Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 11-12-13 Parte 02, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 11-12-13 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 11-12-13 Parte 02

Ad geometriam transeamus et ad musicen: nihil apud illas invenies quod vetet timere, vetet cupere

Quae quisquis ignorat, alia frustra scit utrum doceant isti virtutem an non: si non docent, ne tradunt quidem; si docent, philosophi sunt

Vis scire quam non ad docendam virtutem consederint

aspice quam dissimilia inter se omnium studia sint: atqui similitudo esset idem docentium

Nisi forte tibi Homerum philosophum fuisse persuadent, cum his ipsis quibus colligunt negent; nam modo Stoicum illum faciunt, virtutem solam probantem et voluptates refugientem et ab honesto ne inmortalitatis quidem pretio recedentem, modo Epicureum, laudantem statum quietae civitatis et inter convivia cantusque vitam exigentis, modo Peripateticum, tria bonorum genera inducentem, modo Academicum, omnia incerta dicentem
Passiamo alla geometria e alla musica: non vi troverai niente che inibisca timori, desideri: se uno ignora questo, è inutile che conosca altro

Bisogna vedere se costoro insegnano la virtù o no: se non la insegnano, non possono neppure trasmetterla; se la insegnano, sono filosofi

Vuoi renderti conto come non si siano mai soffermati a insegnare la virtù

Guarda come sono dissimili tra loro gli studi di tutti questi: se insegnassero la stessa cosa, dovrebbe esserci somiglianza

A meno che, per caso, non ti persuadano che Omero fu un filosofo, quando lo negano i fatti in base ai quali traggono le loro conclusioni; ora lo presentano come uno stoico che apprezza solamente la virtù, fugge i piaceri e non si allontana dalla rettitudine neppure a prezzo dell'immortalità; ora come un epicureo, che loda la condizione di una città tranquilla dove si vive tra banchetti e canti; ora come un peripatetico, che elenca tre tipi di beni; ora come un accademico, che sostiene che tutto è incerto
Apparet nihil horum esse in illo, quia omnia sunt; ista enim inter se dissident

Demus illis Homerum philosophum fuisse: nempe sapiens factus est antequam carmina ulla cognosceret; ergo illa discamus quae Homerum fecere sapientem

Hoc quidem me quaerere, uter maioraetate fuerit, Homerus an Hesiodus, non magis ad rem pertinet quam scire, cum minor Hecuba fuerit quam Helena, quare tam male tulerit aetatem

Quid, inquam, annos Patrocli et Achillis inquirere ad rem existimas pertinere

Quaeris Ulixes ubi erraverit potius quam efficias ne nos semper erremus

Non vacat audire utrum inter Italiam et Siciliam iactatus sit an extra notum nobis orbem neque enim potuit in tam angusto error esse tam longus: tempestates nos animi cotidie iactant et nequitia in omnia Ulixis mala inpellit
chiaro che in lui non è radicato nessuno di questi sistemi filosofici, dal momento che compaiono tutti e sono in contrasto tra loro

Ammettiamo che Omero fu un filosofo: certo divenne saggio prima di conoscere la poesia; e allora impariamo la disciplina che ha reso Omero saggio

Secondo me non è importante chiedersi se nacque prima Omero o Esiodo, come non è importante sapere perché Ecuba, pur essendo più giovane di Elena, portasse tanto male gli anni

Perché, dico, ritieni di grande interesse indagare sugli anni di Patroclo e di Achille

Vuoi sapere in che paesi andò errando Ulisse invece di fare in modo che noi non andiamo sempre errando

Non c'è tempo di ascoltare se fu sbattuto fra l'Italia e la Sicilia, oppure oltre i confini del mondo a noi conosciuto, visto che non avrebbe potuto vagare così a lungo in uno spazio tanto ristretto: tempeste interiori ci sballottano quotidianamente e la dissolutezza ci caccia in tutti i guai di Ulisse
Non deest forma quae sollicitet oculos, non hostis; hinc monstra effera et humano cruore gaudentia, hinc insidiosa blandimenta aurium, hinc naufragia et tot varietates malorum

Hoc me doce, quomodo patriam amem, quomodo uxorem, quomodo patrem, quomodo ad haec tam honesta vel naufragus navigem

Quid inquiris an Penelopa inpudica fuerit, an verba saeculo suo dederit

an Ulixem illum esse quem videbat, antequam sciret, suspicata sit

Doce me quid sit pudicitia et quantum in ea bonum, in corpore an in animo posita sit

Ad musicum transeo

Doces me quomodo inter se acutae ac graves consonent, quomodo nervorum disparem reddentium sonum fiat concordia: fac potius quomodo animus secum meus consonet nec consilia mea discrepent

