ‘giudicassimo certo ciò che si dice sul malanimo dell'esercito, cosa che io invero confido essere del tutto falsa o sicuramente meno grave di quello che si pensa, non è meglio dissimularla e tenerla nascosta piuttosto che confermarla col nostro operato
An non, uti corporis vulnera, ita exercitus incommoda sunt tegenda, ne spem adversariis augeamus

At etiam, ut media nocte proficiscamur, addunt, quo maiorem, credo, licentiam habeant, qui peccare conentur

Namque huiusmodi res aut pudore aut metu tenentur; quibus rebus nox maxime adversaria est

Quare neque tanti sum animi, ut sine spe castra oppugnanda censeam, neque tanti timoris, uti spe deficiam, atque omnia prius experienda arbitror magnaque ex parte iam me una vobiscum de re iudicium facturum confido

‘ [32] Dimisso consilio contionem advocat militum

Commemorat, quo sit eorum usus studio ad Corfinium Caesar, ut magnam partem Italiae beneficio atque auctoritate eorum suam fecerit
Non è forse vero che, come le ferite di un corpo, così le debolezze di un esercito vanno tenute nascoste per non accrescere nei nemici la speranza

E inoltre aggiungono che si parta a mezzanotte, perché, come io credo, coloro che tentano di tradire possano farlo con maggiore facilità

E infatti azioni di tal fatta sono tenute a freno o dalla vergogna o dal timore, di cui la notte è sopra tutto nemica

Per tali motivi non ho tanta audacia da pensare che si debba, ancorché senza speranza, attaccare l'accampamento, né tanto timore da perdermi d'animo; penso che prima si debba esaminare ogni possibilità e confido di potere ben presto prendere insieme a voi una decisione sul da farsi’

32 Sciolto il consiglio di guerra, Curione convoca l'assemblea dei soldati

Ricorda quale ardore è stato riscontrato in loro presso Corfinio da Cesare, che, col loro aiuto ed esempio, ha occupato gran parte d'Italia
‘Vos enim vestrumque factum omnia,’ inquit, ‘deinceps municipia sunt secuta, neque sine causa et Caesar amicissime de vobis et illi gravissime iudicaverunt

Pompeius enim nullo proelio pulsus vestri facti praeiudicio demotus Italia excessit; Caesar me, quem sibi carissimum habuit, provinciam Siciliam atque Africam, sine quibus urbem atque Italiam tueri non potest, vestrae fidei commisit

At sunt, qui vos hortentur, ut a nobis desciscatis

Quid enim est illis optatius, quam uno tempore et nos circumvenire et vos nefario scelere obstringere

aut quid irati gravius de vobis sentire possunt, quam ut eos prodatis, qui se vobis omnia debere iudicant, in eorum potestatem veniatis, qui se per vos perisse existimant

An vero in Hispania res gestas Caesaris non audistis
‘Tutti i municipi, uno dopo l'altro’, dice, ‘hanno seguito voi e la vostra condotta e, non senza ragione, Cesare su voi espresse giudizi molto favorevoli, i suoi nemici invece molto severi

Pompeo infatti, pure senza essere stato vinto in alcuna battaglia, traendo un infausto auspicio dal vostro comportamento ha lasciato l'Italia; Cesare ha affidato alla vostra lealtà me, a lui molto caro, la provincia di Sicilia e l'Africa, senza le quali Roma e l'Italia non possono essere difese

Ora vi sono coloro che vi esortano a ribellarvi a noi

Che cosa infatti vi è di più desiderabile per loro che contemporaneamente sopraffare noi e legare voi con la complicità di una azione scellerata

O nella loro ira che cosa di peggio possono augurare per voi se non questo, che inganniate quelli che riconoscono di esservi in tutto debitori e vi diate nelle mani di chi pensa di essere perduto per causa vostra

E poi non avete udito le imprese di Cesare in Spagna

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Cesare, De bello civili: Libro 01, 01-10
Cesare, De bello civili: Libro 01, 01-10

Latino: dall'autore Cesare, opera De bello civili parte Libro 01, 01-10

duos pulsos exercitus, duos superatos duces, duas receptas provincias

haec acta diebus XL, quibus in conspectum adversariorum venerit Caesar

An, qui incolumes resistere non potuerunt, perditi resistant

vos autem incerta victoria Caesarem secuti diiudicata iam belli fortuna victum sequamini, cum vestri officii praemia percipere debeatis

