Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 11-15

Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 11-15

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 02; 11-15

[11][1] Qui cum sic divisus sit, ima sui parte maxime varius et inconstans ac mutabilis est

Circa terras plurimum audet, plurimum patitur, exagitat et exagitatur ; nec tamen eodem modo totus afficitur, sed aliter alibi et partibus inquietus ac turbidus est

[2] Causas autem illi mutationis et inconstantiae alias terra praebet, cuius positiones hoc aut illo versae magna ad aeris temperiem momenta sunt, alias siderum cursus, ex quibus soli plurimum imputes ; illum sequitur annus, ad illius flexum hiemes aestatesque vertuntur

Lunae proximum ius est

Sed ceterae quoque stellae non minus terrena quam incumbentem terris spiritum afficiunt et cursu suo occursuve contrario modo frigora, modo imbres aliasque terris turbide iniurias movent
[11] [1] Poiché laria è così suddivisa, nella sua regione più bassa è al massimo grado variabile, instabile e mutevole

In prossimità della terra agisce e patisce al massimo grado, scuote ed è scossa; eppure, non è sollecitata dappertutto allo stesso modo, ma è agitata e disordinata in modo diverso a seconda del luogo

[2] Ora, le cause della sua mutevolezza e instabilità provengono alcune dalla terra, il cui orientamento da questa o da quella parte è molto importante per lequilibrio dellaria, altre dallorbita degli astri, fra i quali bisogna attribuire un ruolo decisivo al sole: su di esso si regola lanno, secondo la sua orbita si succedono inverno ed estate

Subito dopo viene linflusso della luna

Ma anche le altre stelle influiscono sulle cose terrene non meno che sullaria che si stende sopra la terra, e con il loro corso e il loro incontro in direzione contraria portano ora il freddo, ora le piogge e altre intemperie che la loro turbolenza infligge alla terra
[3] Haec necessarium fuit praeloqui dicturo de tonitru fulminibusque ac fulgurationibus

Nam cum in aere fiant, naturam eius explicari oportebat, quo facilius appareret quid facere aut pati posset

[12][1] Tria sunt quae accidunt, fulgurationes, fulmina, tonitrua, quae una facta serius audiuntur

Fulguratio ostendit ignem, fulminatio emittit

Illa, ut ita dicam, comminatio est et conatio sine ictu ; ista iaculatio cum ictu

[2] Quaedam sunt ex his de quibus inter omnes convenit, quaedam in quibus diversae sententiae sunt

Convenit de illis, omnia ista in nubibus et e nubibus fieri

Etiamnunc convenit et fulgurationes et fulminationes aut igneas esse aut ignea specie

[3] Ad illa nunc transeamus in quibus lis est

Quidam putant ignem inesse nubibus ; quidam ad tempus fieri nec prius esse quam mitti
[3] stato necessario porre questa premessa, dato che sto per parlare dei tuoni, dei fulmini e dei lampi

Infatti, poiché essi hanno luogo nellaria, era necessario spiegare la sua natura, perché fosse più chiaro che cosa essa può provocare o subire

[12][1] Tre sono i fenomeni che avvengono, lampi, fulmini e tuoni, che pur essendo simultanei, vengono percepiti più tardi

Il lampo fa vedere il fuoco, il fulmine lo scaglia

Quello è, per così dire, una minaccia e un tentativo privo di effetto, questo un lancio che va ad effetto

[2] Ci sono alcuni punti sui quali tutti sono daccordo, altri sui quali esistono pareri divergenti

Cè accordo sul fatto che tutti questi fenomeni abbiano origine nelle nubi e dalle nubi

Cè accordo anche sul fatto che sia i lampi sia i fulmini siano di fuoco o ne abbiano lapparenza

[3] Passiamo ora ai punti sui quali cè controversia

Alcuni pensano che il fuoco sia dentro le nubi, altri che si formi al momento e che non ci sia prima di essere lanciato
Ne inter illos quidem qui praeparant ignem convenit; alius enim illum aliunde colligit

Quidam aiunt radios solis intercurrentis recurrentisque et saepius in se relatos ignem excitare

Anaxagoras ait illum ex aethere destillare et ex tanto ardore caeli multa decidere quae nubes diu inclusa custodiant

[4] Aristoteles multo ante ignem colligi non putat, sed eodem momento exilire quo fiat

Cuius sententia talis est

Duae partes mundi in imo iacent, terra et aqua

Utraque ex se reddit aliquid terrenus vapor siccus est et fumo similis, qui ventos, fulmina, tonitrua facit ; aquarum halitus umidus est et in imbres et nives cedit
E non cè accordo neppure fra coloro che sostengono che il fuoco preesista: infatti ne indicano lorigine chi in un luogo chi in un altro

