quae, cum uiros suos clandestinis insidiis ueneno perimerent, unius ancillae indicio protractae, pars capitali iudicio damnatae C et septuaginta numerum expleuerunt Tibicinum quoque collegium solet in foro uulgi oculos in se conuertere, cum inter publicas priuatasque serias actiones personis tecto capite uariaque ueste uelatum concentus edit inde tracta licentia; quondam uetiti in aede Iouis, quod prisco more factitauerant, uesci Tibur irati se contulerunt quorum ministerio senatus deserta sacra non aequo animo ferens per legatos a Tiburtibus petiit ut eos gratia sua Romanis templis restituerent quos illi in proposito perseuerantes interposita festae epulationis simulatione mero somnoque sopitos plaustris in urbem deuehendos curauerunt |
Costoro, responsabili dell'eliminazione dolosa dei loro mariti, su denunzia di un'ancella furono in parte condannate a morte in numero di centosettanta Suole suscitare l'attenzione generale nel Foro anche il collegio dei flautisti, allorché, nel corso di solenni cerimonie pubbliche e private, travestito, con la testa velata e con abiti variopinti esegue delle musiche Da qui a certe licenze il passo fu breve: un giorno che fu loro impedito di mangiare nel tempio di Giove come avevano sempre fatto per antica tradizione, in preda all'ira se ne andarono a Tivoli Ma il senato, mal sopportando che le cerimonie sacre fossero rimaste prive delle loro prestazioni, chiesero ai Tiburtini, tramite una legazione, che interponessero i loro uffici per farli tornare ai templi di Roma E poiché costoro perseveravano nel loro proposito, i Tiburtini organizzarono a bella posta un banchetto sacro, e quando i flautisti furono preda del vino e dei sonno, lì riportarono addormentati su carri a Roma |
quibus et honos pristinus restitutus et huiusce lusus ius est datum personarum usus pudorem circumuentae temulentiae causam habet Fuit etiam illa simplicitas antiquorum in cibo capiendo humanitatis simul et continentiae certissima index: nam maximis uiris prandere et cenare in propatulo uerecundiae non erat nec sane ullas epulas habebant, quas populi oculis subicere erubescerent erant adeo continentiae adtenti, ut frequentior apud eos pultis usus quam panis esset, ideoque in sacrificiis mola quae uocatur ex farre et sale constat exta farre sparguntur et pullis, quibus auspicia petuntur, puls obicitur primitiis enim et libamentis uictus sui deos eo efficacius quo simplicius placabant |
Essi riebbero le precedenti onorevoli prerogative e fu loro concesso il diritto di ripetere questo scherzo L'uso delle maschere ha la sua giustificazione ed origine nella vergogna per la scoperta del loro stato di ubriachezza [5] Indizio infallibile di semplicità e, insieme, di continenza fu l'antica frugalità: infatti uomini di altissima reputazione non si vergognavano di fare pranzo o colazione all'aperto Né certo partecipavano a banchetti tali, che si vergognassero di offrire agli sguardi del popolo Ed erano così attenti alla continenza, che usavano mangiare più spesso polenta che pane: é proprio per questo che il cosiddetto cruschello usato nei sacrifici è fatto di farro e di sale Le interiora delle vittime sono cosparse di farro, e ai polli, con la cui osservazione vengono chiesti gli auspici, viene data in pasto della polenta In sostanza placavano con un'efficacia pari alla semplicità gli dèi per mezzo di primizie ed offerte, costituite dai loro stessi cibi |
Et ceteros quidem ad benefaciendum uenerabantur, Febrem autem ad minus nocendum templis colebant, quorum adhuc unum in Palatio, alterum in area Marianorum monumentorum, tertium in summa parte uici longi extat, in eaque remedia, quae corporibus aegrorum adnexa fuerant, deferebantur haec ad humanae mentis aestus leniendos cum aliqua usus ratione excogitata ceterum salubritatem suam industriae certissimo ac fidelissimo munimento tuebantur, bonaeque ualitudinis eorum quasi quaedam mater erat frugalitas, inimica luxuriosis epulis et aliena nimiae uini abundantiae et ab inmoderato ueneris usu auersa |
