Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 16, pag 2

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 16

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 16

Male de nobis actum erat, quod multa scelera legem et vindicem effugiunt et scripta supplicia, nisi illa naturalia et gravia de praesentibus solverent et in locum patientiae timor cederet

Vale

Numquam credideris felicem quemquam ex felicitate suspensum

Fragilibus innititur qui adventicio laetus est: exibit gaudium quod intravit

At illud ex se ortum fidele firmumque est et crescit et ad extremum usque prosequitur: cetera quorum admiratio est vulgo in diem bona sunt

'Quid ergo

non usui ac voluptati esse possunt

' Quis negat

sed ita si illa ex nobis pendent, non ex illis nos

Omnia quae fortuna intuetur ita fructifera ac iucunda fiunt si qui habet illa se quoque habet nec in rerum suarum potestate est
Molti delitti sfuggono alla legge, ai giudici, alle pene sancite dalla legge: sarebbe, quindi, grave per gli uomini se i criminali non scontassero sùbito le dure punizioni della natura e la paura non prendesse il posto delle pene

Stammi bene

Non è felice, credimi, chi dipende dal benessere materiale

Poggia su fragili basi e gode di beni che vengono dal di fuori: la gioia, come è venuta, se ne andrà

Quella che scaturisce dall'intimo, invece, è durevole e stabile, cresce e ci accompagna fino all'ultimo: gli altri beni, apprezzati dalla massa, durano un giorno

Ma come

Non possono essere utili e piacevoli

Chi dice di no

Ma solo se dipendono loro da noi, non noi da loro

Tutti i beni soggetti alla fortuna diventano fruttuosi e gradevoli, se chi li possiede, possiede anche se stesso e non è in balia delle cose
Errant enim, Lucili, qui aut boni aliquid nobis aut mali iudicant tribuere fortunam: materiam dat bonorum ac malorum et initia rerum apud nos in malum bonumve exiturarum

Valentior enim omni fortuna animus est et in utramque partem ipse res suas ducit beataeque ac miserae vitae sibi causa est

Malus omnia in malum vertit, etiam quae cum specie optimi venerant: rectus atque integer corrigit prava fortunae et dura atque aspera ferendi scientia mollit, idemque et secunda grate excipit modesteque et adversa constanter ac fortiter

Qui licet prudens sit, licet exacto faciat cuncta iudicio, licet nihil supra vires suas temptet, non continget illi bonum illud integrum et extra minas positum nisi certus adversus incerta est
un errore, Lucilio mio, pensare che la fortuna ci concede o il bene o il male: essa ci dà materia di bene e di male e i fondamenti di quello che si tradurrà per noi in male o in bene

L'anima è più forte di ogni fortuna, indirizza da sé le cose in un senso o nell'altro ed è causa della propria felicità o infelicità

Se è malvagia volge tutto in male, anche quello che appariva ottimo; se è virtuosa e pura, corregge i mali della fortuna, addolcisce le difficoltà, gli affanni e sa sopportarli, accoglie la prosperità con gratitudine e moderazione, l'avversità con fermezza e coraggio

Ma sebbene sia saggia e agisca sempre ponderatamente, sebbene non tenti nulla al di sopra delle sue forze, non raggiungerà mai quel bene incorrotto, che non conosce minacce, se non si erge salda contro i capricci della fortuna
Sive alios observare volueris liberius enim inter aliena iudicium est sive te ipsum favore seposito, et senties hoc et confiteberis, nihil ex his optabilibus et caris utile esse nisi te contra levitatem casus rerumque casum sequentium instruxeris, nisi illud frequenter et sine querella inter singula damna dixeris: dis aliter visum est

Immo mehercules, ut carmen fortius ac iustius petam quo animum tuum magis fulcias, hoc dicito quotiens aliquid aliter quam cogitabas evenerit: 'di melius'

Sic composito nihil accidet

Sic autem componetur si quid humanarum rerum varietas possit cogitaverit antequam senserit, si et liberos et coniugem et patrimonium sic habuerit tamquam non utique semper habiturus et tamquam non futurus ob hoc miserior si habere desierit
Se osserverai gli altri - giudichiamo più serenamente quando non si tratta di noi - o te stesso, cercando di essere obiettivo, ti accorgerai e dovrai ammettere che delle cose desiderabili e gradite nessuna è utile se non sarai pronto ad affrontare la volubilità del caso e dei beni che seguono il caso, se ad ogni male non ripeterai, spesso, senza lamentarti queste parole: Gli dèi hanno deciso diversamente

