Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 02 - Parte 01

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 02 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 02 - Parte 01
Diues et praepotens naturae regnum scrutatus iniciam stilum qua nostrae urbis qua exterarum gentium priscis ac memorabilibus institutis: opus est enim cognosci huiusce uitae, quam sub optimo principe felicem agimus, quaenam fuerint elementa, ut eorum quoque respectus aliquid praesentibus moribus prosit

Apud antiquos non solum publice, sed etiam priuatim nihil gerebatur nisi auspicio prius sumpto

quo ex more nuptiis etiam nunc auspices interponuntur, qui, quamuis auspicia petere desierint, ipso tamen nomine ueteris consuetudinis uestigia usurpantur

Feminae cum uiris cubantibus sedentes cenitabant

quae consuetudo ex hominum conuictu ad diuina penetrauit: nam Iouis epulo ipse in lectulum, Iuno et Minerua in sellas ad cenam inuitabantur
Dopo avere osservato il ricco e possente regno della natura, prenderò ora la penna per trattare delle antiche e memorabili istituzioni sia nostre, sia straniere: perché è necessario che di questa vita che oggi viviamo all'ombra del migliore dei principi sappiamo quali siano stati i fondamenti, onde lo sguardo su di essi gettato giovi in qualche modo ai costumi dei nostri giorni

Presso gli antichi nessuna azione, non solo pubblica, ma anche privata, veniva compiuta, se prima non fossero stati presi i relativi auspici

Questa consuetudine ha fatto in modo che anche oggi gli àuspici partecipino alle nozze: ed anche se costoro non chiedono più gli auspici, il loro stesso nome rivendica ad essi le vestigia dell'antica usanza

Le donne solevano pranzare sedute, mentre gli uomini stavano sdraiati

Quest'uso passò dagli uomini agli dei: tant'è vero che durante il banchetto in onore di Giove il dio veniva invitato a sdraiarsi al suo posto, mentre Giunone e Minerva lo erano a sedere
quod genus seueritatis aetas nostra diligentius in Capitolio quam in suis domibus conseruat, uidelicet quia magis ad rem pertinet dearum quam mulierum disciplinam contineri

Quae uno contentae matrimonio fuerant corona pudicitiae honorabantur: existimabant enim eum praecipue matronae sincera fide incorruptum esse animum, qui depositae uirginitatis cubile [in publicum] egredi nesciret, multorum matrimoniorum experientiam quasi legitimae cuiusdam intemperantiae signum esse credentes

Repudium inter uxorem et uirum a condita urbe usque ad centesimum et quinquagesimum annum nullum intercessit

primus autem Sp Caruilius uxorem sterilitatis causa dimisit

qui, quamquam tolerabili ratione motus uidebatur, reprehensione tamen non caruit, quia ne cupiditatem quidem liberorum coniugali fidei praeponi debuisse arbitrabantur
Tale rigorosa costumanza e stata conservata fino ai nostri giorni con più cura nel Campidoglio che nelle case private, naturalmente perché tenere a freno la condotta riguarda più le dee che le donne

[3] Le donne che si erano contentate di un solo matrimonio venivano onorate con l'aureolato titolo di pudiche: giacché stimavano che incorrotto e fedele fosse l'animo di quella matrona che non sapesse uscire dalla stanza in cui aveva deposto la sua verginità e credevano che l'esperienza di più di un matrimonio fosse indizio di un'intemperanza, per così dire, legittimata

[4] Per centocinquant'anni dalla fondazione di Roma non si verificò alcun ripudio tra moglie e marito

Il primo a scacciare la moglie per la sua sterilità fu Spurio Carvilio

Ma sebbene sembrasse spinto da un motivo ragionevole, egli non fu tuttavia risparmiato da critiche e censure, perché i nostri antenati ritenevano che neppure il desiderio di aver figli avrebbe dovuto essere anteposto alla fedeltà coniugale
Sed quo matronale decus uerecundiae munimento tutius esset, in ius uocanti matronam corpus eius adtingere non permiserunt, ut inuiolata manus alienae tactu stola relinqueretur

Vini usus olim Romanis feminis ignotus fuit, ne scilicet in aliquod dedecus prolaberentur, quia proximus a Libero patre intemperantiae gradus ad inconcessam uenerem esse consueuit

ceterum ut non tristis earum et horrida pudicitia, sed [et] honesto comitatis genere temperata esset,indulgentibus namque maritis et auro abundanti et multa purpura usae sunt quo formam suam concinniorem efficerent, summa cum diligentia capillos cinere rutilarunt: nulli enim tunc subsessorum alienorum matrimoniorum oculi metuebantur, sed pariter et uidere sancte et aspici mutuo pudore custodiebatur
[5] Inoltre, perché il decoro delle matrone fosse protetto dal baluardo della pudicizia, fu proibito a chi citasse una donna in tribunale di sfiorarne il corpo, onde la sua stola rimanesse non tocca da mano altrui

