Tacito, Annales: Libro 16, 01-35, pag 4

Tacito, Annales: Libro 16, 01-35

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 16, 01-35
segnis et pavidos supremis suis secretum circumdare: aspiceret populus virum morti obvium, audiret senatus voces quasi ex aliquo numine supra humanas: posse ipso miraculo etiam Neronem permoveri: sin crudelitati insisteret, distingui certe apud posteros memoriam honesti exitus ab ignavia per silentium pereuntium

(26) Contra qui opperiendum domi censebant, de ipso Thrasea eadem, sed ludibria et contumelias imminere: subtraheret auris conviciis et probris

non solum Cossutianum aut Eprium ad scelus promptos: superesse qui forsitan manus ictusque per immanitatem ausuri sint; etiam bonos metu sequi
Per costoro, solo gli inetti e i vili circondano di mistero i loro momenti supremi: il popolo guardasse pure quell'uomo avviarsi alla morte, il senato ascoltasse le sue parole, quasi accenti sovrumani dettati da una divinità; ed era possibile che anche Nerone fosse toccato dalla suggestione di quello spettacolo; se, invece, Cesare avesse persistito nella sua intenzione crudele, si sarebbe quanto meno potuto distinguere, presso i posteri, il ricordo di una morte dignitosa dalla subalternità di quanti morivano tacendo

26 Coloro, invece, che sostenevano l'opportunità di attendere gli eventi in casa, pur condividendo il giudizio sul coraggio di Trasea, segnalavano il rischio reale di vederlo schernito e offeso: doveva allontanare le orecchie dalla gazzarra di insulti

Non solo Cossuziano ed Eprio erano pronti al delitto: c'erano forse altri che, per brutalità, avrebbero osato levare le mani a colpirlo; e anche i buoni s'adattavano per paura
detraheret potius senatui quem perornavisset infamiam tanti flagitii et relinqueret incertum quid viso Thrasea reo decreturi patres fuerint

ut Neronem flagitiorum pudor caperet inrita spe agitari; multoque magis timendum ne in coniugem, in filiam, in cetera pignora eius saeviret

proinde intemeratus, impollutus, quorum vestigiis et studiis vitam duxerit, eorum gloria peteret finem

aderat consilio Rusticus Arulenus, flagrans iuvenis, et cupidine laudis offerebat se intercessurum senatus consulto: nam plebei tribunus erat

cohibuit spiritus eius Thrasea ne vana et reo non profutura, intercessori exitiosa inciperet
Meglio dunque risparmiare la vergogna di un simile scandalo a quel senato ch'egli aveva tante volte onorato con la sua presenza e lasciare nell'incertezza ciò che i senatori, vedendosi davanti Trasea in veste di imputato, avrebbero fatto

Che Nerone potesse provare vergogna dei propri delitti, era vano sperarlo; molto più consistente, invece, il timore che riversasse la sua crudeltà sulla moglie e sulle altre persone care a Trasea

Doveva perciò avviarsi alla fine puro e incontaminato, alto nella gloria, come quelli sul cui modello e sui cui insegnamenti aveva impostato la propria vita

Era presente alla riunione Rustico Aruleno, un giovane capace di un forte sentire, che si offriva di porre, per desiderio di gloria, il proprio veto alla decisione del senato: era, infatti, tribuno della plebe

Ma Trasea ne frenò l'entusiasmo: assurdo quel gesto vano, di totale inutilità per l'accusato, ma fatale per chi lo concepiva
sibi actam aetatem, et tot per annos continuum vitae ordinem non deserendum: illi initium magistratuum et integra quae supersint

multum ante secum expenderet quod tali in tempore capessendae rei publicae iter ingrederetur

ceterum ipse an venire in senatum deceret meditationi suae reliquit

(27) At postera luce duae praetoriae cohortes armatae templum Genetricis Veneris insedere; aditum senatus globus togatorum obsederat non occultis gladiis, dispersique per fora ac basilicas cunei militares
Quanto a sé, Trasea, non si sarebbe discostato, ora che la vita era trascorsa, dalla condotta cui s'era costantemente attenuto per tanti anni; Rustico, invece, era all'inizio della carriera politica e per lui l'avvenire non era compromesso

Doveva però ben valutare tra sé per quale strada avviarsi nella vita politica, in tempi così difficili

Si riserva poi di decidere, da solo, se presentarsi o meno in senato

27 L'indomani, due coorti di pretoriani in armi presidiavano il tempio di Venere Genitrice; un raggruppamento di pretoriani in toga, ma con le spade bene in vista, vigilava l'ingresso del senato, mentre pattuglie di soldati si aggiravano per piazze e basiliche

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Tacito, Annales: Libro 13, 01-24
Tacito, Annales: Libro 13, 01-24

