Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01, pag 4

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 01
An merito reprehendat in quadam epistula Epicurus eos qui dicunt sapientem se ipso esse contentum et propter hoc amico non indigere, desideras scire

Hoc obicitur Stilboni ab Epicuro et iis quibus summum bonum visum est animus in patiens

In ambiguitatem incidendum est, si exprimere 'apátheian´ uno verbo cito voluerimus et impatientiam dicere; poterit enim contrarium ei quod significare volumus intellegi

Nos eum volumus dicere qui respuat omnis mali sensum: accipietur is qui nullum ferre possit malum

Vide ergo num satius sit aut invulnerabilem animum dicere aut animum extra omnem patientiam positum

Hoc inter nos et illos interest: noster sapiens vincit quidem incommodum omne sed sentit, illorum ne sentit quidem

Illud nobis et illis commune est, sapientem se ipso esse contentum

Sed tamen et amicum habere vult et vicinum et contubernalem, quamvis sibi ipse sufficiat
Tu vuoi sapere se Epicuro ha ragione a criticare in una sua lettera quanti dicono che il saggio basta a se stesso e che perciò non ha bisogno di amici

un rimprovero che Epicuro rivolge a Stilbone e a chi è convinto che il sommo bene sia un animo che non patisce

2 inevitabile cadere nell'equivoco se si vuole sbrigativamente tradurre con una sola parola e precisamente: impatientia; Può infatti, intendersi il contrario di quello che vogliamo sottolineare

Per noi si tratta dell'uomo che rifiuta la sensazione di qualsiasi male: c'è il rischio di interpretarlo, invece, come uno che non può sopportare nessun male

Vedi, dunque, se non è preferibile parlare o di un animo invulnerabile o di un animo al di là di ogni sofferenza

Questa è la differenza tra noi e loro: il nostro saggio vince ogni avversità, ma l'avverte; il loro neppure l'avverte

In comune abbiamo l'opinione che il saggio è autosufficiente

e tuttavia, egli vuole avere un amico, un vicino di casa, un compagno di vita
Vide quam sit se contentus: aliquando sui parte contentus est

Si illi manum aut morbus aut hostis exciderit, si quis oculum vel oculos casus excusserit, reliquiae illi suae satisfacient et erit imminuto corpore et amputato tam laetus quam in integro fuit; sed si quae sibi desunt non desiderat, non deesse mavult

Ita sapiens se contentus est, non ut velit esse sine amico sed ut possit; et hoc quod dico 'possit' tale est: amissum aequo animo fert

Sine amico quidem numquam erit: in sua potestate habet quam cito reparet

Quomodo si perdiderit Phidias statuam protinus alteram faciet, sic hic faciendarum amicitiarum artifex substituet alium in locum amissi

Quaeris quomodo amicum cito facturus sit

Dicam, si illud mihi tecum convenerit, ut statim tibi solvam quod debeo et quantum ad hanc epistulam paria faciamus
E guarda quanto è autosufficiente: certe volte di sé gli basta una sola parte

Se una malattia o un nemico lo hanno privato di una mano, se per sventura ha perso uno o tutt'e due gli occhi, anche così ridotto, sarà soddisfatto, e il corpo sconciato e mutilato gli andrà bene non meno di quando era integro; Ma se non rimpiange ciò che gli è venuto a mancare, questo non significa che preferisce la menomazione

Il saggio è autosufficiente non nel senso che vuole essere senza amici, ma che può stare senza amici; e questo può significa che, se perde un amico, sopporta con animo sereno

Ma non sarà mai senza amici: può crearsene altri in breve tempo

Come Fidia, persa una statua, ne avrebbe fatta subito un'altra, così questo artefice di amicizie, perduto un amico, lo sostituirà con un altro

Mi chiedi come si possa stringere presto un'amicizia

Te lo dirò se stabiliamo che io ti paghi subito il mio debito e per questa lettera facciamo pari
Hecaton ait, 'ego tibi monstrabo amatorium sine medicamento, sine herba, sine ullius veneficae carmine: si vis amari, ama'

Habet autem non tantum usus amicitiae veteris et certae magnam voluptatem sed etiam initium et comparatio novae

Quod interest inter metentem agricolam et serentem, hoc inter eum qui amicum paravit et qui parat

Attalus philosophus dicere solebat iucundius esse amicum facere quam habere, 'quomodo artifici iucundius pingere est quam pinxisse'

Illa in opere suo occupata sollicitudo ingens oblectamentum habet in ipsa occupatione: non aeque delectatur qui ab opere perfecto removit manum

Iam fructu artis suae fruitur: ipsa fruebatur arte cum pingeret

Fructuosior est adulescentia liberorum, sed infantia dulcior

Nunc ad propositum revertamur
Dice Ecatone: Ti indicherò un filtro amoroso, senza pozioni, senza erbe, senza formule magiche: se vuoi essere amato, ama

