Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 4, 16-29, pag 2

Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 4, 16-29

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 4, 16-29
[18] Veteres enim, quorum fuerunt Aristoteles quoque atque Theodectes, verba modo et nomina et convinctiones tradiderunt, videlicet quod in verbis vim sermonis, in nominibus materiam (quia alterum est quod loquimur, alterum de quo loquimur), in convinctionibus autem complexum eorum esse iudicaverunt: quas coniunctiones a plerisque dici scio, sed haec videtur ex syndesmo magis propria tralatio [18] Infatti gli antichi, di cui fecero parte anche Aristotele e Teodette, tramandarono solo verbi e nomi e congiunzioni, naturalmente perché pensarono che la forza del discorso fosse nei verbi (poiché una cosa è ciò che diciamo, un'altra quella di cui parliamo), nei congiungimenti poi il loro collegamento: so che da molti queste sono dette congiunzioni, ma questa traduzione da legamento sembra più adeguata
[19] Paulatim a philosophis ac maxime Stoicis auctus est numerus, ac primum convinctionibus articuli adiecti, post praepositiones: nominibus appellatio, deinde pronomen, deinde mixtum verbo participium, ipsis verbis adverbia [19] Gradatamente dai filosofi e soprattutto dagli Stoici fu aumentato il numero, e dapprima aggiunti gli articoli ai congiungimenti, poi le preposizioni: ai nomi il sostantivo, poi il pronome, poi il participio unito al verbo, gli avverbi ai verbi stessi
Noster sermo articulos non desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit superioribus interiectio La nostra lingua non richiede articoli pertanto sono sparsi in altre parti del discorso, ma alle parti precedenti s'aggiunge l'interiezione

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Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 1, 1-22
Quintiliano, Institutio oratoria: Liber 1, 1, 1-22

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 1, 1-22

[20] Alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus octo partes secuti sunt, ut Aristarchus et aetate nostra Palaemon, qui vocabulum sive appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius, at ii qui aliud nomen, aliud vocabulum faciunt, novem [20] Tuttavia altri almeno su autori validi seguirono otto sezioni, come Aristoarco e Palemone nel nostro tempo, che assegnarono al nome il vocabolo o sostantivo come sua specie, e quelli che ne considerano nove, una cosa il nome, un'altra il sostantivo
Nihilominus fuerunt qui ipsum adhuc vocabulum ab appellatione diducerent, ut esset vocabulum corpus visu tactuque manifestum: "domus" "lectus", appellatio cui vel alterum deesset vel utrumque: "ventus" "caelum" "deus" "virtus" Non di meno ci furono quelli che derivavano persino il nome stesso dal sostantivo, affinché il vocabolo fosse un elemento evidente a vedersi e toccarsi: "casa" "letto", il sostantivo a cui invece mancherebbe l'una o entrambe: "vento" "cielo" "dio" "virtù"

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Quintiliano, Institutio oratoria: 10; 01, 93-95

Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte 10; 01, 93-95

Adiciebant et adseverationem, ut "eheu", et tractionem, ut "fasciatim": quae mihi non adprobantur Aggiungevano anche l'asseverazione, come "eheu", e la derivazione, come "a fasci": cose che non mi vengono dimostrate
[21] Vocabulum an appellatio dicenda sit prosegoria et subicienda nomini necne, quia parvi refert, liberum opinaturis relinquo [21] Se prosegoria debba dirsi un vocabolo o un sostantivo e si debba attribuire al nome o no, pochè poco importa, lascio libertà a quelli che decideranno

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Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 6, 11-25

[22] Nomina declinare et verba in primis pueri sciant: neque enim aliter pervenire ad intellectum sequentium possunt [22] I ragazzi imparino a declinare i nomi e dapprima i verbi: infatti diversamente non possono giungere alla comprensione delle cose susseguenti
Quod etiam monere supervacuum erat nisi ambitiosa festinatione plerique a posterioribus inciperent, et dum ostentare discipulos circa speciosiora malunt, compendio morarentur Era anche inutile consigliare questo se la maggior parte non cominciasse da quelli successivi per ambiziosa fretta, e mentre preferiscono ostentare gli allievi riguardo a cose più appariscenti, ritarderebbero nel profitto

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Latino: dall'autore Quintiliano, opera Institutio oratoria parte Liber 1, 6, 1-10

[23] Atqui si quis et didicerit satis et (quod non minus deesse interim solet) voluerit docere quae didicit, non erit contentus tradere in nominibus tria genera et quae sunt duobus omnibusve communia [23] E se qualcuno sia avrà imparato abbastanza sia (cosa che talvolta non di meno suole mancare) avrà voluto insegnare ciò che ha appreso, non sarà soddisfatto di tramandare i tre generi fra i nomi e quelli che sono comuni a due o a tutti

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