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 01-24

inter quorum aspectus et minas ingressi curiam senatores, et oratio principis per quaestorem eius audita est: nemine nominatim compellato patres arguebat quod publica munia desererent eorumque exemplo equites Romani ad segnitiam verterentur: etenim quid mirum e longinquis provinciis haud veniri, cum plerique adepti consulatum et sacerdotia hortorum potius amoenitati inservirent

quod velut telum corripuere accusatores

(28) Et initium faciente Cossutiano, maiore vi Marcellus summam rem publicam agi clamitabat; contumacia inferiorum lenitatem imperitantis deminui
I senatori entrarono nella curia sotto gli occhi minacciosi di costoro, per ascoltare il discorso del principe, letto da un questore; pur senza fare nomi, Nerone rimproverava i senatori di trascuratezza nei pubblici uffici e di offrire un esempio di lassismo ai cavalieri romani; non c'era dunque da stupirsi - concludeva - che la gente non venisse più da province lontane, quando molti, dopo aver raggiunto il ruolo di console o cariche sacerdotali, preferivano dedicarsi ad abbellire i propri giardini

Gli accusatori afferrarono tale argomento come un'arma

28 Aprì le ostilità Cossuziano; poi Marcello, rincarando la dose, gridava ch'erano in gioco gli interessi supremi dello stato e che la tolleranza di chi comanda era svalutata dall'arroganza degli inferiori
nimium mitis ad eam diem patres, qui Thraseam desciscentem, qui generum eius Helvidium Priscum in isdem furoribus, simul Paconium Agrippinum, paterni in principes odii heredem, et Curtium Montanum detestanda carmina factitantem eludere impune sinerent

requirere se in senatu consularem, in votis sacerdotem, in iure iurando civem, nisi contra instituta et caerimonias maiorum proditorem palam et hostem Thrasea induisset

denique agere senatorem et principis obtrectatores protegere solitus veniret, censeret quid corrigi aut mutari vellet: facilius perlaturos singula increpantem quam nunc silentium perferrent omnia damnantis

pacem illi per orbem terrae, an victorias sine damno exercituum displicere
Troppo permissivi - sosteneva - erano stati fino a quel giorno i senatori, per aver consentito che un Tressa ribelle, che suo genero Elvidio Prisco sulle stesse folli posizioni e con loro Paconio Agrippino, che aveva ereditato dal padre l'odio contro il principato, e Curzio Montano, compositore di versi detestabili, si prendessero impunemente gioco di tutti

Chiedeva dunque che in senato fosse presente il consolare, nelle occasioni di pubbliche preghiere il sacerdote, nel giuramento il cittadino, a meno che Trasea, opponendosi alle istituzioni e ai riti degli antenati, non avesse voluto assumere apertamente il ruolo di traditore e di nemico della patria

Facesse dunque il senatore, e lui, ch'era solito proteggere i denigratori del principe, venisse a dire cosa voleva correggere o cambiare: sarebbe stato più facile accettarlo nei suoi attacchi contro singoli provvedimenti che subire il suo attuale silenzio, esprimente una condanna su tutto

Gli dispiaceva forse la pace realizzata in tutta la terra o la vittoria senza perdite ottenuta dagli eserciti

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Tacito, Annales: Libro 03 - Parte 01
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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 03 - Parte 01

ne hominem bonis publicis maestum, et qui fora theatra templa pro solintdine haberet, qui minitaretur exilium suum, ambitionis pravae compotem facerent

non illi consulta haec, non magistratus aut Romanam urbem videri

abrumperet vitam ab ea civitate cuius caritatem olim, nunc et aspectum exuisset

(29) Cum per haec atque talia Marcellus, ut erat torvus ac minax, voce vultu oculis ardesceret, non illa nota et celebritate periculorum sueta iam senatus maestitia, sed novus et altior pavor manus et tela militum cernentibus

simul ipsius Thraseae venerabilis species obversabatur; et erant qui Helvidium quoque miserarentur, innoxiae adfinitatis poenas daturum
O si doveva assecondare la perversa ambizione di un uomo che soffriva della pubblica felicità, per il quale le piazze, i teatri, i templi erano come deserti, e che agitava il suo esilio come una minaccia

Per lui non esistevano le deliberazioni del senato, non le magistrature, non la città di Roma

Troncasse allora ogni rapporto con quella patria, che aveva, in passato, rifiutato d'amare e, ora, anche di vedere

29 Mentre con sfuriate di tal genere Marcello, aggressivo e minaccioso come sempre, s'accendeva nella voce, nel volto, nello sguardo, il senato non se ne stava immerso in quella sua rassegnata abulia, a tutti nota, divenuta consuetudine nel continuo ripetersi degli stessi pericoli, ma vedendo le armi in mano ai soldati, provava un nuovo e più profondo spavento

Nel contempo, si profilava loro davanti la figura venerabile di Trasea appunto; c'era chi provava pietà anche per Elvidio, destinato a pagare, innocente, i suoi legami di parentela
quid Agrippino obiectum nisi tristem patris fortunam, quando et ille perinde innocens Tiberii saevitia concidisset

enimvero Montanum probae iuventae neque famosi carminis, quia protulerit ingenium, extorrem agi

