Sallustio, La congiura di Catilina: Parte 51 - 55, pag 2

Sallustio, La congiura di Catilina: Parte 51 - 55

Latino: dall'autore Sallustio, opera La congiura di Catilina parte Parte 51 - 55

Sed, per deos inmortalis, vos ego appello, qui semper domos, villas, signa, tabulas vostras pluris quam rem publicam fecistis: si ista, cuiuscumque modi sunt, quae amplexamini, retinere, si voluptatibus vostris otium praebere voltis, expergiscimini aliquando et capessite re publicam

Non agitur de vectigalibus neque de sociorum iniuriis: libertas et anima nostra in dubio est

Saepenumero, patres conscripti, multa verba in hoc ordi ne feci, saepe de luxuria atque avaritia nostrorum civium questus sum multosque mortalis es causa advorsos habeo

Qui mihi atque animo meo nullius umquam delicti gratiam fecissem, haud facile alterius lubidini male facta condonabam

Sed ea tametsi vos parvi pendebatis, tamen res publica firma erat: opulentia neglegentiam tolerabat
Ma, per gli Dèi immortali, mi rivolgo a voi che sempre aveste a cuore i palazzi, le ville, le statue, i quadri, piuttosto che la repubblica, se volete conservare quei beni, di qualunque genere siano, ai quali siete così attaccati, se volete dedicarvi tranquillamente ai vostri piaceri, destatevi infine, e prendete in pugno le sorti della patria

Non si tratta di tasse abusive o di angherie agli alleati: la libertà e la vita nostra sono in gioco

Sovente, o padri coscritti, ho parlato a lungo davanti al vostro consesso, spesso ho rampognato il lusso e l'avidità dei nostri concittadini, e per questa ragione molti mi si sono fatti nemici mortali

Per me, che non avrei mai perdonato a me stesso e al mio animo nessun delitto, non era facile perdonare ad altri le malefatte della loro passione

Ma sebbene voi non vi curaste di ciò, tuttavia la repubblica era salda: la prosperità tollerava la negligenza
Nunc vero non id agitur, bonisne an malis moribus vivamus, neque quantum aut quam magnificum imperium populi Romani sit, sed haec, cuiuscumque modi videntur, nostra an nobiscum una hostiam futura sint

Hic mihi quisquam mansuetudinem et misericordiam nominat

Iam pridem equidem nos vera vocabula rerum amisimus: quia bona aliena largiri liberalitas, malarum rerum audacia fortitudo vocatur, eo res publica in extremo sita est

Sint sane, quoniam ita se mores habent, liberales ex sociorum fortunis, sint misericordes in furibus aerari; ne illi sanguinem nostrum largiantur et, dum paucis sceleratis parcunt, bonos omnis perditum eant
Ma ora non si tratta di questo, se viviamo virtuosamente o viziosamente, né di quanto sia grande e magnifico l'impero del popolo romano, ma di sapere se questi beni, in qualunque modo li si consideri, resteranno nostri o cadranno insieme con noi in potere del nemico

E ora qualcuno mi viene a parlare di mansuetudine e di pietà

Già da tempo, invero, abbiamo disimparato il vero senso delle parole: poiché l'essere prodighi coi denari altrui si dice liberalità e l'audacia nelle ribalderie si chiama bravura, perciò la repubblica è ridotta allo stremo

Poiché tali sono i costumi, siano pure liberali con i beni degli alleati; siano pietosi con i ladri dell'erario: ma non largheggino con il nostro sangue, e mentre risparmiamo pochi scellerati, non mandino tutti i galantuomini in rovina
Bene et conposite C Caesar paulo ante in hoc ordine de vita et morte disseruit, credo falsa existumans ea, quae de inferis memorantur: divorso itinere malos a bonis loca taetra, inculta, foeda atque formidulosa habere

Itaque censuit pecunias eorum publicandas, ipsos per municipia in custodiis habendos, videlicet timens, ne, si Romae sint, aut a popularibus coniurationis aut a multitudine conducta per vim eripiantur

Quasi vero mali atque scelesti tantummodo in urbe et non per totam Italiam sint aut non sibi plus possit audacia, ubi ad defendundum opes minores sunt

Quare vanum equidem hoc consilium est, si periculum ex illis metuit; si in tanto omnium metu solus non timet, eo magis refert me mihi atque vobis timere

Quare, cum de P Lentulo ceterisque statuetis, pro certo habetote vos simul de exercitu Catilinae et de omnibus coniuratis decernere
Con parole acconce ed eleganti Cesare ha poc'anzi dissertato di vita e di morte in questo consesso, stimando favole, io credo, le tradizioni relative agli inferi, secondo le quali i malvagi per cammino diverso dai buoni sono assegnati a luoghi tetri, selvaggi, spaventosi e sozzi

