La madre possedeva origine italiana e il padre aveva origini austriache. Dal fatto di essere metà italiano e metà austriaco e di avere questa duplicità culturale nasce il suo nome d'arte: Italo Svevo. La stessa Trieste era una città multiculturale e quindi anche la formazione di Svevo fu doppia: dopo l'istruzione primaria a Trieste finì gli studi in Baviera, imparando l'arte commerciale perché il padre desiderava che seguisse le sue orme, tornato a Trieste continuò tuttavia ad interessarsi agli studi umanistici. Nel 1880 il padre fallì nella sua attività e Italo Svevo conobbe così l'esperienza della declassazione, passando dall'agiatezza economica borghese ad una condizione di ristrettezza. Fu, quindi, costretto a lavorare per 18 anni in banca.
Il lavoro impiegatizio era per lui arido ed opprimente (la sua esperienza si trova descritta in quella di Alfonso Nitti in "Una Vita"). Intanto collabora con il giornale "l'indipendente", aderì al positivismo e al naturalismo e scrisse il suo primo romanzo intitolato prima "Un inetto" e poi Una vita. L'autore lo pubblicò a proprie spese nel 1892 senza riscuotere successo. Nel 1898 pubblica Senilità prima a puntate e poi in un volume a spese proprie. Anche questo romanzo non ebbe successo e Svevo decise di non scrivere più. Nel 1895 morì la madre, alla quale Svevo era molto legato, l'anno successivo si sposò con la cugina Livia, e lavorò presso la fabbrica del suocero non scrivendo più fino al 1918. Tuttavia l'interesse di Svevo per la letteratura non si era del tutto spento. Il bisogno di scrivere riaffiorò sotto il pretesto del fine pratico di "capirsi meglio", ma non mancano gli scritti in cui si possa notare un interesse dell'autore per la cultura in generale e più specificatamente per la letteratura.
Negli anni tra l'ingresso nell'attività industriale e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Svevo imparò l'inglese, suo insegnante era James Joice, non ancora famoso con cui nasce una solida amicizia. Nel 1910 avvenne l'incontro con la psicoanalisi, per la quale Svevo nutre grandi sospetti, ma allo stesso tempo ne è molto affascinato, iniziò infatti a leggere le opere di Freud. Durante la guerra quando la fabbrica venne fatta chiudere temporaneamente Svevo decise di riavvicinarsi alla scrittura.
Nel 1919 comincia a scrivere il suo terzo romanzo: "La coscienza di Zeno" che pubblica nel 1923 a sue spese. Svevo si rivolge a Joice per pubblicizzare il suo romanzo che lo fa conoscere ai più grandi critici europei. In Italia venne letto da Montale che, apprezzandolo molto, ne decretò il successo: nel 1925 esce sulla rivista "L'esame" il saggio di Montale dedicato a Italo Svevo. E nel 1926 in una rivista francese escono traduzioni e saggi su Svevo. Questi riconoscimenti costituirono per Svevo uno stimolo alla scrittura e negli anni successivi si dedicò a nuovo lavori ma morì in un incidente nel 1928.