Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 81-85

Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 81-85

Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 81-85
Igitur in locum ambobus placitum exercitus conveniunt

Ibi fide data et accepta Iugurtha Bocchi animum oratione accendit: Romanos iniustos, profunda auaritia, communis omnium hostis esse; eandem illos causam belli cum Boccho habere, quam secum et cum aliis gentibus, libidinem imperitandi, quis omnia regna aduersa sint; tum sese, paulo ante Carthaginiensis, item regem Persen, post uti quisque opulentissimus videatur, ita Romanis hostem fore

His atque aliis talibus dictis ad Cirtam oppidum iter constituunt, quod

Ibique Metellus praedam captiuosque et impedimenta locauerat

Ita Iugurtha ratus aut capta urbe operae pretium fore aut, si Romanus auxilio suis venisset, proelio sese certaturos
I due eserciti si riuniscono dunque in un luogo scelto di comune accordo e si scambiano un giuramento di reciproca lealtà

Giugurta infiamma l'animo di Bocco affermando che i Romani sono ingiusti, di un'avidità insaziabile e nemici di tutto il genere umano; aggiunge che nei confronti di Bocco essi sono animati dallo stesso motivo di guerra che li fa combattere contro lui stesso e contro tutti gli altri popoli: la smania di dominio, che rende tutti gli stati loro nemici; ora toccava a lui, poco prima era toccato ai Cartaginesi, poi al re Perseo: in séguito, chiunque fosse sembrato ricco e potente, sarebbe stato, per questo, nemico dei Romani

Dopo questi discorsi e altri di tal genere, stabiliscono di muovere verso la città di Cirta

Metello vi aveva radunato bottino, prigionieri e salmerie

Giugurta sperava, così, o di risarcirsi della fatica con la presa della città oppure, se il comandante romano fosse venuto in aiuto ai suoi, di poter affrontare il nemico in campo aperto
Nam callidus id modo festinabat, Bocchi pacem imminuere, ne moras agitando aliud quam bellum mallet

Imperator postquam de regum societate cognovit, non temere neque, uti saepe iam victo Iugurtha consueuerat, omnibus locis pugnandi copiam facit

Ceterum haud procul ab Cirta castris munitis reges opperitur, melius esse ratus cognitis Mauris, quoniam is nouos hostis accesserat, ex commodo pugnam facere

Interim Roma per litteras certior fit prouinciam Numidiam Mario datam; nam consulem factum ante acceperat

Quibus rebus supra bonum aut honestum perculsus neque lacrimas tenere neque moderari linguam, vir egregius in aliis artibus nimis molliter aegritudinem pati

Quam rem alii in superbiam vertebant, alii bonum ingenium contumelia accensum esse, multi quod iam parta victoria ex manibus eriperetur
L'astuto Numida, infatti, voleva a tutti i costi portare Bocco a un'aperta rottura della non belligeranza, perché tra gli indugi non preferisse altre soluzioni alla guerra

Il comandante, informato dell'alleanza dei due re, non vuole più esporsi a combattimenti casuali né su qualsiasi terreno, come aveva fatto spesso dopo la vittoria su Giugurta

Anzi, fortificato il campo, attende i re non lontano da Cirta, convinto che sia meglio prima conoscere questi nuovi nemici che erano i Mauri e poi attaccare battaglia in condizioni favorevoli

Nel frattempo apprende per lettera, da Roma, che la provincia della Numidia è stata assegnata a Mario: della sua elezione a console era già stato avvertito

Colpito dalla notizia più di quanto fosse giusto e dignitoso, non seppe trattenere le lacrime né frenare la lingua: uomo per altri aspetti eccezionale, si mostrò troppo debole di fronte al dolore

Alcuni attribuivano questo comportamento alla sua superbia, altri al risentimento della sua indole generosa per l'offesa patita, i più al fatto di vedersi strappare di mano una vittoria già sua
Nobis satis cognitum est illum magis honore Mari quam iniuria sua excruciatum, neque tam anxie laturum fuisse, si adempta prouincia alii quam Mario traderetur

Igitur eo dolore impeditus et quia stultitiae videbatur alienam rem periculo suo curare, legatos ad Bocchum mittit postulatum, ne sine causa hostis populo Romano fieret: habere tum magnam copiam societatis amicitiaeque coniungendae, quae potior bello esset, et, quamquam opibus suis confideret, tamen non debere incerta pro certis mutare

Omne bellum sumi facile, ceterum aegerrime desinere; non in eiusdem potestate initium eius et finem esse; incipere cuiuis etiam ignavo licere, deponi cum victores uelint