[6] Quanto agli altri dèi, li veneravano per averne dei benefici, mentre la dea Febbre era onorata, perché non nuocesse, in templi, dei quali uno si trova ancor oggi sul Palatino, un altro nella zona dei monumenti di Mario, e il terzo nella parte terminale del Ficus Longus: in essi veniva raccolto tutto ciò che fosse servito di rimedio al contatto col corpo dei malati Tali oggetti erano stati escogitati con l'esperienza, per lenire il delirio derivante dallo stato febbrile Del resto la loro salute era protetta in maniera sicura ed infallibile dalla stessa vita attiva che conducevano, e madre del benessere fisico era la frugalità, nemica dei banchetti lussuosi, aliena dagli eccessi nel bere e moderata nei rapporti sessuali |
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Idem sensit proxima maiorum nostorum grauitati Spartana ciuitas, quae seuerissimis Lycurgi legibus obtemperans aliquamdiu ciuium suorum oculos a contemplanda Asia retraxit, ne inlecebris eius capti ad delicatius uitae genus prolaberentur: audierant enim inde lautitiam et inmodicos sumptus et omnia non necessariae uoluptatis genera fluxisse, primosque Ionas unguenti coronarumque in conuiuio dandarum et secundae mensae ponendae consuetudinem haud parua luxuriae inritamenta repperisse ac minime mirum est quod homines labore ac patientia gaudentes tenacissimos patriae neruos externarum deliciarum contagione solui et hebetari noluerunt, cum aliquanto faciliorem uirtutis ad luxuriam quam luxuriae ad uirtutem transitum uiderent |
Rigore e severità di costumi pari a quelli dei nostri avi vigevano tra gli Spartani, i quali, obbedendo alle implacabili leggi di Licurgo, furono per qualche tempo distolti dallo specchiarsi sugli Asiatici, perché, attratti dalla loro corruzione, non si lasciassero andare a forme di vita troppo effeminate: avevano, in realtà, sentito dire che da li promanavano lusso, spese smoderate ed ogni genere di piaceri non necessari, e ch'erano stati gli Ioni a scoprire, come noti piccoli incentivi alla lussuria, l'uso degli unguenti e delle verone di fiori da scambiarsi nei conviti e delle seconde mense Perciò non c'è affatto da meravigliarsi se uomini, adusi a soffrire e a sopportare volentieri, non vollero che il vigore civile s'infiacchisse al contagio con il lusso straniero: essi capivano che era più facile passare dalla virtù al vizio che dal vizio alla virtù |
quod eos non frustra timuisse dux ipsorum Pausanias patefecit, qui maximis operibus editis, ut primum se Asiae moribus permisit, fortitudinem suam effeminato eius cultu mollire non erubuit Eiusdem ciuitatis exercitus non ante ad dimicandum descendere solebant quam tibiae concentu et anapaesti pedis modulo cohortationis calorem animo traxissent, uegeto et crebro ictus sono strenue hostem inuadere admoniti idem ad dissimulandum et occultandum uulnerum suorum cruorem punicis in proelio tunicis utebantur, non ne ipsis aspectus eorum terrorem, sed ne hostibus fiduciae aliquid adferret Egregios uirtutis bellicae spiritus Lacedaemoniorum prudentissimi pacis moribus Athenienses subsecuntur, apud quos inertia e latebris suis languore marcens in forum perinde ac delictum aliquod protrahitur fitque ut non facinorosae, ita erubescendae rea culpae |
Che essi non temessero invano, dimostrò il loro stesso generale Pausanla, il quale, dopo aver compiuto illustrissime imprese, appena venne a contatto con i costumi asiatici, non arrossi di effeminare in questo modo la sua fortezza [2] Gli eserciti spartani non solevano scendere in combattimento prima di essersi infiammati nell'animo al suono dei flauti e al canto di ritmi anapestici: così erano incitati ad affrontare strenuamente il nemico da quel suono vigoroso ed affrettatamente ritmi Loro stessi usavano in battaglia tuniche rosse per dissimulare ed occultare il sangue delle proprie ferite, non perché tale vista non facesse foro paura, ma perché i nemici non ne fossero in misura alcuna imbaldanziti [3] Agli egregi spiriti bellicosi degli Spartani seguono, maestri nelle arti della pace, gli Ateniesi, presso i quali l'inerzia, languidamente marcescendo, esce fuori dalle sue latebre per entrare nel Foro ed è, come fosse un delitto, esposta a pubbliche accuse e considerata rea di una colpa non tanto scellerata quanto vergognosa |
