Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

[1] Gaio Vipstano C Fonteio consulibus diu meditatum scelus non ultra Nero distulit, vetustate imperii coalita audacia et flagrantior in dies amore Poppaeae, quae sibi matrimonium et discidium Octaviae incolumi Agrippina haud sperans crebris criminationibus, aliquando per facetias incusare principem et pupillum vocare, qui iussis alienis obnoxius non modo imperii, sed libertatis etiam indigeret

cur enim differri nuptias suas

formam scilicet displicere et triumphales avos, an fecunditatem et verum animum

timeri ne uxor saltem iniurias patrum, iram populi adversus superbiam avaritiamque matris aperiat
1 Nell'anno dei consoli Gaio Vipstano e Gaio Fronteio, Nerone, in cui per la consuetudine al potere era cresciuta l'audacia e che di giorno in giorno bruciava sempre più di passione per Poppea, non volle rimandare un delitto a lungo meditato; Poppea, non potendo sperare, se viva Agrippina, che Nerone la sposasse e divorziasse da Ottavia, con frequenti recriminazioni e talvolta sarcasmi assillava il principe e lo definiva un pupillo, perché, sottomesso agli ordini altrui, non solo non controllava l'impero, ma neppure la sua libertà personale

Perché allora rimandare le nozze

Non gli piaceva la sua bellezza e sdegnava i suoi antenati, coperti di trionfi, non credeva alla sua fecondità e ai suoi sentimenti sinceri

O temeva che, divenuta sua moglie, gli aprisse gli occhi sui soprusi commessi da Agrippina nei confronti dei senatori e sull'avversione del popolo contro la superbia e l'avidità di sua madre
quod si nurum Agrippina non nisi filio infestam ferre posset, redde[re]tur ipsa Othonis coniugio: ituram quoque terrarum, ubi audiret potius contumelias imperatoris quam viseret periculis eius immixta

haec atque talia lacrimis et arte adulterae penetrantia nemo prohibebat, cupientibus cunctis infringi potentiam matris et credente nullo usque ad caedem eius duratura filii odia
E se Agrippina non poteva sopportare come nuora altri che una donna ostile a suo figlio, la lasciasse tornare a essere moglie di Otone: preferiva andarsene in qualsiasi parte del mondo, dove sentir raccontare gli affronti rivolti all'imperatore, piuttosto che averli sotto gli occhi, coinvolta nei pericoli da lui corsi

Di fronte a simili sfoghi, che facevano presa, attraverso le lacrime e le sue risorse di amante, su Nerone, nessuno si opponeva, nel desiderio comune di vedere spezzata la prepotenza della madre, e anche perché nessuno credeva che l'odio del figlio sarebbe giunto fino a volerla morta
[2] Tradit Cluvius ardore retinendae Agrippinam potentiae eo usque provectam, ut medio diei, cum id temporis Nero per vinum et epulas incalesceret, offerret se saepius temulento comptam in incesto paratam; iamque lasciva oscula et praenuntias flagitii blanditias adnotantibus proximis, Senecam contra muliebris inlecebras subsidium a femina petivisse, immissamque Acten libertam, quae simul suo periculo et infamia Neronis anxia deferret pervulgatum esse incestum gloriante matre, nec toleraturos milites profani principis imperium

Fabius Rusticus non Agrippinae sed Neroni cupitum id memorat eiusdemque libertae astu disiectum
2 Narra Cluvio che Agrippina, per la smania di mantenere la sua potenza, in pieno giorno, quando col vino e i cibi cresceva la foia di Nerone, sia giunta al punto di offrirsi a lui ubriaco, seducente e pronta all'incesto e che, notando gli intimi lì presenti i baci lascivi e le carezze come avvisaglia di quell'obbrobrio, Seneca, per contrastare quell'adescamento femminile, sia ricorso a un'altra donna, facendo intervenire la liberta Atte, la quale, preoccupata dei suoi rischi personali e dell'infamia di Nerone, lo informasse delle voci circolanti sull'incesto, per le vanterie della madre, e che i soldati non avrebbero consentito di lasciare l'impero a un principe incestuoso

