Cicerone, De Oratore: Libro 01; 16-20, pag 2

Cicerone, De Oratore: Libro 01; 16-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 16-20
[XVIII] [80] Tum Antonius "probas mihi" inquit "ista, Crasse, quae dicis, nec dubito quin multo locupletior in dicendo futurus sit, si quis omnium rerum atque artium rationem naturamque comprehenderit; [81] sed primum id difficile est factu, praesertim in hac nostra vita nostrisque occupationibus; deinde illud etiam verendum est ne abstrahamur ab hac exercitatione et consuetudine dicendi populari et forensi [XVIII][80] E Antonio di rimando:Approvo pienamente, o Crasso, quello che dici, e non dubito affatto che sia molto più ricca leloquenza di colui che abbia veramente penetrato lessenza e la natura di ogni cosa e di ogni disciplina ; [81] ma innanzi tutto la cosa non è facile, specialmente in questa nostra vita tanto piena dimpegni; in secondo luogo cè anche il pericolo di essere distolti dal nostro abituale genere deloquenza politica e forense
Aliud enim mihi quoddam orationis genus esse videtur eorum hominum, de quibus paulo ante dixisti, quamvis illi ornate et graviter aut de natura rerum aut de humanis rebus loquantur: nitidum quoddam genus est verborum et laetum, et palaestrae magis et olei, quam huius civilis turbae ac fori Ben diverso infatti mi sembra essere il genere di eloquenza di quegli uomini che tu dianzi hai menzionato sebbene essi discorrono con eleganza ed efficacia sulla natura o sulle umane cose; il loro modo di esprimersi è certo brillante e fiorito, ma è adatto più ad esercitazioni scolastiche che a discorsi da tenere davanti a folle di cittadini adunati nel foro
[82] Namque egomet, qui sero ac leviter Graecas litteras attigissem, tamen cum pro consule in Ciliciam proficiscens venissem Athenas, compluris tum ibi dies sum propter navigandi difficultatem commoratus; sed, cum cotidie mecum haberem homines doctissimos, eos fere ipsos, qui abs te modo sunt nominati, cum hoc nescio quo modo apud eos increbruisset, me in causis maioribus sicuti te solere versari, pro se quisque ut poterat de officio et de ratione oratoris disputabat [82] Benché io abbia conosciuto tardi e superficialmente la letteratura greca, tuttavi arrivai ad Atene, mentre andavo come proconsole in Cilicia, e per le difficoltà della navigazione mi avevano obbligato a fermarmi in quella città alcuni giorni; ma, poiché ogni giorno avevo con me uomini dottissimi, quegli stessi pressa poco che tu prima hai nominato, essendosi sparsa tra loro la voce che io ero solito trattare cause piuttosto come fai tu, ciascuno si sforzava, come poteva, per illustrarmi il compito e il metodo del vero oratore

Maybe you might be interested

Cicerone, De Oratore: Libro 01; 01-05
Cicerone, De Oratore: Libro 01; 01-05

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 01-05

[83] Horum alii, sicuti iste ipse Mnesarchus, hos, quos nos oratores vocaremus, nihil esse dicebat nisi quosdam operarios lingua celeri et exercitata; oratorem autem, nisi qui sapiens esset, esse neminem, atque ipsam eloquentiam, quod ex bene dicendi scientia constaret, unam quandam esse virtutem, et qui unam virtutem haberet, omnis habere easque esse inter se aequalis et paris; ita, qui esset eloquens, eum virtutes omnis habere atque esse sapientem [83] Alcuni di costoro, tra i quali questo stesso Mnesarco, dicevano che coloro che noi chiamiamo oratori non sono altro che dei mestieranti, forniti di lingua veloce e addestrata: che il vero oratore deve essere un filosofo, che Peloquenza stessa, poiché non è altro che la scienza del parlar bene, è una specie di virtù, e che chi ha una virtù le ha tutte, e che le virtù sono eguali tra di loro per qualità e per pregio; così da ciò deducevano che chi è eloquente possiede tutte le virtù ed è un filosofo
Sed haec erat spinosa quaedam et exilis oratio longaque a nostris sensibus abhorrebat Ma questo era un ragionamento veramente cavilloso e arido, molto lontano dal nostro modo di sentire

