At ille circumspiciens ut cervicem meam iunxit amplexu: 'Rogo, inquit, domine, ubi est asturco [LXXXVII] Cum ob hanc offensam praeclusissem mihi aditum quem feceram, mox tamen iterum ad licentiam redii Interpositis enim paucis diebus, cum similis casus nos in eandem fortunam rettulisset, ut intellexi stertere patrem, rogare coepi ephebum ut reverteretur in gratiam mecum, id est ut pateretur satis fieri sibi, et cetera quae libido distenta dictat At ille plane iratus nihil aliud dicebat nisi hoc: 'Aut dormi, aut ego iam dicam patri' Nihil est tam arduum, quod non improbitas extorqueat Dum dicit: 'Patrem excitabo ', irrepsi tamen et male repugnanti gaudium extorsi |
Ma lui, guardandosi intorno mentre mi stringeva tra le braccia, mi disse: 'Signore mio, ma il cavallo dov'è 87 Non avendo mantenuto la mia promessa, mi ero chiuso quella porta che io stesso avevo aperto; iò nonostante ritornai alla carica Pochi giorni dopo, essendosi ripresentata un'altra occasione altrettanto propizia, non appena mi resi conto che il padre stava russando, cominciai a scongiurare il ragazzino che facesse la pace con me, che cioè continuasse a lasciarsi soddisfare come prima, e aggiunsi tutte le altre frescacce che la foia più matta suggerisce Ma lui, ancora imbronciato con me, continuava a ripetere: 'O dormi, o chiamo mio padre’ Ma non c'è nulla che sia così difficile da non poterlo strappare a colpi di malizia E mentre lui continuava a ripetere: 'Guarda che chiamo mio padre', io gli scivolo nel letto e lo possiedo di forza senza stare tanto a badare alle sue resistenze |
At ille non indelectatus nequitia mea, postquam diu questus est deceptum se et derisum traductumque inter condiscipulos, quibus iactasset censum meum: 'Videris tamen, inquit, non ero tui similis Si quid vis, fac iterum' Ego vero deposita omni offensa cum puero in gratiam redii, ususque beneficio eius in somnum delapsus sum Sed non fuit contentus iteratione ephebus plenae maturitatis et annis ad patiendum gestientibus Itaque excitavit me sopitum et inquit: 'Numquid vis’ Et non plane iam molestum erat munus Utcunque igitur inter anhelitus sudoresque tritus, quod voluerat accepit, rursusque in somnum decidi gaudio lassus Interposita minus hora pungere me manu coepit et dicere: 'Quare non facimus |
Ma lui, per niente contrariato dalla mia violenza, dopo essersi a lungo lamentato dicendo che io l'avevo ingannato e che era diventato lo zimbello dei suoi compagni di scuola coi quali si era fatto bello della mia generosità, disse: 'Ti farò vedere che non sono come te Se vuoi fa' pure' E così, lasciando da parte ogni motivo di rancore, tornai nelle grazie del ragazzino e, dopo avere di nuovo approfittato della sua compiacenza, scivolai nel sonno Ma lui, che era nel pieno dello sviluppo e in quell'età in cui si prova più gusto a farsi ingroppare, non si accontentò del mio bis Così mi venne a svegliare dicendomi: 'Non vuoi nient'altro Anche se non del tutto, la sua generosità cominciava però a pesarmi Ad ogni modo, anche se col fiato corto e in un lago di sudore, gli diedi quel che voleva, per poi ripiombare nel sonno, stremato dal piacere Non era passata nemmeno un'ora, che il ragazzino prese a darmi dei pizzicotti dicendo: 'Perché non lo rifacciamo’ |
' Tum ego toties excitatus plane vehementer excandui et reddidi illi voces suas: 'Aut dormi, aut ego iam patri dicam' [LXXXVIII] Erectus his sermonibus consulere prudentiorem coepi atque ab eo aetates tabularum et quaedam argumenta mihi obscura simulque causam desidiae praesentis excutere, cum pulcherrimae artes perissent, inter quas pictura ne minimum sui vestigium reliquisset Tum ille: 'Pecuniae, inquit, cupiditas haec tropica instituit Priscis enim temporibus, cum adhuc nuda virtus placeret, vigebant artes ingenuae summumque certamen inter homines erat, ne quid profuturum saeculis diu lateret |
