La prosa diventa scarna nel linguaggio, quindi non cura l’eleganza stilistica ma predilige la paratassi
Si dà più importanza al contenuto che alla forma. La prima novità del romanzo psicologico di fine Ottocento/inizio Novecento è quindi lo stile, più asciutto, che oggi è apprezzato perché è più semplice ma all'epoca no perché non rispondeva ai gusti dell'epoca, essendo poco ricercato ed elaborato.
Un'altra novità riguarda i personaggi, in particolare il protagonista che diventa un'antieroe, un inetto, ovvero una persona incapace di fare delle scelte e di raggiungere degli obiettivi e che per quanto si sforzi fallisce. In Pirandello i personaggi sono così in crisi di identità da perderla.
Il risultato di queste novità è un romanzo dove la ragione lascia spazio all'introspezione psicologica: vi è poca trama ma si dà più spazio alla realtà come viene percepita dal personaggio, il quale ci rende partecipi di un percorso di riflessione e meditazione che non giunge a una conclusione felice ma al senso di sconfitta e rassegnazione.
Non è una sconfitta clamorosa che si conclude con un'azione eroica o con il suicidio, ma con rassegnazione poetica: il personaggio già da giovane sembra vecchio. Un personaggio emblematico è Mattia Pascal, il quale arriva perfino a portare i fiori sulla sua tomba, cioè sulla sua identità che non c'è più.
Italo Svevo trae ispirazione da Joice e l'Ulisse, che in realtà è un anti-Ulisse poiché non è più colui che affronta tantissime imprese ma diventa un personaggio banale che racconta della sua giornata, caratterizzata da episodi molto banali. Gli eroi che avevano caratterizzato la letteratura per molti secoli esistono solo nella letteratura ma non nella realtà: i personaggi falliscono non per cause esterne ma per le proprie debolezze.
Questi romanzi sono lenti e introspettivi, dove l'intreccio è molto elaborato perché segue i pensieri del protagonista, senza un ordine cronologico.