Tacito, Annales: Libro 04, 25-50, pag 3

Tacito, Annales: Libro 04, 25-50

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 04, 25-50

et quoniam audiverit Augustum in conlocanda filia non nihil etiam de equitibus Romanis consultavisse, ita, si maritus Liviae quaereretur, haberet in animo amicum sola necessitudinis gloria usurum

non enim exuere imposita munia: satis aestimare firmari domum adversum iniquas Agrippinae offensiones, idque liberorum causa; nam sibi multum superque vitae fore, quod tali cum principe explevisset

[40] Ad ea Tiberius laudata pietate Seiani suisque in eum beneficiis modice percursis, cum tempus tamquam ad integram consultationem petivisset, adiunxit: ceteris mortalibus in eo stare consilia quid sibi conducere putent; principum diversam esse sortem quibus praecipua rerum ad famam derigenda
E poiché aveva saputo che Augusto, per le nozze della figlia, aveva pensato anche a cavalieri romani, allora, quando cercasse un marito per Livia, non si dimenticasse di un amico, cui bastava la sola gloria di un legame di parentela

Non intendeva infatti esimersi dai doveri assegnatigli: gli bastava pensare che la casa del principe fosse al sicuro dai malevoli attacchi di Agrippina, e ciò nell'interesse dei suoi figli; quanto a sé, la vita gli sarebbe più che bastata, pur di passarla accanto a un simile principe

40 Nella risposta Tiberio lodò la devozione di Seiano, accennò con garbo ai benefici in suo favore e chiese tempo per una approfondita riflessione; aggiunse poi alcune considerazioni: per gli altri uomini il criterio della scelta è l'utilità personale; ben diverso invece il destino dei principi, i cui atti fondamentali devono essere rivolti a conseguire la fama
ideo se non illuc decurrere, quod promptum rescriptu, posse ipsam Liviam statuere, nubendum post Drusum an in penatibus isdem tolerandum haberet; esse illi matrem et aviam, propiora consilia

simplicius acturum, de inimicitiis primum Agrippinae, quas longe acrius arsuras si matrimonium Liviae velut in partis domum Caesarum distraxisset

sic quoque erumpere aemulationem feminarum, eaque discordia nepotes suos convelli: quid si intendatur certamen tali coniugio

'falleris enim, Seiane, si te mansurum in eodem ordine putas, et Liviam, quae GCaesari, mox Druso nupta fuerit, ea mente acturam ut cum equite Romano senescat

ego ut sinam, credisne passuros qui fratrem eius, qui patrem maioresque nostros in summis imperiis videre
Non era perciò il caso di soffermarsi sulla considerazione, come sarebbe stato facile ribattere, che Livia poteva benissimo stabilire da sola se avere, dopo Druso, un altro marito o se, invece, accettare di vivere nella sua casa di un tempo: aveva una madre e una nonna per consigli e confidenze più intime

E intendeva parlare con una certa franchezza anzitutto sulle ostilità di Agrippina, che sarebbero divampate assai più violente, se il matrimonio di Livia avesse spezzato per così dire in due partiti la casa dei Cesari

Già così erompeva la rivalità fra le due donne e di tale discordia erano vittime i suoi nipoti: cosa aspettarsi, se, con tale matrimonio, la contesa si fosse inasprita

Sbagli infatti, Seiano, se pensi di restare nel tuo rango e che Livia, un tempo consorte di Gaio Cesare e poi di Druso, possa rassegnarsi a invecchiare al fianco di un cavaliere romano

Potrei consentirlo io, ma credi che lo accetteranno quanti hanno visto nelle più alte cariche dell'impero il fratello di lei, il padre, i nostri antenati
vis tu quidem istum intra locum sistere: sed illi magistratus et primores, qui te invitum perrumpunt omnibusque de rebus consulunt, excessisse iam pridem equestre fastigium longeque antisse patris mei amicitias non occulti ferunt perque invidiam tui me quoque incusant

at enim Augustus filiam suam equiti Romano tradere meditatus est

mirum hercule, si cum in omnis curas distraheretur immensumque attolli provideret quem coniunctione tali super alios extulisset, C Proculeium et quosdam in sermonibus habuit insigni tranquillitate vitae, nullis rei publicae negotiis permixtos

sed si dubitatione Augusti movemur, quanto validius est quod Marco Agrippae, mox mihi conlocavit

atque ego haec pro amicitia non occultavi: ceterum neque tuis neque Liviae destinatis adversabor
Dici di voler rimanere al tuo posto: ma quei magistrati e quei cittadini d'alto rango che, contro tua voglia, forzano il tuo riserbo per consultarti su ogni problema, dichiarano apertamente che già da tempo hai superato il livello di cavaliere e stai ben oltre gli amici di mio padre e, insofferenti della tua posizione, accusano anche me

