Quod sane ex oratione eius, quam de utraque re habuit, colligi potest; uel cum ait: similem se semper sui futurum nec umquam mutaturum mores suos, quam diu sanae mentis fuisset; sed exempli causa cauendum esse, ne se senatus in acta cuiusquam obligaret, quia aliquo casu mutari posset Et rursus: 'Si quando autem,' inquit, 'de moribus meis deuotoque uobis animo dubitaueritis,--quod prius quam eueniat, opto ut me supremus dies huic mutatae uestrae de me opinioni eripiat-- nihil honoris adiciet mihi patria appellatio, uobis autem exprobrabit aut temeritatem delati mihi eius cognominis aut inconstantiam contrarii de me iudicii |
D'altra parte è la conclusione che si può trarre con una certa sicurezza da un discorso con il qvale rispose alla duplice proposta, specialmente là dove dice 'che sarebbe sempre rimasto fedele a se stesso, che non avrebbe mai cambiato la sua condotta finché fosse stato sano di mente, ma che, per principio, bisognava evitare di legare il Senato agli atti di un uomo, chiunque esso fosse, perché poteva trasformarsi per una circostanza qualsiasi' E ancora: 'Se un giorno, poi, comincerete a dubitare del mio carattere e della mia devozione nei vostri confronti (ma vorrei morire prima che si verifichi un tale evento, per non veder cambiare la vostra opinione su di me), il titolo di padre della patria non mi darà nessun onore in più, mentre voi vi esporrete al rimprovero o di avermi attribuito questo soprannome troppo alla leggera, o di essere incoerenti con voi stessi, giudicandomi da due aspetti opposti |
' [68] Corpore fuit amplo atque robusto, statura quae iustam excederet; latus ab umeris et pectore, ceteris quoque membris usque ad imos pedes aequalis et congruens; sinistra manu agiliore ac ualidiore, articulis ita firmis, ut recens et integrum malum digito terebraret, caput pueri uel etiam adulescentis talitro vulneraret Colore erat candido, capillo pone occipitium summissiore ut cervicem etiam obtegeret, quod gentile in illo videbatur; facie honesta, in qua tamen crebri et subiti tumores, cum praegrandibus oculis et qui, quod mirum esset, noctu etiam et in tenebris viderent, sed ad breue et cum primum e somno patvissent; deinde rursum hebescebant |
68 Tiberio fu di corpo massiccio e robusto, di statura superiore alla media; largo di spalle e di torace, aveva, dalla testa ai piedi, le membra ben fatte e perfettamente proporzionate; la sua mano sinistra era più agile e più forte dell'altra e le articolazioni così salde che poteva forare con un dito un pomo appena colto e senza tare, mentre con un colpo di nocche poteva ferire la testa di un fanciullo o anche di un adolescente Aveva la carnagione bianca, i capelli dall'attaccatura molto bassa sul di dietro, in modo che gli coprivano anche la nuca, cosa che sembrava in lui una caratteristica di famiglia; il viso era nobile, benché spesso si riempisse improvvisamente di foruncoli; gli occhi erano molto grandi e, cosa straordinaria, riuscivano a vedere anche di notte e nelle tenebre, ma per poco tempo e quando cominciavano ad aprirsi dopo il sonno, poi perdevano questo potere |
Incedebat cervice rigida et obstipa, adducto fere vultu, plerumque tacitus, nullo aut rarissimo etiam cum proximis sermone eoque tardissimo, nec sine molli quadam digitorum gesticulatione Quae omnia ingrata atque arrogantiae plena et animaduertit Augustus in eo et excusare temptauit saepe apud senatum ac populum professus naturae vitia esse, non animi Ualitudine prosperrima usus est, tempore qvidem principatus paene toto prope inlaesa, quamvis a tricesimo aetatis anno arbitratu eam suo rexerit sine adiumento consilioue medicorum [69] Circa deos ac religiones neglegentior, quippe addictus mathematicae plenusque persuasionis cuncta fato agi, tonitrua tamen praeter modum expauescebat et turbatiore caelo numquam non coronam lauream capite gestauit, quod fulmine afflari negetur id genus frondis |
