Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 02 - Parte 01, pag 2

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 02 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 02 - Parte 01
Maxima autem diligentia maiores hunc morem retinuerunt, ne quis se inter consulem et proximum lictorem, quamuis officii causa una progrederetur, interponeret

filio dumtaxat et ei puero ante patrem consulem ambulandi ius erat

qui mos adeo pertinaciter retentus est, ut Q Fabius Maximus quinquies consul, uir et iam pridem summae auctoritatis et tunc ultimae senectutis, a filio consule inuitatus ut inter se et lictorem procederet, ne hostium Samnitium turba, ad quorum conloquium descendebant, elideretur, facere id noluerit

Idem a senatu legatus ad filium consulem Suessam Pometiam missus, postquam animaduertit eum ad officium suum extra moenia oppidi processisse, indignatus quod ex XI lictoribus nemo se equo descendere iussisset, plenus irae sedere perseuerauit
I nostri antenati conservarono scrupolosamente l'abitudine per cui nessuno potesse frapporsi tra il console e il littore che gli stava più vicino, anche se si trattasse di procedere insieme per motivi di pubblico ufficio

Solo il figlio del console ma doveva essere appena ragazzo era autorizzato a camminare davanti a suo padre

Questa consuetudine fu rispettata con tanta perseveranza, che Quinto Fabio Massimo, che pure era stato cinque volte console e godeva altissimo prestigio ed era, nell'occasione cui ci riferiamo, in tarda età, invitato dal figlio console ad avanzare tra lui e il littore ad evitare di essere stretto dalla ressa dei nemici Sanniti coi quali dovevano venire a colloquio, si rifiutò

Egli stesso, inviato dal senato come ambasciatore a Suessa Pomezia presso il figlio console, accortosi che questi gli era venuto incontro a compiere il suo affido fuori delle mura della città, sdegnato perché nessuno dei littori lo aveva costretto a scendere da cavallo, se ne restò a sedere pieno di collera
quod cum filius sensisset, proximo lictori ut sibi appareret imperauit

cuius uoci continuo Fabius obsecutus non ego inquit, fili, summum imperium tuum contempsi, sed experiri uolui an scires consulem agere: nec ignoro quid patriae uenerationi debeatur, uerum publica instituta priuata pietate potiora iudico

Relatis Q Fabi laudibus offerunt se mirificae constantiae uiri, qui legati a senatu Tarentum ad res repetendas missi, cum grauissimas ibi iniurias accepissent, unus etiam urina respersus esset, in theatrum, ut est consuetudo Graeciae, introducti legationem quibus acceperant uerbis peregerunt
resosene conto, il figlio comandò al littore più vicino di eseguire i propri ordini

Facendo immediatamente seguito alle sue parole, Fabio disse: Figlio mio, certo non ho voluto disprezzare il tuo comando, ma sperimentare se tu sappia comportarti da console: so quale rispetto si debba portare al proprio padre, ma giudico le pubbliche istituzioni più importanti del privato rispetto

[5] Alle lodi or ora riferite di Quinto Fabio si prestano quegli ambasciatori dal meraviglioso coraggio, che, inviati a Taranto dal senato per chiedere soddisfazione, per quanto gravemente offesi tra l'altro uno di loro venne spruzzato di orina , introdotti secondo l'uso greco in teatro, compirono impassibilmente fino in fondo la loro missione
de his, quae passi erant, questi non sunt, ne quid ultra ac mandatum esset loquerentur, insitusque pectoribus eorum antiqui moris respectus dolore, qui ex contumelia grauissimus sentitur, conuelli non potuit ; finem profecto fruendarum opum, quibus ad inuidiam diu abundaueras, Tarentina ciuitas, quaesisti: nam dum horridae uirtutis in se ipsum conixum stabilimentum nitore fortunae praesentis inflata fastidiose aestimas, in praeualidum imperii nostri mucronem caeca et amens inruisti Per non dire una parola in più di quanto dovevano, non protestarono per le offese ricevute, e il rispetto per l'antica tradizione, radicato nel loro animo, non poté essere strappato dal dolore acutissimo che offese del genere sogliono provocare: Tu, o Taranto, cercasti in ogni modo di porre fine all'opulenza, della quale avevi goduto fino a quel giorno: perché, mentre insuperbita dallo splendore della presente fortuna guardavi con disprezzo alla base di un rude coraggio che si fondava su sé stesso, cieca e folle finisti per gettarti sulla possente spada del nostro impero

