Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 01 - Parte 01, pag 5

Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 01 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 01 - Parte 01
qua de re consulti magi monuerunt ut se ab incepto proposito abstineret: et si quod uestigium in uaecordi pectore sensus fuisset, ante de Leonida et a caesare Spartanis abunde monitum

Midae uero, cuius imperio Phrygia fuit subiecta, puero dormienti formicae in os grana tritici congesserunt

parentibus deinde eius corsus prodigium tenderet explorantibus augures responderunt omnium illum mortalium futurum ditissimum

nec uana praedictio extitit: nam Midas cunctorum paene regum opes abundantia pecuniae antecessit infantiaeque incunabula uili deorum munere donata onustis auro atque argento gazis pensauit

Formicis Midae iure meritoque apes Platonis praetulerim: illae enim caducae ac fragilis, hae solidae et aeternae felicitatis indices extiterunt, dormientis in cunis paruuli labellis mel inserendo
Gli indovini persiani, consultati in merito, lo ammonirono ad astenersi dall'impresa propostasi: ché, se ci tosse stato nel suo pazzo cuore un po' di buon senso, egli avrebbe capito di essere stato preavvertito sull'episodio, nel quale Leonida e gli Spartani

A quel Mida che avrebbe tenuto il regno dì Frigia, mentre ancor bambino dormiva, delle formiche deposero sulla bocca granelli di frumento

Ai suoi genitori che indagavano che cosa volesse significare il prodigio, gli indovini risposero ch'egli sarebbe stato l'uomo più ricco tra tutti i mortali

La predizione fu confermata dai fatti: Mida superò in copia di ricchezze quasi tutti i re della terra messi insieme e compensò con tesori zeppi d'oro e d'argento i modesti doni ricevuti dagli dèi nella culla

Alle formiche di Mida ben a ragione preferirei le api di Platone: perché quelle furono annunziatrici di una felicità caduca e fragile, queste si rivelarono annunziatrici di eterna e splendida fama, instillando miele sui labbruzzi del piccolo che dormiva nella culla
qua re audita prodigiorum interpretes singularem eloquii suauitatem ore eius emanaturam dixerunt

ac mihi quidem illae apes non montem Hymettium tymi flore redolentem, sed Musarum Heliconios colles omni genere doctrinae uirentis dearum instinctu depastae maximo ingenio dulcissima summae eloquentiae instillasse uidentur alimenta

Sed quoniam diuitem Midae disertumque Platonis somnum adtigi, referam quam certis imaginibus multorum quies adumbrata sit

quem locum unde potius ordiar quam a diui Augusti sacratissima memoria

eius medico Artorio somnum capienti nocte, quam dies insecutus est, quo in campis Philippiis Romani inter se exercitus concurrerunt, Mineruae species oborta praecepit ut illum graui morbo implicitum moneret ne propter aduersam ualitudinem proximo proelio non interesset
Udito ciò, gli interpreti dissero che dalla sua bocca sarebbe uscita una divina dolcezza di espressione

E a me pare davvero che quelle api abbiano instillato in quell'altissimo ingegno il dolcissimo alimento del più nobile stile, dopo essersi nutrite non del fiore odoroso di timo dell'Imetto, ma, per divina ispirazione, della sapienza sempreverde delle Muse eliconie

Ma poiché ho accennato al sonno premonitore di ricchezza di Mida e a quello di Platone, che ne fece presagire la divina eloquenza, riferirò ora da quanto infallibili visioni fu adombrato il riposo notturno di molti

E da dove cominciare meglio che dalla veneratissima memoria del divo Augusto

Il suo medico Artorio nella notte precedente il giorno della battaglia di Filippi, che vide gli eserciti romani scontrarsi tra loro, stava dormendo, quand'ecco gli apparve l'immagine di Minerva che lo ammoniva a fare in modo che Augusto, per quanto gravemente infermo, partecipasse pur in quelle condizioni all'importantissima battaglia
quod cum Caesar audisset, lectica se in aciem deferri iussit

ubi dum supra uires corporis pro adipiscenda uictoria excubat, castra eius a Bruto capta sunt

quid ergo aliud putamus quam diuino numine effectum ne destinatum iam immortalitati caput indignam caelesti spiritu fortunae uiolentiam sentiret

