La filosofia della scienza di Popper: riassunto

La filosofia della scienza di Popper: riassunto

L’induzione non esiste. Popper ritiene di aver risolto – dissolvendolo – un problema filosofico fondamentale, quello dell’induzione

Essa si rivela alla sua analisi una procedura logica scorretta (quindi illogica). Egli distingue, nelle filosofie precedenti, due significati principali del termine: induzione per enumerazione ed induzione per eliminazione. L'induzione per enumerazione, studiata già da Aristotele, era un procedimento logico in base al quale si pensava di poter generalizzare le regolarità evidenziatesi nell'osservazione di casi particolari, pervenendo alla formulazione di principi generali. E già Aristotele aveva colto il limite di questa procedura, relativa al numero (finito) di casi realmente osservati: osservati un numero x di cigni bianchi, esemplificherà Popper, non si può concludere che tutti i cigni sono bianchi. Di conseguenza, non si possono fondare "leggi scientifiche", universali e necessarie, sull'induzione per enumerazione.

Ma anche l'altro tipo d'induzione si rivela non fondante verità assolute. Essa, quella per eliminazione, vorrebbe eliminare tutte le ipotesi possibili, ma false, che si prospettano quali soluzioni di un problema (scientifico) da risolvere, pervenendo così all'unica soluzione valida in assoluto; l'errore di tale procedimento consiste nel non considerare che le ipotesi alternative possibili sono potenzialmente infinite. Dunque, anche in questo caso, non si può esser certi che la soluzione scelta, e che sembra corretta, non sia in realtà sostituibile da un'ipotesi migliore. Per via induttiva non si perviene quindi a nessuna certezza, a nessuna verità assoluta. La scienza, dunque, non scopre leggi di natura, universali e necessarie.

La mente umana come "tabula plena". Popper critica poi l'atteggiamento teorico che chiama "osservativismo". Esso consiste nel considerare la mente del ricercatore come priva di ogni elemento o struttura ideologica, culturale, in quanto fonte di pre-giudizi, prima di svolgere la ricerca. La mente priva di schemi precostituiti, secondo l'osservativista, doveva riflettere oggettivamente la realtà da studiare. Ma una tale mente non esiste; anche i ricercatori, in quanto esseri umani, sono condizionati dalla loro tradizione culturale di appartenenza. Questo fatto, sostiene Popper, invece, permette e favorisce la formulazione delle ipotesi, che sono tentativi di risoluzione di problemi scientifici, le quali indicano al ricercatore cosa osservare, cosa cercare. Una mente vuota non potrebbe neanche cominciare la ricerca: non saprebbe cosa osservare e cosa sottoporre a controllo empirico. La mente umana è inevitabilmente una tabula plena e ciò rende possibile la ricerca.

Quest'ultima, dunque, non comincia con l'osservazione, ma da un problema da risolvere, per la cui soluzione si formulano ipotesi più o meno creative, legate alle strutture mentali pre-esistenti del ricercatore. Un problema scientifico, essendo ogni uomo dotato di una memoria culturale (e, nel caso degli scienziati, anche della tradizione scientifica di appartenenza) nasce quando una convinzione già consolidata viene smentita dai dati nuovi che si acquisiscono.