In tutto il mondo le donne hanno sempre dovuto combattere per il diritto al voto. In Italia hanno potuto votare dal 1946 per scegliere attraverso un referendum tra Repubblica e monarchia, e ancora alle elezioni per la Costituente.
Prima, non si prendeva neanche in considerazione l'idea che una donna potesse partecipare alla vita politica in forma attiva, e si dava per scontato la sua esclusione. Rimane il fatto che per la legge - nello Statuto Albertino - non veniva esclusa.
Alla fine dell'800, i politici si preoccuparono di scriverlo questa volta che le donne non potevano votare, ma si trattava di una legge per le elezioni comunali. Le femministe, tra le quali c'era Maria Montessori, notarono che una uguale legge per le elezioni alla camera non c'era. Si iscrissero alle liste elettorali ma i comuni le respinsero. Ci furono varie cause in Italia che finirono in tribunale. Fu una sconfitta per le donne completa, tutti i giudici maschi diedero loro torto.
Una eccezione fu la corte d'appello di Ancona, il cui giudice Ludovico Mortara, che era contrario al voto delle donne, diede loro ragione perchè secondo la legge attuale, la loro esclusione non era consentita. Fu un breve raggio di speranza poichè la sentenza fu cambiata alla corte di Cassazione.
Un altro piccolo passo si fece con Mussolini che, alle comunali, con una legge decretò che le donne potevano votare se possedevano la licenza elementare. Al tempo erano poche a possederla. Cambiò poco, era il 1925, l'anno dopo Mussolini abolisce le elezioni comunali