Camminava a testa alta e rigida, con il volto solitamente contratto, in genere senza parlare o rivolgendo soltanto qualche rara parola a quelli che lo circondavano, e anche questo con estrema noncuranza, e non senza muovere distrattamente le dita Tutte queste abitudini sgradevoli e piene di arroganza richiamarono l'attenzione di Augusto che più di una volta cercò di scusarle sia presso il Senato, sia presso il popolo, dicendo che si trattava di difetti di natura, non di cuore Godette di un'eccellente salute che più o meno, rimase perfetta per quasi tutto il periodo del suo principato, sebbene dopo i trent'anni la governasse lui stesso a suo modo, senza ricorrere agli aiuti e ai consigli dei medici 69 Era indifferente nei confronti degli dei e della religione, perché si dedicava all'astrologia e credeva che tutto obbedisse alla fatalità Ciò nonostante aveva una terribile paura dei tuoni e quando il cielo era burrascoso non si dimenticava mai di porsi sulla testa una corona di alloro perché si dice che questo genere di foglie metta al riparo dal fulmine |
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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 06, Par 31 - 57
Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 06, Par 31 - 57
[70] Artes liberales utriusque generis studiosissime coluit In oratione Latina secutus est Coruinum Messalam, quem senem adulescens obseruarat Sed adfectatione et morositate nimia obscurabat stilum, ut aliquanto ex tempore quam a cura praestantior haberetur Composuit et carmen lyricum, cuius est titulus 'conquestio de morte L Caesaris ' Fecit et Graeca poemata imitatus Euphorionem et Rhianum et Parthenium, quibus poetis admodum delectatus scripta omnium et imagines publicis bibliothecis inter ueteres et praecipuos auctores dedicauit; et ob hoc plerique eruditorum certatim ad eum multa de his ediderunt |
70 Coltivò le lettere greche e latine con il massimo impegno Per l'eloquenza latina prese come modello Corvino Messala che aveva stimato in giovinezza, quando l'oratore era già vecchio A furia però di affettazioni e di purismo aveva reso oscuro il suo stile in modo che le sue improvvisazioni erano giudicate di gran lunga superiori ai suoi discorsi preparati Compose anche un poema lirico che aveva per titolo: 'Elegia sulla morte di L Cesare Scrisse anche poesie in greco imitando Euforione, Riano e Partenio, poeti dei quali particolarmente si dilettava e dei quali fece porre le opere e i ritratti nelle biblioteche pubbliche, in mezzo ai più illustri autori antichi; così molti studiosi gareggiarono in zelo per indirizzargli vari saggi su questi tre poeti |
Maxime tamen curauit notitiam historiae fabularis usque ad ineptias atque derisum; nam et grammaticos, quod genus hominum praecipue, ut diximus, appetebat, eius modi fere quaestionibus experiebatur: 'Quae mater Hecubae, quod Achilli nomen inter virgines fuisset, quid Sirenes cantare sint solitae ' Et quo primum die post excessum Augusti curiam intrauit, quasi pietati simul ac religioni satis facturus Minonis exemplo ture qvidem ac uino verum sine tibicine supplicauit, ut ille olim in morte filii [71] Sermone Graeco quamquam alioqui promptus et facilis, non tamen usque quaque usus est abstinuitque maxime in senatu; adeo qvidem, ut monopolium nominaturus ueniam prius postularet, quod sibi uerbo peregrino utendum esset |
Ma si dedicò soprattutto allo studio della storia leggendaria, al punto di arrivare alla dabbenaggine e al ridicolo Infatti le questioni che egli proponeva ai grammatici, categoria di persone per la qvale, come già abbiamo detto, aveva un debole, erano normalmente di questo genere: 'Chi era la madre di Ecuba, Che nome portava Achille quando si nascose in mezzo alle giovani donne, Che cosa erano solite cantare le Sirene ' E il giorno in cui entrò in Senato per la prima volta dopo la morte di Augusto, quasi per rendere soddisfazione sia alla pietà filiale, sia alla religione, offrì agli dei incenso e vino, ma senza sonare il flauto, come un tempo aveva fatto Minosse per la morte di suo figlio 71 Sebbene parlasse il greco correttamente e con facilità, tuttavia non se ne servì indifferentemente dappertutto e se ne astenne particolarmente in Senato, tanto che prima di pronunciare la parola 'monopolio' si scusò per essere costretto a ricorrere ad un termine straniero |
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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 03, Par 01 - 30
Latino: dall'autore Svetonio, opera Vite dei dodici cesari parte Libro 03, Par 01 - 30