Desertos enim se ac proditos a vobis dicunt et prioris sacramenti mentionem faciunt

Vosne vero L Domitium, an vos Domitius deseruit

Nonne extremam pati fortunam paratos proiecit ille

nonne sibi clam salutem fuga petivit

nonne proditi per illum Caesaris beneficio estis conservati

Sacramento quidem vos tenere qui potuit, cum proiectis fascibus et deposito imperio privatus et captus ipse in alienam venisset potestatem
Due eserciti messi in fuga; due generali vinti; due province sottomesse

questo è ciò che è stato fatto in quaranta giorni, dal momento in cui Cesare è giunto al cospetto degli avversari

Forse che coloro che non sono stati in grado di opporre resistenza quando avevano le forze intatte, ora che sono in rovina potrebbero resistere

Voi poi, che avete seguito Cesare quando la vittoria era incerta, ora che ormai la sorte della guerra è decisa, quando dovreste ricevere il premio dei vostri servizi seguirete il vinto

Infatti essi dicono di essere stati abbandonati e traditi da voi e rammentano il primo giuramento

Invero avete voi abbandonato L Domizio o L Domizio voi

Non è forse vero che egli vi ha abbandonato quando voi eravate pronti a subire l'estrema sorte

Non è forse vero che di nascosto a voi ha cercato di salvarsi fuggendo

Non è forse vero che, traditi da lui, siete stati salvati dalla clemenza di Cesare

Come avrebbe potuto tenervi legati dal giuramento colui che, gettati i fasci e deposto il comando, era egli stesso caduto, privato cittadino e prigioniero, in potere altrui
Relinquitur nova religio, ut eo neglecto sacramento, quo tenemini, respiciatis illud, quod deditione ducis et capitis deminutione sublatum est

At, credo, si Caesarem probatis, in me offenditis

Qui de meis in vos meritis praedicaturus non sum, quae sunt adhuc et mea voluntate et vestra exspectatione leviora; sed tamen sui laboris milites semper eventu belli praemia petiverunt, qui qualis sit futurus, ne vos quidem dubitatis: diligentiam quidem nostram aut, quem ad finem adhuc res processit, fortunam cur praeteream

An poenitet vos, quod salvum atque incolumem exercitum nulla omnino nave desiderata traduxerim

quod classem hostium primo impetu adveniens profligaverim

quod his per biduum equestri proelio superaverim
Ecco un nuovo tipo di obbligo: disprezzare quel giuramento dal quale siete vincolati e rispettare quello che è stato sciolto per la capitolazione del comandante e per la perdita dei diritti civili

Ma, credo, voi siete contenti di Cesare, malcontenti di me

Io non ho intenzione di parlare dei miei meriti nei vostri confronti, che fino a ora sono minori di quanto io voglia e voi vi aspettiate, ma tuttavia i soldati sono soliti chiedere il premio della loro fatica sempre dopo l'esito della guerra e neppure voi dubitate quale esso sarà; Perché invero dovrei passare sotto silenzio il mio zelo nell'adempiere i doveri o la mia Fortuna, considerando a che punto finora sono giunte le cose

Vi rincresce forse che io abbia trasportato l'esercito sano e salvo, senza avere perso neppure una nave

Che, appena arrivato, abbia sconfitto al primo assalto la flotta dei nemici

Che due volte in due giorni sia risultato vittorioso in battaglie equestri

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Cesare, De bello civili: Libro 03; 71-80
Cesare, De bello civili: Libro 03; 71-80

Latino: dall'autore Cesare, opera De bello civili parte Libro 03; 71-80

quod ex portu sinuque adversariorum CC naves oneratas abduxerim eoque illos compulerim, ut neque pedestri itinere neque navibus commeatu iuvari possint

Hac vos fortuna atque his ducibus repudiatis Corfiniensem ignominiam, Italiae fugam, Hispaniarum deditionem, Africi belli praeiudicia, sequimini

Equidem me Caesaris militem dici volui, vos me imperatoris nomine appellavistis

Cuius si vos poenitet, vestrum vobis beneficium remitto, mihi meum nomen restituite, ne ad contumeliam honorem dedisse videamini