E così ha proposto di confiscare i beni dei colpevoli, e questi tenerli in prigione sparsi nei municipi, evidentemente per timore che, se restino a Roma, siano liberati a forza dai complici della congiura e dalla plebaglia prezzolata

quasi che i malvagi e gli scellerati si trovino nella città, e non in tutta Italia, e l'audacia non abbia più potere dove minori sono le forze della difesa

Perciò è sicuramente vana questa misura, se Cesare teme un pericolo da parte di quelli; se fra lo spavento di tutti egli solo non teme, tanto più importa che io e voi temiamo

Perciò, quando voi vi pronuncerete sulla sorte di Lentulo e degli altri, tenete per certo che deciderete anche dell'esercito di Catilina e di tutti i congiurati
Quanto vos attentius ea agetis, tanto illis animus infirmior erit; si paulum modo vos languere viderint, iam omnes feroces aderunt

Nolite existumare maiores nostros armis rem publicam ex parva magnam fecisse

Si ita esset, multo pulcherrumam eam nos haberemus; quippe sociorum atque civium, praeterea armorum atque equorum maior copia nobis quam illis est

Sed alia fuere, quae illos magnos fecere, quae nobis nulla sunt: domi industria, foris iustum imperium, animus in consulundo liber, neque delicto neque lubidini obnoxius

Pro his nos habemus luxuriam atque avaritiam, publice egestatem, privatim opulentiam

Laudamus divitias, sequimur inertiam

Inter bonos et malos discrimen nullum, omnia virtutis praemia ambitio possidet
Quanto più energicamente agirete voi, tanto più debole sarà il loro animo; se vi vedranno vacillare appena un poco, subito si ergeranno tutti pieni di ferocia

Non pensate che i nostri avi da piccola abbiano fatto grande la repubblica con le armi

Se fosse così, noi oggi la avremmo ancora più bella, poiché certo noi abbiamo maggiore copia di alleati e di cittadini, maggior numero anche di armi e di cavalli di quanti ne ebbero essi

Ma altre cose furono a renderli grandi, e che noi non abbiamo per nulla: attività in patria, giustizia nel governare all'estero, animo libero nel decidere, scevro da rimorsi e passioni

In luogo di ciò, noi abbiamo lusso e avidità, povere le finanze pubbliche, doviziose le private

lodiamo le ricchezze, aspiriamo all'ozio

nessuna distinzione fra i buoni e i malvagi; tutte le ricompense dovute alla virtù sono in mano all'intrigo
Neque mirum: ubi vos separatim sibi quisque consilium capitis, ubi domi voluptatibus, hic pecuniae aut gratiae servitis, eo fit, ut impetus fiat in vacuam rem publicam

Sed ego haec omitto

Coniuravere nobilissumi cives patriam incendere, Gallorum gentem infestissumam nomini Romano ad bellum arcessunt, dux hostium cum exercitu supra caput est ; vos cunctamini etiam nunc et dubitatis, quid intra moenia deprensis hostibus faciatis

Misereamini censeo deliquere homines adulescentuli per ambitionem atque etiam armatos dimittatis

Ne ista vobis mansuetudo et misericordia, si illi arma ceperint, in miseriam convortat

Scilicet res ipsa aspe ra est, sed vos non timetis eam

Immo vero maxume

Sed inertia et mollitia animi alius alium exspectantes cunctamini, videlicet dis inmortalibus confisi, qui hanc rem publicam saepe in maxumis periculis servavere
Né fa meraviglia; quando voi separatamente prendete decisioni ciascuno a proprio vantaggio, quando in casa siete servi del piacere, e qui del denaro e del favore, da ciò consegue che si faccia violenza allo Stato indifeso

Ma tralasciamo questo argomento

Cittadini della più alta nobiltà hanno congiurato per incendiare la patria; chiamano alla guerra un popolo gallo, il più ostile al nome romano; il capo dei nemici ci è sopra con un esercito: e voi ancora indugiate ed esitate nella punizione da infliggere a nemici catturati dentro le mura della città

Abbiatene pietà, vi propongo; sono ragazzi, errarono per ambizione; anzi di più, liberateli armati

purché questa vostra mansuetudine e pietà, se essi prendano le armi, non si mutino in rovina

Senza dubbio la questione è grave, ma voi non la temete

Anzi vi terrorizza

ma per inerzia e mollezza d'animo voi prendete tempo aspettando l'uno dopo l'altro, certamente confidando negli Dèi immortali che sempre nei più grandi pericoli salvarono questa repubblica
Non votis neque suppliciis muliebribus auxilia deorum parantur: vigilando, agundo, bene consulundo prospere omnia cedunt