Alcuni dicono che i raggi del sole che corrono dentro alle nubi e ne corrono fuori, riflettendosi su se stessi abbastanza di frequente, suscitano il fuoco

Anassagora afferma che il fuoco cade a gocce dalletere e che da un tale ardore del cielo vengono giù numerosissime particelle, che le nubi tengono a lungo chiuse al proprio interno

[4] Aristotele non ritiene che il fuoco si raccolga molto prima, ma che guizzi fuori nello stesso momento in cui si forma

Il suo pensiero è questo

Due parti del mondo giacciono nella regione più bassa, la terra e lacqua

Entrambe restituiscono qualcosa di sé, lesalazione della terra è simile al fumo, che produce i venti, i fulmini e i tuoni; lesalazione dellacqua è umida e si trasforma in pioggia e neve

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Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 01-05
Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 01-05

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 02; 01-05

[5] Sed siccus ille terrarum vapor, unde ventis origo est, cum coacervatus est, coitu nubium vehementer a latere eliditur ; deinde, ut latius, nubes proximas feriet

Haec plaga cum sono incutitur, qualis in nostris ignibus redditur, cum flamma uitio lignorum virentium crepat

Et illic spiritus habens aliquid umidi secum conglobatusque rumpitur flamma ; eodem modo spiritus ille, quem paulo ante exprimi collisis nubibus dixi, impactus aliis nec rumpi nec exilire silentio potest

[6] Dissimilis autem crepitus fit ob dissimilitudinem nubium, quarum aliae maiorem sinum habent, aliae minorem

Ceterum illa vis expressi spiritus ignis est qui fulgurationis nomen habet, levi impetu accensus et vanus

Ante autem videmus fulgorem quam sonum audimus, quia oeulorum velocior sensus est et multum aures antecedit
[5] Ma quellesalazione secca della terra, dalla quale hanno origine i venti, quando si è accumulata, si sprigiona per il colpo violento ricevuto lateralmente dalle nubi che si scontrano; poi, per espandersi, urta le nubi più vicine

Questo colpo viene inferto producendo un suono simile a quello che si ode nei fuochi accesi da noi, quando la fiamma crepita per difetto della legna verde

Anche lì la fiamma fa scoppiare laria che ha dentro di sé un po di umidità che si è condensata;allo stesso modo quellaria di cui poco fa ho detto che guizza fuori dalle nubi che si scontrano fra loro non può né scoppiare né sprizzar fuori in silenzio

[6] Il rumore poi è diverso a causa della diversità delle nubi, perché alcune hanno concavità più grandi, altre più piccole

Daltra parte, quella energia che viene dallaria che esplode è il fuoco che ha il nome di lampo, acceso da un colpo leggero e inconsistente

Noi vediamo il chiarore prima di udire il suono, perché il senso della vista è più veloce e precede di gran lunga ludito
[13][1] Falsam autem opinionem esse eorum qui ignem in nubibus servant, per multa colligi potest

Si de caelo cadit, quomodo non cotidie fit, cum tantumdem semper illic ardeat

Deinde nullam rationem reddiderunt quare ignis, quem natura sursum vocat, defluat

Alia enim condicio nostrorum ignium est, ex quibus favillae cadunt, quae ponderis aliquid secum habent ; ita non descendit ignis, sed praecipitatur et deducitur

[2] Huic simile nihil accidit in illo igne purissimo, in quo nihil est quod deprimatur

Aut si ulla pars eius exciderit, in periculo totus est, quia totum potest excidere quod potest carpi

Deinde illud quod cadit leve est an grave

Leve est

Non potest ruere quod cadere levitas prohibet; illud suo in adyto tenet

Grave est
[13][1] Si possono addurre molte prove per dimostrare che è errata lopinione di coloro che trattengono il fuoco nelle nubi

Se cade dal cielo, come mai ciò non avviene ogni giorno, benché esso arda costantemente allo stesso modo

Inoltre, non hanno dato nessuna giustificazione di perché il fuoco, che la natura chiama verso lalto, vada verso il basso

Infatti, è diversa la condizione dei nostri fuochi, dai quali cadono scintille che hanno in sé un certo peso; così il fuoco non scende, ma è trascinato e fatto precipitare verso il basso

[2] Niente di simile accade in quel fuoco purissimo, nel quale non cè nulla che lo faccia scendere

O se una qualche sua parte si è staccata, è il fuoco nel suo complesso in pericolo, perché può crollare nel suo insieme ciò che può essere scisso in parti

Inoltre, ciò che cade è leggero o pesante

leggero

Non può precipitare ciò cui la leggerezza impedisce di cadere; esso mantiene nascosto nel suo santuario

pesante

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Seneca, Naturales Quaestiones: Libro 02; 56-59

