Il video è diventato virale, ha dato inizio a una guerra culturale che ha visto la cannuccia di plastica diventare per anni il simbolo della lotta per la sostenibilità ambientale, il nemico pubblico numero uno, quasi che liberandosene, si sarebbe davvero salvato il pianeta. Naturalmente, le più grandi aziende hanno fatto i salti di gioia davanti all'occasione di manifestare la propria indole eco-guerriera. Il loro campione? la cannuccia di carta.
E così, bevendo Starbucks in bicchieri di plastica ma usando cannucce rigorosamente di cellulosa, la gente si è sentita un po' meglio e ha potuto scordarsi della grande chiarezza di immondizia del Pacifico, un accumulo di rifiuti galleggianti che, con le sue 80.000 tonnellate di plastica, copre a oggi un'area tre volte più ampia della Francia. Eppure il National Geographic ha calcolato che, degli 8 milioni di quintali di plastica che finiscono negli oceani ogni anno, le cannucce costituiscono solo lo 0,025%.
Quindi cosa rende la cannuccia una minaccia così grave?
Nulla. E' semplicemente un esempio di "attivismo da poltrona", ovvero un'attività che richiede pochissimo sforzo per ottenere risultati percepiti ma non fattibili.
Quello contro la cannuccia di plastica è un odio facile, che non richiede sacrifici nei cambiamenti radicali, ed è per questo che i media, la politica e le multinazionali ci si sono tuffati a capofitto. Nel frattempo, si stima che entro il 2050 in mare ci saranno più chili di plastica che di pesce.
Ma se non è dalle cannucce che deriva la plastica dei mari, da dove viene? Sono due le fonti primarie:
- La prima: l'attrezzatura da pesca abbandonata dai pescherecci commerciali
- la seconda: la mala gestione dei rifiuti nel Sud globale. E' proprio dal Sud del mondo che i cosiddetti "paesi sviluppati" dipendono per lo smaltimento di gran parte della loro spazzatura.
Si stima che la Germania sia all'esportatore di rifiuti plastici numero uno al mondo, con spedizioni che raggiungono le 800.000 tonnellate metriche ogni anno. Il Regno Unito e il Giappone non sono da meno. La maggior parte dei rifiuti importati in Kenya proviene dagli Stati Uniti prodotti dall'industria della moda che finiscono ad accumularsi nelle discariche a cielo aperto