Maybe you might be interested

Cicerone, De Oratore: Libro 02; 16-20
Cicerone, De Oratore: Libro 02; 16-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 02; 16-20

[84] Charmadas vero multo uberius eisdem de rebus loquebatur, non quo aperiret sententiam suam; hic enim mos erat patrius Academiae adversari semper omnibus in disputando; sed cum maxime tamen hoc significabat, eos, qui rhetores nominarentur et qui dicendi praecepta traderent, nihil plane tenere neque posse quemquam facultatem adsequi dicendi, nisi qui philosophorum inventa didicisset [84] Carmada invece teneva discorsi molto più lunghi sui medesimi argomenti, senza però far capire il suo pensiero, perché era un metodo tradizionale degli Accademici combattere sempre nella discussione tutte le opinioni; tuttavia la sua intima convinzione era questa, che i cosiddetti retori, cioè coloro che insegnano larte del dire, non sanno proprio nulla e che nessuno può apprendere larte oratoria se non ha appreso le verità escogitate dai filosofi
[XIX] [85] Disputabant contra diserti homines Athenienses et in re publica causisque versati, in quis erat etiam is, qui nuper Romae fuit, Menedemus, hospes meus; qui cum diceret esse quandam prudentiam, quae versaretur in perspiciendis rationibus constituendarum et regendarum rerum publicarum, excitabatur homo promptus atque omni abundans doctrina et quadam incredibili varietate rerum atque copia: omnis enim partis illius ipsius prudentiae petendas esse a philosophia docebat neque ea, quae statuerentur in re publica de dis immortalibus, de disciplina iuventutis, de iustitia, de patientia, de temperantia, de modo rerum omnium, ceteraque, sine quibus civitates aut esse aut bene moratae esse non possent, usquam in eorum inveniri libellis; [86] quod si tantam vim rerum maximarum arte sua rhetorici illi doctores complecterentur, quaerebat, cur de prooemiis et de epilogis et de huius modi nugis - sic enim appellabat - referti essent eorum libri, de civitatibus instituendis, de scribendis legibus, de aequitate, de iustitia, de fide, de frangendis cupiditatibus, de conformandis hominum moribus littera nulla in eorum libris inveniretur [XIX] [85] Di parere opposto erano alcuni Ateniesi eloquenti e ricchi desperienza politica e forense, tra i quali vi era quel Menedemo, che ha dimorato recentemente a Roma, mio ospite; e costui poiché sosteneva lesistenza di una scienza particolare, basata sullo studio delle norme che regolano la costituzione e il governo degli Stati, faceva scattare quelluomo così eccitabile, così ricco di dottrina e di una mole veramente enorme di varie nozioni: egli insegnava che tutto ciò che appartiene a questa scienza deve essere ricercato nella filosofia, e che nei libri degli oratori non cè alcuna traccia di quelle deliberazioni che in uno Stato vengono prese intorno agli dèi immortali, alla educazione dei giovani, alla giustizia, alla tolleranza, alla misura che deve osservarsi in tutte le cose, insomma nessuna traccia di tutte quelle norme che sono indispensabili al buon ordinamento e allesistenza stessa degli Stati;[86] e se questi illustri maestri di retorica sanno abbracciare con la loro arte una così grande quantità di argomenti importantissimi, perché egli si domandava i loro libri sono infarciti di proemi, di epiloghi e di sciocchezze di questo genere cosi egli le definiva mentre non si incontra una parola sulla costituzione degli Stati, sulla promulgazione delle leggi, sullequità, sulla giustizia, sulla lealtà, sulle maniere di vincere le passioni ed educare i costumi degli uomini