Augustum uero praeter naturalem animi in omnibus rebus subtiliter perspiciendis uigorem etiam recens et domesticum exemplum ut Artori somnio obtemperaret admonuit: audiuerat enim diui Iuli patris sui uxorem Calpurniam nocte, quam is ultimam in terris egit, in quiete uidisse multis eum confectum uulneribus in suo sinu iacentem, somnique atrocitate uehementer exterritam rogare non destitisse ut proximo die curia se abstineret
Udito ciò, Cesare si fece portare in lettiga sul luogo del combattimento

E mentre lì vegliava oltre le proprie forze per ottenere la vittoria, il suo accampamento fu conquistato da Bruto

Che altro si deve pensare, dunque, che la divinità abbia voluto, se non che quell'uomo, già destinato all'immortalità, non sentisse i colpi della violenza della fortuna, indegna della sua essenza divina

Ma Augusto fu spinto ad obbedire al sogno di Artorio, oltre che dal suo intuito geniale sotto ogni riguardo, anche da un precedente familiare di fresca data: infatti aveva sentito dire che la moglie del divo suo padre Giulio, nell'ultima notte di vita di Cesare, lo aveva visto in sogno giacere, crivellato di ferite, sul suo grembo e, profondamente atterrita da quel sogno spaventoso, non aveva smesso un momento di supplicarlo che il giorno dopo non si facesse vedere in senato

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Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili: Libro 06 - Parte 01

Latino: dall'autore Valerio Massimo, opera Detti e fatti memorabili parte Libro 06 - Parte 01

at illum, ne muliebri somnio motus id fecisse existimaretur, senatum, in quo ei parricidarum manus adlatae sunt, habere contendisse

non est inter patrem et filium ullius rei conparationem fieri praesertim diuinitatis fastigio iunctos, sed iam alter operibus suis aditum sibi ad caelum struxerat, alteri longus adhuc terrestrium uirtutum orbis restabat

quapropter ab hoc tantummodo impendentem mutationem status cognosci, ab illo etiam differri dii immortales uoluerunt, ut aliud caelo decus daretur, aliud promitteretur
Cesare, invece, per non dar l'impressione di aver fatto ciò per dare retta al sogno di una donna, aveva voluto ad ogni costo tenere quell'udienza in senato, nel corso della quale fu assalito ed ucciso dalle mani dei parricidi

tra padre e figlio, specialmente in quanto uniti dalla gloria suprema della condizione divina, non può esserci luogo a paragone alcuno, ma l'uno con le sue imprese si era aperto il passaggio verso il cielo, all'altro restava ancora il lungo cammino di una vita virtuosa sulla terra

Onde gli dei immortali vollero che l'ano fosse a conoscenza dell'imminente cambiamento della sua condizione mortale, l'altro lo differisse, perché il cielo ricevesse un altro astro con Cesare e avesse la promessa di quello di Augusto
Illud etiam somnium et magnae admirationis et clari exitus, quod eadem nocte duo consules P Decius Mus et T Manlius Torquatus Latino bello graui ac periculoso non procul a Vesuui montis radicibus positis castris uiderunt: utrique enim quaedam per quietem species praedixit ex altera acie imperatorem, ex altera exercitum diis Manibus matrique Terrae deberi: utrius autem dux copias hostium superque eas sese ipsum deuouisset, uictricem abituram

id luce proxima consulibus sacrificio uel expiaturis, si posset auerti, uel, si certum deorum etiam monitu uisum foret, exsecuturis hostiarum exta somnio congruerunt, conuenitque inter eos, cuius cornu prius laborare coepisset, ut is capite suo fata patriae lueret

quae neutro reformidante Decium depoposcerunt
[3] Nota, meravigliosa e chiaramente confermata dai fatti fu la visione notturna avuta dai consoli Publio Desio Mure e Tito Manlio Torquato al tempo della grave e pericolosa guerra contro i Latini, mentre erano accampati non lontano dalle falde del Vesuvio; l'immagine, apparsa durante il sonno, predisse all'uno e all'altro che delle due parti l'una doveva ai Mani e alla madre Terra il comandante, l'altra l'esercito: sarebbe uscita vincitrice quella parte, il cui generale avesse offerto in voto le forze del nemico e, oltre quelle, sé stesso

La mattina seguente i consoli erano intenzionati a stornare, se fosse possibile, il doloroso presagio con un sacrificio agli dei o a portarlo ad effetto, se l'ammonizione divina fosse stata ineluttabile, quando l'osservazione delle sacra viscere confermò il sogno; sicché fu convenuto tra loro che colui, la cui ala avesse cominciato a ripiegare, sacrificasse la propria vita per stornare la sventura della patria

il destino volle come vittima Decio, ma nessuno dei due aveva esitato per un istante

