Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 01 - Parte 01, pag 7

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 01 - Parte 01

Cum apud lacum Regillum A Postumius dictator et Tusculanorum dux Mamilius Octauius magnis uiribus inter se concurrerent ac neutra acies aliquamdiu pedem referret, Castor ac Pollux Romanarum partium propugnatores uisi hostiles copias penitus fuderunt

Item bello Macedonico P Vatinius Reatinae praefecturae uir noctu urbem petens existimauit duos iuuenes excellentis formae albis equis residentes obuios sibi factos nuntiare die, qui praeterierat, Persen regem a Paulo captum

quod cum senatui indicasset, tamquam maiestatis eius et amplitudinis uano sermone contemptor in carcerem coniectus, postquam Pauli litteris illo die Persen captum apparuit, et custodia liberatus et insuper agro ac uacatione donatus est
Mentre il dittatore Aule Postumio e il supremo condottiero dei Tuscolani Mamilo Ottavio si azzuffavano con grandi forze tra loro presso il lago Regillo, non retrocedendo per un certo periodo di tempo nessuna delle due parti, Castore e Polluce, apparsi a difesa dei Romani, sbaragliarono le soldatesche nemiche

Similmente, durante la guerra macedonica un tale della prefettura di Rieti, certo Publio Vatinio, mentre era diretto a Roma credette di vedere due giovani di bell'aspetto, che montavano su cavalli bianchi, farglisi incontro ed annunziargli che nel giorno appena trascorso Perseo era stato fatto prigioniero da Paolo

Quando egli riferì la cosa in senato, fu deciso che fosse gettato in carcere come colpevole di avere offeso la maestà dell'ordine senatorio mettendo in giro vuote chiacchiere; ma quando il giorno dopo il messaggio di Paolo confermò l'avvenuta cattura di Perseo, fu non solo liberato, ma per di più ricevette in dono un campo e l'esenzione da ogni servizio
Castorem uero et Pollucem etiam illo tempore pro imperio populi Romani excubuisse cognitum est, quo ad lacum Iuturnae suum equorumque sudorem abluentis uisi sunt, iunctaque fonti aedis eorum nullius hominum manu reserata patuit

Sed ut ceterorum quoque deorum propensum huic urbi numen exequamur, triennio continuo uexata pestilentia ciuitas nostra, cum finem tanti et tam diutini mali neque diuina misericordia neque humano auxilio inponi uideret, cura sacerdotum inspectis Sibyllinis libris animaduertit non aliter pristinam recuperari salubritatem posse quam si ab Epidauro Aesculapius esset accersitus

itaque eo legatis missis unicam fatalis remedii opem auctoritate sua, quae iam in terris erat amplissima, impetraturam se credidit
Si sa, per altro, che Castore e Polluce vegliarono a protezione dell'impero romano anche quando furono visti asciugare il sudore loro e dei cavalli presso il lago di Giuturna e il loro tempietto, attiguo alla fonte, apparve miracolosamente aperto, senza che fosse intervenuta mano d'uomo

Ma, per continuare nella dimostrazione del particolare favore riservato a Roma anche da altri dei, poiché i Romani erano ininterrottamente da tre anni tormentati dalla peste e non riuscivano a trovare fine a tanto e si lungo travaglio né nella misericordia degli dei né nell'aiuto degli uomini, l'attenta lettura dei libri Sibillini da parte dei sacerdoti fece capire che non si poteva recuperare la normalità di prima altrimenti che col far venire da Epidauro il dio Esculapio

Così i nostri concittadini pensarono che, se avessero mandato colà una legazione, avrebbero ottenuto l'unico rimedio possibile voluto dai fati, confortato dal prestigio fin da allora altissimo di quell'oracolo
neque eam opinio decepit: pari namque studio petitum ac promissum est praesidium, e uestigioque Epidauri Romanorum legatos in templum Aesculapii, quod ab eorum urbe v passuum distat, perductos ut quidquid inde salubre patriae laturos se existimassent pro suo iure sumerent benignissime inuitauerunt Né s'ingannarono: ché l'aiuto fu chiesto e promesso con pari zelo, e immediatamente gli Epidaurii accompagnarono la legazione romana al tempio di Esculapio distante dalla loro città cinque miglia e la invitarono con estrema cortesia prendervi liberamente quanto avessero pensato che fosse salutare per la loro patria

