Cicerone, De Finibus: Libro 05; 21-25, pag 2

Cicerone, De Finibus: Libro 05; 21-25

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 05; 21-25
Quando igitur inest in omni virtute cura quaedam quasi foras spectans aliosque appetens atque complectens, existit illud, ut amici, ut fratres, ut propinqui, ut affines, ut cives, ut omnes denique quoniam unam societatem hominum esse volumuspropter se expetendi sint

Atqui eorum nihil est eius generis, ut sit in fine atque extrerno bonorum

[68] Ita fit, ut duo genera propter se expetendorum reperiantur, unum, quod est in iis, in quibus completar illud extremum, quae sunt aut animi aut corporis; haec autem, quae sunt extrinsecus, id est quae neque in animo insunt neque in corpore, ut amici, ut parentes ut liberi, ut propinqui, ut ipsa patria, sunt illa quidem sua sponte cara, sed eodem in genere, quo illa, non sunt
Dunque, poiché in ogni virtù vè un certo interesse che per così dire guarda al di fuori ed ha tendenza e considerazione per gli altri, insorge questa conseguenza: gli amici, i fratelli, i parenti, gli affini, i concittadini, insomma tutti (poiché sosteniamo che la società umana è unica) devono essere ricercati per se stessi

Eppure di tutto ciò nulla è di tal genere da appartenere al termine estremo ed ultimo del bene

[68] Così avviene che si riscontrano due generi di ciò che di per sé è da ricercare: alluno appartengono le doti che costituiscono interamente quel punto estremo, le quali sono proprie o dellanima o del corpo; allaltro invece queste doti esterne, quelle cioè che non sono né nellanima né nel corpo, come gli amici, i genitori, i figli, i parenti e la patria stessa: e sono pur esse di per sé care, ma non si annoverano nello stesso genere di quelle
Nec vero umquam summum bonum assequi quisquam posset, si omnia illa, quae sunt extra, quamquam expetenda, summo bono continerentur

[24, 69] Quo modo igitur, inquies, verum esse poterit omnia referri ad summum bonum, si amicítiae, si propinquitates, si reliqua externa summo bono non continentur

Hac videlicet ratione, quod ea, quae externa sunt, iis tuemur officiis, quae oriuntur a suo cuiusque genere virtutis

Nam et amici cultus et parentis ei, qui officio fungitur, in eo ipso prodest, quod ita fungi officio in recte factis est, quae sunt orta virtutibus

Quae quidem sapientes sequuntur duce natura tamquam videntes; non perfecti autem homines et tamen ingeniis excellentibus praediti excitantur saepe gloria, quae habet speciem honestatis et similitudinem
Daltra parte nessuno mai potrebbe raggiungere il sommo bene, se tutto ciò che gli è estraneo, per quanto da ricercarsi, fosse contenuto nel sommo bene

[24, 69] Come dunque tu mi dirai potrà risultar vero che tutto si riferisce al sommo bene, se le relazioni di amicizia e di parentela e tutte le rimanenti doti esterne non son contenutenel sommo bene

Evidentemente, questa è la ragione: ciò che è ésterno i e da noi osservato mediante i doveri, che hanno origine dal proprio di ciascuna virtù

Difatti lossequio butato allamico è giovevole a chi adempie il dovere proprio perché ladempimento del dovere nelle azioni rette, che hanno avuto origine dalle virtù

E i sapienti seguono quelle sotto la guida della natura considerandole tanto; e gli uomini non perfetti e pur tuttavia forniti di eccellente ingegno sono spesso eccitati dalla gloria, che ha parvenza di onestà e rassomiglianza con essa
Quodsi ipsam honestatem undique pertectam atque absolutam rem unam praeclarissimam omnium maximeque laudandam, penitus viderent, quonam gaudio complerentur, cum tantopere eius adumbrata opinione laetentur

[70] Quem enim deditum voluptatibus, quem cupiditatum incendiis inflammatum in iis potiendis, quae acerrime concupivisset, tanta laetitia perfundi arbitramur, quanta aut superiorem Africanum Hannibale victo aut posteriorem Karthagine eversa

Quem Tiberina descensio festo illo die tanto gaudio affecit, quanto L Paulum, cum regem Persem captum adduceret, eodem flumine invectio
Se riuscissero a scorgere nel suo intimo lonestà stessa, completa perfetta in ogni sua parte,la più illustre che ci sia al mondo e la più degna di lode, quale gioia mai li colmerebbe, tanto che si allietano tanto per una opinione che di essa è solo ombra