Atque etiam cum in quodam decreto patrum emblema recitaretur, commutandam censuit uocem et pro peregrina nostratem reqvirendam aut, si non reperiretur, uel pluribus et per ambitum uerborum rem enuntiandam Militem quoque Graece testimonium interrogatum nisi Latine respondere vetuit [72] Bis omnino toto secessus tempore Romam redire conatus, semel triremi usque ad proximos naumachiae hortos subuectus est disposita statione per ripas Tiberis, quae obuiam prodeuntis submoueret, iterum Appia usque ad septimum lapidem; sed prospectis modo nec aditis urbis moenibus rediit, primo incertum qua de causa, postea ostento territus |
Un'altra volta, poiché aveva sentito, durante la lettura di un decreto del Senato, la parola 'emblema' disse che bisognava sostitvire quel termine e cercare un vocabolo latino da mettere al posto di quello straniero, o, se non si trovava, tradurre l'espressione con una perifrasi Proibì perfino ad un soldato, al qvale si chiedeva la sua testimonianza in greco, di rispondere se non in latino 72 Per tutto il periodo del suo ritiro, egli tentò due volte soltanto di ritornare a Roma: la prima arrivò con una trireme fino ai giardini vicino alla naumachia, dopo aver fatto collocare sulle rive del Tevere posti di guardia per allontanare le persone che gli si facevano incontro; la seconda, percorrendo la via Appia si portò fino a sette miglia da Roma, ma dopo essersi fermato a guardare da lontano le mura della città, non le raggiunse e in tutte e due le circostanze tornò indietro, la prima volta non si sa per qual motivo, la seconda perché atterrito da un prodigio |
Erat ei in oblectamentis serpens draco, quem ex consuetudine manu sua cibaturus cum consumptum a formicis invenisset, monitus est ut uim multitudinis caveret rediens ergo propere Campaniam Asturae in languorem incidit, quo paulum leuatus Cerceios pertendit Ac ne quam suspicionem infirmitatis daret, castrensibus ludis non tantum interfuit, sed etiam missum in harenam aprum iaculis desuper petit; statimque latere conuulso et, ut exaestuarat, afflatus aura in graviorem recidit morbum Sustentauit tamen aliquamdiu, quamvis Misenum usque devectus nihil ex ordine cotidiano praetermitteret, ne convivia qvidem aut ceteras voluptates partim intemperantia partim dissimulatione |
Si divertiva ad allevare un serpente dragone e un giorno, andando, come sua abitudine, a portargli il cibo con le sue mani, lo trovò divorato dalle formiche e fu avvertito che doveva guardarsi dalla violenza della folla Ritornando dunque verso la Campania, cadde malato ad Astura, poi quando si fu un po' rimesso, si spinse fino a Circeo Qui, perché nulla facesse supporre il suo stato precario di salute, non solo assistette ai giochi militari, ma, dal suo posto, scagliò giavellotti contro un cinghiale introdotto nell'arena; e subito sentì una fitta al fianco, si prese un raffreddore, perché aveva sudato troppo, e ricadde gravemente ammalato Tuttavia tirò avanti ancora per qualche tempo, sebbene, una volta trasportato a Miseno, non rinunciasse a nessuna delle sue quotidiane abitudini, nemmeno ai banchetti e a tutti gli altri piaceri, sia per intemperanza, sia per nascondere la gravità del suo stato |
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Svetonio, Vite dei dodici cesari: Libro 02, Par 71 - 101
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Nam Chariclen medicum, quod commeatu afuturus e convivio egrediens manum sibi osculandi causa apprehendisset, existimans temptatas ab eo venas, remanere ac recumbere hortatus est cenamque protraxit Nec abstinuit consuetudine quin tunc quoque instans in medio triclinio astante lictore singulos valere dicentis appellaret [73] Interim cum in actis senatus legisset dimissos ac ne auditos qvidem quosdam reos, de quibus strictim et nihil aliud quam nominatos ab indice scripserat, pro contempto se habitum fremens repetere Capreas quoquo modo destinauit, non temere quicquam nisi ex tuto ausurus |
