Virgilio, Eneide: Libro 03 - IL MISERO GRECO ACHEMENIDE, pag 2

Virgilio, Eneide: Libro 03 - IL MISERO GRECO ACHEMENIDE

Latino: dall'autore Virgilio, opera Eneide parte Libro 03 - IL MISERO GRECO ACHEMENIDE

qui sit fari, quo sanguine cretus, hortamur, quae deinde agitet fortuna fateri Esortiamo a dire chi sia, da quale stirpe nato, a dichiarare quale sorte lo perseguiti
ipse pater dextram Anchises haud multa moratus dat iuveni atque animum praesenti pignore firmat Lo stesso padre Anchise, indugiando non molto, dà la destra al giovane e rassicura l'animo con immediata garanzia
ille haec deposita tandem formidine fatur: 'sum patria ex Ithaca, comes infelicis Ulixi, nomine Achaemenides, Troiam genitore Adamasto paupere mansissetque utinam fortuna Egli finalmente, deposta la paura, parla così: Sono di Itaca, mia patria, compagno dell'infelice Ulisse, di nome Achemenide, partito per Troia, essendo il genitore Adamasto povero

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Latino: dall'autore Virgilio, opera Eneide parte Libro 02 - IL GRECO SINONE

profectus oh fosse rimasta la sorte
hic me, dum trepidi crudelia limina linquunt, immemores socii vasto Cyclopis in antro deseruere Qui mi lasciarono i compagni, mentre impauriti abbandonavanole crudeli soglie, immemori, nella vasta spelonca del Ciclope

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Latino: dall'autore Virgilio, opera Eneide parte Libro 03 - LE TERRIBILI ARPIE

domus sanie dapibusque cruentis, intus opaca, ingens Una casa buia dentro, enorme, con marciume e cibi insanguinati
ipse arduus, altaque pulsat sidera di talem terris avertite pestem Lui alto e tocca le stelle eccelse, o dei allontanate tale peste dalle terre

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Latino: dall'autore Virgilio, opera Eneide parte Libro 11 - CAMILLA FERITA DA ARRUNTE

nec visu facilis nec dictu adfabilis ulli; visceribus miserorum et sanguine vescitur atro Nè gradevole alla vista nè cortese di parola con qualcuno; si ciba delle viscere e del nero sangue di infelici
vidi egomet duo de numero cum corpora nostro prensa manu magna medio resupinus in antro frangeret ad saxum, sanieque aspersa natarent limina; vidi atro cum membra fluentia tabo manderet et tepidi tremerent sub dentibus artus - haud impune quidem, nec talia passus Ulixes oblitusve sui est Ithacus discrimine tanto Lo vidi io quando disteso in mezzo all'antro spaccava con la grande mano due individui presi dal nostro gruppo, e le porte s'inondavano di marciume spruzzato; lo vidi quando mangiava le membra grondanti di nero putridume e gli arti tiepidi tremavano sotto i denti, senz'altro no impunemente, nè Ulisse sopportò tali cose o si scordò di sè in sì grande pericolo

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nam simul expletus dapibus vinoque sepultus cervicem inflexam posuit, iacuitque per antrum immensus saniem eructans et frusta cruento per somnum commixta mero, nos magna precati numina sortitique vices una undique circum fundimur, et telo lumen terebramus acuto ingens quod torva solum sub fronte latebat, Argolici clipei aut Phoebeae lampadis instar, et tandem laeti sociorum ulciscimur umbras Infatti appena riempito di cibi e sepolto nel vino posò il collo piegato e giacque per l'antro, immenso, eruttando marciume e pezzi mescolati a vino insanguinato nel sonno, noi, pregate le grandi potenze e sorteggiate le parti insieme ci allarghiamo attorno e trivelliamo con palo aguzzo l'enorme occhio, che solo si celava sotto la fronte torva, come scudo argolico lampada febea e finalmente lieti vendichiamo le ombre dei compagni

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