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 07 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 07 - Parte 01

quorum tam promtam indulgentiam numen ipsius dei subsecutum uerba mortalium caelesti obsequio conprobauit: si quidem is anguis, quem Epidauri raro, sed numquam sine magno ipsorum bono uisum in modum Aesculapii uenerati fuerant, per urbis celeberrimas partes mitibus oculis et leni tractu labi coepit triduoque inter religiosam omnium admirationem conspectus haud dubiam prae se adpetitae clarioris sedis alacritatem ferens ad triremem Romanam perrexit pauentibusque inusitato spectaculo nautis eo conscendit, ubi Q Ogulni legati tabernaculum erat, inque multiplicem orbem per summam quietem est conuolutus Ad una così pronta e generosa benevolenza segui subito la manifestazione del consenso da parte del dio $tesso: se e vero che quel serpente, raramente visto nel passato dagli Epidaurii, ma giammai senza propria grande utilità, e venerato come ipostasi di Esculapio, cominciò a strisciare tranquillamente, con gli occhi miti, attraverso le zone più frequentate della città e, osservato per tre giorni tra la rispettosa ammirazione generale, dando chiaramente ad intendere che desiderava una sede più famosa, prosegui verso la trireme romana e tra il terrore dei marinai non abituati a quello strano spettacolo, salì sulla nave, fermandosi là dove era l'alloggio del legato Quinto Ogulnio, e tranquillamente avvoltosi in molteplici spire se ne stette quieto
tum legati perinde atque exoptatae rei conpotes expleta gratiarum actione cultuque anguis a peritis excepto laeti inde soluerunt, ac prosperam emensi nauigationem postquam Antium appulerunt, anguis, qui ubique in nauigio remanserat, prolapsus in uestibulo aedis Aesculapii murto frequentibus ramis diffusae superimminentem excelsae altitudinis palmam circumdedit perque tres dies, positis quibus uesci solebat, non sine magno metu legatorum ne inde in triremem reuerti nollet, Antiensis templi hospitio usus, urbi se nostrae aduehendum restituit atque in ripam Tiberis egressis legatis in insulam, ubi templum dicatum est, tranauit aduentuque suo tempestatem, cui remedio quaesitus erat, dispulit

Nec minus uoluntarius in urbem nostram Iunonis transitus
Allora i legati, lieti di aver raggiunto lo scopo, dopo i dovuti ringraziamenti e messi al corrente dagli esperti del rituale riguardante il serpente, salparono da li e, compiuta una prospera navigazione, approdarono ad Anzio; qui il serpente, che durante il viaggio se n'era rimasto sempre immobile sulla nave, strisciando attraverso il vestibolo del tempietto di Esculapio, rimase avvinghiato a una palma altissima, che si ergeva sopra un boschetto di mirto fitto di rami: gli furono posti accanto i cibi di cui soleva nutrirsi e, non senza che i legati non temessero fortemente che da li non volesse tornare sulla trireme, prese dimora nel tempio di Anzio; dopo tre giorni si fece docilmente trasportare a Roma e quando i legati furono scesi a terra sull'isola Tiberina, là dove si trova il tempio a lui dedicato, vi giunse anch'esso a nuoto e scacciò col suo arrivo la calamità, per cui rimedio era stato richiesto

[3] Non meno volontario fu il passaggio della dea Giunone nella nostra città

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captis a Furio Camillo Veis milites iussu imperatoris simulacrum Iunonis Monetae, quod ibi praecipua religione cultum erat, in urbem translaturi sede sua mouere conabantur

quorum ab uno per iocum interrogata dea an Romam migrare uellet, uelle se respondit

hac uoce audita lusus in admirationem uersus est, iamque non simulacrum, sed ipsam caelo Iunonem petitam portare se credentes laeti in ea parte montis Auentini, in qua nunc templum eius cernimus, collocauerunt

