[XIII] Quod in libris humanarum M Varronis scriptum est aediles et quaestores populi Romani in ius a privato ad praetorem vocari posse [I] Cum ex angulis secretisque librorum ac magistrorum in medium iam hominum et in lucem fori prodissem, quaesitum esse memini in plerisque Romae stationibus ius publice docentium aut respondentium, an quaestor populi Romani ad praetorem in ius vocari posset [II] Id autem non ex otiosa quaestione agitabatur, sed usus forte natae rei ita erat, ut vocandus esset in ius quaestor [III] Non pauci igitur existimabant ius vocationis in eum praetori non esse, quoniam magistratus populi Romani procul dubio esset et neque vocari neque, si venire nollet, capi atque prendi salva ipsius magistratus maiestate posset [IV] Sed ego, qui tum adsiduus in libris M |
[XIII] Il fatto che nei libri delle cose umane di M Varrone fu scritto che gli edili ed i questori del popolo romano potevano essere citati in giudizio da un privato davanti al pretore [I] Essendo passato dai recessi e dalle solitudini dei libri e dei maestri poi fra uomini e alla luce del foro, ricordo che a Roma si era discusso il diritto publico in molti gruppi d'insegnanti o consulenti, se il questore del popolo romano potesse essere citato in giudizio davanti al pretore [II] E si trattava poi ciò non per un'oziosa curiosità, ma per caso c'era la situazione di un tal fatto, che un questore doveva essere citato in giudizio [III] Non pochi dunque pensavano che il diritto di citazione verso costui non spettasse al pretore, perché era certamente un magistrato del popolo romano e non poteva né essere citato né, se non voleva presentarsi, essere fermato ed essere catturato senza ferire la dignità del magistrato stesso [IV] Ma io, che allora fui assiduo sui libri di M |
Varronis fui, cum hoc quaeri dubitarique animadvertissem, protuli unum et vicesimum rerum humanarum in quo ita scriptum fuit: "Qui potestatem neque vocationis populi viritim habent neque prensionis, eos magistratus a privato in ius quoque vocari est potestas M Laevinus aedilis curulis a privato ad praetorem in ius est eductus; nunc stipati servis publicis non modo prendi non possunt, sed etiam ultro submovent populum" [V] Hoc Varro in ea libri parte de aedilibus, supra autem in eodem libro quaestores neque vocationem habere neque prensionem dicit [VI] Vtraque igitur libri parte recitata in Varronis omnes sententiam concesserunt, quaestorque in ius ad praetorem vocatus est [XIV] Quid sit "pomerium" |
Varrone, avendo capito che veniva cercato e messo in dubbio ciò, mostrai il ventunesimo libro delle cose umane in cui fu scritto così: "Quelli che non hanno personalmente la facoltà né di citazione del popolo né di arresto, c'è la possibilità che questi magistrati siano citati in giudizio anche da un privato M Levino edile curule fu citato in giudizio davanti al pretore da un privato; ora circondati dai servi pubblici non solo non possono essere presi, ma allontanano anche la folla" [V] Questo (dice) Varrone in quella parte del libro sugli edili, ma precedentemente nello stesso libro dice che i questori non hanno facoltà né di citazione né di arresto [VI] Citate dunque entrambe le parti del libro di Varrone tutti accettarono il parere, e il questore fu citato in giudizio davanti al pretore [XIV] Cosa sia "il pomerio" |
[I] "Pomerium" quid esset, augures populi Romani, qui libros de auspiciis scripserunt, istiusmodi sententia definierunt: "Pomerium est locus intra agrum effatum per totius urbis circuitum pone muros regionibus certeis determinatus, qui facit finem urbani auspicii" [II] Antiquissimum autem pomerium, quod a Romulo institutum est, Palati montis radicibus terminabatur Sed id pomerium pro incrementis reipublicae aliquotiens prolatum est et multos editosque collis circumplexum est [III] Habeat autem ius proferendi pomerii, qui populum Romanum agro de hostibus capto auxerat |
[I] Gli auguri del popolo romano, che scrissero libri sugli auspici, definirono cosa fosse il "pomerio" con una frase di tal genere: "Il pomerio è il luogo dentro il territorio designato lungo il circuito di tutta la città dietro le mura delimitato da confini precisi, che stabilisce i confine della direttiva urbana" [II] Il più antico pomerio dunque, che fu stabilito da Rolomo, era determinato dai piedi del monte Palatino Ma questo pomerio per l'incremento della città alcune volte fu spostato e comprese molti e alti colli [III] Abbia poi diritto d'estendere il pomerio, chi aveva arricchito il popolo romano col territorio tolto ai nemici |