Monstras mihi qui sint modi flebiles: monstra potius quomodo inter adversa non emittam flebilem vocem
Non manca certo la bellezza a turbare i nostri occhi, né i nemici; da una parte mostri feroci bramosi di sangue umano, dall'altra voci lusinghiere e insidiose, più avanti naufragi e sventure di ogni tipo

Insegnami piuttosto come amare la patria, la moglie, il padre, come, pur avendo fatto naufragio, possa dirigermi verso il porto della virtù

Perché cerchi di sapere se Penelope fosse una donna impudica e avesse ingannato i suoi contemporanei

Se prima di saperlo sospettasse già di essere di fronte a Ulisse

Insegnami che cos'è la pudicizia e quanto bene vi è racchiuso, se ha sede nel corpo o nell'anima

Passo alla musica

Tu mi insegni come le note gravi si accordino a quelle acute, come si armonizzino i suoni diversi emessi dalle corde degli strumenti: fa' piuttosto in modo che il mio animo sia coerente con se stesso, che le mie decisioni non siano in contrasto

Tu mi indichi quali sono i suoni lamentosi: mostrami piuttosto come non debba lamentarmi in mezzo alle sventure

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Metiri me geometres docet latifundia potius quam doceat quomodo metiar quantum homini satis sit

numerare docet me et avaritiae commodat digitos potius quam doceat nihil ad rem pertinere istas conputationes, non esse feliciorem cuius patrimonium tabularios lassat, immo quam supervacua possideat qui infelicissimus futurus est si quantum habeat per se conputare cogetur

Quid mihi prodest scire agellum in partes dividere, si nescio cum fratre dividere

Quid prodest colligere subtiliter pedes iugeri et conprendere etiam si quid decempedam effugit, si tristem me facit vicinus inpotens et aliquid ex meo abradens

Docet quomodo nihil perdam ex finibus meis: at ego discere volo quomodo totos hilaris amittam

'Paterno agro et avito' inquit 'expellor

' Quid

ante avum tuum quis istum agrum tenuit

cuius, non dico hominis, sed populi fuerit potes expedire
Il geometra mi insegna a misurare i latifondi, invece che insegnarmi quanto basta a un uomo

Mi insegna a fare i conti prestando le dita alla mia avidità: mi insegni piuttosto che questi calcoli non hanno nessuna importanza, che non è più felice chi possiede un patrimonio tale da stancare i ragionieri; anzi possiede beni superflui e sarà infelicissimo se è costretto a contare da sé i suoi averi

A che mi serve saper dividere un podere, se non so dividerlo con mio fratello

A che mi serve misurare con precisione i piedi di un iugero e accorgermi di una differenza sfuggita al metro, se basta ad amareggiarmi un vicino prepotente che si appropria di un po' del mio terreno

Mi insegna come non perdere niente dei miei possedimenti: ma io voglio imparare come perderli tutti senza perdere il buonumore

Vengo scacciato dal campo che fu di mio padre e dei miei nonni

E allora

Prima di tuo nonno chi ne era il padrone

Sei in grado di scoprire non dico a che uomo, ma a quale popolo appartenne
Non dominus isto, sed colonus intrasti

Cuius colonus es

si bene tecum agitur, heredis

Negant iurisconsulti quicquam usu capi publicum: hoc quod tenes, quod tuum dicis, publicum est et quidem generis humani

O egregiam artem

scis rotunda metiri, in quadratum redigis quamcumque acceperis formam, intervalla siderum dicis, nihil est quod in mensuram tuam non cadat: si artifex es, metire hominis animum, dic quam magnus sit, dic quam pusillus sit

Scis quae recta sit linea: quid tibi prodest, si quid in vita rectum sit ignoras

Venio nunc ad illum qui caelestium notitia gloriatur: frigida Saturni sese quo stella receptet, quos ignis caeli Cyllenius erret in orbes

Hoc scire quid proderit
Ci sei entrato come colono non come padrone

Di chi sei colono

Se ti va bene, dell'erede

I giuristi sostengono che il diritto di usucapione non vale per i beni pubblici: la terra che occupi, che definisci tua, è pubblica e precisamente appartiene al genere umano

Che scienza straordinaria

Sai misurare il cerchio, fai la quadratura di una qualsiasi figura geometrica, calcoli la distanza delle stelle, non c'è niente che tu non sia capace di misurare: se sei veramente esperto, misura l'anima dell'uomo, di' quanto è grande e quanto è meschina

Sai qual è la linea retta: a che ti serve, se ignori cos'è retto nella vita

Veniamo ora all'astrologia che si vanta di conoscere i corpi celesti: dove si ritiri la gelida stella di Saturno, quali orbite percorra nel cielo il pianeta Mercurio