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Sequitur aeque ad publicam religionem pertinens somnium

cum plebeis quidam ludis pater familias per circum Flaminium, prius quam pompa induceretur, seruum suum uerberibus mulcatum sub furca ad supplicium egisset, T Latinio homini ex plebe Iuppiter in quiete praecepit ut consulibus diceret sibi praesultorem ludis circensibus proximis non placuisse: quae res nisi adtenta ludorum instauratione expiata esset, secuturum non mediocre urbis periculum

ille ueritus ne cum aliquo incommodo suo religione summum implicaret imperium, silentium egit, e uestigioque filius eius subita ui morbi correptus interiit
Segue un sogno riguardante anch'esso il culto pubblico

Durante i ludi plebei un capo di famiglia aveva ben bene caricato di busse un suo servo e l'aveva poi trascinato attraverso il circo Flaminio, per suppliziarlo, prima che ci avesse inizio la sfilata di un corteo; a un plebeo, certo Tito Latino, Giove apparve in sogno ordinandogli di riferire ai consoli che egli non aveva gradito la presenza di uno che saltasse nel circo prima dei ludi circensi testé trascorsi: se non si fosse provveduto con un'esemplare riedizione dei giochi, Roma avrebbe corso un grande pericolo

Costui, nel timore di implicare con suo danno personale l'autorità dei consoli in uno scandalo religioso, se ne stette zitto, ma un suo figlio si ammalò improvvisamente e mori
ipse etiam per quietem ab eodem deo interrogatus an satis magnam poenam neglecti imperii sui pependisset, in proposito perseuerans debilitate corporis solutus est ac tum demum ex consilio amicorum lecticula ad tribunal consulum et inde ad senatum perlatus ordine totius casus sui exposito magna cum omnium admiratione recuperata membrorum firmitate pedibus domum rediit

Ac ne illud quidem inuoluendum silentio

inimicorum conspiratione urbe pulsus M Cicero, cum in uilla quadam campi Atinatis deuersaretur, animo in somnum profuso per loca deserta et inuias regiones uaganti sibi C Marium consulatus ornatum insignibus putauit obuium factum, interrogantem eum quid ita tam tristi uultu incerto itinere ferretur
Latinio, interrogato ancora, nel sonno, dallo stesso dio se non credesse di aver pagato un fio sufficiente dell'ordine non eseguito, perseverando tuttavia nel suo atteggiamento, fu colto da deperimento organico e solo allora, condotto per consiglio degli amici su una lettiga in presenza dei consoli nel Foro e quindi in senato, espose ordinatamente tutto quel che gli era capitato; e riottenuta così la capacità di stare ritto, se ne tornò con i suoi piedi a casa tra la generale meraviglia

[5] Non si può passare sotto silenzio nemmeno un altro celebre sogno

Marco Cicerone, esiliato da Roma per macchinazione dei suoi nemici, trovandosi in una villa sita nell'agro di Atina, addormentatosi credette di vedere nel sonno, mentre vagava per luoghi deserti e paesi impervi, Caio Mario, rivestito delle insegne consolari, farglisi incontro e chiedergli perché andasse ramingo con tanta tristezza in volto

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audito deinde casu, quo conflictabatur, conprehendisse dexteram suam ac se proximo lictori in monumentum ipsius ducendum tradidisse, quod diceret ibi esse ei laetioris status spem repositam

nec aliter euenit: nam in aede Iouis Mariana senatus consultum de reditu est eius factum

C autem Graccho inminentis casus atrocitas palam atque aperte per quietem denuntiata est: somno enim pressus Tiberii Gracchi fratris effigiem uidit dicentis sibi nulla ratione eum uitare posse ne eo fato non periret, quo ipse occidisset ; id ex Graccho prius quam tribunatum, in quo fraternum exitum habuit, iniret multi audierunt

Caelius etiam certus Romanae historiae auctor sermonem de ea re ad suas aures illo adhuc uiuo peruenisse scribit

Vincit huiusce somni dirum aspectum quod insequitur
Udita poi la disgraziata vicenda in cui era coinvolto, gli aveva preso la mano e aveva dato incarico al littore più vicino di condurlo all'edificio da lui fatto costruire, perché diceva che li era riposta la speranza di una condizione migliore