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Eiusdem urbis et sanctissimum consilium Areios pagus quid quisque Atheniensium ageret aut quonam quaestu sustentaretur diligentissime inquirere solebat, ut homines honestatem, uitae rationem memores reddendam esse, sequerentur Eadem bonos ciues corona decorandi prima consuetudinem introduxit, duobus oleae conexis ramulis clarum Periclis cingendo caput, probabile institutum, si rem siue personam intueri uelis: nam et uirtutis uberrimum alimentum est honos et Pericles dignus a quo talis muneris dandi potestas potissimum initium caperet Age, quid illud institutum Athenarum, quam memorabile, quod conuictus a patrono libertus ingratus iure libertatis exuitur supersedeo te inquit habere ciuem tanti muneris impium aestimatorem nec adduci possum ut credam urbi utilem quem domui scelestum cerno |
[4] Istituzione della stessa Atene, il venerando consesso dell'Areopago soleva investigare con la massima a sulle azioni di ogni Ateniese e sulle fonti dei suoi guadagni, perché i cittadini, ricordando di dover rendere conto della propria maniera di vivere, avessero per guida l'onestà [5] Fu anche Atene ad introdurre fa consuetudine di onorare i buoni cittadini con una corona, recingendola nobile testa di Pericle di due ramoscelli intrecciati di ulivo: uso encomiabile, se si guarda sia al fatto che alla persona: perché un'onorifica ricompensa è il nutrimento più fecondo della virtù e Pericle fu più di ogni altro degno di inaugurare fa facoltà di concedere tale riconoscimento [6] E che dire poi della ben memorabile norma ateniese, secondo fa quale un liberto convinto d'ingratitudine dal padrone davanti ai giudici viene privato della sua condizione di libero Rinunzio, dice, m ad averti come mio concittadino, perché ti sei rivelato un empio estimatore di così gran dono, né posso essere indotto a credere utile alla cittadinanza colui che vedo comportarsi da furfante verso fa mia casa |
abi igitur et esto seruus, quoniam liber esse nescisti Idem Massilienses quoque ad hoc tempus usurpant, disciplinae grauitate, prisci moris obseruantia, caritate populi Romani praecipue conspicui qui tres in eodem manumissiones rescindere permittunt, si ter ab eo[dem] deceptum dominum cognouerunt quarto errori subueniendum non putant, quia sua iam culpa iniuriam accepit, qui ei se totiens obiecit Eadem ciuitas seueritatis custos acerrima est, nullum aditum in scaenam mimis dando, quorum argumenta maiore ex parte stuprorum continent actus, ne talia spectandi consuetudo etiam imitandi licentiam sumat omnibus autem, qui per aliquam religionis simulationem alimenta inertiae quaerunt, clausas portas habet, [et] mendacem et fucosam superstitionem submouendam esse existimans |
Vattene, dunque, e torna d'ora in poi ad essere servo, poiché non hai saputo esser libero Uguale istituzione hanno ai nostri giorni i Marsigliesi, i quali sono famosi per fa serietà di educazione, per il rispetto verso la tradizione e per la foro calda e leale amicizia verso il popolo romano Essi permettono che sia annullata per tre volte fa liberazione di uno stesso schiavo, se appurano che il padrone ne sia stato ingannato tre volte Ritengono che non gli si debba perdonare una quarta volta, perché si è fatto colpevolmente offendere chi si è già tante volte esposto all'offensore La gente di Marsiglia è anche custode attentissima della pubblica moralità, non concedendo ai mimi la facoltà di presentarsi sulla scena, dove essi solitamente rappresentano soggetti scabrosi ed osceni, perché il ripetersi di simili spettacoli non faccia venire la voglia d'imitarli Non c'è posto, tra loro, per gente che sotto l'apparenza della pietà religiosa viva neghittosamente, e la ragione è ch'essi credono che la superstizione bugiarda e simulata vada tenuta lontana |
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ceterum a condita urbe gladius est ibi, quo noxii iugulantur, rubigine quidem exesus et uix sufficiens ministerio, sed index in minimis quoque rebus omnia antiquae consuetudinis monumenta seruantium Duae etiam ante portas eorum arcae iacent, altera qua liberorum, altera qua seruorum corpora ad sepulturae locum plaustro deuehuntur sine lamentatione, sine planctu luctus funeris die domestico sacrificio adhibitoque necessariorum conuiuio finitur: etenim quid adtinet aut humano dolori indulgeri aut diuino numini inuidiam fieri, quod inmortalitatem suam nobiscum partiri noluerit |
