Canto 6
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Come il VI canto dell'inferno (protagonista Ciacco, con il quale incontro partì l'invectiva contro la ccità di Firenze, contro la corruzione, l'ostilità e l'immagine della Firenze antica, caratterizzata da valori che la tenevano coesa e quella della Firenze moderna) e del paradiso è un CANTO POLITICO. Dalla municipalità la visione di Dante si estese all'intera Italia (poi nel Paradiso al mondo).
Nella I parte del canto l'autore si riallacciò al canto precedente per conferire continuità, infatti comparvero le anime anche circondavano Dante e lo pregavano affinchè potesse chiedere ai rispettivi cari di pregare per loro. Compariva ancora la tematica già introdotta al termine del III canto. Dante non riusciva effettivamente a comprendere se con le preghiere potesse veramente accorciarsi il tempo di permanenza nel purgatorio poiché questo tempo era stato già deciso dalla giustizia divina.
Virgilio non riusciva a risolvere il dubbio di Dante poiché, essendo rappresentate della ragione, quest'ultima non poteva a comprendere tutto. Laddove non poteva giungere la ragione interveniva la fede e così Virgilio annunciò al poeta che in seguito Beatrice gli avrebbe risolto questi dubbi (Dante nel Paradiso portò avanti questa tecnica del dubbio che gli venne risolta di volta in volta da Beatrice). Dante e Virgilio poi videro dietro una pietra, un poeta di corte chiamato Sordello, autore di un poemetto, in cui si identificò lo stesso Dante poiché aveva sempre portato avanti le sue idee.
La magnanimità e la superiorità del personaggio danno la possibilità a Dante di iniziare la sua INVECTIVA, molto appassionata, che occupò la II parte del canto. Compariva anche una forte invettiva nei confronti della Chiesa che aveva lasciato il suo compito principale, consistente nella cura delle anime e nella salvezza spirituale di queste, occupandosi del potere temporale provocando la corruzione dell'Italia.