E così avvenne: ché, proprio nel tempio di Giove, la coi costruzione era stata voluta da Mario, fu stilato il senatoconsulto, che permise a Cicerone di ritornare dall'esilio a Roma

[6] A Calo Gracco, caduto come in letargo, fu palesemente presagita nel sonno la sua imminente e crudele fine: egli vide l'immagine di suo fratello Tiberio, che gli annunziava l'impossibilità di sottrarsi alla sua stessa tragica morte; furono in molti a sentir dire queste parole a Gracco, prima che assumesse il tribunato, durante il quale fu ucciso come il fratello Tiberio

Anche Celio, autore molto attendibile di storia romana, scrive di aver avuto personalmente sentore della cosa, quando Calo era ancora vivo

[7] Più terribile di questo sogno fu quello che ora segue
apud Actium M Antonii fractis opibus Cassius Parmensis, qui partes eius secutus fuerat, Athenas confugit

ubi concubia nocte cum sollicitudinibus et curis mente sopita in lectulo iaceret, existimauit ad se uenire hominem ingentis magnitudinis, coloris nigri, squalidum barba et capillo inmisso, interrogatumque quisnam esset respondisse kaka damona

perterritus deinde taetro uisu et nomine horrendo seruos inclamauit sciscitatusque est ecquem talis habitus aut intrantem cubiculum aut exeuntem uidissent

quibus adfirmantibus neminem illuc accessisse, iterum se quieti et somno dedit, atque eadem animo eius obuersata species est

itaque fugato somno lumen intro ferri iussit puerosque a se discedere uetuit

inter hanc noctem et supplicium capitis, quo eum Caesar adfecit, paruulum admodum temporis intercessit
Dopo che le forze e le fortune di Antonio andarono distrutte ad Azio, Cassio Parmense, che ne aveva seguito le sorti, si rifugiò ad Atene

Qui, nel cuore della notte, mentre giaceva immerso in un sonno profondo con la mente grave d'incubi e di ansie, credette di vedere un uomo di statura gigantesca, nero di pelle, barbuto e dai capelli incolti, che gli si avvicinava; alla domanda chi fosse, egli sì sentì rispondere in lingua greca: Il tuo cattivo genio

Atterrito allora dal funesto aspetto e dal nome orrendo di colui, chiamò a gran voce i servi e chiese loro se avessero per caso visto qualcuno somigliante entrare od uscire dalla sua camera

Alla risposta negativa sì addormentò di nuovo, ma riebbe la stessa visione

così, svegliatosi definitivamente, si fece portare in camera un lume e vietò ai servi di lasciarlo solo

Tra quella notte e il supplizio capitale cui fu condannato da Cesare trascorse pochissimo tempo

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Propioribus tamen, ut ita dicam, lineis Haterii Rufi equitis Romani somnium certo euentu admotum est

qui, cum gladiatorium munus Syracusis ederetur, inter quietem retiari se manu confodi uidit idque postero die in spectaculo consessoribus narrauit

incidit deinde ut proximo ab equite loco retiarius cum murmillone introduceretur

cuius cum faciem uidisset, isdem dixit ab illo retiario trucidari putasse protinusque inde discedere uoluit

illi sermone suo metu eius discusso causam exitii misero attulerunt: retiarius enim in eum locum conpulso murmillone et abiecto, dum iacentem ferire conatur, traiectum gladio Haterium interemit
[8] Adombrata, invece, da un sogno, per rosi dire, più vicino alla realtà fu la fine del cavaliere Aterio Rufo

Costui, mentre a Siracusa aveva luogo uno spettacolo di gladiatori, sì vide trafiggere in sogno da un reziario, e il giorno dopo raccontò in teatro a chi gli sedeva vicino quel che gli era toccato

Accadde quindi che da un passaggio vicinissimo al luogo dov'egli sedeva furono introdotti nell'arena un reziario e un mirmillone

Appena scorto il reziario, Aterio disse ai vicini che era quello il reziario che, apparsogli in sogno, avrebbe voluto ucciderlo, voleva dunque andarsene subìto via da quel luogo

Ma quelli con le loro parole lo convinsero a non aver paura e furono causa della sua infelice morte: perché il reziario, spinto il rivale proprio in quel punto e gettatolo a terra, mentre tentava di colpirlo, trafisse, invece, ed uccise con la spada Aterio

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