L'uso del vino era, un tempo, ignoto alle donne romane, naturalmente ad evitare che si lasciassero andare a qualche gesto indecoroso, perché il grado successivo dell'intemperanza che si deve al padre Libero si risolve generalmente nell'amore illecito

Del resto, perché la loro pudicizia non fosse uggiosa e repellente, ma si accompagnasse ad un moderato fascino femminile col permesso dei loro mariti usavano gioielli d'oro e porpora a profusione, per rendere più grazioso il loro aspetto si tingevano accuratamente i capelli di rosso: infatti allora non si temevano gli sguardi dei seduttori delle mogli altrui, ma c'era reciproco rispetto e pudore tra gli uomini nel guardare le donne e tra le donne nell'essere guardate

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 01 - Parte 01

Quotiens uero inter uirum et uxorem aliquid iurgi intercesserat, in sacellum deae Viriplacae, quod est in Palatio, ueniebant et ibi inuicem locuti quae uoluerant contentione animorum deposita concordes reuertebantur

dea nomen hoc a placandis uiris fertur adsecuta, ueneranda quidem et nescio an praecipuis et exquisitis sacrificiis colenda utpote cotidianae ac domesticae pacis custos, in pari iugo caritatis ipsa sui appellatione uirorum maiestati debitum a feminis reddens honorem

Huius modi inter coniuges uerecundia: quid, inter ceteras necessitudines nonne apparet consentanea

nam ut minimo indicio maximam uim eius significem, aliquandiu nec pater cum filio pubere nec socer cum genero lauabatur
[6] Tutte le volte, poi, che ci fosse un litigio tra marito e moglie, ambedue si recavano nel tempietto della dea Viriplaca, sito sul Palatino e, dopo aver ivi esposto quanto volevano, mettevano da parte ogni ostilità e se ne tornavano a casa d'amore e d'accordo

Si dice che questa dea, indubbiamente veneranda e non so se degna di particolari e scelti sacrifici quale custode della pace quoti liana e domestica, abbia preso nome da tale sua funzione: certo essendo che col suo stesso appellativo essa rende all'autorità dei mariti, nello spirito di un reciproco affetto, l'onore dovuto dalle mogli

[7] Tale era il rispetto tra i coniugi: ma esso non appare forse consentaneo anche in rapporti diversi di parentela

Ad esempio, per chiarirne con una normalissima testimonianza l'alta validità, per un certo periodo di tempo né il padre si lavava in presenza del figlio adulto, né il suocero in presenza del genero
manifestum igitur est tantum religionis sanguini et adfinitati quantum ipsis dis inmortalibus tributum, quia inter ista tam sancta uincula non magis quam in aliquo sacrato loco nudare se [ne]fas esse credebatur

Conuiuium etiam sollemne maiores institue runt idque caristia appellauerunt, cui praeter cognatos et adfines nemo interponebatur, ut, si qua inter necessarias personas querella esset orta, apud sacra mensae et inter hilaritatem animorum et fautoribus concordiae adhibitis tolleretur

Senectuti iuuenta ita cumulatum et circumspectum honorem reddebat, tamquam maiores natu adulescentium communes patres essent

quocirca iuuenes senatus die utique aliquem ex patribus conscriptis aut propinquum aut paternum amicum ad curiam deducebant adfixique ualuis expectabant, donec reducendi etiam officio fungerentur
chiaro, dunque, che al sangue e alla parentela fu tributato tanto rispetto, quanto agli stessi dei immortali, perché pur tra vincoli così sacri non era lecito denudarsi più di quanto fosse lecito in alcun luogo consacrato

I nostri antenati istituirono anche l'abitudine di un convito solenne detto caristia , cui potevano partecipare soltanto congiunti ed affini, allo scopo di eliminare nel corso del pranzo sacro, tra la generale letizia e con l'intervento di pacieri, eventuali motivi di attrito che ci fossero tra persone legate da parentela

I giovani tributavano ai vecchi onori così alti e cospicui, come se le persone anziane fossero loro padri comuni