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Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 13, 25-31
[IV] Propterea quaesitum est ac nunc etiam in quaestione est, quam ob causam ex septem urbis montibus, cum ceteri sex intra pomerium sint, Aventinus Solum, quae pars non longinqua nec infrequens est, extra pomerium sit, neque id Servius Tullius rex neque Sulla, qui proferundi pomerii titulum quaesivit, neque postea divus Iulius, cum pomerium proferret, intra effatos urbis fines incluserint [V] Huius rei Messala aliquot causas videri scripsit, sed praeter eas omnis ipse unam probat, quod in eo monte Remus urbis condendae gratia auspicaverit avesque inritas habuerit superatusque in auspicio a Romulo sit: [VI] "Idcirco" inquit "omnes, qui pomerium protulerunt, montem istum excluserunt quasi avibus obscenis ominosum" |
[IV] Inoltre si discusse ed ancora è in discussione, per quale motivo dei sette colli della città, essendo gli altri sei nel pomerio, il solo Aventino, che non è una zona lontana né disabitata, sia oltre il pomerio, né il re Servio Tullio né Silla, che chiese l'onore dello spostamento del pomerio, né dopo il divino Giulio, spostando il pomerio, l'inclusero entro i confini stabiliti della città [V] Messala scrisse che apparivano molte ragioni di tale fatto, ma oltre tutte queste egli stesso accetta una, che su quel monte Remo aveva preso gli auspici della città da fondare ed aveva avuto gli uccelli sfavorevoli e sia stato superato da Romolo nell'auspicio: [VI] "Perciò - dice- tutti quelli, che allargarono il pomerio, esclusero questo colle come se infausto per gli uccelli sfavorevoli" |
[VII] Sed de Aventino monte praetermittendum non putavi, quod non pridem ego in Elydis, grammatici veteris, commentario offendi, in quo scriptum erat Aventinum antea, sicuti diximus, extra pomerium exclusum, post auctore divo Claudio receptum et intra pomerii fines observatum [XV] Verba ex libro Messalae auguris, quibus docet, qui sint minores magistratus et consulem praetoremque conlegas esse; et quaedam alia de auspiciis [I] In edicto consulum, quo edicunt, quis dies comitiis centuriatis futurus sit, scribitur ex vetere forma perpetua: "ne quis magistratus minor de caelo servasse velit" [II] Quaeri igitur solet, qui sint magistratus minores [III] Super hac re meis verbis nil opus fuit, quoniam liber M Messalae auguris de auspiciis primus, cum hoc scriberemus, forte adfuit [IV] Propterea ex eo libro verba ipsius Messalae subscripsimus |
[VII] Ma non ho pensato doversi tralasciare riguardo al colle Aventino, ciò che ho trovato da poco nel commentario di Elide, antico grammatico, in cui era stato descritto l'Aventino racchiuso prima fuori del pomerio, come abbiamo detto, dopo per iniziativa del divino Claudio inserito e lasciato nei confini del pomerio [XV] Le parole dal libro di Messala, con cui spiega, chi siano i magistrati minori e che il console e il pretore sono colleghi; e alcune altre cose sugli auspici [I] Nell'editto dei consoli, in cui sanciscono, quale stia per diventare il giorno per i comizi centuriati, viene scritto secondo un'antica formula permanente: "affinché qualche magistrato minore non voglia osservare il cielo" [II] Dunque suole richiedersi, chi siano i magistrati minori [III] Su quest'argomento non ci fu alcun bisogno delle mie parole, perché il primo libro dell'augure M Messala sugli auspici, mentre scrivevamo ciò, fu per caso vicino [IV] Pertanto da quel libro abbiamo trascritto le parole dello stesso Messala |
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Latino: dall'autore Gellio, opera Notti attiche parte Liber 1, 24