Fabio Rustico ricorda invece che a desiderare quell'infamia non sia stata Agrippina, bensì Nerone, e che a distoglierlo sia intervenuta l'astuta mossa della stessa libertà

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Tacito, Annales: Libro 13, 01-24
Tacito, Annales: Libro 13, 01-24

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 01-24

sed quae Cluvius, eadem ceteri quoque auctores prodidere, et fama huc inclinat, seu concepit animo tantum immanitatis Agrippina, seu credibilior novae libidinis meditatio in ea visa est, quae puellaribus annis stuprum cum M Lepido spe dominationis admiserat, pari cupidine usque ad libita Pallantis provoluta et exercita ad omne flagitium patrui nuptiis

[3] Igitur Nero vitare secretos eius congressus, abscedentem in hortos aut Tusculanum vel Antiatem in agrum laudare, quod otium capesseret

Postremo, ubicumque haberetur, praegravem ratus interficere constituit, hactenus consultans, veneno an ferro vel qua alia vi

Placuitque primo venenum
Ma la versione di Cluvio è confermata anche da altri storici, e a essa inclina la voce pubblica: Agrippina avrebbe davvero concepito un atto così mostruoso, o forse è parso plausibile attribuire a lei il pensiero di questa orrenda libidine, lei che si era data, ancora giovanissima, per sete di potere, a Lepido, e che, sempre per la stessa smania, aveva tranquillamente accettato di compiacere a Pallante, e che, dopo le nozze con lo zio, era rotta a ogni turpitudine

3 Nerone dunque cominciò ad evitare di incontrarsi da solo con la madre e, quando lei si recava nei propri giardini o nelle ville di Tuscolo o di Anzio, esprimeva approvazione per quella ricerca di svago

Ma alla fine, considerando che la madre, ovunque fosse, era per lui un peso gravoso, decise di ucciderla; l'unico problema era se col veleno o col ferro o con altra violenza

In un primo tempo decise per il veleno
Sed inter epulas principis si daretur, referri ad casum non poterat tali iam Britannici exitio; et ministros temptare arduum videbatur mulieris usu scelerum adversus insidias intentae; atque ipsa praesumendo remedia munierat corpus

ferrum et caedes quonam modo occultaretur, nemo reperiebat; et ne quis illi tanto facinori delectus iussa sperneret metuebat

obtulit ingenium Anicetus libertus, classi apud Misenum praefectus et pueritiae Neronis educator ac mutuis odiis Agrippinae invisus

ergo navem posse componi docet, cuius pars ipso in mari per artem soluta effunderet ignaram: nihil tam capax fortuitorum quam mare; et si naufragio intercepta sit, quem adeo iniquum, ut sceleri adsignet, quod venti et fluctus deliquerint
Ma, se propinato alla mensa del principe, sarebbe poi stato impossibile parlare di un caso, col precedente di Britannico; e sembrava ardua impresa corrompere i servi di una donna vigile contro le insidie, proprio per la sua familiarità col delitto; tanto più che Agrippina si era immunizzata, con preventiva assunzione di antidoti

Inimmaginabile, poi, nascondere un delitto di spada; e temeva che la persona incaricata di un gesto così grave, si rifiutasse

Gli suggerì un'abile soluzione il liberto Aniceto, comandante della flotta di stanza al capo Miseno, già incaricato di educare Nerone fanciullo, odioso ad Agrippina e da lui ricambiata

Illustra dunque al principe la possibilità di costruire una nave, parte della quale, azionata da un congegno, potesse sganciarsi, una volta in mare, e far così precipitare in acqua, di sorpresa, la madre: nulla è imprevedibile come il mare, e se Agrippina fosse perita in un naufragio - diceva - chi sarebbe stato tanto fazioso da imputare a delitto un increscioso incidente dovuto ai venti e alle onde

