Una legge favorisce il binomio pizza-birra a scapito del vino

Una legge favorisce il binomio pizza-birra a scapito del vino

può una legge condizionare le abitudini alimentari di un intera nazione? Evidentemente sì e l'associazione tra pizza e birra è uno dei casi più eclatanti. Dalle cronache ottocentesche, sappiamo che nelle pizzerie napoletane si beveva vino. Non si sa quale tipo, nessuna fonte ne nomina le caratteristiche, nemmeno se fosse bianco o rosso.

Nell'immaginario collettivo la pizza è indissolubilmente legata alla birra. Non si conoscono molte altre specialità tradizionali italiane che hanno un legame così forte con la birra.

Ovviamente il consumo di birra a Napoli nell'800 era quasi inesistente, per cui i pasti e la pizza venivano tradizionalmente accompagnati con il vino, e probabilmente la stessa cosa dovette succedere alla pizza appena sbarcata negli Stati Uniti pochi anni più tardi, durante il suo periodo di espansione fuori dalle enclave italiane, la pizza ha iniziato a essere associata alla birra, la bevanda alcolica da pasto più diffusa in tutto il Nord America. Nello stesso periodo la bionda stava conoscendo una rapida ascesa anche nel nostro paese, grazie all'introduzione delle nuove tecnologie del freddo che ne permettevano la produzione a bassa temperatura al di fuori delle zone alpine.

L'attecchimento del binomio tra pizza e birra in Italia avvenne anche per un'altra ragione molto più pratica. L'adesione alla moda americana che imponeva uno stile di bevuta più leggero e dissetante venne favorito da una legge italiana che limitava ad alcuni locali lo smercio di bevande sopra i 4,5 gradi alcolici al fine di regolare la diffusione di vino e liquori. In pratica, il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS), emanato nel 1931, stabiliva che il numero massimo di locali che potevano smerciare bevande alcoliche in base al numero di abitanti. Il rapporto tra i locali e la popolazione era di 1:400 per la vendita di alcolici entro i 4,5% in volume di alcool (ovvero la birra), ma saliva a 1:1000 abitanti per i locali dove si potevano vendere bevande alcoliche superiori a 4,5%. Per i liquori oltre 21°, ovvero i superalcolici, era invece necessario un apposita licenza. Di fatto, con l'entrata in vigore di tale norma, divenne molto più semplice ottenere il permesso per aprire un locale che vendeva solo birra, rispetto a uno in cui si beveva anche il vino, per cui molte pizzerie optarono per rientrare nella prima categoria. Questa norma venne abrogata solo nel 1974, favorendo l'associazione tra pizze e birra.

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La legge, rimasta in vigore per oltre 40 anni, ha certamente contribuito a saldare un matrimonio che è arrivato fino ai nostri giorni, ma non è stato l'unico motivo. L'influenza statunitense sul nostro paese, combinata alla crescente facilità di produrre grandi quantità di birra a basso costo, grazie alle moderne tecnologie del freddo, fecero sì che la bevanda diventasse estremamente popolare anche in Italia. Negli anni cinquanta i consumi oscillavano tra i 3 e i 4 litri a testa, mentre oggi la quota si è praticamente decuplicata ed è in costante aumento. La presenza sempre più capillare di birra di buona qualità a basso costo, sommata l'ascendente americano che faceva presa nella cultura popolare, si combinò agli effetti di una legge che cambiò per sempre il modo di accompagnare la pizza.

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