"Patriciorum auspicia in duas sunt divisa potestates Maxima sunt consulum, praetorum, censorum Neque tamen eorum omnium inter se eadem aut eiusdem potestatis, ideo quod conlegae non sunt censores consulum aut praetorum, praetores consulum sunt Ideo neque consules aut praetores censoribus neque censores consulibus aut praetoribus turbant aut retinent auspicia; at censores inter se, rursus praetores consulesque inter se et vitiant et obtinent Praetor, etsi conlega consulis est, neque praetorem neque consulem iure rogare potest, ut quidem nos a superioribus accepimus aut ante haec tempora servatum est et ut in commentario tertio decimo C Tuditani patet, quia imperium minus praetor, maius habet consul, et a minore imperio maius aut maior a minore conlega rogari iure non potest |
"Gli auspici dei patrizi sono divisi in due classi I principali sono dei consoli, dei pretori, dei censori Ma di tutti questi non la stessa importanza fra loro o della stessa autorità, perché i censori non sono colleghi dei consoli o dei pretori, i pretori lo sono dei consoli Perciò né i consoli o i pretori disturbano o bloccano gli auspici ai censori né i censori ai consoli o ai pretori; ma i censori fra loro, ugualmente pretori e consoli invalidano e permettono fra loro Il pretore, sebbene sia collega del console, non può citare né un pretore né un console, come abbiamo appreso dagli antenati o si è osservato fino a questi tempi e come appare nel tredicesimo libro del commentario di C Tuditano, perché un pretore ha un comando minore, il console uno maggiore, e non può essere citato in giudizio da un'autorià minore una più grande o una maggiore da un collega minore |
Nos his temporibus praetore praetores creante veterum auctoritatem sumus secuti neque his comitiis in auspicio fuimus Censores aeque non eodem rogantur auspicio atque consules et praetores Reliquorum magistratuum minora sunt auspicia Ideo illi "minores", hi "maiores" magistratus appellantur Minoribus creatis magistratibus tributis comitiis magistratus, sed iustus curiata datur lege; maiores centuriatis comitiis fiunt" [V] Ex his omnibus verbis Messalae manifestum fit, et qui sint magistratus minores et quamobrem minores appellentur [VI] Sed et conlegam esse praetorem consuli docet, quod eodem auspicio creantur [VII] Maiora autem dicuntur auspicia habere, quia eorum auspicia magis rata sunt quam aliorum |
Ai nostri tempi noi pretori quando si nomina un pretore abbiamo seguito l'autorità degli antichi né ci presentammo in questi comizi nell'auspicio Ugualmente non sono designati con lo stesso auspicio i censori e i consoli e i pretori Gli auspici degli altri magistrati sono minori Perciò quelli sono detti magistrati "minori", questi "maggiori" Ai magistrati minori eletti nei comizi delle tribù viene data la magistratura, ma (è data) legittima con una legge della curia; diventano maggiori nei comizi centuriati" [V] Da tutte queste parole di Messala diventa chiaro, sia quali siano i magistrati minori sia perché siano detti minori [VI] Ma risulta che anche il pretore è collega del console, perchè sono eletti con lo stesso auspicio [VII] Sono poi detti avere maggiori auspici, perché i loro auspici furono considerati di più degli altri |
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[XVI] Item verba eiusdem Messalae disserentis aliud esse ad populum loqui, aliud cum populo agere; et qui magistratus a quibus avocent comitiatum [I] Idem Messala in eodem libro de minoribus magistratibus ita scripsit: "Consul ab omnibus magistratibus et comitiatum et contionem avocare potest Praetor et comitiatum et contionem usquequaque avocare potest nisi a consule Minores magistratus nusquam nec comitiatum nec contionem avocare possunt Ea re, qui eorum primus vocat ad comitiatum, is recte agit, quia bifariam cum populo agi non potest nec avocare alius alii potest Set si contionem habere volunt, uti ne cum populo agant, quamvis multi magistratus simul contionem habere possunt" [II] Ex his verbis Messalae manifestum est aliud esse "cum populo agere", aliud "contionem habere" |