Maybe you might be interested

Cicerone, De Oratore: Libro 01; 21-25
Cicerone, De Oratore: Libro 01; 21-25

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 01; 21-25

[87] Ipsa vero praecepta sic inludere solebat, ut ostenderet non modo eos expertis esse illius prudentiae, quam sibi asciscerent, sed ne hanc quidem ipsam dicendi rationem ac viam nosse: caput enim esse arbitrabatur oratoris, ut et ipse eis, apud quos ageret, talis, qualem se esse optaret, videretur; id fieri vitae dignitate, de qua nihil rhetorici isti doctores in praeceptis suis reliquissent; et uti ei qui audirent sic adficerentur animis, ut eos adfici vellet orator; quod item fieri nullo modo posse, nisi cognosset is, qui diceret, quot modis hominum mentes et quibus et quo genere orationis in quamque partem moverentur; haec autem esse penitus in media philosophia retrusa atque abdita, quae isti rhetores ne primoribus quidem labris attigissent [87] In quanto poi agli stessi precetti, egli soleva deriderli a tal punto, da mostrare che quei maestri non solo erano digiuni di quella scienza che si arrogavano, ma non conoscevano neppure le norme che regolano larte del dire:egli infatti pensava che la dote principale di un oratore è apparire agli occhi degli ascoltatori tale quale egli desidera: ciò si può ottenere con la dignità della vita, sulla quale codesti maestri di retorica non ci hanno lasciato proprio nulla nei loro libri pieni di precetti;occorre anche che gli uditori provino nei loro animi quei sentimenti che loratore ha voluto loro infondere: e ciò non può affatto succedere se loratore non sa in quante e in quali maniere e con quale genere di discorsi gli animi degli uomini possano essere piegati verso ciascuna direzione;questi sono concetti chiusi e nascosti nelle intime viscere della filosofia, che codesti retori non hanno sfiorato neppure con la punta delle labbra
[88] Ea Menedemus exemplis magis quam argumentis conabatur refellere; memoriter enim multa ex orationibus Demostheni praeclare scripta pronuntians docebat illum in animis vel iudicum vel populi in omnem partem dicendo permovendis non fuisse ignarum, quibus ea rebus consequeretur, quae negaret ille sine philosophia quemquam nosse posse [88] Menedemo si sforzava di confutare tali affermazioni più per mezzo di esempi che di argomenti; e recitando a memoria molti splendidi brani tratti dalle orazioni di Demostene, sosteneva che quelloratore, col piegare per mezzo della parola verso ogni direzione lanimo dei giudici o del popolo, aveva dimostrato di conoscere bene con quali mezzi potesse raggiungere il suo scopo, mentre Carmada pensava che nessuno potesse conoscerli senza lo studio della filo putare sofia

Maybe you might be interested

Cicerone, De Oratore: Libro 02; 71-75
Cicerone, De Oratore: Libro 02; 71-75

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 02; 71-75

[XX] [89] Huic respondebat non se negare Demosthenem summam prudentiam summamque vim habuisse dicendi, sed sive ille hoc ingenio potuisset sive, id quod constaret, Platonis studiosus audiendi fuisset, non quid ille potuisset, sed quid isti docerent esse quaerendum [XX] [89] Carmada rispondeva dicendo di ammettere che Demostene aveva avuto una enorme saggezza politica e una straordinaria arte oratoria; però, sia che avesse raggiunto ciò con le sue doti naturali, sia perché era stato zelante uditore di Platone, cosa di cui tutti erano a conoscenza, si trattava ora di ricercare non ciò che quello avesse saputo fare, ma ciò che i maestri di retorica son capaci dinsegnare

Maybe you might be interested

Cicerone, De Oratore: Libro 02; 76-80
Cicerone, De Oratore: Libro 02; 76-80

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Oratore parte Libro 02; 76-80

Tags: #cicero
Cicerone, In Verrem: 02; 04-106-110

Cicerone, In Verrem: 02; 04-01-02

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 01-90

Cicerone, De Natura deorum: Libro 01; 01-05

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 05; 61-70

Cicerone, Filippiche: 02; 11-15