Non solo dalle amicizie sicure e di vecchia data si ricava grande piacere, ma anche dal cominciarne e dal procurarsene di nuove

Tra chi ha un amico e chi lo cerca c'è differenza, come tra il contadino che miete e quello che semina

Il filosofo Attalo era solito dire che farsi un amico dà più gioia che averlo, come al pittore procura più gioia l'atto di dipingere che l'opera finita

L'attendere con zelo a un lavoro dà di per sé un grande piacere: non ne prova, invece, uno uguale chi, finita un'opera, toglie mano

Gode ormai del frutto della sua arte:dipingendo, invece, godeva dell'arte stessa

I figli adolescenti dànno più frutti, ma da piccoli ci dànno una felicità più dolce

Ritorniamo ora al nostro tema

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Sapiens etiam si contentus est se, tamen habere amicum vult, si nihil aliud, ut exerceat amicitiam, ne tam magna virtus iaceat, non ad hoc quod dicebat Epicurus in hac ipsa epistula, 'ut habeat qui sibi aegro assideat, succurrat in vincula coniecto vel inopi', sed ut habeat aliquem cui ipse aegro assideat, quem ipse circumventum hostili custodia liberet

Qui se spectat et propter hoc ad amicitiam venit male cogitat

Quemadmodum coepit, sic desinet: paravit amicum adversum vincla laturum opem; cum primum crepuerit catena, discedet

Hae sunt amicitiae quas temporarias populus appellat; qui utilitatis causa assumptus est tamdiu placebit quamdiu utilis fuerit

Hac re florentes amicorum turba circumsedet, circa eversos solitudo est, et inde amici fugiunt ubi probantur; hac re ista tot nefaria exempla sunt aliorum metu relinquentium, aliorum metu prodentium
Il saggio, anche se è autosufficiente, vuole, però avere un amico, se non altro per esercitare l'amicizia, e perché una virtù così nobile non languisca; non lo fa per il motivo dichiarato da Epicuro nella medesima lettera, e cioè per avere chi lo assista se ammalato, chi lo soccorra in carcere o in miseria, ma per avere qualcuno da assistere lui stesso, nelle malattie, o da liberare se prigioniero dei nemici

Se uno si preoccupa solo di sé e perciò fa amicizia, sbaglia

L'amicizia finirà, come è cominciata: si è procurato un amico perché lo aiutasse nella prigionia: non appena ci sarà rumore di catene, costui sparirà

Sono le amicizie cosiddette opportunistiche: un'amicizia fatta per interesse sarà gradita finché sarà utile

Così se uno ha successo, lo circonda una folla di amici, mentre rimane solo se cade in disgrazia: gli amici fuggono al momento della prova; per questo ci sono tanti esempi infami di persone che abbandonano l'amico per paura, edi altre che per paura lo tradiscono
Necesse est initia inter se et exitus congruant: qui amicus esse coepit quia expedit et desinet quia expedit; placebit aliquod pretium contra amicitiam, si ullum in illa placet praeter ipsam

'In quid amicum paras

' Ut habeam pro quo mori possim, ut habeam quem in exsilium sequar, cuius me morti et opponam et impendam: ista quam tu describis negotiatio est, non amicitia, quae ad commodum accedit, quae quid consecutura sit spectat

Non dubie habet aliquid simile amicitiae affectus amantium; possis dicere illam esse insanam amicitiam

Numquid ergo quisquam amat lucri causa

numquid ambitionis aut gloriae

Ipse per se amor, omnium aliarum rerum neglegens, animos in cupiditatem formae non sine spe mutuae caritatis accendit

Quid ergo

ex honestiore causa coit turpis affectus

'Non agitur' inquis 'nunc de hoc, an amicitia propter se ipsam appetenda sit
L'inizio e la fine fatalmente concordano Chi è diventato amico per convenienza, per convenienza finiràdi esserlo Se nell'amicizia si ricerca un utile, per ottenerlo si andrà contro l'amicizia stessa

Perché, dunque, ti fai un amico

Per avere qualcuno per cui morire, qualcuno da seguire in esilio, da strappare alla morte anche a prezzo della mia vita: quella che tu descrivi non è amicizia, ma traffico, che mira a un profitto e guarda ai possibili vantaggi

L'amore senza dubbio somiglia un po' all'amicizia; lo si potrebbe definire un'amicizia dissennata

Si ama forse per denaro

Per ambizione o per desiderio di gloria

L'amore di per sé trascura tutto il resto e accende negli animi un desiderio di bellezza e la speranza di unmutuo affetto

Ma come

Da una più onesta causa può nascere un sentimento ignobile

Ma ora non stiamo discutendo, potresti ribattere, se l'amicizia si debba ricercare per se stessa