(30) Atque interim Ostorius Sabinus, Sorani accusator, ingreditur orditurque de amicitia Rubelli Plauti, quodque proconsulatum Asiae Soranus pro claritate sibi potius accommodatum quam ex utilitate communi egisset, alendo seditiones civitatium

vetera haec: sed recens et quo discrimini patris filiatn conectebat, quod pecuniam magis dilargita esset
E quale colpa si poteva muovere ad Agrippino, se non l'infelice destino del padre, quando, innocente come lui, era stato travolto dalla ferocia di Tiberio

Montano, poi, giovane onesto, e autore di versi non calunniosi, veniva bandito solo per aver fatto valere il suo ingegno

30 Viene frattanto introdotto Ostorio Sabino, l'accusatore di Sorano; comincia il discorso dall'amicizia dell'accusato per Rubellio Plauto e dall'accusa che Sorano si era valso della carica di proconsole in Asia più per farsi un nome che per servire gli interessi dello stato, e cioè fomentando le tendenze ribelli di quelle città

Vecchie accuse: nuova invece, e tale da coinvolgere la figlia nello stesso rischioso destino del padre, quella a lei rivolta d'aver dato denaro a dei magi

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acciderat sane pietate Serviliae (id enim nomen puellae fuit), quae caritate erga parentem, simul imprudentia aetatis, non tamen aliud consultaverat quam de incolumitate domus, et an placabilis Nero, an cognitio senatus nihil atrox adferret

igitur accita est in senatum, steteruntque diversi ante tribunal consulum grandis aevo parens, contra filia intra vicesimum aetatis annum, nuper marito Annio Pollione in exilium pulso viduata desolataque, ac ne patrem quidem intuens cuius onerasse pericula videbatur
Il fatto era sì accaduto per un gesto d'affetto di Servilia (questo il nome della ragazza) la quale, per amore verso il padre e con l'inesperienza della sua età, non aveva chiesto ai magi altro responso se non sull'incolumità della propria casa, e se Nerone sarebbe stato clemente e se l'inchiesta del senato non avrebbe portato a conseguenze tragiche

Viene dunque convocata in senato; davanti alla tribuna dei consoli vengono posti il padre anziano e la figlia non ancora ventenne, rimasta, per il recente esilio comminato al marito Annio Pollione, sola e sconsolata, e ora incapace di alzare gli occhi sul padre, la cui situazione si rendeva conto di aver aggravato
(31) Tum interrogante accusatore an cultus dotalis, an detractum cervici monile venum dedisset, quo pecuniam faciendis magicis sacris contraheret, primum strata humi longoque fletu et silentio, post altaria et aram complexa 'nullos' inquit impios deos, nullas devotiones, nec aliud infelicibus precibus invocavi quam ut hunc optimum patrem tu, Caesar, vos, patres, servaretis incolumem

sic gemmas et vestis et dignitatis insignia dedi, quo modo si sanguinems et vitam poposcissent

viderint isti, antehac mihi ignoti, quo nomine sint, quas artes exerceant: nulla mihi principis mentio nisi inter numina fuit

nescit tamen miserrimus pater et, si crimen est, sola deliqui'
31 Alle domande dell'accusatore, se avesse venduto i gioielli della dote e si fosse privata della collana che portava al collo per avere il denaro necessario ai riti magici, si accasciò prima a terra in un lungo pianto, senza dir nulla, poi, abbracciando i gradini dell'altare e l'ara stessa: Non ho invocato disse empi dèi né pronunciato formule magiche, né altro ho chiesto nelle mie infelici preghiere se non che tu, o Cesare, e voi, senatori, conservaste incolume questo mio ottimo padre

Ho dato le mie gemme, le mie vesti e i segni della mia dignità allo stesso modo con cui avrei dato il sangue e la vita, se me l'avessero chiesto

Tocca a questa gente, fino a poco fa a me ignota, rispondere del nome che portano e spiegare l'arte che esercitano: non ho mai pronunciato il nome del principe se non come dio fra gli dèi

Tuttavia il mio infelicissimo padre ignora tutto ciò, e, se colpa c'è, io sola l'ho commessa

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(32) Loquentis adhuc verba excipit Soranus proclamatque non illam in provinciam secum profectam, non Plauto per aetatem nosci potuisse, non criminibus mariti conexam: nimiae tantum pietatis ream separarent, atque ipse quamcumque sortem subiret

simul in amplexus occurrentis filiae ruebat, nisi interiecti lictores utrisque obstitissent

mox datus testibus locus; et quantum misericordiae saevitia accusationis permoverat, tantum irae P Egnatius testis concivit
32 Ancora parlava, quando Sorano prende a dire e proclama che la figlia non era andata in provincia con lui e che non aveva potuto, data l'età, conoscere Plauto e ch'era estranea alle accuse rivolte al marito: non coinvolgessero nel suo caso lei, colpevole solo di tanto affetto, e lui avrebbe accettato qualunque destino

E già si precipitava ad abbracciare la figlia accorrente, ma si interposero i littori a separarli l'uno dall'altra

Fu poi la volta dei testimoni; e, se grande era stata la compassione suscitata dalla spietatezza dell'accusa, altrettanto sdegno produsse la deposizione di Publio Egnazio

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