‘ [33] Qua oratione permoti milites crebro etiam dicentern interpellabant, ut magno cum dolore infidelitatis suspicionem sustinere viderentur, discedentem vero ex contione universi cohortantur, magno sit animo, necubi dubitet proelium committere et suam fidem virtutemque experiri
Che abbia stanato dal porto e dal golfo duecento navi da carico nemiche e abbia ridotto i nemici a non potersi rifornire di viveri né per via terra né con le navi

Ripudiata questa Fortuna e questi comandanti, seguirete voi l'ignominia di Corfinio, la fuga d'Italia, la resa della Spagna, presagi della guerra d'Africa

Quanto a me, volevo essere chiamato soldato di Cesare, voi mi avete dato il titolo di comandante supremo

Se vi pentite di ciò, rinuncio per voi al beneficio, restituite a me il mio nome affinché non paia che mi abbiate dato quell'onore per oltraggiarmi

33 I soldati, scossi da questo discorso, di continuo lo interrompevano mentre parlava: appariva evidente che essi sopportavano con grande dolore il sospetto di tradimento; invero mentre egli si allontana dall'assemblea tutti quanti lo esortano a essere coraggioso e a non esitare ad attaccare battaglia in qualsiasi luogo e a mettere alla prova la loro fedeltà e valore
Quo facto commutata omnium et voluntate et opinione consensu summo constituit Curio, cum primum sit data potestas, proelio rem committere posteroque die productos eodem loco, quo superioribus diebus constiterat, in acie collocat

Ne Varus quidem dubitat copias producere, sive sollicitandi milites sive aequo loco dimicandi detur occasio, ne facultatem praetermittat

[34] Erat vallis inter duas acies, ut supra demonstratum est, non ita magna, at difficili et arduo ascensu

Hanc uterque, si adversariorum copiae transire conarentur, exspectabat, quo aequiore loco proelium committeret

Simul ab sinistro cornu P Attii equitatus omnis et una levis armaturae interiecti complures, cum se in vallem demitterent, cernebantur
In seguito a ciò, mutata l'opinione e la volontà di tutti e con il consenso generale, Curione stabilisce di affidare l'esito alla battaglia, presentandosene appena l'opportunità; e il giorno seguente fa uscire le truppe dal campo e le colloca in ordine di combattimento nel medesimo luogo dove si era fermato nei giorni precedenti

Neppure Azzio Varo esita a condurre fuori le truppe per non lasciarsi sfuggire l'occasione che gli capitava sia di provocare i soldati nemici sia di combattere in posizione favorevole

34 Vi era fra i due eserciti, come si è detto sopra, una valle, non molto grande, ma era difficile e ripida la via per salirvi

L'uno e l'altro dei comandanti aspettava per attaccare battaglia in posizione più favorevole, nel caso le milizie nemiche avessero deciso di attraversarla

Frattanto dal lato sinistro di P Azzio si vedeva tutta la cavalleria e, mescolati ad essa, numerosi armati alla leggera scendere nella valle

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Latino: dall'autore Cesare, opera De bello civili parte Libro 01, 41-50

Ad eos Curio equitatum et duas Marrucinorum cohortes mittit; quorum primum impetum equites hostium non tulerunt, sed admissis equis ad suos refugerunt; relicti ab his, qui una procurrerant levis armaturae, circumveniebantur atque interficiebantur ab nostris

Huc tota Vari conversa acies suos fugere et concidi videbat

Tunc Rebilus, legatus Caesaris, quem Curio secum ex Sicilia duxerat, quod magnum habere usum in re militari sciebat, ‘perterritum,’ inquit, ‘hostem vides, Curio: quid dubitas uti temporis opportunitate

‘ Ille unum elocutus, ut memoria tenerent milites ea, quae pridie sibi confirmassent, sequi sese iubet et praecurrit ante omnes

Adeo erat impedita vallis, ut in ascensu nisi sublevati a suis primi non facile eniterentur
Contro di essi Curione lancia la cavalleria e due coorti di Marrucini; la cavalleria nemica non resse il loro primo impeto, ma, a briglia sciolta, trovò rifugio presso i suoi; i fanti armati alla leggera, abbandonati da coloro con i quali si erano lanciati all'assalto, venivano circondati e uccisi dai nostri