Proinde sibi regnoque suo consuleret neu florentis res suas cum Iugurthae perditis misceret
Personalmente sono convinto che lo tormentava più l'onore concesso a Mario che l'affronto subìto e che non avrebbe sofferto tanto se la provincia a lui tolta fosse stata assegnata ad altri anziché a Mario

Frenato, dunque, da questo risentimento e poiché gli sembrava insensato occuparsi a suo rischio di una faccenda altrui, invia a Bocco dei messi per chiedergli di non farsi, senza motivo, nemico del popolo romano;Gli fa presente che in quel momento gli si offre una magnifica occasione per concludere un trattato di alleanza e di amicizia, che è preferibile alla guerra;Benché possa fare affidamento sulle sue forze, deve guardarsi dal rischiare il certo per l'incerto

Gli ricorda che è sempre facile cominciare una guerra, difficilissimo uscirne, perché il suo inizio e la sua fine non dipendono dalla stessa persona; Chiunque, anche un vile, può cominciare una guerra, ma soltanto la volontà dei vincitori può farla cessare

Lo esorta, quindi, a badare a sé e al suo regno e a non voler accomunare le sue fiorenti condizioni a quelle ormai disperate di Giugurta

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Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 66-70
Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 66-70

Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 66-70

Ad ea rex satis placide verba facit: sese pacem cupere, sed Iugurthae fortunarum misereri; si eadem illi copia fieret, omnia conventura

Rursus imperator contra postulata Bocchi nuntios mittit; ille probare partim, alia abnuere

Eo modo saepe ab utroque missis remissisque nuntiis tempus procedere, et ex Metelli voluntate bellum intactum trahi

At Marius, ut supra diximus, cupientissima plebe consul factus, postquam ei prouinciam Numidiam popuIus iussit, antea iam infestus nobilitati, tum vero multus atque ferox instare; singulos modo, modo uniuersos laedere; dictitare sese consulatum ex victis illis spolia cepisse, alia praeterea magnifica pro se et illis dolentia
A tali parole il re risponde in tono assai conciliante, dicendo che desidera la pace, ma che ha pietà della sorte di Giugurta;Se a lui viene concessa la medesima opportunità, ogni accordo è possibile

Il comandante manda nuovamente dei messi per rispondere alle richieste di Bocco: ne approva alcune, altre le rifiuta

Così, tra messaggi inviati e messaggi ricevuti, il tempo passa e, come vuole Metello, la guerra si trascina senza mai cominciare

Mario, divenuto console, come s'è detto, grazie allo straordinario sostegno della plebe, dopo che gli fu assegnata la provincia della Numidia per decreto del popolo, ostile già prima nei confronti dei nobili, ne era divenuto avversario accanito e feroce; Attaccava ora i singoli ora l'intera classe; andava dicendo che lui aveva preso il consolato come bottino della vittoria riportata su di loro e faceva altre affermazioni per esaltare se stesso e avvilire quelli
Interim quae bello opus erant, prima habere: postulare legionibus supplementum, auxilia a populis et regibus arcessere, praeterea ex Latio sociisque fortissimum quemque, plerosque militiae, paucos fama cognitos, accire et ambiendo cogere homines emeritis stipendiis secum proficisci

Neque illi senatus, quamquam aduersus erat, de ullo negotio abnuere audebat

Ceterum supplementum etiam laetus decreverat, quia neque plebi militia volenti putabatur et Marius aut belli usum aut studia uulgi amissurus

Sed ea res frustra sperata: tanta libido cum Mario eundi plerosque invaserat

Sese quisque praeda locupletem fore, victorem domum rediturum, alia huiusce modi animis trahebant, et eos non paulum oratione sua Marius arrexerat
Intanto il suo primo pensiero era preparare la guerra: chiedeva rinforzi per le legioni, sollecitava l'invio di truppe ausiliarie da parte di popoli e di re alleati, inoltre faceva venire dal Lazio gli uomini più valorosi, che conosceva talora per fama, più spesso per diretta esperienza militare; A forza di promesse induceva a partire con lui anche veterani già congedati

Il senato, sebbene gli fosse ostile, non osava opporsi ad alcuna di queste misure

Fu anzi lieto di decretare i rinforzi per le legioni, perché si pensava che la plebe non fosse favorevole al servizio militare e che Mario avrebbe perduto o le risorse per la guerra o il favore del popolo

Ma la moltitudine fu così presa dalla smania di seguire Mario che le speranze del senato andarono deluse

Ognuno immaginava di arricchirsi col bottino di guerra, di ritornare in patria vincitore e altre cose simili; Del resto, Mario li aveva infervorati non poco con un suo discorso

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Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 106-110
Sallustio, Bellum Iugurthinum: Parte 106-110

Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 106-110

Nam postquam omnibus quae postulauerat, decretis milites scribere uult, hortandi causa simul et nobilitatem, uti consueuerat, exagitandi contionem populi aduocauit

Deinde hoc modo disseruit

Scio ego, Quirites, plerosque non isdem artibus imperium a vobis petere et, postquam adepti sunt, gerere: primo industrios supplices modicos esse, dein per ignaviam et superbiam aetatem agere

Sed mihi contra ea videtur: nam quo pluris est uniuersa res publica quam consulatus aut praetura, eo maiore cura illam administrari quam haec peti debere

Neque me fallit, quantum cum maximo vestro beneficio negoti sustineam

Bellum parare simul et aerario parcere, cogere ad militiam eos quos nolis offendere, domi forisque omnia curare et ea agere inter invidos occursantis factiosos opinione, Quirites, asperius est
Infatti, dopo aver ottenuto dal senato tutti i decreti che aveva richiesto, al momento di procedere all'arruolamento convocò l'assemblea sia per esortare i suoi che per attaccare la nobiltà, come era sua abitudine

Si espresse quindi in questi termini

So bene, Quiriti, che i più vi chiedono il potere in un modo e, ottenutolo, lo esercitano in un altro; Prima si mostrano attivi, deferenti e modesti; poi si rivelano negligenti e arroganti

Ma io la penso ben diversamente, perché quanto più importante è la repubblica nel suo complesso rispetto a un consolato o a una pretura, tanto più si deve preferire la cura effettiva dell'amministrazione dello Stato alla richiesta di queste cariche

So bene quanto sia impegnativo questo compito che io assumo per la vostra immensa benevolenza

Fare preparativi per la guerra senza intaccare l'erario, costringere al servizio militare persone che non si vorrebbero contrariare, aver cura di tutto sia in patria che all'estero e fare ciò tra la malevolenza, l'ostilità e gli intrighi, è, Quiriti, compito più difficile di quanto si possa supporre
Ad hoc, alii si deliquere, uetus nobilitas, maiorum fortia facta, cognatorum et affinium opes, multae clientelae, omnia haec praesidio assunt; mihi spes omnes in memet sitae, quas necesse est virtute et innocentia tutari; nam alia infirma sunt

Et illud intellego, Quirites, omnium ora in me conuersa esse, aequos bonosque fauere--quippe mea bene facta rei publicae procedunt--, nobilitatem locum invadendi quaerere

Quo mihi acrius annitendum est, uti neque vos capiamini et illi frustra sint

Ita ad hoc aetatis a pueritia fui, uti omnis labores et pericula consueta habeam

Quae ante vestra beneficia gratuito faciebam, ea uti accepta mercede deseram, non est consilium, Quirites
Aggiungete che se altri sbagliano trovano mille motivi di difesa: l'antica nobiltà, le gesta dei loro antenati, le ricchezze di consanguinei e parenti, la folla di clienti; Io, se ho speranze, le ho solo in me, e devo tutelarle con il mio valore e con la mia integrità; non posso contare su altro

Comprendo, Quiriti, che gli occhi di tutti sono rivolti a me, che i giusti e gli onesti mi sostengono, perché i miei successi tornano a vantaggio della repubblica, che la nobiltà, invece, è pronta ad attaccarmi

Tanto più devo darmi da fare perché voi non veniate irretiti e al tempo stesso quelli falliscano nei loro scopi

Dall'infanzia fino a questa età sono vissuto in mezzo a fatiche e pericoli di ogni genere

La condotta che io perseguivo senza mire di compenso prima di ottenere da voi questa carica, non intendo, Quiriti, cambiarla proprio ora che ho ricevuto la ricompensa

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Latino: dall'autore Sallustio, opera Bellum Iugurthinum parte Parte 01-05

Illis difficile est in potestatibus temperare, qui per ambitionem sese probos simulauere; mihi, qui omnem aetatem in optimis artibus egi, bene facere iam ex consuetudine in naturam vertit

bellum me gerere cum Iugurtha iussistis, quam rem nobilitas aegerrime tulit

Quaeso, reputate cum animis vestris, num id mutare melius sit, si quem ex illo globo nobilitatis ad hoc aut aliud tale negotium mittatis, hominem ueteris prosapiae ac multarum imaginum et nullius stipendi: scilicet ut in tanta re ignarus omnium trepidet, festinet, sumat aliquem ex populo monitorem offici sui

Ita plerumque evenit, ut, quem vos imperare iussistis, is sibi imperatorem alium quaerat
Moderarsi nell'esercizio del potere è difficile per coloro che si sono finti onesti durante la candidatura: per me, invece, che per tutta la vita mi sono dedicato all'esercizio della virtù, l'agire rettamente è diventato da abitudine, seconda natura