Certo Augusto ebbe l'idea di dare sua figlia a un cavaliere romano

E davvero sorprende che, assillato da ogni tipo di problemi, e pur prevedendo l'altissimo prestigio assegnato a chi avesse messo al di sopra degli altri con tale matrimonio, abbia potuto parlare di un Gaio Proculeio e di altri noti per la loro vita riservata e per la loro estraneità alla vita politica

Ma se ci colpisce questa incertezza di Augusto, quanto maggior peso ha il fatto che abbia dato in moglie la figlia prima a Marco Agrippa e poi a me

Sono considerazioni, queste, che ho voluto esprimerti in nome dell'amicizia; tuttavia non sarò io ad avversare i propositi tuoi e di Livia

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
Tacito, Annales: Libro 14, 01-19

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

ipse quid intra animum volutaverim, quibus adhuc necessitudinibus immiscere te mihi parem, omittam ad praesens referre: id tantum aperiam, nihil esse tam excelsum quod non virtutes istae tuusque in me animus mereantur, datoque tempore vel in senatu s vel in contione non reticebo’

[41] Rursum Seianus non iam de matrimonio sed altius metuens tacita suspicionum, vulgi rumorem, ingruentem invidiam deprecatur

ac ne adsiduos in domum coetus arcendo infringeret potentiam aut receptando facultatem criminantibus praeberet, huc flexit ut Tiberium ad vitam procul Roma amoenis locis degendam impelleret
Preferisco tacere per il momento quale progetto accarezzo nella mia mente e con quali vincoli penso di legarti a me: solo in questo sarò esplicito, che non vi è nulla di tanto eccelso che le tue capacità e il tuo atteggiamento verso di me non meritino; a suo tempo parlerò o in senato o davanti al popolo

41 Seiano si rivolse ancora a Tiberio, non già per il matrimonio, ma, spinto da più profonde apprensioni, cerca di stornare i taciti sospetti, le chiacchiere della gente e gli attacchi dei malevoli

Per non indebolire la sua potenza, col sospendere le frequentissime udienze in casa sua, e per non fare, concedendole, il gioco dei suoi accusatori, s'appigliò allo stratagemma di premere su Tiberio, per indurlo a vivere lontano da Roma in luoghi ameni
multa quippe providebat: sua in manu aditus litterarumque magna ex parte se arbitrum fore, cum per milites commearent; mox Caesarem vergente iam senecta secretoque loci mollitum munia imperii facilius tramissurum: et minui sibi invidiam adempta salutantum turba sublatisque inanibus veram potentiam augeri

igitur paulatim negotia urbis, populi adcursus, multitudinem adfluentium increpat, extollens laudibus quietem et solitudinem quis abesse taedia et offensiones ac praecipua rerum maxime agitari

[42] Ac forte habita per illos dies de Votieno Montano, celebris ingenii viro, cognitio cunctantem iam Tiberium perpulit ut vitandos crederet patrum coetus vocesque quae plerumque verae et graves coram ingerebantur
Si aspettava da ciò molti vantaggi: poteva controllare le udienze, essere arbitro di gran parte della corrispondenza, il cui servizio era affidato all'esercito; più tardi Cesare, declinante nella vecchiaia e reso docile dalla vita appartata, nel suo ritiro, gli avrebbe più facilmente affidato le responsabilità del potere; inoltre, sbarazzatosi della folla dei cortigiani, sarebbe calata l'avversione nei suoi confronti e, sfrondate le inutili apparenze, avrebbe visto crescere il vero potere

Prese dunque, poco alla volta, a dolersi della convulsa vita della città, dell'affollarsi della gente intorno, della massa che a lui faceva ricorso, lodando la pace solitaria, che consente di allontanare noie e provocazioni, per dedicare tutte le energie agli affari più seri

42 Per puro caso, proprio in quei giorni, l'inchiesta a carico di Vozieno Montano, un uomo di grande talento, convinse Tiberio, già esitante, a credere che fosse opportuno evitare le riunioni in senato e le dure verità spesso rovesciategli in faccia

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Tacito, Annales: Libro 13, 01-24
Tacito, Annales: Libro 13, 01-24