Infatti, quando il suo medico Caricle, al momento di lasciarlo per una lunga assenza, alzandosi dal banchetto gli aveva preso la mano per baciarla, Tiberio, credendo che gli avesse sentito il polso, lo pregò di restare e di rimettersi a sedere, poi prolungò la cena Inoltre anche in questa circostanza non rinunciò alla sua abitudine di stare in piedi, in mezzo alla sala da pranzo, con un littore al proprio fianco, per rispondere ai saluti di tutti 73 Nel frattempo, aveva letto negli atti del Senato che erano stati rimessi in libertà, senza neppure essere ascoltati, alcuni accusati, a proposito dei quali egli si era limitato a scrivere dicendo soltanto che erano incriminati da un delatore Si irritò nel vedersi disprezzato e decise di ritornare ad ogni costo a Capri, perché non osava prendere provvedimenti senza essere in un luogo sicuro |
Sed tempestatibus et ingrauescente ui morbi retentus paulo post obiit in uilla Lucullana octauo et septuagesimo aetatis anno, tertio et uicesimo imperii, XVII Kal Ap Cn Acerronio Proculo C Pontio Nigr[in]o conss Sunt qui putent uenenum ei a Gaio datum lentum atque tabificum; alii, in remissione fortuitae febris cibum desideranti negatum; nonnulli, puluinum iniectum, cum extractum sibi deficienti anulum mox resipiscens reqvisisset Seneca eum scribit intellecta defectione exemptum anulum quasi alicui traditurum parumper tenvisse, dein rursus aptasse digito et compressa sinistra manu iacvisse diu immobilem; subito uocatis ministris ac nemine respondente consurrexisse nec procul a lectulo deficientibus viribus concidisse |
Trattenuto però dal cattivo tempo e dall'aggravarsi del suo male, morì poco tempo dopo nella villa di Lucullo a settantotto anni di età, dopo ventitré di principato, diciassette giorni prima della calende di aprile, durante il consolato di Cn Acerronio Proculo e di C Ponzio Nigrino Alcuni ritengono che Gaio gli avesse dato un veleno che lo consumò lentamente, altri che gli venne negato il cibo quando lo chiese in un momento in cui la febbre era scomparsa, altri infine che fu soffocato con un cuscino quando, ritornando in sé, reclamò l'anello che gli era stato tolto quando era in coma Seneca dice che, sentendosi prossimo alla fine, si sfilò l'anello come per consegnarlo a qualcuno, poi, dopo averlo tenuto qualche minuto così, se lo rimise al dito e restò a lungo sdraiato, immobile, con la mano sinistra rigida; improvvisamente, chiamati i suoi servi, poiché nessuno rispondeva, si alzò e, perdute le forze, cadde morto poco lontano dal suo letto |
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[74] Supremo natali suo Apollinem Temenitem et amplitudinis et artis eximiae, aduectum Syracusis ut in bibliotheca templi novi poneretur, viderat per quietem affirmantem sibi non posse se ab ipso dedicari Et ante paucos quam obiret dies, turris Phari terrae motu Capreis concidit Ac Miseni cinis e fauilla et carbonibus ad calficiendum triclinium inlatis, extinctus iam et diu frigidus, exarsit repente prima uespera atque in multam noctem pertinaciter luxit [75] Morte eius ita laetatus est populus, ut ad primum nuntium discurrentes pars: 'Tiberium in Tiberim' clamitarent, pars Terram matrem deosque Manes orarent, ne mortuo sedem ullam nisi inter impios darent, alii uncum et Gemonias cadaueri minarentur, exacerbati super memoriam pristinae crudelitatis etiam recenti atrocitate |
74 In occasione del suo ultimo compleanno un Apollo Temenite, di una grandezza e di una bellezza rare, che egli aveva fatto venire da Siracusa per collocarlo nella biblioteca di un nuovo tempio, gli apparve in sogno e gli disse che non poteva essere consacrato da lui in quel luogo Pochi giorni prima della sua morte la torre del faro di Capri fu rovesciata da un terremoto A Miseno la cenere formata dalla fiamma e dalle braci che erano state approntate per riscaldare la sala da pranzo, già da tempo si era spenta e raffreddata, quando improvvisamente riprese fuoco verso il tramonto e continuò a brillare fino a tarda notte 75 Alla prima notizia della sua morte il popolo fu preso da una tale contentezza che la gente si mise a correre da tutte le parti e alcuni continuavano a gridare 'Tiberio nel Tevere', mentre altri pregavano la Terra Madre e gli dei Mani di dargli un posto soltanto in mezzo agli empi, altri ancora minacciavano di gettare il suo cadavere nelle Gemonie con il raffio, perché una recente atrocità, che si aggiungeva al ricordo delle sue antiche crudeltà, li aveva esasperati |