Anzi, per dio, voglio trovare un verso più incisivo e più giusto per sostenere meglio la tua anima: ogni volta che gli eventi tradiranno le tue aspettative, di': Gli dèi hanno deciso meglio

Se uno si comporta così, niente lo coglierà di sorpresa

Ma questo atteggiamento lo terrà se avrà preso in considerazione, prima di sperimentarle, le possibili conseguenze delle vicende umane e se godrà dei figli, del coniuge, dei beni come se non dovesse goderne per sempre e non diventasse più infelice perdendoli

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Calamitosus est animus futuri anxius et ante miserias miser, qui sollicitus est ut ea quibus delectatur ad extremum usque permaneant; nullo enim tempore conquiescet et expectatione venturi praesentia, quibus frui poterat, amittet

In aequo est autem amissae rei et timor amittendae

Nec ideo praecipio tibi neglegentiam

Tu vero metuenda declina; quidquid consilio prospici potest prospice; quodcumque laesurum est multo ante quam accidat speculare et averte

In hoc ipsum tibi plurimum conferet fiducia et ad tolerandum omne obfirmata mens

Potest fortunam cavere qui potest ferre; certe in tranquillo non tumultuatur

Nihil est nec miserius nec stultius quam praetimere: quae ista dementia est malum suum antecedere
proprio misera l'anima inquieta per il futuro e infelice prima che l'infelicità arrivi, angosciata che i beni di cui gode non durino fino alla morte; non troverà mai pace e nell'attesa del futuro perderà i beni presenti, di cui avrebbe potuto godere

Il dolore per la perdita di un bene e il timore di perderlo sono sentimenti sullo stesso piano

Ma non per questo ti consiglio l'indifferenza

Evita i mali temibili, prevedi quanto si può saggiamente prevedere, spia e allontana molto prima che si verifichi tutto quello che ti può danneggiare

A questo scopo ti servirà molto la fiducia in te stesso e un animo risoluto a sopportare ogni disgrazia

Può guardarsi dalla sorte chi è in grado di sopportarla; certo una persona tranquilla non si lascia sconcertare

Non c'è cosa più misera e sciocca che temere prima del tempo: è da pazzi prevenire i propri mali
Denique, ut breviter includam quod sentio et istos satagios ac sibi molestos describam tibi, tam intemperantes in ipsis miseriis sunt quam ante illas

Plus dolet quam necesse est qui ante dolet quam necesse est; eadem enim infirmitate dolorem non aestimat qua non expectat; eadem intemperantia fingit sibi perpetuam felicitatem suam, fingit crescere debere quaecumque contigerunt, non tantum durare, et oblitus huius petauri quo humana iactantur sibi uni fortuitorum constantiam spondet

Egregie itaque videtur mihi Metrodorus dixisse in ea epistula qua sororem amisso optimae indolis filio adloquitur: 'mortale est omne mortalium bonum'

De his loquitur bonis ad quae concurritur; nam illud verum bonum non moritur, certum est sempiternumque, sapientia et virtus; hoc unum contingit inmortale mortalibus
Voglio, infine, esprimerti brevemente quello che provo e descriverti questi uomini che si affannano e sono gravosi a se stessi: mancano di misura sia nelle disgrazie che prima

Si duole più del necessario chi si duole prima del necessario: è debole e non sa valutare il dolore, come non sa aspettarlo; con la stessa sfrenatezza immagina eterna la sua felicità, crede che i beni avuti in sorte debbano non solo durare, ma aumentare e, dimentico dell'instabilità delle vicende umane, presagisce per lui solo la stabilità dei doni della fortuna

Secondo me è molto bella l'affermazione di Metrodoro in quella lettera indirizzata alla sorella che aveva perso un figlio di qualità eccezionali: Ogni bene dei mortali è mortale

Parla dei beni che tutti bramano: il vero bene, saggezza e virtù, non muore, è sicuro ed eterno; è l'unica cosa immortale che tocca ai mortali

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Ceterum tam inprobi sunt tamque obliti quo eant, quo illos singuli dies trudant, ut mirentur aliquid ipsos amittere, amissuri uno die omnia