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 13, 01-24

nam postulato Votieno ob contumelias in Caesarem dictas, testis Aemilius e militaribus viris, dum studio probandi cuncta refert et quamquam inter obstrepentis magna adseveratione nititur, audivit Tiberius probra quis per occuitum lacerabatur, adeoque perculsus est ut se vel statim vel in cognitione purgaturum clamitaret precibusque proximorum, adulatione omnium aegre componeret animum

et Votienus quidem maiestatis poenis adfectus est: Caesar obiectam sibi adversus reos inclementiam eo pervicacius amplexus, Aquiliam adulterii delatam cum Vario Ligure, quamquam Lentulus Gaetulicus consul designatus lege Iulia damnasset, exilio punivit Apidiumque Merulam quod in acta divi Augusti non iuraverat albo senatorio erasit
Vozieno infatti era accusato di aver pronunciato espressioni offensive contro Cesare, ed Emilio, ch'era un soldato, nella sua ansia di fornire le prove in qualità di testimone, riferiva tutte le espressioni incriminate e proseguì, pur in mezzo ai clamori, nel suo inarrestabile slancio; così a Tiberio toccò udire le sconcezze con cui lo bollavano, e ne fu colpito al punto da mettersi a gridare che si sarebbe giustificato subito o nel corso dell'istruttoria, riuscendo a calmarsi, a stento, solo per le preghiere dei vicini e l'adulazione di tutti

Vozieno fu, ovviamente, condannato per lesa maestà; e Tiberio, con maggiore accanimento, scelse di assumere quella rigida durezza contro gli imputati, che gli veniva appunto addebitata: Aquilia, denunciata per adulterio con Vario Ligure, benché il console designato Lentulo Getulico proponesse la pena in base alla legge Giulia, Tiberio la volle condannata all'esilio, e cancellò dall'albo senatorio Apidio Merula, perché non aveva giurato sugli atti del divo Augusto
[43] Auditae dehinc Lacedaemoniorum et Messeniorum legationes de iure templi Dianae Limnatidis, quod suis a maioribus suaque in terra dicatum Lacedaemonii firmabant annalium memoria vatumque carminibus, sed Macedonis Philippi cum quo bellassent armis ademptum ac post C Caesaris et M Antonii sententia redditum

contra Messenii veterem inter Herculis posteros divisionem Peloponnesi protulere, suoque regi Denthaliatem agrum in quo id delubrum cessisse; monimentaque eius rei sculpta saxis et aere prisco manere

quod si vatum, annalium ad testimonia vocentur, pluris sibi ac locupletiores esse; neque Philippum potentia sed ex vero statuisse: idem regis Antigoni, idem imperatoris Mummii iudicium; sic Milesios permisso publice arbitrio, postremo Atidium Geminum praetorem Achaiae decrevisse
43 Ebbero poi udienza le legazioni degli Spartani e dei Messeni per i diritti sul tempio di Diana Limnatide; gli Spartani, sulla base dei loro annali e dei canti dei poeti, asserivano che la consacrazione, avvenuta sulla propria terra, risaliva al tempo dei loro antenati e che se l'erano poi vista togliere con le armi, all'epoca della guerra di Filippo il Macedone e poi ancora restituire con un decreto di Gaio Cesare e di Marco Antonio

I Messeni ribattevano, adducendo l'antica divisione del Peloponneso tra i discendenti di Ercole, per cui al loro re era toccato il territorio di Dentalia, su cui sorgeva il santuario: esistevano, a testimonianza, antiche iscrizioni su pietra e bronzo

se poi si chiamavano in causa poeti e storici, potevano produrre testi più numerosi e ricchi di dati; quanto alle decisioni di Filippo, esse discendevano non da un atto di potere, bensì dal rispetto della verità: identico, del resto, il giudizio del re Antigono e del generale Mummio, e così avevano stabilito i Milesi, chiamati a un pubblico arbitrato, e infine il pretore d'Acaia Atidio Gemino

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ita secondum Messenios datum

et Segestani aedem Veneris montem apud Erycum, vetustate dilapsam, restaurari postulavere, nota memorantes de origine eius et laeta Tiberio

suscepit curam libens ut consanguineus

tunc tractatae Massiliensium preces probatumque P Rutilii exemplum; namque eum legibus pulsum civem sibi Zmyrnaei addiderant

quo iure Vulcacius Moschus exul in Massiliensis receptus bona sua rei publicae eorum et patriae reliquerat

[44] Obiere eo anno viri nobiles Cn Lentulus et L Domitius

Lentulo super consulatum et triumphalia de Getis gloriae fuerat bene tolerata paupertas, dein magnae opes innocenter partae et modeste habitae
Il tempio fu assegnato secondo le ragioni dei Messeni