Ma io, seccato da tutti quei risvegli forzati, saltai su tutte le furie e gli restituii le sue stesse parole: 'O dormi, o chiamo tuo padre 88 Sollevato da quel racconto, mi misi a interrogare quel vecchio saggio, sull'epoca dei quadri e su certi argomenti che non mi erano troppo chiari, e insieme sulle cause della decadenza della nostra età e sul perché le più belle arti fossero tanto in crisi, e in particolare la pittura di cui non era rimasta nemmeno la traccia E lui attacca: La sete di denaro ha portato a questo cambiamento Nel buon tempo antico, la virtù la si apprezzava di per se stessa, le arti liberali fiorivano e gli uomini gareggiavano per evitare a tutti i costi che non rimanesse nell'ombra ciò che avrebbe potuto giovare ai secoli a venire |
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Itaque herbarum omnium sucos Democritus expressit, et ne lapidum virgultorumque vis lateret, aetatem inter experimenta consumpsit Eudoxos quidem in cacumine excelsissimi montis consenuit ut astrorum caelique motus deprehenderet, et Chrysippus, ut ad inventionem sufficeret, ter elleboro animum detersit Verum ut ad plastas convertar, Lysippum statuae unius lineamentis inhaerentem inopia extinxit, et Myron, qui paene animas hominum ferarumque aere comprehenderat, non invenit heredem At nos vino scortisque demersi ne paratas quidem artes audemus cognoscere, sed accusatores antiquitatis vitia tantum docemus et discimus Vbi est dialectica ubi astronomia ubi sapientiae cultissima via Quis unquam venit in templum et votum fecit, si ad eloquentiam pervenisset quis, si philosophiae fontem attigisset |
Fu così che Democrito distillò i succhi di tutte le erbe, e impiegò la vita intera a fare esperimenti perché le proprietà di piante e minerali non rimanessero un mistero; Eudosso, a sua volta, invecchiò sulla cima di una montagna altissima per studiare il moto delle stelle e del cielo, mentre Crisippo, perché la sua mente desse il meglio nelle invenzioni, la purificò per tre volte con l'elleboro Tornando però alle arti figurative, Lisippo morì di inedia perché troppo preso a dare gli ultimi tocchi a una sua statua, mentre Mirone, che riusciva quasi a trasfondere nel bronzo i sentimenti degli umani e delle bestie, adesso è senza eredi E noi invece, persi come siamo tra crapule e battone, non riusciamo nemmeno ad apprezzare le opere di un tempo, e ce la prendiamo con gli antichi, anche se poi siamo maestri e discepoli di vizi Dov'è finita la dialettica E l'astronomia Che fine ha fatto quell'eccelsa via alla sapienza Chi è mai più entrato in un tempio facendo voti per diventare eloquente Chi per attingere alla sorgente della filosofia |
Ac ne bonam quidem mentem aut bonam valitudinem petunt, sed statim antequam limen Capitolii tangant, alius donum promittit, si propinquum divitem extulerit, alius, si thesaurum effoderit, alius, si ad trecenties sestertium salvus pervenerit Ipse senatus, recti bonique praeceptor, mille pondo auri Capitolio promittere solet, et ne quis dubitet pecuniam concupiscere, Iovem quoque peculio exorat Noli ergo mirari, si pictura defecit, cum omnibus dis hominibusque formosior videatur massa auri, quam quicquid Apelles Phidiasque, Graeculi delirantes, fecerunt [LXXXIX] Sed video te totum in illa haerere tabula, quae Troiae halosin ostendit |
Nessuno fa più voti perché il cielo ci conservi la salute e ci dia la serenità interiore; ma uno non ha ancora varcato la soglia del Campidoglio, che subito promette un'offerta se potrà vedere sottoterra un parente pieno di soldi, un altro se scopre un tesoro, e un altro ancora se arriva a mettere insieme trenta milioni di sesterzi senza incidenti Addirittura il senato, che invece dovrebbe essere un esempio di rettitudine e di giustizia, ha ormai preso l'abitudine di promettere mille libbre d'oro al Campidoglio e, perché nessuno si faccia troppi scrupoli sulla gran voglia di far soldi, corrompe pure il padreterno a suon di bustarelle Dunque non ti stupire se la pittura è bella che andata, quando tutti - uomini e dèi compresi - preferiscono un bel malloppo d'oro piuttosto che tutto quanto han fatto quei due pazzoidi di greci, Apelle e Fidia 89 Ma siccome ti vedo tutto concentrato su quel quadro con la presa di Troia |
