ed ha avuto la sua formazione nella bottega di Squarcione, dove ha preso familiarità con oggetti antichi, decorazioni e statue, poiché Squarcione era un antiquario, amava collezionare oggetti antichi. Nonostante sia un artista del nord è fortemente influenzato dall'arte di Donatello, che aveva lavorato a Padova. Nei suoi dipinti, le figure hanno un forte accento scultoreo, sono imponenti: difatti l'artista era capace di "scolpire" utilizzando il pennello.
Nel 1451 gli viene affidato il ciclo di affreschi nella cappella Ovetari a Padova, con argomento il martirio di san Giacomo.
San Giacomo davanti a Erode. Mantegna era un erudita, un sapiente, gran conoscitore della prospettiva matematica e maestro nell'utilizzo del chiaroscuro e della linea incisiva: la sua unica pecca era quella di essere piuttosto ripetitivo e poco creativo. La prospettiva diagonale viene accentuata dagli imponenti archi di trionfo, le cui decorazioni vengono create proprio dall'artista (gran esperto dell'arte decorativa antica). Nella scena, Erode Agrippa giudica il santo in un contesto particolarmente scultoreo, dato dall'architettura classica.
San Giacomo condotto al martirio. La prospettiva stavolta è ripresa dal basso verso l'alto, accentuata dallo straordinario arco voltato a botte dell'arco di trionfo. I particolari caratterizzano il dipinto, opera della sapienza di Mantegna. Vi è san Giacomo che davanti all'arco benedice un aguzzino che si è appena convertito, mentre gli altri lo guardano. A destra, la massa popolare cerca di infrangere la barriera delle guardie.
Vi è un cambiamento d'atmosfera da sinistra verso destra: dalla calma spirituale del santo si passa al trambusto della popolazione. Il parallelo tra storia e presente è anche dato dall'architettura padovana opposta a quella antica. L'atteggiamento delle figure è solenne, scultoreo.