A che serve conoscere tutto questo

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ut sollicitus sim cum Saturnus et Mars ex contrario stabunt aut cum Mercurius vespertinum faciet occasum vidente Saturno, potius quam hoc discam, ubicumque sunt ista, propitia esse nec posse mutari

Agit illa continuus ordo fatorum et inevitabilis cursus; per statas vices remeant et effectus rerum omnium aut movent aut notant

Sed sive quidquid evenit faciunt, quid inmutabilis rei notitia proficiet

sive significant, quid refert providere quod effugere non possis

Scias ista, nescias: fient

Si vero solem ad rapidum stellasque sequentes ordine respicies, numquam te crastina fallet hora, nec insidiis noctis capiere serenae

Satis abundeque provisum est ut ab insidiis tutus essem

'Numquid me crastina non fallit hora

fallit enim quod nescienti evenit

' Ego quid futurum sit nescio: quid fieri possit scio
Per preoccuparmi quando Saturno e Marte saranno in opposizione o quando Mercurio tramonterà la sera in vista di Saturno, meglio che impari che gli astri, dovunque si trovino, sono propizi e immutabili

Li spinge un ordine continuo e fatale e una corsa ineluttabile; l'uno dopo l'altro ritornano periodicamente e determinano tutti gli eventi o li preannunciano

Ma se sono la causa diretta di qualunque avvenimento, a che servirà la conoscenza di un fatto ineluttabile

E se lo preannunciano solamente, che importa prevedere una cosa a cui non si può sfuggire

Lo sai, non lo sai; accadrà lo stesso

Ma se osserverai il sole nella sua rapida corsa e le stelle nel loro ordinato cammino, non ti ingannerà mai il domani e non verrai sorpreso dalle insidie di una notte serena

Ho preso precauzioni più che sufficienti per mettermi al sicuro dalle insidie

Il domani non mi ingannerà

Gli imprevisti ingannano

Non so che cosa accadrà, ma so che cosa può accadere
Ex hoc nihil deprecabor, totum expecto: si quid remittitur, boni consulo

Fallit me hora si parcit, sed ne sic quidem fallit

Nam quemadmodum scio omnia accidere posse, sic scio et non utique casura; itaque secunda expecto, malis paratus sum

In illo feras me necesse est non per praescriptum euntem; non enim adducor ut in numerum liberalium artium pictores recipiam, non magis quam statuarios aut marmorarios aut ceteros luxuriae ministros

Aeque luctatores et totam oleo ac luto constantem scientiam expello ex his studiis liberalibus; aut et unguentarios recipiam et cocos et ceteros voluptatibus nostris ingenia accommodantes sua

Quid enim, oro te, liberale habent isti ieiuni vomitores, quorum corpora in sagina, animi in macie et veterno sunt
Non cercherò di scongiurare nulla, mi aspetto tutto: se qualche disgrazia mi viene risparmiata, me ne rallegro

L'ora che mi risparmia, mi inganna, ma neppure così mi inganna

Io so che tutto può accadere, come so che non è sicuro che accada

Perciò aspetto gli eventi propizi e sono pronto a quelli sfavorevoli Non seguo la via già tracciata, concedimelo; non mi va di comprendere tra le arti liberali i pittori, gli scultori, i marmisti o gli altri servi del lusso

Analogamente escludo da queste occupazioni liberali i lottatori e l'arte che consiste interamente nel lordarsi d'olio e di fango; oppure dovrei includere anche i profumieri, i cuochi e tutti gli altri che mettono il loro acume al servizio dei nostri piaceri

Ma, via, che hanno di liberale questi vomitatori a digiuno, grassi di corpo, emaciati e torpidi nello spirito

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An liberale studium istuc esse iuventuti nostrae credimus, quam maiores nostri rectam exercuerunt hastilia iacere, sudem torquere, equum agitare, arma tractare

Nihil liberos suos docebant quod discendum esset iacentibus

Sed nec hae nec illae docent aluntve virtutem; quid enim prodest equum regere et cursum eius freno temperare, adfectibus effrenatissimis abstrahi

quid prodest multos vincere luctatione vel caestu, ab iracundia vinci

'Quid ergo

nihil nobis liberalia conferunt studia

' Ad alia multum, ad virtutem nihil; nam et hae viles ex professo artes quae manu constant ad instrumenta vitae plurimum conferunt, tamen ad virtutem non pertinent

'Quare ergo liberalibus studiis filios erudimus

' Non quia virtutem dare possunt, sed quia animum ad accipiendam virtutem praeparant
Oppure pensiamo che in questo consista lo studio liberale per la gioventù di oggi, mentre i nostri antenati la esercitavano a scagliare le lance in posizione eretta, a vibrare il bastone, a spronare il cavallo, a maneggiare le armi