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Itaque conabor opus versibus pandere:Iam decuma maestos inter ancipites metusPhrygas obsidebat messis, et vatis fidesCalchantis atro dubia pendebat metu,cum Delio profante caesi verticesIdae trahuntur, scissaque in molem caduntrobora, minacem quae figurarent equum Aperitur ingens antrum et obducti specus,qui castra caperent Huc decenni proelio irata virtus abditur, stipant graves recessus Danai et in voto latent O patria, pulsas mille credidimus ratessolumque bello liberum: hoc titulus feroincisus, hoc ad fata compositus Sinonfirmabat et mendacium in damnum potens Iam turba portis libera ac bello carensin vota properat Fletibus manant genae, mentisque pavidae gaudium lacrimas habet Quas metus abegit Namque Neptuno sacer crinem solutus omne Laocoon replet clamore vulgus |
cercherò di spiegartene il soggetto in versi: Già la decima estate assediava i mesti e incerti Frigie il nero dubbio invadeva la fede del vate Calcante,quando al responso di Apollo crollano recise le vettedell'Ida, cadono i tronchi tagliati gli uni sugli altri,e già danno forma a un cavallo minaccioso Nel vasto fianco si apre uno squarcio di caverna che dentro nasconde uno stuolo agguerrito d'armati Lì s'annida un valore infuriato da un decennio di guerra, e i Danai stipati si celano in quel dono votivo O patria, Noi credemmo in fuga le mille navi e libero il suolo patrio dalla guerra: Questo trovammo inciso sulla bestia, questo affermò Sinone pronto al destino, possente menzogna verso il baratro Sciama a frotte dalle porte la gente, a offrire voticredendo finita la guerra Rigano i volti le lacrime, è un pianto di gioia che invade gli animi ancora in subbuglio Ma nuovo timore le caccia Capelli sciolti al vento, Laocoonte ministro di Nettuno fende urlando la folla |
Laocoonte figlio di Priamo e sacerdote di Apollo
Il titolo completo è: Laocoonte figlio di Priamo e sacerdote di Apollo, vittima coi figli, della vendetta di Minerva, per cui partirono due grossi s...
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Mox reducta cuspideuterum notavit, fata sed tardant manus,ictusque resilit et dolis addit fidem Iterum tamen confirmat invalidam manumaltaque bipenni latera pertemptat Fremit captiva pubes intus, et dum murmurat,roborea moles spirat alieno metu Ibat iuventus capta, dum Troiam capit,bellumque totum fraude ducebat nova Ecce alia monstra: celsa qua Tenedos maredorso replevit, tumida consurgunt fretaundaque resultat scissa tranquillo minor,qualis silenti nocte remorum sonuslonge refertur, cum premunt classes marepulsumque marmor abiete imposita gemit Respicimus: angues orbibus geminis feruntad saxa fluctus, tumida quorum pectorarates ut altae lateribus spumas agunt Dat cauda sonitum, liberae ponto iubaeconsentiunt luminibus, fulmineum iubarincendit aequor sibilisque undae tremunt |
vibra la lancia, la scaglia nel ventre del mostro, ma il volere dei numi gli fa debole il braccio, e il colpo rimbalza attutito, e dà credito all'inganno Ma ancora egli chiede vigore alla mano spossatae saggia con l'ascia i concavi fianchi Trasalgono i giovani chiusi nel ventre panciuto, e al loro sussurro la mole di quercia palpita d'estranea angoscia Quei giovani presi andavano a prendere Troia,finendo per sempre la guerra con frode inuaudita Ma ecco un altro prodigio là dove Tenedo sorge dal mare,i flutti si gonfiano turgidi, rimbalzano le onde,si gonfiano di schiuma che la spiaggia ribatte,quale un tonfo di remi arriva nel cuore sereno della notte,quando solca una flotta le acque del mareche fervide gemono sotto l'impeto delle chiglie Là noi volgiamo gli occhi e vediamo due draghi,che torcendosi spingono l'onda agli scogli, e coi petti impetuosi vorticano schiume intorno ai fianchi, come alte navi Il mare percuotono con le code, le sciolte criniere lampeggiano come gli occhi, un bagliore di folgore incendia il mare e le onde sono tutte un tremolio di fremiti |
