Vittorio Alfieri: vita e opere riassunto

Vittorio Alfieri: vita e opere riassunto

Alfieri è l’anello di congiunzione fra l’Illuminismo e il Romanticismo

Egli non condivide uno degli assunti principali dell'Illuminismo, cioè l'esaltazione della ragione; secondo Alfieri, infatti, è la passione che guida l'uomo e gli fa compiere grandi imprese, mentre la ragione è uno strumento attraverso cui la realtà viene inaridita. Per questo Alfieri è preromantico.

Alfieri era uno spirito tormentato. Lo dimostra soprattutto la sua esperienza di vita, caratterizzata dal lutto per la morte del padre. E' importante sottolineare l'origine sociale di Alfieri: Alfieri è un aristocratico. Nei suoi saggi, egli rivendica la libertà dell'intellettuale; ritiene che molti intellettuali siano proni alle costrizioni del potere, si facciano strumentalizzare. Il vero intellettuale, invece, è chi è libero da qualunque costrizione di potere e si può esprimere liberamente.

Alfieri si trova in una condizione abbiente e può permettersi di scrivere con libertà. Alfieri vive un disagio, procurato dal fatto che l'autore non si sente in sintonia coi tempi. Inizialmente si dimostra a favore della rivoluzione francese, ma con l'avvento di Napoleone va contro questa corrente. Alfieri vede morire un'epoca, quella dell'aristocrazia. Passa dall'amore all'odio perché vede gli esiti negativi della rivoluzione francese. Rimane deluso nel momento in cui vede che gli ideali si storicizzano. Il suo pensiero è incentrato sul desiderio della librtà da un lato, e dall'oppressione della libertà dall'altro.

Al centro delle sue opere la figura principale sarà quella dell'eroe. In Alfieri troveremo il "titanismo". Il vocabolo ha una matrice classica: i titani erano coloro che avevano lottato contro Zeus, padre degli dèi. L'eroe, una persona anarchica e isolata della realtà, va ad ingaggiare la guerra contro un tiranno (da qui il termine titanismo), che è colui che opprime la libertà.

Per le sue opere, Alfieri scelse il genere della tragedia. Lo scelse inanzitutto perché egli ha un atteggiamento di insofferenza nei confronti della realtà. A lui non piace il mondo perché vive un disagio profondo. Gli eroi della tragedia di Alfieri vogliono una libertà assoluta, ecco perchè questo mondo sta stretto ad Alfieri. Mentre nell'Illuminismo abbiamo trovato una libertà concreta, quella di Alfieri è una libertà astratta; mentre gli illuministi combattono con le idee, con le rivoluzioni portate dagli spargimenti di sangue e volevano che la realtà cambiasse, con Alfieri troviamo una sfiducia nella realtà che lo allontana progressivamente dall'Illuminismo. Mentre l'Illuminismo è la promozione della diffusione della cultura per le masse, finalizzata ad un miglioramento della collettività, qui invece abbiamo non la collettività, ma l'eccezionalità dell'individuo. Goldoni ispira alla grandezza e all'eroismo in tempi in cui ciò non è possibile. Da qi deriva lo spregio per la borghesia: Goldoni crede che con la sua intraprendenza, la borghesia abbia sovvertito i valori in nome del "dio denaro".

Per tutti questi motivi, Goldoni si ispira ad un genere alto e nobile quale quello della tragedia. E' il genere che meglio può esprimere il suo "dissidio interiore (espressione che rimanda a Petrarca)".

Nelle tragedie di Alfieri, ad un certo punto tiranno ed eroe hanno qualcosa in comune: sono sì antagonisti, ma in qualche punto sono affini. Intanto si scostano entrambi dalla massa; inoltre sono entrambi animati da un desiderio potente (l'eroe desidera la libertà, il tiranno desidera il potere assoluto).

Tutte queste riflessioni sono espresse nei due saggi scritti da Alfieri: "La tirannide" e "Il principe delle lettere".

Nella Tirannide, Alfieri dichiara che "la monarchia assoluta è una forma ambigua e suddita di tirannide".