Quidquid est cui dominus inscriberis apud te est, tuum non est; nihil firmum infirmo, nihil fragili aeternum et invictum est

Tam necesse est perire quam perdere et hoc ipsum, si intellegimus, solacium est

Aequo animo perde: pereundum est

Quid ergo adversus has amissiones auxili invenimus

hoc, ut memoria teneamus amissa nec cum ipsis fructum excidere patiamur quem ex illis percepimus

Habere eripitur, habuisse numquam

Peringratus est qui, cum amisit, pro accepto nihil debet

Rem nobis eripit casus, usum fructumque apud nos relinquit, quem nos iniquitate desiderii perdidimus

Dic tibi ex istis quae terribilia videntur nihil est invictum'
Ma gli uomini sono tanto insensati e dimentichi della meta a cui li spinge ogni giorno che passa, che si stupiscono di perdere qualcosa, quando in un solo giorno perderanno tutto

Tutti i beni di cui pretendi d'essere il padrone, li hai con te, ma non sono tuoi; non c'è niente di sicuro per chi è insicuro, niente di eterno e di duraturo per chi è caduco

inevitabile tanto perdere la vita, quanto perdere i beni e, se lo comprendiamo, proprio questo è un conforto

Impara a perdere tutto serenamente: dobbiamo morire

Per fronteggiare queste perdite che cosa ci può essere di aiuto

Questo: ricordiamoci dei beni perduti e non lasciamo che con essi svaniscano i frutti che ce ne sono derivati

Ce ne viene tolto il possesso, non il fatto di averli posseduti

davvero un ingrato chi, quando perde qualcosa, non si sente debitore per averla avuta

Il caso ci sottrae un bene, ce ne lascia, però l'usufrutto, e noi lo perdiamo con i nostri ingiusti rimpianti

Di' a te stesso: Nessuno di questi mali che sembrano terribili, è invincibile
Singula vicere iam multi, ignem Mucius, crucem Regulus, venenum Socrates, exilium Rutilius, mortem ferro adactam Cato: et nos vincamus aliquid

Rursus ista quae ut speciosa et felicia trahunt vulgum a multis et saepe contempta sunt

Fabricius divitias imperator reiecit, censor notavit; Tubero paupertatem et se dignam et Capitolio iudicavit, cum fictilibus in publica cena usus ostendit debere iis hominem esse contentum quibus di etiamnunc uterentur

Honores reppulit pater Sextius, qui ita natus ut rem publicam deberet capessere, latum clavum divo Iulio dante non recepit; intellegebat enim quod dari posset et eripi posse

Nos quoque aliquid et ipsi faciamus animose; simus inter exempla

Quare defecimus

quare desperamus
Tanti uomini in passato ne hanno vinto ora l'uno, ora l'altro: Muzio il fuoco, Regolo il supplizio, Socrate il veleno, Catone la morte infertasi con la spada: vinciamone anche noi qualcuno

D'altra parte questi beni che, belli e fecondi in apparenza, attraggono la massa, molti individui li hanno spesso disprezzati

Fabrizio, quando era comandante dell'esercito, rifiutò la ricchezza, e da censore la biasimò; Tuberone giudicò la povertà degna di lui e del Campidoglio, quando, servendosi di stoviglie di terracotta per un pranzo ufficiale, dimostrò che l'uomo deve contentarsi di quello che ancòra si usa nei sacrifici agli dèi

Suo padre, Sestio, che per nascita sarebbe dovuto entrare nella carriera politica, rifiutò le cariche e non accettò la dignità senatoria che Giulio Cesare gli offriva: capiva che quanto può essere dato, si può anche togliere

Compiamo pure noi qualche azione coraggiosa, diventiamo un esempio per gli altri

Perché arrenderci

Perché disperare

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Quidquid fieri potuit potest, nos modo purgemus animum sequamurque naturam, a qua aberranti cupiendum timendumque est et fortuitis serviendum

Licet reverti in viam, licet in integrum restitui: restituamur, ut possimus dolores quocumque modo corpus invaserint perferre et fortunae dicere 'cum viro tibi negotium est: quaere quem vincas'

His sermonibus et his similibus lenitur illa vis ulceris, quam opto mehercules mitigari et aut sanari aut stare et cum ipso senescere

Sed securus de illo sum: de nostro damno agitur, quibus senex egregius eripitur

Nam ipse vitae plenus est, cui adici nihil desiderat sua causa sed eorum quibus utilis est

