Cesare, De bello civili: Libro 03, 11-20, pag 2

Cesare, De bello civili: Libro 03, 11-20

Latino: dall'autore Cesare, opera De bello civili parte Libro 03, 11-20
Ab eis Caesar haec facta cognovit, qui sermoni interfuerunt; conatus tamen nihilo minus est allis rationibus per colloquia de pace agere

[19] Inter bina castra Pompei atque Caesaris unum flumen tantum intererat Apsus, crebraque inter se colloquia milites habebant, neque ullum interim telum per pactiones loquentium traiciebatur

Mittit P Vatinium legatum ad ripam ipsam fluminis, qui ea, quae maxime ad pacem pertinere viderentur, ageret et crebro magna voce pronuntiaret, liceretne civibus ad cives de pace legatos mittere, quod etiam fugitivis ab saltu Pyrenaeo praedonibusque licuisset, praesertim eum id agerent, ne cives cum civibus armis decertarent

Multa suppliciter locutus est, ut de sua atque omnium salute debebat, silentioque ab utrisque militibus auditus
Terminata la guerra, Cesare venne a conoscenza di questi fatti da coloro che furono presenti al colloquio; Ciò nonostante tentò in altro modo di fare trattative di pace mediante abboccamenti

[19] Tra i due campi di Pompeo e di Cesare vi era soltanto il fiume Apso e i soldati avevano fra di loro frequenti colloqui e, come da loro comune accordo, non veniva nel frattempo scagliato alcun dardo

Cesare manda il luogotenente P Vatinio sulla riva del fiume stesso per fare ciò che gli pareva essere più utile per la pace: domandare, più volte e a gran voce, se non era lecito a cittadini romani inviare ad altri cittadini romani ambasciatori per trattative di pace, cosa che è concessa anche agli schiavi che fuggono dai Pirenei e ai predoni, sopra tutto perché tentavano di impedire che ci fosse uno scontro armato fra concittadini

Parlò a lungo con tono supplichevole, come egli doveva, trattandosi della salvezza sua e di tutti, e fu ascoltato in silenzio da entrambi gli eserciti
Responsum est ab altera parte Aulum Varronem profiteri se altera die ad colloquium venturum atque una visurum, quemadmodum tuto legati venire et quae vellent exponere possent; certumque ei rei tempus constituitur

Quo cum esset postero die ventum, magna utrimque multitudo convenit, magnaque erat exspectatio eius rei, atque omnium animi intenti esse ad pacem videbantur

Qua ex frequentia, Titus Labienus prodit, sed missa oratione de pace, loqui atque altercari cum Vatinio incipit

Quorum mediam orationem interrumpunt subito undique tela immissa; quae ille obtectus armis militum vitavit; vulnerantur tamen complures, in his Cornelius Balbus, M Plotius, L Tiburtius, centuriones militesque nonnulli

Tum Labienus: desinite ergo de compositione loqui; nam nobis nisi Caesaris capite relato pax esse nulla potest
Dai Pompeiani fu risposto che Aulo Varrone dichiarava che il giorno dopo sarebbe andato al colloquio e che insieme a loro avrebbe esaminato in che modo gli ambasciatori potessero venire senza pericolo ed esporre ciò che volevano; Viene fissata una certa ora per l'incontro

E il giorno dopo quando ci si incontrò da entrambe le parti si radunò una grande folla; grande era l'attesa dell'evento e l'animo di tutti sembrava rivolto alla pace

In mezzo a questa moltitudine avanza Tito Labieno e con tono moderato incomincia a parlare di pace e a discutere con Vatinio

All'improvviso dardi scagliati da ogni parte interrompono a metà i loro discorsi; Vatinio, riparato dalle armi dei soldati, li evita; tuttavia vengono feriti molti, fra i quali Cornelio Balbo, M Plozio, L Tiburzio, alcuni centurioni e soldati

Allora Labieno: Smettetela dunque di parlare di accordi; infatti nessuna pace vi può essere con noi se non quando verrà portata la testa di Cesare
[20] Eisdem temporibus M Caelius Rufus praetor causa debitorum suscepta initio magistratus tribunal suum iuxta C Treboni, praetoris urbani, sellam collocavit et, si quis appellavisset de aestimatione et de solutionibus, quae per arbitrum fierent, ut Caesar praesens constituerat, fore auxilio pollicebatur

Sed fiebat aequitate decreti et humanitate Treboni, qui his temporibus clementer et moderate ius dicendum existimabat, ut reperiri non possent, a quibus initium appellandi nasceretur

Nam fortasse inopiam excusare et calamitatem aut propriam suam aut temporum queri et difficultates auctionandi proponere etiam mediocris est animi; integras vero tenere possessiones, qui se debere fateantur, cuius animi aut cuius impudentiae est

Itaque, hoc qui postularet reperiebatur nemo

Atque ipsis, ad quorum commodum pertinebat, durior inventus est Caelius
[20] In quel medesimo tempo il pretore M Celio Rufo si assunse la causa dei debitori e, all'entrata in carica, pose il suo seggio accanto a quello di Caio Trebonio, pretore urbano, e, se qualcuno ricorreva in appello sugli estimi e sui pagamenti imposti dal giudice, prometteva di aiutarlo secondo quanto Cesare aveva stabilito quando era a Roma

Ma per l'equità del decreto e l'umanità di Trebonio, che riteneva che in quelle circostanze si dovesse esercitare il diritto con clemenza e moderazione, avveniva che non si poteva trovare chi per primo si appellasse contro le sentenze

Infatti è forse proprio di un animo mediocre prendere a pretesto la povertà e lamentarsi delle disgrazie proprie o di quelle dei tempi e mettere avanti le difficoltà di vendita all'asta, ma mantenere intatti i propri beni, quando si riconoscono i propri debiti, quale coraggio o impudenza richiede

E così non si poteva trovare nessuno che presentasse tale richiesta

E Celio si mostrò più duro di quelli stessi ai quali la cosa era d'utilità

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Et ab hoc profectus initio, ne frustra ingressus turpem causam videretur, legem promulgavit, ut sexenni die sine usuris creditae pecuniae solvantur

E, dopo un simile inizio, per non sembrare di essersi dato inutilmente a una causa ingiusta, promulgò una legge che prevedeva il pagamento dei debiti entro sei anni senza interesse

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