Gli Yakuza erano coloro dei quali nessuno si curava. Nelle città, il crimine organizzato conosceva un ascesa inarrestabile e due gruppi furono i primi a essere identificati come associazioni criminali e a essere chiamati yakuza. Si trattava dei Tekiya "venditori ambulanti" e Bakuto "giocatori d'azzardo".
In Giappone chi ha i tatuaggi su tutto il corpo è subito identificato come un membro della yakuza, a meno che sia un occidentale. Ogni famiglia ha i suoi simboli e tatuaggi, che semplificano il riconoscimento di un affiliato in caso di arresto o morte.
La realizzazione del tatuaggio è associata al dolore e alle difficoltà che uno yakuza affronta ogni giorno. La decisione di tatuarsi, quanta parte del corpo occuperanno, i motivi e la durata delle sessioni, dipendono da ciascuno e non hanno nulla a che fare con il rango occupato nell'organizzazione. A metà anni '80, il 70% degli yakuza erano tatuati. Quando si chiedeva loro il perché, quasi tutti rispondevano che era per mettersi in mostra o per incutere timore. Sono stati coniati due termini per definire l'arte di tatuarsi:
- otoko-dashi "dimostrazione di virilità"
- gaman "perseveranza". Totale devozione alla famiglia e del rifiuto della società
I tatuaggi servivano anche per proteggersi in prigione: detenuti e guardie, deducevano da quei motivi, la proveninenza della persona e la trattavano con conseguente rispetto. A volte i giudici consentivano ai tatuatori di entrare in prigione per terminare un lavoro, o autorizzavano un detenuto a lasciare momentaneamente il carcere per poter completare il suo bodysuit.
Tale trattamento privilegiato non era circoscritto alla prigione, tanto che a uno yakuza bastava rimboccarsi le maniche e mostrare un cenno dei propri tatuaggi, per avere tutto gratis in un negozio o in un bar
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durante il periodo feudale giapponese, la Yakuza si organizza in famiglie sul modello della fama italiana con un padrino al vertice ma in più una forte relazione di fedeltà incrollabile del Kobun - ...
Le famiglie sono guidate da un capo supremo, l'oyabun "genitore", al quale tutti i novizi, o kobun, giurano fedeltà eterna. La relazione tra oyabun e kobun è molto simile a quella insegnante e studente, o a quella tra signore e vassallo in epoca medievale. La gerarchia dall'oyabun in giù è la seguente:
- il saiko komon "consigliere capo" e il so-honbucho "capo del quartiere generale" sono al secondo posto
- il wakagashira "primo tenente" è il leader regionale, responsabile di molte gang
- lo shateigashira "secondo tenente" è un leader regionale con un numero minore di gang sotto il suo comando
A un livello inferiore si trovano i soldati, o shatei, e i leader minori, gli wakashu. Le donne non possono far parte della yakuza perché gli affiliati non si fidano delle loro "bocche larghe". Per darsi arie da duri, ma anche per proteggerle, gli yakuza non rivelano mai alle mogli i particolari del proprio coinvolgimento. Solo la moglie dell'oyabun ha un certo ruolo. Nota come oneesan "sorella maggiore", può occupare se pur di rado e per un breve periodo, il posto del marito e assumere il comando dell'organizzazione, specie se rimane vedova.
Durante la cerimonia di affiliazione alla famiglia ( sakazuki ), l'oyabun e il nuovo membro suggellano un patto di omertà e fedeltà, sorseggiando il sake l'uno dalla tazza dell'altro. All'atto del giuramento il kobun si impegna a mettere in secondo piano moglie, figli e parenti, perchè nulla viene prima dello yakuza. Ai nuovi membri vengono dati una spada, un mappa del territorio di famiglia, un anello con il sigillo del clan e una bandana
Olte ai tatuaggi, in Occidente la figura dello yakuza evoca subito le dita mozzate, una pena chiamata yubitsume che non è nulla in confronto all'espulsione. Si tratta di un rituale per chiedere scusa ai superiori introdotto dai bakuto, che lo praticavano se impossibilitati a pagare debiti di gioco. Un semplice coltello, appoggiato sulla seconda falange del mignolo, e un peso, ne assicurano il taglio netto: il dito reciso viene offerto al boss, e se in seguito sono commessi altri sgarri, vengono amputate anche le atre dita, fino ad arrivare al pollice.
Se i tatuaggi possono essere coperti dagli abiti, per gli yakuza espulsi o in viaggio risulta difficile nascondere le dita amputate, perciò spesso usano delle protesi per passare inosservati. In Giappone è vietato mostrare i tatuaggi nelle spa pubbliche, nelle piscine e in spiaggia - ameno che non siano luoghi privati - mentre nella vita quotidiana non costituiscono un problema