Stupuere mentes Infulis stabant sacri Phrygioque cultu gemina nati pignora Lauconte Quos repente tergoribus ligantangues corusci Parvulas illi manus ad ora referunt, neuter auxilio sibi, uterque fratri; transtulit pietas vicesmorsque ipsa miseros mutuo perdit metu Accumulat ecce liberum funus parens,infirmus auxiliator ; Invadunt virumiam morte pasti membraque ad terram trahunt Iacet sacerdos inter aras victima terramque plangit Sic profanatis sacris peritura Troia perdidit primum deos Iam plena Phoebe candidum extulerat iubarminora ducens astra radianti face,cum inter sepultos Priamidas nocte et meroDanai relaxant claustra et effundunt viros Temptant in armis se duces, ceu ubi soletnodo remissus Thessali quadrupes iugicervicem et altas quatere ad excursum iubas |
Ogni cuore è sgomento Cinti di sacre bende e con addosso il costume frigio i due figli gemelli di Laocoonte stavano lì sulla spiaggia A un tratto li avvinghiano nelle loro spire i due draghi di fiamma e quelli protendono ai morsi le piccole mani; Ciascunonon sé ma il fratello aiuta, e pietà si scambiano, finché morte li coglie in un mutuo terrore Alla strage si aggiunge anche il padre, ben debole aiuto,che i due draghi già sazi di morte assalgono e trascinano sul lido Giace vittima il sacerdote tra le are e il suo corpo percuote la terra Così venne profanato il sacro e Troia affacciata sulla rovina perse per prima cosa gli dèi Piena la luna già spandeva il suo candido raggioguidando con luce raggiante gli astri minori,quando dai chiusi recessi liberano i Danai i guerrieritra i Priamidi immersi nel sonno e nel vino Tutti i capi sono in armi già pronti alla strage, come un cavallo tessalo che a briglia sciolta scuote alta la testa e agita l'irta criniera prima di darsi al galoppo |
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Gladios retractant, commovent orbes manubellumque sumunt Hic graves alius mero obtruncat, et continuat in mortem ultimam somnos; ab aris alius accendit faces contraque Troas invocat Troiae sacra' [XC] Ex is, qui in porticibus spatiabantur, lapides in Eumolpum recitantem miserunt At ille, qui plausum ingenii sui noverat, operuit caput extraque templum profugit Timui ego, ne me poetam vocaret Itaque subsecutus fugientem ad litus perveni, et ut primum extra teli coniectum licuit consistere: 'Rogo, inquam, quid tibi vis cum isto morbo Minus quam duabus horis mecum moraris, et saepius poetice quam humane locutus es Itaque non miror, si te populus lapidibus persequitur Ego quoque sinum meum saxis onerabo ut, quotiescunque coeperis a te exire, sanguinem tibi a capite mittam' |
Sguainano le spade, imbracciano saldi gli scudi e ovunque son pronti all'assalto Uno sgozza i nemici ancora immersi nel vino, e dal sonno alla morte li invia, un altro accende le torce alla fiamma degli altari, e il dio di Troia contro Troia invoca 90 Alcuni di quelli che passeggiavano sotto i portici cominciarono a prendere a pietrate Eumolpo che stava declamando Ma lui, che doveva essere abituato a quel tipo di applausi rivolti alle sue tirate, si riparò la testa e sgattaiolò fuori dal tempio Quanto al sottoscritto, tremai al pensiero di essere preso anch'io per un poeta E così, seguendolo nella fuga, arrivai alla spiaggia, e non appena ci trovammo fuori dalla portata delle sassate, gli gridai: Ehi, ma cosa diamine ti sei messo in testa con questa mania Siamo insieme da meno di due ore e invece di parlare da persona normale continui a recitare versi Non mi stupisco davvero se la gente ti prende a sassate Anzi, bisogna che mi faccia anch'io una bella scorta di pietre, così, ogni volta che attacchi a dar fuori di matto, ti faccio uscire pure io un po' di sangue dalla testa |