[XVI] Le parole poi dello stesso Messala che diceva essere una cosa parlare al popolo, un'altra decidere col popolo; quali magistrati e da chi revochino l'adunanza del comizio [I] Lo stesso Messala nel medesimo libro sui magistrati minori scrisse così: "Il console può revocare a tutti i magistrati sia l'adunanza sia il discorso Il pretore può revocare sempre sia l'adunanza sia il discorso tranne al console I magistrati minori non possono mai revocare né l'adunanza né il discorso Per tale motivo, chi di loro per primo convoca in adunanza, costui agisce rettamente, poiché non ci si può decidere col popolo in due parti né uno può revocare ad un altro Ma se vogliono tenere un discorso, cosicché non decidano col popolo, molti magistrati possono pure tenere contemporaneamente un discorso" [II] Da queste parole di Messala è chiaro che una cosa è "decidere col popolo", un'altra "tenere un discorso" |
[III] Nam "cum populo agere" est rogare quid populum, quod suffragiis suis aut iubeat aut vetet, "contionem" autem "habere" est verba facere ad populum sine ulla rogatione [XVII] "Humanitatem" non significare id, quod volgus putat, sed eo vocabulo, qui sinceriter locuti sunt, magis proprie esse usos [I] Qui verba Latina fecerunt quique his probe usi sunt, "humanitatem" non id esse voluerunt, quod volgus existimat quodque a Graecis philanthropia dicitur et significat dexteritatem quandam benivolentiamque erga omnis homines promiscam, sed "humanitatem" appellaverunt id propemodum, quod Graeci paideian vocant, nos eruditionem institutionemque in bonas artis dicimus Quas qui sinceriter cupiunt adpetuntque, hi sunt vel maxime humanissimi Huius enim scientiae cura et disciplina ex universis animantibus uni homini datast idcircoque "humanitas" appellata est |
[III] Infatti "decidere col popolo" significa chiedere qualcosa al popolo, che con i suoi voti o accetta o rifiuta, "tenere un discorso" invece significa dire parole al popolo senza alcuna richiesta [XVII] "Humanitatem" non significa ciò, che pensa il popolo, ma quelli, che parlarono correttamente, attribuire più adeguatamente le funzioni a questo termine [I] Quelli che crearono le parole latine e quelli che le usarono correttamente, vollero che "humanitatem" non significasse ciò, che il popolo pensa e ciò che dai Greci è detta filantropia ed intende una certa indulgenza e benevolenza verso tutti gli uomini in comune, ma chiamarono "humanitatem" specialmente ciò, che i Greci chiamano paideia, noi chiamiamo educazione ed istruzione nelle arti liberali Quelli che le desiderano sinceramente e le ricercano, costoro sono poi soprattutto molto umani Infatti lo studio e la conoscenza di questa scienza fra tutti gli essere animati spetta al solo uomo e perciò fu detta "humanitas" |
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[II] Sic igitur eo verbo veteres esse usos et cumprimis M Varronem Marcumque Tullium omnes ferme libri declarant Quamobrem satis habui unum interim exemplum promere [III] Itaque verba posui Varronis e libro rerum humanarum primo, cuius principium hoc est: "Praxiteles, qui propter artificium egregium nemini est paulum modo humaniori ignotus" [IV] "Humaniori" inquit non ita, ut vulgo dicitur, facili et tractabili et benivolo, tametsi rudis litterarum sit - hoc enim cum sententia nequaquam convenit -, sed eruditiori doctiorique, qui Praxitelem, quid fuerit, et ex libris et ex historia cognoverit [XVIII] Quid aput M Catonem significent verba haec "inter os atque offam" [I] Oratio est M Catonis Censorii de aedilibus vitio creatis Ex ea oratione verba haec sunt: "Nunc ita aiunt in segetibus, in herbis bona frumenta esse Nolite ibi nimiam spem habere |
[II] Quasi tutti i libri affermano dunque che gli antichi usavano così questa parola e anzitutto M Varrone e M Tullio: pertanto ho ritenuto abbastanza mostrare intanto un solo esempio [III] Ho inserito dunque le parole di Varrone dal primo libro delle cose umane, il cui inizio questo: "Prassitele, che per il famoso ingegno non è sconosciuto a nessuno almeno un poco più istruito" [IV] Dice "Più istruito" non così, come si dice comunemente, semplice e amichevole e benevolo, sebbene sia rozzo di letterature - infatti questo non concorda affatto con l'affermazione-, ma più erudito e più colto, chi abbia conosciuto, cosa sia stato Prassitele, sia dai libri sia dalla storia [XVIII] Cosa significhino presso M Catone queste parole "fra bocca e focaccia" [I] C'è un'orazione di M Catone il Censore sugli edili eletti con irregolarità Queste sono le parole di quest'orazione: "Così dicono ora sulle spighe, che ci sono buoni raccolti fra le erbe Non vogliate avere troppa speranza in proposito |