Successivamente, una delegazione di Segesta chiese il restauro del tempio di Venere sul monte Erice, diroccato dal tempo; ricordarono, sulla sua origine, fatti noti e cari a Tiberio

egli se ne fece carico, con piacere, considerato il vincolo di sangue con la dea

Venne quindi presa in esame un'istanza dei Marsigliesi, sulla base del precedente, convalidato, di Publio Rutilio che, esiliato a norma di legge, aveva ricevuto la cittadinanza dagli abitanti di Smirne

Appellandosi allo stesso diritto, Vulcacio Mosco, esule e poi accolto tra i cittadini di Marsiglia, aveva lasciato i suoi beni a quella città, come alla sua patria

44 Morirono, in quell'anno, Gneo Lentulo e Lucio Domizio, membri della nobiltà

Oltre al consolato e alle insegne trionfali sui Geti, Lentulo aveva avuto il merito di affrontare dignitosamente la povertà e, in seguito, d'aver percepito, in modo onesto, grandi ricchezze e d'averle possedute senza esibizioni
Domitium decoravit pater civili bello maris potens, donec Antonii partibus, mox Caesaris misceretur

avus Pharsalica acie pro optumatibus ceciderat

ipse delectus cui minor Antonia, Octavia genita, in matrimonium daretur, post exercitu flumen Albim transcendit, longius penetrata Germania quam quisquam priorum, easque ob res insignia triumphi adeptus est

obiit et L Antonius, multa claritudine generis sed improspera

nam patre eius Iullo Antonio ob adulterium Iuliae morte punito hunc admodum adulescentulum, sororis nepotem, seposuit Augustus in civitatem Massiliensem ubi specie studiorum nomen exilii tegeretur

habitus tamen supremis honor ossaque tumulo Octaviorum inlata per decretum senatus

[45] Isdem consulibus facinus atrox in citeriore Hispania admissum a quodam agresti nationis Termestinae
A Domizio diede lustro il padre, dominatore del mare nel corso della guerra civile, finché non si pose a fianco di Antonio e, dopo ancora, di Ottaviano

Il nonno era caduto nella battaglia di Farsalo in difesa degli ottimati

Quanto a lui, scelto per ricevere in matrimonio Antonia minore, figlia di Ottavia, oltrepassò in seguito l'Elba con un esercito e penetrò nella Germania, addentrandosi più di chiunque altro prima, e per questo ottenne le insegne del trionfo

Venne a morte anche Lucio Antonio, di famiglia notissima ma sventurata

Infatti, dopo la punizione del padre, Iullo Antonio, condannato a morte per l'adulterio con Giulia, Augusto allontanò il nipote della sorella, ancor giovane, a Marsiglia, dove, col pretesto degli studi, veniva dissimulata la sua condizione di esule

Furono però resi gli ultimi onori alla sua salma e, per decreto del senato, le sue ossa vennero deposte nel sepolcro degli Ottavii

45 Nel corso dello stesso anno, venne commesso, nella Spagna citeriore, un feroce delitto da un contadino di Terme

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is praetorem provinciae L Pisonem, pace incuriosum, ex improviso in itinere adortus uno vulnere in mortem adfecit; ac pernicitate equi profugus, postquam saltuosos locos attigerat, dimisso equo per derupta et avia sequentis frustratus est

neque diu fefellit: nam prenso ductoque per proximos pagos equo cuius foret cognitum

et repertus cum tormentis edere conscios adigeretur, voce magna sermones patrio frustra se interrogari clamitavit: adsisterent socii ac spectarent; nullam vim tantam doloris fore ut veritatem eliceret

idemque cum postero ad quaestionem retraheretur, eo nisu proripuit se custodibus saxoque caput adflixit ut statim exanimaretur
Costui uccise con un sol colpo, assalendolo d'improvviso, il pretore della provincia Lucio Pisone, durante i suoi spostamenti, che avvenivano senza particolari precauzioni, data la situazione di pace; poi fuggì su un cavallo veloce fino a luoghi boscosi e qui, lasciata la bestia, eluse gli inseguitori attraverso dirupi inaccessibili

Ma non sfuggì a lungo, perché il cavallo fu preso e condotto in giro per i villaggi vicini, finché non si venne a sapere chi ne fosse il proprietario

Fu scovato e sottoposto a tortura, perché svelasse il nome dei complici, ma proclamò, nella sua lingua, che lo si interrogava invano; i suoi compagni potevano venire a vederlo: il dolore di nessun tormento gli avrebbe strappato la verità

E costui, mentre veniva ricondotto, il giorno dopo, all'interrogatorio, si svincolò dalle guardie e con la testa si scagliò così violentemente contro una roccia da morire sul colpo

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