Il loro habitat pone però un problema cruciale: i tartufi sono gli organi che producono le spore, esattamente come nelle piante i frutti producono i semi. Le spore consentono ai funghi di diffondersi ma, trovandosi sotto terra, non possono essere trasportate dall'aria e sono invisibili agli animali.
La soluzione è proprio quel particolare aroma. Ma sviluppare un odore che sovrasti il caos olfattivo di un bosco non è cosa da poco. Nei boschi si incrociano odori di ogni genere, ciascuno dei quali può attrarre, o distrarre, il naso di un animale. Il profumo dei tartufi deve dunque essere abbastanza pungente da attraversare vari strati di terreno e liberarsi nell'aria, abbastanza caratteristico perché l'animale lo distingua nel paesaggio olfattivo dell'ambiente circostante e abbastanza appetitoso perché quello stesso animale lo cerchi, scavi e se lo mangi.
Una volta mangiato, il tartufo ha compiuto la sua missione: ha attratto l'animale, lo ha reso un veicolo per trasportare le sue spore e depositarle altrove attraverso le feci. Il fascino del tartufo è dunque il risultato di centinaia di migliaia di anni di intrecci evolutivi con i gusti degli animali. La selezione naturale favorirà i tartufi che più si accordano alle preferenze degli animali che meglio disperderanno le loro spore. Il profumo dei tartufi restituisce perciò un ritratto di come si sono evolute nel tempo le loro passioni
I funghi sono costantemente immersi in un campo ricchissimo di informazioni chimiche. I tartufi usano le sostanze chimiche per avvertire gli animali che sono pronti per essere mangiati, ma anche per comunicare con le piante e con altri funghi, oppure al proprio interno. Attraverso gli odori, possiamo partecipare al discorso molecolare che i funghi usano per organizzare gran parte della loro esistenza