[70] Chi infatti, dedito ai piaceri, chi, o dallardore delle cupidige, possiamo ritenere pervaso di tanta letizia nel conquistare ciò che ha intensamente bramato, quanta ne provò lAfricano Maggiore per aver vinto Annibale o il Minore per aver distrutto Cartagine

Chi ebbe tanta gioia dalla gita in barca sul Tevere nel giorno della celebre festa ,quanto Lucio Paolo quando risalì il medesimo fiume recando il re Perseo prigioniero

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Cicerone, De Finibus: Libro 03; 16-20

Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 03; 16-20

[71] Age nunc, Luci noster, extrue animo altitudinem excellentiamque virtutum: iam non dubitabis, quin earum compotes homines magno animo erectoque viventes semper sint beati, qui omnis motus fortunae mutationesque rerum et temporum levis et inbecillos fore intellegant, si in virtutis certamen venerint

Illa enim, quae sunt a nobis bona corporis numerata, complent ea quidem beatissimam vitam, sed ita, ut sine illis possit beata vita existere

Ita enim parvae et exiguae sunt istae accessiones bonorum, ut, quem ad modum stellae in radiis solis, sic istae in virtutum splendore ne cernantur quidem

[72] Atque hoc ut vere dicitur, parva esse ad beate vivendum momenta ista corporis commodorum, sic nimis violentum est nulla esse dicere; qui enim sic disputant, obliti mihi videntur, quae ipsi fecerint principia naturae
[71]Orsù, alle virtù il posto più alto, il più eccelso: ormai non dubiterai più che gli uomini che ne sono in possesso, vivendo con animo grande ed elevato, son sempre felici, poiché si rendono conto che tutti i movimenti della fortuna e i mutamenti della situazione e delle circostanze saranno lievi e deboli se lotta con la virtu

Infatti ciò che abbiamo annoverato fra i beni del corpo rende completa, è vero , la massima felicità della vita, ma in modo che la felicità della vita può sussistere senza di esso

Giacché sono così piccoli ed insignificanti codesti supplementi di bene che, come le stelle fra i raggi del sole così questi non si scorgono neppure fra lo splendore delle virtù

[72]E come è vera lasserzione che codesti vantaggi del corpo hanno poca importanza per la felicità della è troppo reciso affermare che non ne hanno nessuna; chi sostienequesta tesi ha dimenticato, a mio parere, i principi di natura he egli stesso ha stabilito
Tribuendum est igitur his aliquid, dum modo quantum tribuendum sit intellegas

Est enim philosophi non tam gloriosa quam vera quaerentis nec pro nihilo putare ea, quae secundum naturam illi ipsi gloriosi esse fatebantur, et videre [esse] tantam vim virtutis tantamque, ut ita dicam, auctoritatem honestatis, ut reliqua non illa quidem nulla, sed ita parva sint, ut nulla esse videantur

Haec est nec omnia spernentis praeter virtutem et virtutem ipsam suis laudibus amplificantis oratio, denique haec est undique completa et perfecta explicatio summi boni

Hinc ceteri particulas arripere conati suam quisque videro voluit afferre sententiam
Bisogna dunque assegnare qualche funzione a questi, purché si capisca quanto si deve ad essi assegnare

Invero è proprio del filosofo che cerca non tanto la fama quanto la verità dare un po di valore a ciò che quegli vanitosi ammettevano come conforme a natura, che tanta è la forza della virtù e tanta, per così dire, lautorità deflonestà, che tutto il resto non è proprio del tutto nulla, ma è così poco che sembra essere nulla

Questo è il discorso di chi non disprezza tutto allinfuori della virtù, e daltra parte alta la virtù con le lodi che le si addicono: insomma questa è lesposizione del sommo bene in ogni sua parte compiuta e perfetta

Gli altri, cercando di strappare di qui dei pezzettini, vollero ciascuno dar limpressione di arrecare unopinione propria

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De Finibus parte Libro 03; 21-22

[25, 73] Saepe ab Aristotele, a Theophrasto mirabiliter est laudata per se ipsa rerum scientia; hoc uno captus Erillus scientiam summum bonum esse defendit nec rem ullam aliam per se expetendam

Multa sunt dicta ab antiquis de contemnendis ac despiciendis rebus humanis; hoc unum Aristo tenuit: praeter vitia atque virtutes negavit rem esse ullam aut fugiendam aut expetendam

Positum est a nostris in iis esse rebus, quae secundum naturam essent, non dolere; hoc Hieronymus summum bonum esse dixit

