Era la prima volta che una donna entrava nella Curia, partecipando in prima persona ad una riunione del senato.
Alla donna romana non era permesso - oltre a parecchie altre cose - fare politica, men che meno arrogarsi il diritto, prettamente maschile, di prendere decisioni sull'amministrazione, l'economia, la cultura, la religione e qualunque altra cosa di importanza "vitale" che riguardasse il mondo romano.
A nessuna donna era stato concesso un simile privilegio nell'allora quasi millenaria storia romana. Neppure ad Agrippina Minore, l'intraprendente madre di Nerone che pago con la vita la propria "invadenza", nel 54.
Le proteste non mancarono, molti senatori si sentirono toccati nel proprio onore, lo stesso Cassio Dione - senatore presente all'epoca e tra le principali fonti storiche a nostra disposizione - ne fa cenno indirettamente con un misto di sarcasmo e disprezzo.
Mesa sapeva come stavano le cose, ma sapeva anche che il nipote da solo, in Senato, non avrebbe mai ottenuto nulla, non sarebbe mai stato in grado di curare i suoi interessi. Mandò avanti la figlia probabilmente per rispetto alla prima donna dell'impero, ma poi, gradualmente, ne prese il posto mantenendo personalmente le redini del potere.
Ciò che più premeva a Elagabalo era, in realtà, introdurre a Roma il suo Dio.
Il cittadino diventato senatore manteneva il suo rango per tutta la vita, ma se non si comportava bene poteva essere estromesso dall'assemblea: se ne occupavano i Censori, magistrati sprovvisti di Imperium ma con temibili prerogative. Oltre d eseguire il censimento dei cittadini romani, i censori vegliavano sulla composizione del Senato, controllando non solo il patrimonio degli aspiranti senatori, ma anche i loro buoni costumi. Il censore per eccellenza, eletto nel 184 avanti Cristo, fu Catone che durante la sua censura agì in modo severissimo, fino a espellere dal Senato un certo Manilio, colpevole di aver baciato la moglie in pubblico.