Del resto li si trova, fin dalla fondazione della città, una spada che serve a giustiziare i colpevoli, rosa dalla ruggine e appena sufficiente alla necessità, ma testimonianza di quanto i Marsigliesi siano legati alla tradizione di conservare, anche nelle cose più piccole, i monumenti dell'antico loro costume Davanti alle porte della loro città giacciono anche due casse funebri, che servono al trasporto su un carro, fino al luogo della sepoltura, l'una dei liberi, l'altra dei servi: tali cerimonie si svolgono senza lamentazioni e senza segni esteriori di lutto Le manifestazioni nel giorno dei funerali hanno termine con un sacrificio celebrato nell'intimità e con un banchetto riservato ai parenti: infatti, che significato avrebbe abbandonarsi al dolore o prendersela con la volontà divina, per non aver voluto rendere anche noi partecipi dell'immortalità |
Venenum cicuta temperatum in ea ciuitate publice custoditur, quod datur ei, qui causas sescentis id enim senatus eius nomen est exhibuit, propter quas mors sit illi expetenda, cognitione uirili beniuolentia temperata, quae neque egredi uita temere patitur et sapienter excedere cupienti celerem fati uiam praebet, ut uel aduersa uel prospera nimis usis fortuna utraque enim finiendi spiritus, illa, ne perseueret, haec, ne destituat, rationem praebuerit conprobato exitu terminetur | In quella città viene conservato pubblicamente il veleno preparato con la cicuta, che viene fatto bere a colui che abbia esposto ai Seicento coni ha nome il loro senato i motivi per i quali debba desiderate la morte; e ciò dopo un'inchiesta condotta con virile benevolenza, la quale non permette a nessuno di abbandonare la vita senza un giusto motivo ed offre saggiamente a chi desidera porre fine ai suoi giorni un trapasso dolce e rapido, onde coloro che hanno avuto o troppo avversa o troppo favorevole fortuna ambedue le condizioni danno luogo al suicidio: la prima, nel timore che possa continuare, la seconda, che abbia fine pongano termine alla vita in una maniera che riscuota la pubblica approvazione |
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Quam consuetudinem Massiliensium non in Gallia ortam, sed ex Graecia translatam inde existimo, quod illam etiam in insula Cea seruari animaduerti, quo tempore Asiam cum Sex Pompeio petens Iulidem oppidum intraui: forte enim euenit ut tunc summae dignitatis ibi femina, sed ultimae iam senectutis, reddita ratione ciuibus cur excedere uita deberet, ueneno consumere se destinarit mortemque suam Pompei praesentia clariorem fieri magni aestimaret nec preces eius uir ille, ut omnibus uirtutibus, ita humanitatis quoque laude instructissimus, aspernari sustinuit uenit itaque ad eam facundissimoque sermone, qui ore eius quasi e beato quodam eloquentiae fonte manabat, ab incepto consilio diu nequicquam reuocare conatus ad ultimum propositum exequi passus est |
[8] Che questa consuetudine dei Marsigliesi non abbia avuto origine in Gallia, ma vi sia stata trasferita dalla Grecia, ritengo in base a quel che personalmente rilevai nell'isola di Ceo, allorquando, diretto nella provincia d'Asia al seguito di Sesto Pompeo, entrai nella città di Iuli: ivi avvenne per caso allora che una donna di nobilissima condizione, ma ormai in tarda età, resa ragione ai suoi concittadini del motivo per cui doveva morire, decise di suicidarsi avvelenandosi e pensò che la sua morte sarebbe stata nobilitata dalla presenza di Pompeo II quale, valoroso e a un tempo d'animo nobilissimo qual era universalmente riconosciuto, non ebbe il coraggio di far torto alle parole della vecchia Si recò dunque presso di lei e, dopo aver tentato invano e a lungo di distoglierla dalla decisione usando quel parlare convincente che sgorgava dalla sua bocca come un puro fonte di eloquenza, si rassegnò infine a che ella portasse a termine il suo proposito |