ultimo doge che Tiziano ritrasse. Sul volto scarno, gli occhi lucidi, da infermo, sembrano fissare le immagini interne di un pensiero ricorrente, di una costante preoccupazione
... e mentre il naso affilato, le vene prominenti sulle tempie, le guance scavate, la barba rada denunciano l'infermità fisica e un precoce invecchiamento, le labbra strette, la testa eretta con un residuo di fierezza, in onore del ruolo ricoperto, rivelano sicurezza di sè e determinazione.
Il corpo umano sembra ancora più fragile e sofferente, oppresso com'è dal peso del ricco manto dorato che la mano sinistra trattiene con una presa tenace quasi per allievare la fatica, mentre la destra avanza in un gesto delicato di pace, ma anche di trepidante preoccupazione. Si coglie la capacità di sintetizzare nella figura, gli aspetti essenziali del suo carattere. La figura sofferente di questo doge, che necessita di aiuto per reggersi in piedi, sembra quasi pendente in avanti.
Il tono brillante del manto dorato si accende di un cremisi che è ripreso in tono più profondo,nel tendaggio alle spalle della figura. Il gesto della mano sinistra, per alcuni è stato collegato al gesto di Marco Aurelio che nel rinascimento era ritenuto un grande imperatore-filosofo, pio e virtuoso, giusto e clemente. Il paesaggio alla finestra, con un incendio e una vela, viene interpretato come un paesaggio lagunare, allusione al potere di Venezia e alla reazione contro i Turchi. Altre ipotesi la collocano nella città di Vieste quando il corsaro Dragut, al servizio del Solimano, prende d'assalto la città. La cosa colpisce Venezia che aveva interessi commerciali.