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' Immo vero nihil magis probandum est; nam si propter se ipsam expetenda est, potest ad illam accedere qui se ipso contentus est

'Quomodo ergo ad illam accedit

' Quomodo ad rem pulcherrimam, non lucro captus nec varietate fortunae perterritus; detrahit amicitiae maiestatem suam qui illam parat ad bonos casus

'Se contentus est sapiens

' Hoc, mi Lucili, plerique perperam interpretantur: sapientem undique submovent et intra cutem suam cogunt

Distinguendum autem est quid et quatenus vox ista promittat: se contentus est sapiens ad beate vivendum, non ad vivendum; ad hoc enim multis illi rebus opus est, ad illud tantum animo sano et erecto et despiciente fortunam

Volo tibi Chrysippi quoque distinctionem indicare

Ait sapientem nulla re egere, et tamen multis illi rebus opus esse: 'contra stulto nulla re opus est - nulla enim re uti scit - sed omnibus eget'
E, invece, è questa la prima cosa da dimostrare, poiché, in tal caso, vi si può accostare chi è autosufficiente

E come, dunque, ci si accosta ad essa

Come a un sentimento bellissimo, non per lucro, né per timore dell'instabilità della sorte; se uno stringe amicizia per opportunismo le toglie la sua grandezza

Il saggio è autosufficiente

I più, caro Lucilio, interpretano male questa espressione: allontanano il saggio da tutto e lo costringono dentro il suo guscio

Bisogna allora chiarire il significato e i limiti di questa frase: il saggio è autosufficiente per vivere felice, non per vivere; a questo scopo gli occorrono, infatti, molti elementi, per vivere felice solo un animo onesto, fiero e noncurante della sorte

Voglio ora indicarti anche la distinzione fatta da Crisippo

Egli dice che il saggio non sente la mancanza di niente e, tuttavia, ha bisogno di molte cose: Lo sciocco, invece, non ha bisogno di niente, perché non sa servirsi di niente, ma sente la mancanza di tutto
Sapienti et manibus et oculis et multis ad cotidianum usum necessariis opus est, eget nulla re; egere enim necessitatis est, nihil necesse sapienti est

Ergo quamvis se ipso contentus sit, amicis illi opus est; hos cupit habere quam plurimos, non ut beate vivat; vivet enim etiam sine amicis beate

Summum bonum extrinsecus instrumenta non quaerit; domi colitur, ex se totum est; incipit fortunae esse subiectum si quam partem sui foris quaerit

'Qualis tamen futura est vita sapientis, si sine amicis relinquatur in custodiam coniectus vel in aliqua gente aliena destitutus vel in navigatione longa retentus aut in desertum litus eiectus

' Qualis est Iovis, cum resoluto mundo et dis in unum confusis paulisper cessante natura acquiescit sibi cogitationibus suis traditus

Tale quiddam sapiens facit: in se reconditur, secum est
Il saggio ha bisogno delle mani, degli occhi e di molte altre cose indispensabili alle attività di ogni giorno, ma di nessuna sente la mancanza; sentire la mancanza di qualcosa deriva dalla necessità, mentre al saggio niente è necessario

Quindi, per quanto sia autosufficiente, ha bisogno di amici e desidera averne il più possibile, ma non per vivere felice: è felice anche senza amici

Il sommo bene, cioè la felicità, non cerca al di fuori mezzi per realizzarsi; è un bene interiore e nasce tutto da se stesso; diventa schiavo della sorte se ricerca una parte di sé all'esterno

Quale sarà la vita del saggio se, gettato in carcere o relegato in terra straniera o costretto a una lunga navigazione o sbattuto su una spiaggia deserta, rimane senza amici

Sarà simile a quella di Giove, quando alla fine del mondo, scomparsi gli dèi in un tutt'uno e cessando per qualche tempo l'ordine naturale delle cose, si riposerà chiuso in sé abbandonandosi ai suoi pensieri

Il saggio fa qualcosa di simile: si ritira in sé, sta solo con se stesso

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Quamdiu quidem illi licet suo arbitrio res suas ordinare, se contentus est et ducit uxorem; se contentus est et liberos tollit; se contentus est et tamen non viveret si foret sine homine victurus

Ad amicitiam fert illum nulla utilitas sua, sed naturalis irritatio; nam ut aliarum nobis rerum innata dulcedo est, sic amicitiae

Quomodo solitudinis odium est et appetitio societatis, quomodo hominem homini natura conciliat, sic inest huic quoque rei stimulus qui nos amicitiarum appetentes faciat

Nihilominus cum sit amicorum amantissimus, cum illos sibi comparet, saepe praeferat, omne intra se bonum terminabit et dicet quod Stilbon ille dixit, Stilbon quem Epicuri epistula insequitur
Finché gli è possibile ordinare le sue faccende a suo piacere, è autosufficiente e prende moglie; è autosufficiente e genera figli; è autosufficiente e tuttavia non potrebbe vivere se dovesse viveresenza nessuno