Fortunae etiam Muliebris simulacrum, quod est Latina uia ad quartum miliarium, eo tempore cum aede sua consecratum, quo Coriolanum ab excidio urbis maternae preces reppulerunt, non semel sed bis locutum constitit prius his uerbis: rite me, matronae, dedistis riteque dedicastis
Dopo che Veio fu conquistata da Furio Camillo, i soldati dietro suo ordine tentavano di spostare dal basamento la statua di Giunone Moneta, che aveva colà una particolare devozione, per trasferirla a Roma

Ironicamente interrogata da uno di loro se volesse emigrare, la dea rispose di si

Udita questa voce, lo scherzo si mutò in ammirazione e i soldati, credendo ormai di portar con sé non la statua, ma Giunone stessa fatta venire giù dal cielo, lietamente la posero in quella parte dell'Aventino, in cui oggi ne vediamo il tempio

Narra la leggenda che il simulacro della Fortuna Muliebre, che si trova al quarto miglio della via Latina e che fu consacrato insieme al tempio nella circostanza in cui le preghiere della madre distolsero Coriolano dal distruggere Roma, disse n mm, ma due volte queste parole prima: Secondo le leggi sacre della città mi avete dato, o matrone, e secondo le leggi sacre della città mi avete dedicato
Valerio autem Publicola consule, qui post exactos reges bellum cum Veientibus et Etruscis gessit, illis Tarquinio pristinum imperium restituere, Romanis nuper partam libertatem retinere cupientibus, Etruscis et Tarquinio in cornu dextro proelio superioribus tantus terror subito incessit, ut non solum uictores ipsi profugerent, sed etiam pauoris sui consortes secum Veientes traherent

cuius rei pro argumento miraculum adicitur, ingens repente uox e proxima silua Arsia, quae ore Siluani in hunc paene modum missa traditur: uno plus e Tuscis cadent, Romanus exercitus uictor abibit

miram dicti fidem digesta numero cadauera exhibuere

Quid

Martis auxilium, quo uictoriam Romanorum adiuuit, nonne memoria celebrandum est
Sotto il consolate di Valerio Publicola, che dopo la cacciata dei re guerreggiò con Veienti ed Etruschi, perché quelli desideravano reintegrare Tarquinio nel regno, questi conservare la libertà da poco conquistata, gli Etruschi e Tarquinio, che stavano prevalendo all'ala destra, furono colti improvvisamente dal panico, al punto che non solo volsero in fuga loro stessi, che pure erano vincitori, ma si trascinarono dietro i Veienti, resi partecipi della stessa paura

Come prova di questo evento prodigioso, si dice che fu udita una gran voce, attribuita a Silvano, proveniente dal bosco di Arnia, che diceva: Un Etrusco di più cadrà in battaglia, l'esercito romano si ritirerà vincitore

il numero dei cadaveri, attentamente controllato, confermò esattamente la prodigiosa veridicità della predizione

[6] E che

Non va forse ricordato l'aiuto di Marte, che incrementò la vittoria dei Romani

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cum Bruttii atque Lucani odio incitatissimo maximisque uiribus Thurinae urbis peterent excidium ac praecipuo studio incolumitatem C Fabricius Luscinus consul protegeret, resque ancipiti euentu conlatis unum in locum utriusque partis copiis gereretur, non audentibus Romanis proelium ingredi eximiae magnitudinis iuuenis primum eos hortari ad capessendam fortitudinem coepit

deinde, ubi tardiores animaduertit, arreptis scalis per mediam hostium aciem ad contraria castra euasit et admotis uallum conscendit

inde uoce ingenti clamitans factum uictoriae gradum et nostros ad aliena castra capienda et Lucanos Bruttiosque ad sua defendenda illuc traxit, ubi conferti dubio certamine terebantur
I Bruzzi e i Lucani, furibondi di odio e assalendo in forze, cercavano col massimo impegno di impadronirsi di Turi, e di distruggerla; dall'altra parte il console Caio Luscinio la difendeva a tutti i costi; la situazione era ancora incerta tra i due schieramenti che si fronteggiavano in forze e i Romani non osavanoo dare inizio alla battaglia vera e propria, quand'ecco un giovane dal fisico straordinariamente prestante cominciò prima ad esortarli al valore

quindi, accortosi che si muovevano troppo lentamente, diè di piglio alle scale, riuscì a passare attraverso lo schieramento nemico fino a giungere nel loro accampamento e, appoggiatele al vallo, vi sali