Ubi socordiae te atque ignaviae tradideris, nequiquam deos implores: irati infestique sunt

Apud maiores nostros A Manlius Torquatus bello Gallico filium suum, quod is contra imperium in hostem pugnaverat, necari iussit atque ille egregius adulescens inmoderatae fortitudinis morte poenas dedit: vos de crudelissumis parricidis quid statuatis, cunctamini

Videlicet cetera vita eorum huic sceleri obstat

Verum parcite dignitati Lentuli, si ipse pudicitiae, si famae suae, si dis aut hominibus umquam ullis pepercit

Ignoscite Cethegi adulescentiae, nisi iterum patriae bellum fecit

Nam quid ego de Gabinio, Statilio, Caepario loquar; quibus si quicquam umquam pensi fuisset, non ea consilia de re publica habuissent
Ma non con voti o suppliche da femmine si ottiene il soccorso degli Dèi, bensì con le veglie, con l'azione, con le sagge decisioni, tutte le cose volgono al meglio

Quando ti sia dato all'inerzia e all'ignavia, invano imploreresti gli Dèi; sono irati e ostili

Al tempo dei nostri antenati, A Manlio Torquato, durante la guerra gallica fece giustiziare suo figlio perché contro gli ordini aveva attaccato il nemico, e quel giovane egregio pagò con la morte la pena di un eccessivo coraggio; e voi osate indugiare nello stabilire la sorte dei più crudeli parricidi

Certamente tutta la loro vita trascorsa protesta contro questo loro delitto

Ebbene rispettate la dignità di Lentulo, se egli ebbe mai riguardo del suo pudore e della sua reputazione, degli Dèi e degli uomini

perdonate la giovinezza di Cetego, se non è la seconda volta che egli prende le armi contro la patria

E che dire di Gabinio, Statilio, Cepario, i quali, se avessero avuto mai scrupolo, non avrebbero architettato questo piano contro la repubblica
Postremo, patres conscripti, si mehercule peccato locus esset, facile paterer vos ipsa re corrigi, quoniam verba contemnitis

Sed undique circumventi sumus

Catilina cum exercitu faucibus urget, alii intra moenia atque in sinu urbis sunt hostes; neque parari neque consuli quicquam potest occulte : quo magis properandum est

Quare ego ita censeo: Cum nefario consilio sceleratorum civium res publica in maxuma pericula venerit iique indicio T Volturci et legatorum Allobrogum convicti confessique sint caedem, incendia aliaque se foeda atque crudelia facinora in civis patriamque paravisse, de confessis, sicuti de manufestis rerum capitalium, more maiorum supplicium sumundum

Postquam Cato adsedit, consulares omnes itemque senatus magna pars sententiam eius laudant, virtutem animi ad caelum ferunt, alii alios increpantes timidos vocant
Infine, o padri coscritti, se potessimo, per Ercole, rischiare un errore, lascerei volentieri che voi foste corretti dagli eventi, poiché spregiate le parole

Ma siamo circondati da tutte le parti

Catilina con l'esercito ci serra la gola, altri sono nemici tra le mura, nel cuore della città, e nulla può prepararsi e decidersi in segreto: ragione di più per affrettarci

In conseguenza di ciò io propongo: poiché per nefando complotto di scellerati cittadini la repubblica è stata gettata nei più gravi rischi, e convinti su denuncia di T Volturcio e degli ambasciatori Allobrogi essi stessi hanno confessato il proposito di stragi, incendi e altri turpi e crudeli atti contro i cittadini e la patria, sulla loro confessione, e come colti in flagrante delitto capitale, siano condannati a morte secondo il costume degli antichi

Dopo che Catone sedette, i consolari e con loro la maggior parte del Senato plaudono alla sua proposta e portano alle stelle la sua fermezza d'animo; gridando gli uni contro gli altri, si rimproverano la pusillanimità
Cato clarus atque magnus habetur; senati decretum fit, sicuti ille censuerat

Sed mihi multa legenti, multa audienti, quae populus Romanus domi militiaeque, mari atque terra praeclara facinora fecit, forte lubuit attendere, quae res maxume tanta negotia sustinuisset

Sciebam saepenumero parva manu cum magnis legionibus hostium contendisse; cognoveram parvis copiis bella gesta cum opulentis regibus, ad hoc saepe fortunae violentiam toleravisse, facundia Graecos, gloria belli Gallos ante Romanos fuisse

Ac mihi multa agitanti constabat paucorum civium egregiam virtutem cuncta patravisse eoque factum, uti divitas paupertas, multitudinem paucitas superaret
Catone è proclamato grande e illustre: il Senato decide secondo la sua proposta