Perciò essi, nel giorno in cui il senato teneva seduta, accompagnavano sempre qualche senatore loro congiunto o amico del padre fino alla Curia e, fermi alle porte, rimanevano in attesa di riaccompagnarlo a casa

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qua quidem uoluntaria statione et corpora et animos ad publica officia inpigre sustinenda roborabant breuique processurarum in lucem uirtutum suarum uerecunda laboris meditatione ipsi doctores erant

Inuitati ad cenam diligenter quaerebant quinam ei conuiuio essent interfuturi, ne seniorum aduentum discubitu praecurrerent, sublataque mensa priores consurgere et abire patiebantur

ex quibus apparet cenae quoque tempore quam parco et quam modesto sermone his praesentibus soliti sint uti

Maiores natu in conuiuiis ad tibias egregia superiorum opera carmine conprehensa pangebant, quo ad ea imitanda iuuentutem alacriorem redderent

quid hoc splendidius, quid etiam utilius certamine

pubertas canis suum decus reddebat, defuncta [uiri] cursu aetas ingredientes actuosam uitam feruoris nutrimentis prosequebatur
Con questa volontaria attesa essi abituavano corpo ed animo ad affrontare operosamente i futuri impegni pubblici ed insegnavano loro stessi agli altri, con la preparazione alla fatica, le virtù che tra breve avrebbero messo in luce

Invitati a convito, chiedevano con cura chi vi avrebbe partecipato, per non arrivare e sedersi prima di quelli che fossero più attempati di loro, e al levar delle mense li facevano alzare ed allontanarsi prima di loro

Dal che appare con quanta moderazione e riserbo abbiano usato parlare in loro presenza anche a tavola

I nostri avi durante i conviti cantavano accompagnandosi col flauto le illustri imprese dei loro antenati per rendere i giovani più desiderosi di imitarle

Che cosa ci sarebbe pelote essere di più nobile, che di più utile di questo certame

I giovani tributavano ai vecchi l'onore loro dovuto, i vecchi accompagnavano, alimentandoli, gli entusiasmi di coloro che si allacciavano alle soglie di una vita operosa
quas Athenas, quam scholam, quae alienigena studia huic domesticae disciplinae praetulerim

inde oriebantur Camilli, Scipiones, Fabricii, Marcelli, Fabii, ac ne singula imperii nostri lumina simul percurrendo sim longior, inde, inquam, caeli clarissima pars, diui fulserunt Caesares

Adeo autem magna caritate patriae tenebantur, ut arcana consilia patrum conscriptorum multis saeculis nemo senator enuntiauerit

Q Fabius Maximus tantum modo, et is ipse per inprudentiam, de tertio Punico bello indicendo quod secreto in curia erat actum P Crasso rus petens domum reuertenti in itinere narrauit, memor eum triennio ante quaestorem factum, ignarus nondum a censoribus in ordinem senatorium allectum, quo uno modo etiam iis, qui iam honores gesserant, aditus in curiam dabatur
Quale Atene, quale scuola filosofica, quali attività straniere si potranno mai preferire a questo patrio costume

Da qui nascevano i Camilli, gli Scipioni, i Fabrizi, i Martelli, i Fanti: da qui, per non dilungarmi troppo nel passare in rassegna ad una ad una le figure più gloriose del nostro impero, da qui, dico, presero a splendere i divini Cesari, cioè gli astri più luminosi del cielo

Così grande era in quel tempo l'amor di patria che nutrivano, che per molti secoli nessun senatore rese mai di pubblico dominio le decisioni segrete dei padri coscritti

Solo Quinto Fabio Massimo e solo per imprudenza raccontò a Publio Crasso che tornava a casa sua, mentre era diretto in villa, quanto era stato segretamente discusso nella Curia a proposito della dichiarazione della terza guerra Punica; egli ricordava che Crasso tre anni prima era stato questore, ma ma sapeva che i censori non l'avevano ancora chiamato a far patte dell'ordine senatorio: che era l'unico modo per diventare senatore anche per chi avesse esercitato delle magistrature

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sed quamuis honestus error Fabii esset, uehementer tamen a consulibus obiurgatus est: numquam enim taciturnitatem, optimum ac tutissimum administrandarum rerum uinculum, labefactari uolebant

Ergo, cum Asiae rex Eumenes amantissimus nostrae urbis bellum a Perse aduersus populum Romanum conparari senatui nuntiasset, non ante sciri potuit quid aut ille locutus esset aut patres respondissent quam captum Persen cognitum est

fidum erat et altum rei publicae pectus curia silentique salubritate munitum et uallatum undique, cuius limen intrantes abiecta priuata caritate publicam induebant

itaque non dicam unum, sed neminem audisse crederes quod tam multorum auribus fuerat commissum
L'errore di Fabio, per quanto scusabile, fu tuttavia severamente rimproverato dai consoli: non volevano, infatti, che avesse mai a vacillare il riserbo, che è il vincolo più sicuro e migliore di qualunque amministrazione