Liberaliter facit quod vivit

Alius iam hos cruciatus finisset: hic tam turpe putat mortem fugere quam ad mortem confugere

'Quid ergo

non si suadebit res exibit
Tutto quello che è stato possibile fare in passato, lo si può fare oggi, purché manteniamo pura l'anima e seguiamo la natura: chi se ne allontana, sarà schiavo della paura, delle passioni e del caso

Si può tornare sulla retta via, si può recuperare l'integrità perduta: recuperiamola, potremo sopportare ogni tipo di dolore fisico e dire alla sorte: Hai a che fare con un vero uomo: per vincere cercati un altro

Con questi discorsi e con altri simili si lenisce la virulenza di quella ferita che io desidero, per dio, si mitighi e guarisca, oppure non peggiori e invecchi con lui

Ma per lui io sono tranquillo; il danno è nostro: ci viene strappato un vecchio straordinario

Egli ha vissuto abbastanza e non vuole vivere ancora per sé, ma per quelli a cui è utile

Vivere, per lui, è un atto di generosità

un altro l'avrebbe ormai fatta finita con questi tormenti: fuggire la morte lo considera infame, quanto rifugiarsi in essa

Ma come

Se la situazione lo consiglia, non lascerà la vita
' Quidni exeat, si nemo iam uti eo poterit, si nihil aliud quam dolori operam dabit

Hoc est, mi Lucili, philosophiam in opere discere et ad verum exerceri, videre quid homo prudens animi habeat contra mortem, contra dolorem, cum illa accedat, hic premat; quid faciendum sit a faciente discendum est

Adhuc argumentis actum est an posset aliqui dolori resistere, an mors magnos quoque animos admota summittere

Quid opus est verbis

in rem praesentem eamus: nec mors illum contra dolorem facit fortiorem nec dolor contra mortem

Contra utrumque sibi fidit nec spe mortis patienter dolet nec taedio doloris libenter moritur: hunc fert, illam expectat

Vale
E perché no, se non servirà più a nessuno, non gli resterà altro che soffrire

Questo significa, Lucilio mio, imparare la filosofia attraverso l'azione ed esercitarsi a contatto con la realtà: vedere che coraggio dimostra il saggio di fronte alla morte quando si avvicina, di fronte al dolore quando l'opprime; che cosa si debba fare, impariamolo da chi lo fa

Finora si è cercato di argomentare se si possa resistere al dolore oppure se la morte, una volta vicina, possa piegare anche gli animi grandi

Che bisogno c'è di parole

Veniamo ai fatti: la morte non rende il saggio più coraggioso di fronte al dolore, né il dolore di fronte alla morte

Contro l'una e l'altro egli fa affidamento solo su se stesso e soffre con pazienza non perché speri di morire, e muore volentieri non perché sia stanco del dolore: il dolore lo sopporta, la morte l'aspetta

Stammi bene

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Epistulam quam scripsi Marullo cum filium parvulum amisisset et diceretur molliter ferre misi tibi, in qua non sum solitum morem secutus nec putavi leniter illum debere tractari, cum obiurgatione esset quam solacio dignior

Adflicto enim et magnum vulnus male ferenti paulisper cedendum est; exsatiet se aut certe primum impetum effundat

hi qui sibi lugere sumpserunt protinus castigentur et discant quasdam etiam lacrimarum ineptias esse

'Solacia expectas

convicia accipe

Tam molliter tu fers mortem filii quid faceres si amicum perdidisses

Decessit filius incertae spei, parvulus; pusillum temporis perit
Ti mando la lettera che ho scritto a Marullo: ha perso un figlio ancòra piccolo e, dicono, si comporta da debole: in essa non ho fatto come si fa di solito e non ho ritenuto di doverlo trattare con dolcezza: merita rimproveri più che conforto

Per un po' bisogna essere accomodanti con chi è afflitto e mal sopporta una grave ferita: si sazi o almeno sfoghi il primo impeto di cordoglio

ma se uno sceglie di piangere deve essere rimproverato sùbito e imparare che anche le lacrime sono a un certo modo sconvenienti

Aspetti un conforto

Riceverai, invece, dei rimproveri

Ti comporti così da debole per la morte di un figlio; che faresti se avessi perso un amico

morto un figlio di incerte speranze, ancòra piccolo: il tempo perduto è poco

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