Angelica di Juana Romani, 1891

Angelica di Juana Romani, 1891

dalle campagne di Velletri agli Atelier della Ville Lumiere, centro dell'Arte della cultura, la vicenda di Juana Romani, figlia di un brigante, poi modella bambina in fine famosa pittrice, si direbbe la sceneggiatura di un film, o forse il libretto di un melodramma, data l'intensità dei sentimenti che finiranno per consumarla, conducendola a un epilogo tragico

Nata nel 1867 con il nome di Giovanna Carolina Carlesimo da due braccianti dell'agro pontino, non ha ancora un anno quando il padre scompare per darsi alla macchia. La madre Marianna entra a servizio presso i Romani, ricchi proprietari terrieri, dove intreccia una relazione con Temistocle, rampollo della famiglia. Appena rimasta vedova è scomparso nello stesso anno anche il capofamiglia di casa Romani, probabilmente poco inclina ad accettare il rapporto del figlio con una domestica, Marianna parte per Parigi insieme alla piccola Carolina e a Temistocle, che sposa l'anno successivo. Poi, mentre il nuovo marito si guadagna da vivere suonando nei cafè, lei si propone come modella, portando con sé anche la figlia.

Nella Parigi sfavillante della Belle Epoque, centro dell'Arte della Cultura e fervida fucina di creatività, la Petite Italienne comincia a posare per le accademie private e il fascino del suo corpo adolescente, innocente procace, non passa inosservato. Ricercata da un numero sempre crescente di pittori e scultori, Carolina, che assume il nome d'arte di Juana Romani, si accorge però di voler di più.

La incanta vedere il pennello che corre sulla tela, e durante le pause della posa, non resiste alla tentazione di impugnare gli strumenti per sperimentarli a sua volta. Quei primi tentativi tradiscono probabilmente un certo talento. Senza abbandonare il lavoro di modella, si impadronisce allora dei segreti della pittura grazie agli insegnamenti di Ferdinand Roybet, il suo principale mentore. Benché di 27 anni più vecchio e già sposato, il pittore si invaghisce della sua giovane musa e allieva, con la quale avvia una relazione sentimentale destinata a durare tutta la vita.

Nel 1889 Juana ottiene la medaglia d'argento all'esposizione universale, che le apre per la prima volta le porte del Salon, il fulcro artistico della scena parigina.

La donna amata dal paladino Orlando, preziosa come un mosaico bizantino, campeggia solitario sulla tela, il cui formato stretto e allungato esalta la verticalità delle linee dell'esile fisico adolescenziale. Nulla trapela delle curve femminili, neppure accennate sotto la linea dritta dell'abito d'oro. Il sontuoso manto, il cui broccato è memore della ritrattistica rinascimentale, dona legalità alla figura, slanciandola verso l'alto con la sua foggia triangolare. Al vertice, il visetto dal mento appuntito emerge dai capelli scuri. Le labbra sono serrate, come corrucciate, e gli occhi troppo grandi, insondabili e nerissimi fissano l'osservatore con intensità.

Il coinvolgimento di Roybet in una truffa che rischia di comprometterne la reputazione, aumenta lo stato di agitazione della pittrice che l'anno successivo, dopo aver pubblicamente dichiarato Il suo voto di castità per consacrarsi interamente all'arte, comincia a manifestare i primi problemi psichici, con crisi nervose forse accompagnate da istinti suicidi.

E' l'inizio di un calvario fra medici e alienisti di ogni dove, cure e cliniche all'avanguardia, ma nulla riesce a rallentare il precipitoso declino di Juana, che la porta a essere internata nel 1906 con la diagnosi di psicosi allucinatoria, delirio con manie di persecuzione e predominanza di idee ambiziose. Roybet la manterrà economicamente e le farà visita tutti i giorni fino alla morte avvenuta nel 1920. Lei gli sopravviverà solo tre anni, all'età di 56 anni.

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