Tutto l'esercito di Varo, rivolto da questa parte, vedeva la fuga e l'annientamento dei suoi

Allora Rebilo, luogotenente di Cesare, che Curione aveva condotto con sé dalla Sicilia, poiché sapeva essere grande esperto di arte militare, disse: ‘Curione, vedi il nemico atterrito; perché indugi ad approfittare dell'occasione

Ed egli, dopo avere detto ai soldati solo questo, di tenere a mente ciò che il giorno prima gli avevano promesso, ordina di seguirlo e si slancia davanti a tutti

La valle era così impervia che i primi non riuscivano facilmente a salire senza il sostegno dei compagni
Sed praeoccupatus animus Attianorum militum timore et fuga et caede suorum nihil de resistendo cogitabat, omnesque se iam ab equitatu circumveniri arbitrabantur

Itaque priusquam telum abici posset, aut nostri propius accederent, omnis Vari acies terga vertit seque in castra recepit

[35] Qua in fuga Fabius Pelignus quidam ex infimis ordinibus de exercitu Curionis primus agmen fugientium consecutus magna voce Varum nomine appellans requirebat, uti unus esse ex eius militibus et monere aliquid velle ac dicere videretur

Ubi ille saepius appellatus aspexit ac restitit et, quis esset aut quid vellet, quaesivit, umerum apertum gladio appetit paulumque afuit, quin Varum interficeret; quod ille periculum sublato ad eius conatum scuto vitavit

Fabius a proximis militibus circumventus interficitur
Ma i soldati di Azzio, cui la fuga e la strage dei loro aveva colmato l'animo di terrore, non pensavano affatto a resistere e si vedevano già ormai tutti quanti circondati dalla cavalleria

E così, prima che si potesse tirare una freccia o che i nostri avanzassero oltre, tutta la schiera di Varo volse le spalle e cercò rifugio nel campo

35 Durante questa fuga un Peligno, di nome Fabio, che aveva uno dei gradi più bassi dell'esercito di Curione, raggiunta la prima fila dei fuggitivi, andava in cerca di Varo chiamandolo per nome ad alta voce sì da sembrare essere uno dei suoi soldati e volerlo avvertire e parlargli

Quando Varo, dopo essere stato più volte chiamato, lo vide, si fermò, e chiese chi fosse e che cosa volesse, quello tirò un colpo di spada al fianco e mancò poco che uccidesse Varo; egli, alzato lo scudo per difendersi dall'attacco, evitò questo pericolo

Fabio circondato dai soldati che erano più vicini viene ucciso

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Latino: dall'autore Cesare, opera De bello civili parte Libro 01, 81-87

Hac fugientium multitudine ac turba portae castrorum occupantur atque iter impeditur, pluresque in eo loco sine vulnere quam in proelio aut fuga intereunt, neque multum afuit, quin etiam castris expellerentur, ac nonnulli protinus eodem cursu in oppidum contenderunt

Sed cum loci natura et munitio castrorum aditum prohibebant, tum quod ad proelium egressi Curionis milites eis rebus indigebant, quae ad oppugnationem castrorum erant usui

Itaque Curio exercitum in castra reducit suis omnibus praeter Fabium incolumibus, ex numero adversariorum circiter DC interfectis ac mille vulneratis; qui omnes discessu Curionis multique praeterea per simulationem vulnerum ex castris in oppidum propter timorem sese recipiunt
Le porte dell'accampamento vengono ostruite da una moltitudine disordinata di fuggitivi e viene impedito il passaggio; muoiono più soldati in quel luogo senza ricevere ferita che in battaglia o durante la fuga e non mancò molto che venissero scacciati dal campo; alcuni uomini, senza interrompere la corsa, si diressero verso la città

Ma l'accesso era allora impedito per un verso dalla natura del luogo e dalle fortificazioni e per l'altro dal fatto che i soldati di Curione, usciti per combattere, mancavano di quei mezzi necessari per espugnare il campo

E così Curione riconduce l'esercito nell'accampamento con tutti i suoi soldati incolumi, eccetto Fabio; mentre fra i nemici ne furono uccisi circa seicento e feriti mille; Alla partenza di Curione tutti costoro e molti altri, che si fingevano feriti, lasciano l'accampamento e si rifugiano, per la paura, nella città

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