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 01 - Parte 01

Sed ut a luxu perditis moribus ad seuerissima maiorum instituta transgrediar, antea senatus adsiduam stationem eo loci peragebat, qui hodieque senaculum appellatur: nec expectabat ut edicto contraheretur, sed inde citatus protinus in curiam ueniebat, ambiguae laudis ciuem existimans, qui debitis rei publicae officiis non sua sponte, sed iussus fungeretur, quia quidquid imperio cogitur exigenti magis quam praestanti acceptum refertur

Illud quoque memoria repetendum est, quod tribunis pl intrare curiam non licebat, ante ualuas autem positis subselliis decreta patrum attentissima cura examinabant, ut, si qua ex eis improbassent, rata esse non sinerent
[6] Per passare, ora, dalla corruzione morale originata dalla vita molle e lussuriosa alle rigidissime istituzioni dei nostri avi, un tempo il senato sedeva in permanenza nel luogo amor oggi detto senaculum: né aspettava di essere convocato con apposita notificazione, ma, da lì chiamato, accorreva immediatamente nella Curia, giudicando cittadino di malsicura reputazione colui che assolvesse i pubblici doveri non spontaneamente, ma per imposizione ricevuta, giacché qualunque comando è ritenuto più gradito a chi lo dà che a chi lo esegue

permesso di entrare nella Curia, sicché, seduti su scranni posti davanti alle porte, esaminavano con la massima diligenza le decisioni dei senatori, per invalidarle, se mai avessero a disapprovarne qualcuna
itaque ueteribus senatus consultis C littera subscribi solebat, eaque nota significabatur illa tribunos quoque censuisse ; qui, quamuis pro commodis plebis excubabant inque imperiis conpescendis occupati erant, instrui tamen ea argenteis uasis et anulis aureis publice praebitis patiebantur, quo talium rerum usu auctoritas magistratuum esset ornatior E così anticamente alle deliberazioni senatoriali si soleva sottoscrivere una C: il che significava che anche i tribuni della plebe le avevano confermate; questi, sebbene vegliassero continuamente e attivamente per limitarne i poteri nell'interesse della plebe, permettevano tuttavia che gli altri magistrati ricevessero vasi d'argento e anelli d'oro offerti pubblicamente, perché l'uso di tali oggetti desse maggior prestigio alla loro carica

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Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 02 - Parte 02

Quorum quemadmodum maiestas amplificabatur, ita abstinentia artissime constringebatur: immolatarum enim ab his hostiarum exta ad quaestores aerarii delata uenibant, sacrificiisque populi Romani cum deorum immortalium cultus tum etiam hominum continentia inerat, imperatoribus nostris quam sanctas manus habere deberent apud ista altaria discentibus: continentiaeque tantum tribuebatur, ut multorum aes alienum, quia prouincias sincere administrauerant, a senatu persolutum sit: nam quorum opera publicam auctoritatem splendorem suum procul obtinuisse uiderant, eorum dignitatem domi conlabi indignum sibique deforme esse arbitrabantur Ma la loro maestà, come veniva accresciuta, così era strettissimamente obbligata all'astinenza: ad esempio, le interiora delle vittime da essi immolate, venivano, dopo la consegna ai questori dell'erario, messe in vendita, e con i sacrifici del popolo romano si praticava non solo il culto degli dèi, ma anche la continenza degli uomini, perché i nostri generali imparavano presso questi altari quanto nette e pure avrebbero dovuto conservare le loro mani: e si aveva così grande riguardo alla continenza, che il senato provvide a pagare i debiti di molti magistrati che avevano onestamente governato le province: in realtà credevano che fosse cosa indegna e indecorosa per sé stessi mettere in discussione, in patria, la dignità di coloro, alla cui opera sapevano di dovere quel prestigio che ne circondava l'autorità in terre lontane
Equestris uero ordinis iuuentus omnibus annis bis urbem spectaculo sui sub magnis auctoribus celebrabat: Lupercalium enim mos a Romulo et Remo inchoatus est tunc, cum laetitia exultantes, quod his auus Numitor rex Albanorum eo loco, ubi educati erant, urbem condere permiserat sub monte Palatino, hortatu Faustuli educatoris sui, quem Euander Arcas consecrauerat, facto sacrificio caesisque capris epularum hilaritate ac uino largiore prouecti, diuisa pastorali turba, cincti obuios pellibus immolatarum hostiarum iocantes petiuerunt