Ma io, che molto ho letto e molto ho ascoltato le gloriose gesta del popolo romano in pace e in guerra, nel mare e sulla terra, per avventura ho voluto ricercare le cause che soprattutto hanno sostenuto tali imprese

Sapevo che spesso con una piccola schiera i Romani si erano scontrati con grandi eserciti nemici; avevo appreso che con esigue forze avevano fatto guerra a regni opulenti; oltre a ciò, avevano spesso sopportato i rovesci della fortuna; ma erano stati inferiori ai Greci nella parola, ai Galli nella gloria militare

Ebbene, alla mia lunga riflessione appariva chiaro questo, che lo straordinario valore di pochi cittadini aveva tutto operato, e per sua cagione la povertà aveva vinto sulla ricchezza, i pochi avevano superato la moltitudine
Sed postquam luxu atque desidia civitas corrupta est, rursus res publica magnitudine sua imperatorum atque magistratuum vitia sustentabat ac, sicuti effeta parente, multis tempestatibus haud sane quisquam Romae virtute magnus fuit

Sed memoria mea ingenti virtute, divorsis moribus fuere viri duo, M Cato et C Caesar

Quos quoniam res obtulerat, silentio praeterire non fuit consilium, quin utriusque naturam et mores, quantum ingenio possum, aperirem

Igitur iis genus, aetas, eloquentia prope aequalia fuere, magnitudo animi par, item gloria, sed alia alii

Caesar beneficiis ac munificentia magnus habebatur, integritate vitae Cato

Ille mansuetudine et misericordia clarus factus, huis servitas dignitatem addiderat

Caesar dando, sublevando, ignoscundo, Cato nihil largiundo gloriam adeptus est
Ma dopo che il lusso e l'inerzia corruppero la città, la potenza della repubblica a sua volta fu tanto forte da resistere ai vizi dei suoi condottieri e magistrati; ma come si fosse isterilita partorendo, per lunghi periodi non vi fu più in Roma nessun uomo grande nella virtù

Tuttavia nella mia epoca vi furono due uomini di diversa indole ma di valore eminente, M Catone e G Cesare

E poiché l'argomento li ha posti sulla mia strada, non sono stato del parere di passarli sotto silenzio, ma voglio descriverli, per quanto io sappia, nel loro carattere e nei loro costumi

Dunque, essi furono quasi uguali per nascita, per età, per eloquenza, pari la grandezza d'animo, e anche la gloria, ma di qualità differente

Cesare era stimato grande per liberalità e munificenza, Catone per integrità di vita

Il primo si era fatto illustre con l'umanità e l'inclinazione alla pietà, al secondo aveva aggiunto dignità il rigore

Cesare aveva acquistato gloria con il danaro, con il soccorrere, con il perdonare, Catone con il nulla concedere
In altero miseris perfugium erat, in altero malis pernicies

Illius facilitas, huius constantia laudabatur

Postremo Caesar in animum induxerat laborare, vigilare; negotiis amicorum intentus sua neglegere, nihil denegare, quod dono dignum esset; sibi magnum imperium, exercitum, bellum novum exoptabat, ubi virtus enitescere posset

At Catoni studium modestiae, decoris, sed maxume severitatis erat

non divitiis cum divite neque factione cum factioso, sed cum strenuo virtute, cum modesto pudore, cum innocente abstinentia certabat

esse quam videri bonus malebat: ita, quo minus petebat gloriam, eo magis illum sequebatur

Postquam, ut dixi, senatus in Catonis sententiam discessit, consul optumum factu ratus noctem, quae instabat, antecapere, ne quid eo spatio novaretur, tresviros, quae supplicium postulabat, parare iubet
L'uno era il rifugio degli sventurati, l'altro la rovina dei malvagi

Del primo era lodata l'indulgenza del secondo la fermezza

Infine Cesare s'era prefisso nell'animo di lavorare senza tregua, di vegliare, di trascurare i suoi interessi per dedicarsi a quelli degli amici, di non rifiutare nulla che meritasse di essere donato; per sé desiderava una grande potenza, un esercito, una guerra nuova in cui potesse risplendere il suo valore

Catone invece ambiva la misura, il decoro, ma soprattutto la severità

Non gareggiava in ricchezze con il ricco, in faziosità con il fazioso, ma in coraggio con il valoroso, in ritegno con il modesto, in integrità con gli onesti

Preferiva essere che sembrare buono, così, quanto meno cercava la gloria, tanto più quella lo seguiva

Dopo che il Senato, come ho detto, si fu schierato con la proposta di Catone, il console, ritenendo che il meglio da farsi era prevenire la notte che incombeva, affinché nell'intervallo non accadesse nulla di nuovo, ordina ai triumviri di preparare tutto per il supplizio