At vero Callipho et post eum Diodorus, cum is alter voluptatem adamavisset, alter vacuitatem doloris, neuter honestate carere potuit, quae est a nostris laudata maxime
[25, 73] La scienza fu spesso lodata di per se stessa in modo mirabile sia da Aristotele che da Teofrasto: Erillo si sentì attratto da questunico punto e sostenne che la scienza è il sommo bene e che nullaltro è da ricercarsi di per se stesso

Molte furono le asserzioni degli antichi sul disprezzo e il disdegno delle cose umane: Aristone si attaccò a questo unico punto, e affermò che allinfuori dei vizi e delle virtù non cè niente da rifuggire o da ricercare

I nostri considerarono il non provar dolore fra ciò che è conforme a natura: leronimo disse che questo è il sommo bene

Ma cè di più: Callifonte e dopo di lui Diodoro rivolsero le loro simpatie luno al piacere laltro alla mancanza di dolore, e nessuno dei due poté fare a meno dellonestà, che ha avuto dai nostri le più grandi lodi
[74] Quin etiam ipsi voluptarii deverticula quaerunt et virtutes habent in ore totos dies voluptatemque primo dumtaxat expeti dicunt, deinde consuetudine quasi alteram quandam naturam effici, qua inpulsi multa faciant nullam quaerentes voluptatem

Stoici restant, ei quidem non unam aliquam aut alteram a nobis, sed totam ad se nostram philosophiam transtulerunt; atque ut reliqui fures earum rerum, quas ceperunt, signa commutant, sic illi, ut sententiis nostris pro suis uterentur, nomina tamquam rerum notas mutaverunt

Ita relinquitur sola haec disciplina digna studiosis ingenuarum artium, digna eruditis, digna claris viris, digna principibus, digna regibus

[75] Quae cum dixisset paulumque institisset, Quid est

inquit; satisne vobis videor pro meo iure in vestris auribus commentatus
[74] Anzi, gli stessi sostenitori del piacere cercano scappatoie e hanno sulle labbra le virtù per giorni interi, e dicono che da principio per lo meno si ricerca il piacere, poi con labitudine si come una seconda natura, sotto il cui impulso fanno molte alcun piacere

Restano gli Stoici: invero non trassero da noi uno o due concetti, ma si appropriarono di tutta quanta la nostra filosofia; e come gli altri ladri cambiano i segni distintivi di ciò che hanno preso, così essi stessi, per poter usare come proprie le nostre idee, mutarono i nomi come contrassegni dei concetti

Così rimane solo questa dottrina, degna degli appassionati alle arti liberali, degna degli eruditi, degna degli uomini famosi, degna dei capi politici, degna dei re

[75] Dopo aver detto ciò, fece una breve pausa; poi disse: Ebbene

vi pare esauriente la dissertazione che ho tenuto dinanzi a voi in difesa della mia tesi

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Et ego: Tu vero, inquam, Piso, ut saepe alias, sic hodie ita nosse ista visus es, ut, si tui nobis potestas saepius fieret, non multum Graecis supplicandum putarem

Quod quidem eo probavi magis, quia memini Staseam Neapolitanum, doctorem illum tuum, nobilem sane Peripateticum, aliquanto ista secus dicere solitumi assentientem iis, qui multum in fortuna secunda aut adversa, multum in bonis aut malis corporis ponerent

Est, ut dicis, inquit; sed haec ab Antiocho, familiari nostro, dicuntur multo melius et fortius, quam a Stasea dicebantur

Quamquam ego non quaero, quid tibi a me probatum sit, sed huic Ciceroni nostro, quem discipulum cupio a te abducere
Ed io: Come spesso altre volte, oggi pure ci è parso che tu, o Pisone, possiedi una tale conoscenza di questi problemi che, se fosse possibile averti più spesso a nostra disposizione, penso che non ci sarebbe molto da chiedere implorando ai Greci

Per conto mio ho dato la mia approvazione, tanto più che mi ricordo che il tuo illustre maestro Stasea di Napoli, ben noto filosofo peripatetico, soleva esporre un po diversamente questa dottrina, in quanto era daccordo con quelli che dànno molto peso alla prosperità o allavversità della fortuna e così pure ai beni o ai mali del corpo

Ed egli: proprio come tu dici; ma questa dottrina viene esposta dal nostro amico Antioco in modo migliore e più vigoroso di quello che era usato da Stasea

Per quanto, io non voglio sapere di che son riuscito a convincere te, ma il nostro Cicerone qui presente, che desidero staccare da te come discepolo

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