La storia inizia il giorno in cui Zeus sposò Era. Tutto l'universo era in festa, e fra i tanti doni il più bello fu quello che alla sposa offrì Gea la Terra: un melo che produceva mele d'oro. Incantata da questo prodigio, la dea volle che l'albero fosse trapiantato in un giardino nell'occidente, ai confini della terra. A custodire i pomi erano le quattro Esperidi, Le "Ninfe della sera", e accanto a loro il gigantesco serpente Ladone.
Eracle, nel compiere le sue fatiche, arrivò al giardino delle Esperidi. In lontananza scorse una figura alta sino al cielo, piegata però sotto lo sforzo di un immensa fatica: era Atlante, il fratello di Prometeo, che reggeva sulle spalle la volta del cielo. Quando Eracle si inoltrò nel verde cercando l'albero meraviglioso, sentì un brusio di mille voci mischiate che mettevano suoni diversi: era il dragone che cercava di disorientarlo aspettando il momento propizio in cui l'avrebbe assalito, ma Eracle non gliene diede il tempo. Lo colpì con la clava e lo uccise poi colse tre pomi d'oro e iniziò il viaggio di ritorno
Secondo un'altra versione del racconto, ancora più diffusa, l'eroe usò l'astuzia e non la forza: Prometeo, lo aveva avvertito di non spiccare lui stesso le mele, entrando in un luogo interdetto e mortale, ma di farlo fare ad Atlante. Fu così che Eracle convinse il titano a cedergli il suo carico e accogliere tre pomi d'oro dal giardino degli Dei.
Dopo aver tolto i pomi, però, Atlante si rifiutò di riassumere il cielo sulle spalle dietro affermando che avrebbe portato lui stesso il bottino a Euristeo. Così quel giorno Eracle rischiò di conquistare il faticoso privilegio di sostenere per l'eternità la volta celeste, ma Prometeo l'aveva avvertito di questo pericolo, e così l'eroe aveva pronto un astuzia. finse di essere rassegnato a farlo purché Atlante riprendesse il cielo sulle spalle per pochi minuti, per dargli il tempo di avvolgersi una benda attorno alla testa. Atlante cadde nel tranello, posò atterra le mele e riprese il suo carico; così Eracle raccolse i pomi e se ne andò.
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Il drago rimase a imputridire accanto all'albero meraviglioso; ma un tratto le sue scaglie iniziarono a brillare, si staccarono dal corpo nero e cominciarono a volare nell'aria, divenendo sempre più luminose a mano mano che salivano verso l'alto, finché raggiunsero la cupola del cielo e divennero stelle. Così Era volle premiare il fedele guardiano che aveva difeso le mele d'oro a costo della vita, e nel buio della notte incominciò a splendere la costellazione del dragone