Non insegnavano ai loro figli niente che potessero imparare standosene coricati

Ma né le une, né le altre attività insegnano o alimentano la virtù; a che serve saper guidare un cavallo e frenare la sua corsa, se ci facciamo trascinare dalle passioni più sfrenate

A che serve vincere tanti atleti nella lotta o nel pugilato ed essere poi vinti dall'ira

E allora

Gli studi liberali non ci sono per niente utili

In altri campi sì, molto, per la virtù no; anche le arti manuali chiaramente vili, benché servano moltissimo a corredare la vita, non riguardano la virtù

Perché, dunque, insegniamo ai figli gli studi liberali

Non perché possono dare la virtù, ma perché preparano l'anima ad accoglierla
Quemadmodum prima illa, ut antiqui vocabant, litteratura, per quam pueris elementa traduntur, non docet liberales artes sed mox percipiendis locum parat, sic liberales artes non perducunt animum ad virtutem sed expediunt

Quattuor ait esse artium Posidonius genera: sunt vulgares et sordidae, sunt ludicrae, sunt pueriles, sunt liberales

Vulgares opificum, quae manu constant et ad instruendam vitam occupatae sunt, in quibus nulla decoris, nulla honesti simulatio est

Ludicrae sunt quae ad voluptatem oculorum atque aurium tendunt; his adnumeres licet machinatores qui pegmata per se surgentia excogitant et tabulata tacite in sublime crescentia et alias ex inopinato varietates, aut dehiscentibus quae cohaerebant aut his quae distabant sua sponte coeuntibus aut his quae eminebant paulatim in se residentibus
Come i primi rudimenti di lingua che vengono dati ai fanciulli, gli antichi li chiamavano litteratura, non insegnano le arti liberali, ma ne predispongono l'apprendimento, così le arti liberali non conducono l'anima alla virtù, ma la preparano ad essa

Posidonio classifica le arti in quattro generi: quelle popolari e vili, quelle ricreative, quelle per i fanciulli, quelle liberali

Le arti popolari sono proprie degli artigiani e si basano sul lavoro manuale; servono alle necessità pratiche della vita: in esse non c'è riproduzione di bellezza morale, né di virtù

Le arti ricreative tendono al piacere della vista e dell'udito; tra esse bisogna includere quella dei costruttori progettisti di macchine teatrali, che si sollevano da sole, e di palchi, che si alzano silenziosamente e compiono diversi altri spostamenti improvvisi, o perché si separano elementi prima uniti, o perché si uniscono da sé pezzi staccati, o perché a poco a poco si abbassano parti che stavano in alto

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His inperitorum feriuntur oculi, omnia subita quia causas non novere mirantium

Pueriles sunt et aliquid habentes liberalibus simile hae artes quas egkuklious Graeci, nostri autem liberales vocant

Solae autem liberales sunt, immo, ut dicam verius, liberae, quibus curae virtus est

'Quemadmodum' inquit 'est aliqua pars philosophiae naturalis, est aliqua moralis, est aliqua rationalis, sic et haec quoque liberalium artium turba locum sibi in philosophia vindicat

Cum ventum est ad naturales quaestiones, geometriae testimonio statur; ergo eius quam adiuvat pars est

' Multa adiuvant nos nec ideo partes nostri sunt; immo si partes essent, non adiuvarent

Cibus adiutorium corporis nec tamen pars est

Aliquod nobis praestat geometria ministerium: sic philosophiae necessaria est quomodo ipsi faber, sed nec hic geometriae pars est nec illa philosophiae
Questi macchinari colpiscono la gente ignorante che guarda ammirata, non conoscendone le cause, tutti gli improvvisi cambiamenti

Sono per i ragazzi e assomigliano in qualcosa alle arti liberali, quelle che i greci chiamano e noi liberali

Ma le sole arti liberali, anzi, per meglio dire, libere, sono quelle che si occupano della virtù

Come c'è una branca della filosofia - si dice - che studia la natura, una la morale, una la logica, così anche questa massa di arti liberali rivendica un posto nella filosofia

Quando si indaga sui fenomeni naturali, ci si basa sulle dimostrazioni geometriche; la geometria è utile alla filosofia, dunque ne fa parte

Molte cose ci sono di aiuto, ma non per questo sono parte di noi; anzi, se lo fossero, non ci sarebbero di aiuto

Il cibo aiuta il corpo, ma non ne fa parte

La geometria ci presta un servizio: è necessaria alla filosofia, come alla geometria è necessario chi fabbrica gli strumenti; ma né costui è parte della geometria, né la geometria della filosofia

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