All'amicizia non lo porta nessun interesse personale, ma una naturale inclinazione; come in altri sentimenti, anche nell'amicizia c'è un'innata attrattiva

Come esiste l'odio per la solitudine e la ricerca di associazione, come la natura lega uomo a uomo, così anche in questo sentimento c'è uno stimolo che ci spinge a ricercare le amicizie

E tuttavia, pur amando molto gli amici, che mette sul suo stesso piano, o che spesso addirittura antepone, il saggio delimiterà in sé ogni bene e ripeterà le parole di quel famoso Stilbone, lo stesso che Epicuro critica nella sua lettera
Hic enim capta patria, amissis liberis, amissa uxore, cum ex incendio publico solus et tamen beatus exiret, interroganti Demetrio, cui cognomen ab exitio urbium Poliorcetes fuit, num quid perdidisset, 'omnia' inquit 'bona mea mecum sunt' Ecce vir fortis ac strenuus ipsam hostis sui victoriam vicit

'Nihil' inquit 'perdidi': dubitare illum coegit an vicisset

'Omnia mea mecum sunt': iustitia, virtus, prudentia, hoc ipsum, nihil bonum putare quod eripi possit

Miramur animalia quaedam quae per medios ignes sine noxa corporum transeunt: quanto hic mirabilior vir qui per ferrum et ruinas et ignes inlaesus et indemnis evasit

Vides quanto facilius sit totam gentem quam unum virum vincere

Haec vox illi communis est cum Stoico: aeque et hic intacta bona per concrematas urbes fert; se enim ipse contentus est; hoc felicitatem suam fine designat
Costui, dopo la caduta della sua città, in cui aveva perso moglie e figli, uscì da solo, e tuttavia sereno, dall'incendio generale; gli fu chiesto da Demetrio, che ebbe poi il soprannome di Poliorcete per le città da lui distrutte, se avesse perso qualcosa Tutti i miei beni, rispose, li ho con me Ecco un uomo forte e valoroso, Egli vinse il nemico vincitore

Non ho perso nulla, disse: e costrinse il nemico a dubitare della propria vittoria

Tutti i miei beni li ho con me: senso di giustizia, virtù, saggezza e soprattutto l'intelligenza di non ritenere un bene ciò che può essere tolto

Ci meravigliamo vedendo certi animali che attraversano indenni il fuoco; quanto è più ammirevole quest'uomo che uscì illeso e indenne dalle armi, le rovine, le fiamme

Vedi quanto è più facile vincere tutto un popolo che un solo uomo

Sono parole uguali a quelle del filosofo stoico: anch'egli porta i suoi beni intatti attraverso la città in fiamme: è autosufficiente e in questi confini delimita la sua felicità

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Ne existimes nos solos generosa verba iactare, et ipse Stilbonis obiurgator Epicurus similem illi vocem emisit, quam tu boni consule, etiam si hunc diem iam expunxi

'Si cui' inquit 'sua non videntur amplissima, licet totius mundi dominus sit, tamen miser est

' Vel si hoc modo tibi melius enuntiari videtur - id enim agendum est ut non verbis serviamus sed sensibus -, 'miser est qui se non beatissimum iudicat, licet imperet mundo'

Ut scias autem hos sensus esse communes, natura scilicet dictante, apud poetam comicum invenies: non est beatus, esse se qui non putat

Quid enim refert qualis status tuus sit, si tibi videtur malus '

'Quid ergo

' inquis 'si beatum se dixerit ille turpiter dives et ille multorum dominus sed plurium servus, beatus sua sententia fiet

' Non quid dicat sed quid sentiat refert, nec quid uno die sentiat, sed quid assidue
Non pensare che solo noi pronunciamo nobili parole; lo stesso Epicuro, censore di Stilbone, proferì una frase simile, e tu prendila per buona, anche se per oggi ho già pagato il mio debito

Se pure è padrone del mondo intero, è un infelice l'uomo che non giudica ingentissimi i propri beni

Oppure, se in questo modo ti sembra espresso meglio bisogna badare più al significato che alle parole: Chi non si ritiene molto felice, anche se è padrone del mondo, è un poveretto

Perché tu sappia poi che questo è un concetto comune, appunto perché dettato dalla natura, leggerai nei versi di un poeta comico: Non è felice chi non pensa di esserlo

Che importa qual è il tuo stato, se a te non sembra buono

E come

ribatti se si definirà felice uno vergognosamente ricco e quell'altro, padrone di molti schiavi, ma schiavo di più persone ancora, diventeranno felici per la loro frase

Non importa quello che dicono, ma quel che pensano, e non quello che pensano un giorno solo, ma quello che pensano sempre

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