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Tacito, Annales: Libro 15, 36-75
Tacito, Annales: Libro 15, 36-75

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 15, 36-75

additurum principem defunctae templum et aras et cetera ostentandae pietati

[4] Placuit sollertia, tempore etiam iuta, quando Quinquatruum festos dies apud Baias frequentabat

illuc matrem elicit, ferendas parentium iracundias et placandum animum dictitans, quo rumorem reconciliationis efficeret acciperetque Agrippina, facili feminarum credulitate ad gaudia

venientem dehinc obvius in litora (nam Antio adventabat) excepit manu et complexu ducitque Baulos

id villae nomen est, quae promunturium Misenum inter et Baianum lacum flexo mari adluitur

stabat inter alias navis ornatior, tamquam id quoque honori matris daretur: quippe sueverat triremi et classiariorum remigio vehi

ac tum invitata ad epulas erat, ut occultando facinori nox adhiberetur
Il principe avrebbe poi innalzato alla madre morta un tempio, altari e mostrato altri segni della sua pietà filiale

4 Piacque a Nerone quell'idea ingegnosa, favorita anche dalle circostanze, perché si celebrava a Baia la festa delle Quinquatrie

Lì attira la madre, con ripetute affermazioni che era doveroso sopportare i malumori delle madri e rappacificare gli animi, e questo per diffondere le voci di una riconciliazione, cui Agrippina desse credito, e ciò grazie alla credulità delle donne verso ciò che fa loro piacere

La accolse all'arrivo, incontrandola sulla spiaggia (perché veniva da Anzio), la prese per mano, la abbracciò e la condusse a Bauli

questo il nome di una villa sul mare, nell'insenatura tra il capo Miseno e il lago di Baia

Era ormeggiata, fra le altre, una nave con ornamenti più fastosi, come se anche questo fosse un segno d'onore offerto alla madre: Agrippina infatti soleva servirsi di una trireme con equipaggio militare

Fu invitata a cena, perché, a nascondere il delitto, era indispensabile la notte
satis constitit extitisse proditorem, et Agrippinam auditis insidiis, an crederet ambiguam, gestamine sellae Baias pervectam

ibi blandimentum sublevavit metum: comiter excepta superque ipsum collocata

iam pluribus sermonibus, modo familiaritate iuvenili Nero et rursus adductus, quasi seria consociaret, tracto in longum convictu, prosequitur abeuntem, artius oculis et pectori haerens, sive explenda simulatione, seu pe[ri]turae matris supremus adspectus quamvis ferum animum retinebat

[5] Noctem sideribus inlustrem et placido mari quietam quasi convincendum ad scelus dii praebuere
Girò insistente la voce che ci fosse una spia e che Agrippina, conosciuta la trappola, incerta se credervi, sia tornata a Baia in lettiga

Ma lì le premure del figlio dissiparono ogni paura: fu accolta con affetto e collocata al posto d'onore

Nerone conversava su svariati argomenti, ora con giovanile spontaneità, ora pensieroso, come se volesse farla partecipe di problemi seri; trascinò a lungo il banchetto, la accompagnò alla partenza e se la strinse al petto, guardandola negli occhi; era il gesto conclusivo di tutta una finzione, o forse il vedere per l'ultima volta la madre, che si avviava alla morte, impresse al suo animo, pur così feroce, un attimo di esitazione

5 Chiara di stelle e quieta su un placido mare fu la notte offerta dagli dèi, quasi a dare la prova del delitto

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Tacito, Annales: Libro 16, 01-35
Tacito, Annales: Libro 16, 01-35