cuius hilaritatis memoria annuo circuitu feriarum repetitur

trabeatos uero equites idibus Iuliis Q Fabius transuehi instituit
[9] I giovani del ordine equestre davano due volte all'anno uno spettacolo che faceva affollare la città: veniva tosi perpetuata una tradizione, che aveva illustri ed antichi precedenti; infatti la festa sacra dei Lupercali ebbe inizio per opera di Romolo e Remo, quando, esultanti per il permesso avuto dal loro avo Numitore, re degli Albani, di edificare una città nel luogo in cui erano nati, sotto il colle Palatino già reso sacro dall'arcade Evandro, fecero per esortazione del loro caro Fausto un sacrificio e, uccisi dei capri, si lasciarono andare, resi allegri dal banchetto e dal vino bevuto in abbondanza: allora, divisisi in due gruppi, cinti delle pelli delle vittime immolate, andarono stuzzicando per gioco quanti incontravano

Il ricordo di questa giocosa gazzarra si ripete da allora ogni anno

Quinto Fabio dispose che i Luperci sfilassero alle Idi di Luglio davanti ai cavalieri in trabea

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idem censor cum P Decio seditionis finiendae gratia, quam comitia in humillimi cuiusque potestatem redacta accenderant, omnem forensem turbam in quattuor tantummodo tribus discripsit easque urbanas appellauit

quo tam salubri facto uir alioquin bellicis operibus excellens Maximus cognominatus est

Laudanda etiam populi uerecundia est, qui inpigre se laboribus et periculis militiae offerendo dabat operam ne imperatoribus capite censos sacramento rogare esset necesse, quorum nimia inopia suspecta erat, ideoque his publica arma non committebant
Egli stesso, censore con Publio Decio, per porre termine ad una rivolta scoppiata per una concessione fatta anche al più umile dei cittadini di chicdere convocazione dei comizi, divise, agli effetti elettorali, la massa cittadina in quattro sole tribù, che chiamò urbane

In seguito a questo salutare provvedimento Fabio, che del resto era già famoso per le sue imprese in guerra, ebbe l'appellativo di Massimo

anche da lodare il senso della convenienza del popolo, il quale, offrendosi attivamente alle fatiche ed ai pericoli della milizia, permetteva ai generali di non impegnare al servizio i nullatenenti, la cui povertà era guardata con sospetto: sicché a costoro non venivano affidate armi che servissero alla difesa della repubblica
sed hanc diutina usurpatione formatam consuetudinem C Marius capite censum legendo militem abrupit, ciuis alioqui magnificus, sed nouitatis suae conscientia uetustati non sane propitius memorque, si militaria signa humilitatem spernere perseuerarent, se a maligno uirtutum interprete uelut capite censum imperatorem conpellari posse

itaque fastidiosum dilectus genus in exercitibus Romanis oblitterandum duxit, ne talis notae contagio ad ipsius quoque gloriae subgillationem penetraret
Ma questa consuetudine, formatasi per lungo uso, fu violentemente interrotta da Caio Mario, il quale impose l'arruolamento dei proletari: cittadino per altri rispetti insigne, ma non troppo riguardoso della tradizione per la consapevolezza delle sue origini modeste, e memore che, se l'esercito avesse continuato a disprezzare l'apporto della povera gente, qualche maligno commentatore delle sue virtù avrebbe potuto chiamarlo a il generale proletario

E così egli pensò di dover eliminare, negli eserciti romani, il genere di arruolamento riservato fino ai giorni suoi all'elemento socialmente scelto, onde il contagio di simile biasimo non giungesse ad infamare la sua personale gloria

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Armorum tractandorum meditatio a P Rutilio consule Cn Malli collega militibus est tradita: is enim nullius ante se imperatoris exemplum secutus ex ludo C Aureli Scauri doctoribus gladiatorum arcessitis uitandi atque inferendi ictus subtiliorem rationem legionibus ingenerauit uirtutemque arti et rursus artem uirtuti miscuit, ut illa impetu huius fortior, haec illius scientia cautior fieret [2] La tecnica del maneggio delle armi fu insegnata ai soldati dal console Publio Rutllio, collega di Cono Mallio: intanto egli, contrariamente a quanto avevano fatto tutti i generali prima di lui, fece venire dalla scuola dei gladiatori di Caio Aurelio Scauro dei maestri e trasmise alle legioni, per mezzo di costoro, una più razionale tecnica di difesa e di offesa e fuse valore ed arte, perché questa fosse rafforzata dall'impeto di quello, quello fosse reso più cauto da una migli ore conoscenza del mestiere

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