Poi, gridando che si era fatto un passo in avanti sulla via della vittoria, trascinò i nostri all'assalto del campo nemico, i Lucani e i Bruzzi a difendere il proprio, là dove la mischia era più fitta e più incerto il combattimento
sed idem inpulsu armorum suorum prostratos hostes iugulandos capiendosque Romanis tradidit: XX enim milia caesa, quinque cum Statio Statilio duce utriusque gentis et tribus atque XX militaribus signis capta sunt

postero die cum consul inter honorandos, quorum strenua opera fuerat usus, uallarem coronam ei se seruare dixisset, a quo castra erant oppressa, nec inueniretur qui id praemium peteret, cognitum pariter atque creditum est Martem patrem tunc populo suo adfuisse

inter cetera huiusce rei manifesta indicia galea quoque duabus distincta pinnis, qua caeleste caput tectum fuerat, argumentum praebuit

itaque Fabricii edicto supplicatio Marti est habita et a laureatis militibus magna cum animorum laetitia oblati auxilii testimonium ei est redditum
E fu sempre lui, con la sua carica, a dare ai Romani la possibilità di uccidere o catturare i nemici per sgozzarli: gli uccisi furono ventimila, cinquemila i prigionieri, e tra essi il loro capo supremo Stazio Statilo, ventitre le insegne conquistate

Il giorno seguente, quando il console disse che aveva riservato, tra quelli che meritavano di essere decorati per aver prestato la loro coraggiosa opera, la corona vallare a quel soldato che aveva occupato di sorpresa il campo nemico, non trovandosi chi si facesse avanti per chiedere quell'onorifìcienza, si capì e a un tempo si credette che a venire in aiuto ai Romani in quella circostanza era stato il loro padre Marte

Tra gli altri indizi probanti della cosa offri una sicura testimonianza anche l'elmo a due pennacchi, del quale era stata coperta la testa del dio

Così per editto di Fabrizio ebbe luogo, tra la grande letizia dei soldati coronati di alloro, una solenne cerimonia di ringraziamento a Marte, quale testimonianza dell'aiuto ch'era stato loro offerto

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Referam nunc quod suo saeculo cognitum manauit ad posteros, penetrales deos Aeneam Troia aduectos Lauini conlocasse: inde ab Ascanio filio eius Albam, quam ipse condiderat, translatos pristinum sacrarium repetisse, et quia id humana manu factum existimari poterat, relatos Albam uoluntatem suam altero transitu significasse

nec me praeterit de motu et uoce deorum inmortalium humanis oculis auribusque percepto quam in ancipiti opinione aestimatio uersetur, sed quia non noua dicuntur, sed tradita repetuntur, fidem auctores uindicent: nostrum est inclitis litterarum monumentis consecrata perinde ac uera non refugisse

Facta mentione urbis, e qua primordia ciuitas nostra traxit, diuus Iulius fausta proles eius se nobis offert
Ricorderò ora la notizia, di pubblico dominio un tempo, e poi passata nel ricordo dei posteri, secondo la quale Enea pose in Lavinio gli dei penetrali portati via da Troia; quindi, trasferiti da suo figlio Ascanio nella città di Alba da lui costruita, da Alba tornarono da sé al sacrario nel quale prima si trovavano, e poiché si poteva pensare che ciò fosse avvenuto ad opera di uomini, riportati ad Alba vollero dimostrare la propria volontà, tornandosene ancora una volta a Lavino

A me certo non sfugge quanto adito offra all'incredulità quel che si dice intorno ad azioni e voci divine colte da occhi e da orecchi mortali: ma trattandosi non tanto di novità, quanto di elementi forniti dalla tradizione, lasciamo alle fonti di tali notizie la conferma della loro attendibilità o meno: il nostro compito si limita a non negare fatti consacrati come veri da illustri testimonianze letterarie

[8] Fatta menzione della città dalla quale ebbe origine questa nostra, ci viene incontro il divo Giulio, sua fausta prole

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