Dunque, poiché Eumene, re d'Asia, amico devotissimo della nostra città, ebbe annunziato al senato che Perseo preparava la guerra contro il popolo romano, non si poté sapere che cosa egli avesse detto o i senatori risposto, prima di quando si seppe che Perseo era stato fatto prigioniero

Sicuro e ben riposto cuore della repubblica era la Curia, da ogni parte, protetta e difesa dall'arma salutare del silenzio: coloro che varcavano la soglia dimenticavano gli affetti privati per assumere quelli pubblici

E così si sarebbe potuto credere che, non dirò uno solo, ma nessuno avesse udito quanto era stato affidato alle orecchie di molti
Magistratus uero prisci quantopere suam populique Romani maiestatem retinentes se gesserint hinc cognosci potest, quod inter cetera obtinendae grauitatis indicia illud quoque magna cum perseuerantia custodiebant, ne Graecis umquam nisi latine responsa darent

quin etiam ipsos linguae uolubilitate, qua plurimum ualent, excussa per interpretem loqui cogebant non in urbe tantum nostra, sed etiam in Graecia et Asia, quo scilicet Latinae uocis honos per omnes gentes uenerabilior diffunderetur

nec illis deerant studia doctrinae, sed nulla non in re pallium togae subici debere arbitrabantur, indignum esse existimantes inlecebris et suauitati litterarum imperii pondus et auctoritatem donari
Quanto, poi, gli antichi magistrati rispettassero nel comportamento l'autorità propria e del popolo romano, si può intendere dal fatto che, tra gli strumenti volti a conservare il loroprestigio, usarono costantemente quello di non rispondere mai ai Greci se non in lingua latina

Anzi, liberandosi dalla soggezione in cui li poneva la facoltà tipicamente greca di forzare il senso delle parole secondo che loro conviene, obbligavano non solo in Roma, ma anche in Grecia e in Asia, a parlare in Latino tramite interprete, allo scopo di diffondere per tutte le genti il prestigio della nostra lingua

Certo non mancavano loro cultura ed amor di sapere, ma tuttavia ritenevano che in ogni caso il pallio dovesse cedere alla toga, convinti corni erano che fosse cosa indegna per la maestà dell'impero fare concessioni al fascino e alla dolcezza delle squisitezze culturali

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Quapropter non es damnandus rustici rigoris crimine, C Mari, quia gemina lauru coronatam senectutem tuam, Numidicis et Germanicis inlustrem tropaeis, uictor deuictae gentis facundia politiorem fieri noluisti, credo, ne alienigena ingenii exercitatione patrii ritus serus transfuga existeres

quis ergo huic consuetudini, qua nunc Graecis actionibus aures curiae exurdantur, ianuam patefecit

ut opinor, Molo rhetor, qui studia M Ciceronis acuit: eum namque ante omnes exterarum gentium in senatu sine interprete auditum constat

quem honorem non inmerito cepit, quoniam summam uim Romanae eloquentiae adiuuerat

conspicuae felicitatis Arpinas municipium, siue litterarum gloriosissimum contemptorem siue abundantissimum fontem intueri uelis
Perciò, o Gaio Mario, non devi essere condannato per la tua rustica severità, perché, vincitore, non volesti aggiungere alla tua vecchiaia, adorna due volte dell'alloro del trionfo e resa illustre dalle vittorie riportate sui Numidi e sui Germani, l'ornamento dell'eloquio greco: per non diventare, io credo, sul finire della tua vita, transfuga del patrio costume, esercitandoti in discipline estranee all'indole romana

Chi, dunque, schiuse la via alla moda oggi corrente di assordare gli orecchi, senato con discorsi in lingua greca

Il retore Molone, io penso, dal quale fu perfezionata l'eloquenza di Cicerone che, come tutti sanno, fu il primo degli stranieri ad essere ascoltato nella Curia senza l'aiuto di un interprete

e fu un onore meritato, perché egli aveva contribuito in maniera determinante a far raggiungere il più alto fastigio all'eloquenza romana

Fortunato, quindi, oltremodo il municipio di Arpino, se si voglia guardare o al più illustre fra i dispregiatori del sapere o alla fonte più copiosa dell'eloquenza

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