Latino: dall'autore Seneca, opera Naturales Quaestiones parte Libro 02; 56-59

Quomodo illic esse potuit unde caderet

[3] Quid ergo

Non aliqui ignes in inferiora ferri solent, sicut haec ipsa de quibus quaerimus fulmina

Fateor

Non eunt tamen, sed feruntur ; aliqua illos potentia deprimit

Quae non est in aethere ; nihil enim illic iniuria cogitur, nihil rumpitur, nihil praeter solitum evenit

[4] Ordo rerum est, et expurgatus ignis in custodia mundi summa sortitus oras operis pulcherrimi circumit

Hic descendere non potest, sed ne ab externo quidem deprimi, quia in aethere nulli incerto corpori locus est ; certa et ordinata non pugnant

[14][1] Vos, inquit, dicitis, cum causas stellarum transvolantium redditis, posse aliquas aeris partes ad se trahere ignem ex locis superioribus et hoc ardore accendi
Come ha potuto stare là donde sarebbe dovuto cadere

[3] E allora

Di solito non si portano alcuni fuochi verso il basso, proprio come questi fulmini sui quali stiamo indagando

Lo confesso

Tuttavia, non vanno da sé, ma vi sono portati: li fa scendere una qualche forza

E questa non si trova nelletere;lì, infatti, niente viene costretto con la brutalità, niente viene spezzato, non accade niente di insolito

[4] Regna lordine, e il fuoco purificato, che nella conservazione del mondo ha ricevuto in sorte la regione più alta, circonda i confini di questa bellissima opera

Da qui non può discendere, ma non può neppure essere spinto giù da qualcosa di esterno, perché nelletere non cè posto per un corpo instabile, quelli stabili e ordinati non combattono

[14][1] Voi, ribatte, quando spiegate le cause delle stelle cadenti, dite che alcune parti dellaria possono attirare verso di sé il fuoco dalle regioni superiori, e così, con questo calore, infiammarsi
Sed plurimum interest utrum aliquis dicat ignem ex aethere decidere, quod natura non patitur, an dicat ex ignea vi calorem in ea quae subiacent transilire

Non enim illinc ignis cadit, quod non potest fieri, sed hic nascitur

[2] Videmus certe apud nos late incendio pervagante quasdam insulas quae diu concaluerunt ex se concipere flammam ; itaque verisimile est etiam in aere summo id quod ignis rapiendi naturam habet accendi calore aetheris superpositi

Necesse est enim ut et imus aether habeat aliquid aeri simile et summus aer non sit dissimilis imo aetheri, quia non fit statim in diversum ex diuerso transitus ; paulatim ista in confinio vim suam miscent ita ut dubitare possis aer an hic iam aether sit
Ma cè una grandissima differenza se uno dice che il fuoco cade dalletere, cosa che la natura non permette, o se dice che da una massa incandescente il calore si trasmette alle regioni sottostanti

Infatti, il fuoco non cade da là, evento che non può verificarsi, ma nasce qui

[2] Vediamo presso di noi con chiarezza che quando un vasto incendio si propaga a gruppi isolati di edifici, che si sono surriscaldati a lungo, essi prendono fuoco spontaneamente; perciò è verosimile che anche nella regione più alta dellatmosfera, ciò che ha una natura facilmente infiammabile venga acceso dal calore delletere sovrastante

, infatti, necessario che letere abbia in basso qualcosa di simile allaria e che laria in alto non sia dissimile dalletere più basso, perché il passaggio da una sostanza a unaltra completamente diversa non avviene bruscamente: esse mescolano poco per volta le loro proprietà peculiari nella zona di confine, cosicché ti potrebbe sorgere il dubbio se sia aria o già etere

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[15][1] Quidam ex nostris existimant aera, cum in ignem et aquam mutabilis sit, non detrahere aliunde causas flammarum novas ; ipse enim se mouendo accendit et, cum denses compactosque nubium sinus dissipat, necessario vastum in tam magnorum corporum diruptione reddit sonum

Illa porro nubium difficulter cedentium pugna aliquid confert ad concitandum ignem sic quemadmodum ferro ad secandum aliquid manus confert, sed secare ferri est
[15][1]Alcuni dei nostri ritengono che laria, essendo trasformabile in fuoco e in acqua, non tragga dal di fuori nuove cause di fiamme; si accende, infatti, da sé col movimento e, quando disperde ammassi di nubi densi e compatti, lacerando corpi così grandi, produce inevitabilmente un suono che si ode lontano

Inoltre, la resistenza opposta dalle nubi, che difficilmente cedono, contribuisce a ravvivare il fuoco, così come la mano aiuta il ferro a tagliare, ma il tagliare è proprio del ferro

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