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 16, 01-35

nec multum erat progressa navis, duobus e numero familiarium Agrippinam comitantibus, ex quis Crepereius Gallus haud procul gubernaculis adstabat, Acerronia super pedes cubitantis reclinis paenitentiam filii et recuperatam matris gratiam per gaudium memorabat, cum dato signo ruere tectum loci multo plumbo grave, pressusque Crepereius et statim exanimatus est: Agrippina et Acerronia eminentibus lecti parietibus ac forte validioribus, quam ut oneri cederent, protectae sunt

nec dissolutio navigii sequebatur, turbatis omnibus et quod plerique ignari etiam conscios impediebant

visum dehinc remigibus unum in latus inclinare atque ita navem submergere; sed neque ipsis promptus in rem subitam consensus, et alii contra nitentes dedere facultatem lenioris in mare iactus
La nave non s'era molto staccata dalla riva, e Agrippina stava con due persone del suo seguito, Crepereio Gallo, non lontano dal timone, e Acerronia, che, china ai piedi di lei coricata, andava rievocando con gioia il pentimento del figlio e il favore riacquistato della madre, quando, a un segnale, il tetto della cabina, appesantito da un carico di piombo, rovinò schiacciando Crepereio, che subito morì: Agrippina e Acerronia furono protette dalle alte fiancate del letto, solo per caso abbastanza resistenti da non cedere sotto il peso

Nello scompiglio generale, non seguì lo sfasciamento della nave, perché i molti ignari intralciavano chi era al corrente

Allora i rematori pensarono di inclinare l'imbarcazione su un fianco e così farla affondare, ma il movimento necessario non fu simultaneo e lo sforzo compiuto da altri di manovrare in senso contrario attutì il colpo del rovesciamento in mare
verum Acerronia, imprudentia dum se Agrippinam esse utque subveniretur matri principis clamitat, contis et remis et quae fors obtulerat navalibus telis conficitur

Agrippina silens eoque minus agnita (unum tamen vulnus umero excepit) nando, deinde occursu lenunculorum Lucrinum in lacum vecta villae suae infertur
Acerronia, però, messasi, incauta, a gridare di essere Agrippina e che portassero aiuto alla madre del principe, viene finita con dei pali, con remi e con attrezzi navali presi a caso

Agrippina, in silenzio, e quindi non riconosciuta (aveva però una ferita alla spalla) prima a nuoto e poi su una barca da pesca sopraggiunta, è condotta al lago Lucrino e, da lì, nella sua villa

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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte libro 14, 40-65

[6] Illic reputans ideo se fallacibus litteris accitam et honore praecipuo habitam, quodque litus iuxta, non ventis acta, non saxis impulsa navis summa sui parte veluti terrestre machinamentum concidisset, observans etiam Acerroniae necem, simul suum vulnus adspiciens, solum insidiarum remedium esse [sensit], si non intellegerentur; misitque libertum Agermum, qui nuntiaret filio benignitate deum et fortuna eius evasisse gravem casum; orare ut quamvis periculo matris exterritus visendi curam differret; sibi ad praesens quiete opus

atque interim securitate simulata medicamina vulneri et fomenta corpori adhibet; testamentum Acerroniae requiri bonaque obsignari iubet, id tantum non per simulationem
6 Qui cominciò a riflettere e capì che per questo l'avevano chiamata con un invito ingannevole e accolta con singolare favore; e capì come mai la nave, vicino alla costa, non sbattuta dai venti, senza urtare sugli scogli, era crollata nella parte superiore, come un edificio eretto sulla terra; considerava anche la morte di Acerronia e guardava la propria ferita; comprese che l'unico rimedio alla trappola era fingere di non averla capita e mandò il liberto Agermo ad annunciare a suo figlio che, per benevolenza degli dèi e assistita dalla fortuna, era scampata a quel grave incidente e lo pregava, per quanto scosso dal pericolo corso dalla madre, di rimandare l'affettuoso gesto di venirla a trovare: per il momento aveva bisogno solo di riposo

Intanto, affettando sicurezza, provvede a medicare la ferita e a ristorare il corpo; fa cercare il testamento di Acerronia e mettere sotto sequestro i suoi beni: fu l'unico gesto senza finzioni

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