Voi mi avete incaricato di condurre la guerra contro Giugurta, provocando grave scontento nella nobiltà

Vi prego di riflettere bene e di vedere se non sia meglio cambiare parere destinando a questo incarico o ad un altro simile qualcuno della cerchia dei nobili, un uomo certo di antico lignaggio e ricco di ritratti di antenati, ma privo di esperienza militare: uno, voglio dire, che di fronte a un compito così gravoso, essendo del tutto incompetente, cominci ad agitarsi e ad affannarsi e alla fine prenda qualcuno del popolo a imbeccarlo nella sua condotta

Il più delle volte accade infatti che l'uomo da voi incaricato di comandare, cerchi per sé un altro comandante
Atque ego scio, Quirites, qui, postquam consules facti sunt, et acta maiorum et Graecorum militaria praecepta legere coeperint: praeposteri homines, nam gerere quam fieri tempore posterius, re atque usu prius est

Comparate nunc, Quirites, cum illorum superbia me hominem nouum

Quae illi audire aut legere solent, eorum partem vidi, alia egomet gessi; quae illi litteris, ea ego militando didici

Nunc vos existimate, facta an dicta pluris sint

Contemnunt novitatem meam, ego illorum ignaviam; mihi fortuna, illis probra obiectantur

Quamquam ego naturam unam et communem omnium existimo, sed fortissimum quemque generosissimum

Ac si iam ex patribus Albini aut Bestiae quaeri posset, mene an illos ex se gigni maluerint, quid responsuros creditis nisi sese liberos quam optimos voluisse
E so di alcuni, Quiriti, che, eletti consoli, cominciarono a leggere la storia dei nostri antenati e i trattati militari dei Greci: uomini che fanno le cose a rovescio perché, se nel tempo il comando viene dopo l'elezione, nella realtà e nella pratica deve venire prima

Ora, Quiriti, mettete a confronto me, uomo nuovo, con la superbia di questa gente

Ciò che costoro sono soliti udire o leggere, io in parte l'ho visto con i miei occhi, in parte l'ho fatto personalmente; ciò che essi hanno imparato sui libri, io l'ho imparato con il servizio effettivo

Ora giudicate voi se valgono più i fatti o le parole

Essi disprezzano la mia umile origine, io la loro inettitudine; A me si può rinfacciare la mia condizione, a loro una condotta disonorevole

Io ritengo che la natura sia unica e comune a tutti: è il valore che crea la vera nobiltà

Se si potesse chiedere al padre di Albino o di Bestia se preferirebbero avere generato me o loro, che cosa pensate che risponderebbero se non che avrebbero voluto per figli i più valorosi

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quod si iure me despiciunt, faciant item maioribus suis, quibus, uti mihi, ex virtute nobilitas coepit

Inuident honori meo: ergo invideant labori, innocentiae, periculis etiam meis, quoniam per haec illum cepi

Verum homines corrupti superbia ita aetatem agunt, quasi vestros honores contemnant; ita hos petunt, quasi honeste vixerint

Ne illi falsi sunt, qui diuersissimas res pariter expectant, ignaviae voluptatem et praemia virtutis

Atque etiam, cum apud vos aut in senatu verba faciunt, pleraque oratione maiores suos extollunt: eorum fortia facta memorando clariores sese putant

Quod contra est

Nam quanto vita illorum praeclarior, tanto horum socordia flagitiosior

Et profecto ita se res habet: maiorum gloria posteris quasi lumen est, neque bona neque mala eorum in occulto patitur
Se poi credono di avere il diritto di disprezzarmi, facciano altrettanto con i loro antenati, che, come me, hanno acquistato la nobiltà con il valore

Sono invidiosi della mia carica: lo siano dunque anche delle mie fatiche, della mia rettitudine, dei pericoli che ho affrontato, perché solo grazie a questi ho ottenuto il consolato

Invece, uomini guastati dalla superbia, vivono come se disprezzassero le cariche che voi conferite e poi ve le chiedono, come se fossero vissuti onestamente

Si sbagliano davvero, se sperano di raggiungere contemporanemente due obiettivi incompatibili fra loro: i piaceri dell'ozio e i premi del valore

E anche quando parlano dinanzi a voi o in Senato, in quasi tutti i discorsi esaltano i loro antenati: credono di nobilitare se stessi ricordando le imprese di quelli

Ma è proprio il contrario

quanto più fu gloriosa la vita dei loro antenati, tanto più è vergognosa la loro indolenza

E non può essere che così: la gloria degli antenati è come una luce che splende sui discendenti e non lascia nell'ombra né i loro vizi né le loro virtù

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